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Diari di fine guerra

UCRAINA - DIARI DI FINE GUERRA 

Considerazioni sul possibile scenario (relativamente) imminente di cessazione dei combattimenti e avvio dei negoziati a partire dallo stallo della controffensiva lanciata dall'esercito di Kiev

dal ferragosto 2023

sulla base della rassegna stampa dei principali quotidiani

a cura di Alfonso Navarra - coordinatore dei Disarmisti esigenti 

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L'INCENDIO SI ESTENDE DALL'UCRAINA E RIACCENDE VECCHI CONFLITTI.

MA ANCORA IN ITALIA CHI MANIFESTA PER LA PACE SULL'INVIO DELLE ARMI TACE

Quindicesima puntata suddivisa in due parti:

Parte I
LA PIAZZA DEL 7 OTTOBRE DI LANDINI E DELLA CGIL (A CUI EUROPE FOR PEACE SI E' ACCODATA - NON E' CREDIBILE IL CONTRARIO - E DOVE ELLY SCHLEIN, SECONDO IL MANIFESTO, E' STATA ACCLAMATA COME UNA STAR)
Parte II
HAMAS, PER BOICOTTARE GLI ACCORDI DI ABRAMO, TRASCINA ISRAELE IN GUERRA = L'ENNESIMO MASSACRO DEI PALESTINESI, STAVOLTA PIU' PESANTE DEL SOLITO

Andrea Carugati a pagina 7 de Il MANIFESTO dell'8 ottobre 2023 riferisce del bagno di folla della leader del PD a piazza San Giovanni:
"La piazza abbraccia Schlein: «Resta così, non farti sciupare»
"L’accoglienza dei manifestanti per la leader Pd è molto calda. (...) Da tempo non si registrava una coincidenza così chiara tra l’agenda della Cgil e quella del Pd. E anche tra i due leader, Schlein e Landini"
Due importanti articoli sul FATTO QUOTIDIANO.
A pagina 11 commento di Raniero La Valle.
Titolo: "Guerra, perché le parole di Mattarella sono gravi"
A pagina 19 Benjamin Abelow sulla Guerra in Ucraina: "E' stata la NATO e lo dice la NATO stessa"

Brevi considerazioni sul 7 ottobre. La difesa della costituzione come via maestra è stato lo slogan della manifestazione e il filo conduttore di un discorso fiume di Landini. Il cuore conclamato dell'iniziativa è il no al presidenzialismo e alla autonomia differenziata con cui il governo Meloni vorrebbe manomettere la costituzione. "Questa non è la piazza del nostro sindacato o della opposizione politica, questa è la piazza di chi vuole unire il Paese, la piazza di chi paga le tasse ". La CGIL si propone come riferimento di una opposizione sociale che, a mio parere,  toglie di fatto spazio a una opposizione politica più radicale, più esigente, più conseguente. San Giovanni vorrebbe, nelle intenzioni di Landini, rappresentare la maggioranza virtuale del Paese sulla quale la CGIL propone di essere la sponda e il riferimento egemonico. L'entusiasmo della Schlein si spiega con il fallimento della OPA di Conte sulla CGIL e sul fatto che l'opposizione Landini taglia oggettivamente l'erba sotto i piedi alla lista Santoro, annunciata il 30  settembre al Teatro Ghione. La pace non è il centro a San Giovanni e non bastano a conferirle questo ruolo i soliti striscioni pacifisti o antimperialisti di chi si mobilita per propria rassicurazione psicologica (come è bello ritrovarsi in tanti e potere così essere confermati nella propria esistenza!). Se si scende in piazza quando si voterà il decreto per le armi all'Ucraina l'equivoco del massimalismo vuoto di contenuti determinanti dovrebbe sgonfiarsi. A mio avviso basterebbero un millesimo delle presenze di San Giovanni, 200 persone al posto di duecentomila, se digiunano (= ci mettono la qualità dell'impegno) e hanno una autorevolezza morale e intellettuale...

A fine dicembre 2023 oltre a noi Disarmisti esigenti e alla Wilpf Italia, e i nostri pacifisti esigenti romani raddoppiati (abbiamo mobilitato nei cinque presidi precedenti max 50 persone), per essere efficaci, dovremmo avere a protestare contro il decreto per l'invio delle armi possibilmente Santoro in persona con qualcuno dei nomi famosi che lo appoggiano. Questo credo che basterebbe. Poi chi ha fantasia e capacità comunicative può tirare fuori dal cilindro l'idea mediatica che funziona. Insomma il massimo risultato con il minimo sforzo perché il contesto da tenere presente è l'opposizione maggioritaria degli italiani alla guerra e in particolare all'invio delle armi all'Ucraina. Non si può invocare il cessate il fuoco sparando (ed è lo stesso moralmente che sparare direttamente fare sparare,  passare pistole pallottole e addestramento a chi sta sparando)...

Parte I

LA PIAZZA DEL 7 OTTOBRE DELLA CGIL (CUI EUROPE FOR PEACE SI E' ACCODATA. NON E' CREDIBILE IL VICEVERSA)

PRIMA PAGINA DI AVVENIRE

Grande titolo a caratteri cubitali su "La via maestra": Una piazza di pace e di diritti
Occhiello: Condanna per l’attacco in Terra Santa. Difesa della Costituzione, salari, sanità e fisco le priorità
Sottotitolo: Centomila con Cgil e associazioni contro tutti i conflitti. Landini: uniti, cambiamo il Paese

Richiamo in prima dell'articolo a pagina 7

Riuscita la manifestazione di Roma con 100 sigle laiche e cattoliche. Dal palco il segretario Landini promette: «Non ci fermeremo, qui comincia la lotta per
cambiare il Paese». E ricorda: «È arrivato il momento del salario minimo». Nuove istanze di “no alle armi” per una pace globale.

A pagina 7 articolo di Matteo Marcelli
Titolo: Costituzione e salari, Cgil in piazza
Sottotitolo: Il sindacato “rosso” con 100 associazioni laiche e cattoliche (più Schlein e M5s). Landini: qui comincia la lotta per cambiare il Paese
Centomila in corteo a Roma. Condanna per l’attacco in Terra Santa e richieste di pace globale. Ssn e no all’autonomia fra le priorità

"Due cortei, un solo traguardo: la difesa della Costituzione, quella “via maestra” che ha dato il nome alla manifestazione organizzata ieri dalla Cgil e verso la quale il sindacato, assieme a più di cento associazioni laiche e cattoliche, ha percorso le vie di Roma in nome dei principi sanciti dal Patto che ci unisce. Circa 100mila i partecipanti (200mila secondo gli organizzatori, 35mila per la Questura), partiti in due gruppi separati. Il più nutrito da Piazza della Repubblica, mentre il secondo, composto da chi ha raggiunto la Capitale in pullman, da Piazza dei Partigiani. (...) Dietro lo striscione della Cgil, quelli di Europe for Peace, di “Addio alle armi - associazione per la pace” e di “L'italia ripudia la guerra”. Ma all’evento hanno preso parte anche Legambiente, Arci, Acli, Anpi, Libera, Rete pace e disarmo, Rete dei numeri pari, Greenpeace e molti altri. La pace è stato uno dei temi più sentiti, specie nel giorno dell’attacco di Hamas contro Israele, che il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha condannato da subito «in modo esplicito». (...) Ad affiancare i manifestanti sono arrivati anche la segretaria del Pd Elly Schlein, accompagnata da Susanna Camusso e Sergio Cofferati, il vicepresidente del M5s Riccardo Ricciardi, e qualche outsider come Nichi Vendola. (...) Sul palco si sono alternati i rappresentanti delle varie realtà aderenti, a cominciare dalla galassia
pacifista con l’intervento di Michela Peschetto, infermiera di Emergency e membro di Europe for Peace, e quello di Olga Karash, attivista bielorussa. Di pace ha parlato anche il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, convinto che «la combinazione armi più sanzioni sta mettendo in ginocchio l’Ue, mentre continua il massacro» assecondato «da questo governo di destra estremista». (...) (Landini ha scandito): «Siamo più di una piazza di opposizione, questa è la piazza di chi vuole unire ciò che è diviso nel Paese, di chi paga le tasse e lo tiene in piedi. Il pericolo è che sta aumentando la spesa militare in tutto il mondo. Ma oggi comincia la lotta per l’applicazione della Costituzione e noi – è la promessa finale – non ci fermeremo finché non avremo ottenuto risultati».

RICHIAMO IN PRIMA PAGINA SU IL MANIFESTO

200MILA A ROMA CON LA CGIL E LE ASSOCIAZIONI - La piazza torna grande «Basta rassegnazione»

«È il momento di uscire dalla rassegnazione, dall’idea che non si può cambiare, che bisogna subire». Maurizio Landini scalda piazza San Giovanni nel nome della Costituzione che «conquistata dai nostri padri e nostri nonni sconfiggendo il fascismo». 200mila persone in due diversi cortei ieri hanno attraversato Roma per confluire nella storica piazza della sinistra e del sindacato. In difesa della sanità pubblica, per il salario minimo contro il precariato e le riforme costituzionali delle destre: «Noi la Costituzione l’abbiamo difesa da Berlusconi e da Renzi e lo continueremo a fare a partire dal NO alla autonomia differenziata". (...) Prima di lui sul palco si sono alternate tante realtà sociali e personalità, da Gustavo Zagrebelsky a don Luigi Ciotti che ha parlato di «prostituzione della Costituzione». In piazza una folta delegazione Pd guidata Elly Schlein, accolta come una star dai manifestanti. E poi una delegazione del M5S, Sinistra e Verdi e Rifondazione.
CARUGATI, CICCARELLI, FRANCHI PAGINE 6,7

In prima pagina editoriale di Micaela Bongi: "Opposizione. Un passo sulla buona strada"
"Tantissime persone a riempire le strade del centro di Roma e una piazza San Giovanni che da molto tempo non era così gremita. (...) Si chiama opposizione - sociale, politica (...) ma una bella e grande manifestazione (...) è solo un primo, certamente positivo, segnale. Lo stesso leader della Cgil Maurizio Landini, che spinge per lo sciopero generale (...) ammette che
di fronte al 50% dei cittadini che non vanno a votare anche il sindacato ha le sue responsabilità e deve saper allargare la rappresentanza . E se in piazza la leader del Pd Elly Schlein è stata acclamata mentre il pentastellato Giuseppe Conte era in tour elettorale (contribuiva a «sensibilizzare la popolazione da Foggia», parole sue), la tessitura diun’opposizione politica forte e credibile è ancora lunga. E il governo ha ancora una salda e ampia maggioranza. Eppure, è vittima della sindrome dell’assedio..."

A pagina 6 Roberto Ciccarelli scrive sulle associazioni in corteo: «Ora serve uno sciopero generale e sociale»
"«Quello di cui abbiamo bisogno dopo una manifestazione così importante è uno sciopero generale e generalizzato» afferma Alberto Campailla, portavoce di Nonna Roma, il banco di mutuo soccorso che ha aderito al percorso della «Via maestra», sostiene le famiglie in povertà nella Capitale e ha da poco aperto in via Vittorio Amedeo II un nuovo centro h24 per senza dimora. (...)«L'idea è di non fermarsi ora, formare comitati territoriali per continuare il percorso, nati per la manifestazione e abbiamo sensibilità diverse. Se poi ci sarà uno sciopero generale noi ci saremo e organizzeremo gli scioperi sociali» osserva Giulio Marcon, portavoce della campagna Sbilanciamoci (...) Tra le oltre duecento associazioni che hanno aderito al corteo c’erano ieri quelle studentesche che sostengono la lotta delle tende contro il caro affitto. (...) Marco Bersani, portavoce di Attac osserva che «Senza rimettere in discussione
il trattato di Maastricht sarà difficile che si producano passi nella direzione auspicata. Noi proponiamo la creazione di nuovi strumenti, come una banca pubblica per gli investimenti nella transizione ecologica e mettere a disposizione le ingenti risorse del risparmio oggi nella Cassa Depositi e Prestiti per la costruzione di un altro modello sociale». (...) Il 19 ottobre è previsto nella Capitale un corteo per il diritto all'abitare. Il 17 novembre ci sarà lo sciopero studentesco in tutto il paese".

Andrea Carugati a pagina 7 riferisce del bagno di folla della leader del PD: "La piazza abbraccia Schlein: «Resta così, non farti sciupare»
"L’accoglienza dei manifestanti per la leader Pd è molto calda. (...) Da tempo non si registrava una coincidenza così chiara tra l’agenda della Cgil e quella del Pd. E anche tra i due leader, Schlein e Landini"

LA STAMPA mette in prima pagina la piazza di Roma: "Centomila sì al salario minimo"
È il popolo della Costituzione quello che è sceso in piazza ieri a Roma rispondendo all’appello della Cgil.
CARRATELLI – PAGINE 12 E 13

A pagina 12 Flavia amabile racconta "La piazza della Costituzione. A Roma il corteo della Cgil per i diritti: “Siamo centomila”.
Landini: “Stipendi troppo bassi, è l’ora del salario minimo”

Sempre nella stessa pagina, è intervistato Don Luigi Ciotti: "C’è una comunità da rappresentare. La politica deve dare un’alternativa”.
Il presidente di Libera: “Il centrosinistra vada oltre gli slogan. Serve un progetto concreto per gli ultimi, i fragili e i precari”

"(La manifestazione di Roma è stata molto partecipata perché) c’è un’alta percentuale di italiani che vive la precarietà del lavoro e che teme di veder peggiorare le proprie condizioni di vita. Si respira un’aria di sfiducia e c’è bisogno di individuare punti di riferimento». (...) «Questo popolo chiede di essere rappresentato dalla politica, ma bisogna darsi da fare:
andare oltre gli slogan e dare concretezza alle parole. Per offrire un’alternativa a chi ora governa serve un progetto, una visione, obiettivi chiari. Questa piazza sta dalla parte degli ultimi, dei più fragili, di chi fa più fatica. Vogliamo dare forza politica a questa gente? (...) C'è la consapevolezza che, unendo le forze, possiamo superare la notte. Qui c’è un patrimonio unico, quellodelle associazioni, delle realtà impegnate nel sociale, che la politica deve essere capace di coinvolgere: migliaia di giovani che non chiedono un posto, ma che gli venga fatto posto, che li si renda protagonisti»."

A Pagina 6 de IL FATTO QUOTIDIANO Salvatore Cannavò mostra "Il popolo di Landini: 200.000 per la Costituzione".
Ecco l'attacco del suo pezzo:
"Se l’opposizione lascia dei vuoti, non ci si può stupire che vengano riempiti. Maurizio Landini è il più bravo a riempire quei vuoti che le forze politiche a sinistra lasciano scoperto. La manifestazione di ieri, con due cortei che hanno raggiunto piazza San Giovanni lo dimostra.
“Unità”, “unire”, “ricucire”, sintetizzano al meglio le motivazioni e le attese di circa 200 mila persone portate a Roma da tutta Italia.
La parola “unità” è stata gettonata sia per parlare di “unità d’Italia” che di “unità delle sinistre”, in nome della Costituzione, la “via maestra”. E non è un caso che la piazza esploda quando il presidente emerito della Corte costituzionale, Gustavo Zagrebelsky, con molta schiettezza e riferendosi ai piccoli litigi quotidiani dei partiti a sinistra, sbotta: “Chi se ne frega delle elezioni europee, basta con le divisioni, c’è bisogno di unità”. Una unità concreta basata sull’articolo 1 della Costituzione e le sue parole chiave: “Repubblica, democratica, lavoro”. La piazza capisce, lo interrompe e alza il grido “unità, unità”. (...) Landini vuole costruire l'unità sociale. Che parla di lavoro, di salute, di problemi reali di “persone che per vivere hanno bisogno di lavorare”. Che chiede l’impegno per applicare la Costituzione. Richieste già sentite, ma che risaltano per a più generale assenza di una iniziativa politica efficace. Che succederà da oggi, dopo la manifestazione? Il segretario Cgil, genericamente, propone di “lavorare nei territori”. Parlando con Il Fatto, qualche giorno fa, Sergio Cofferati proponeva alle forze politiche di trovare i modi per ascoltare e consultare queste forze. Qualcosa del genere ha rilanciato l’altra sera Romano Prodi in una intervista televisiva. La manifestazione lascia sul tavolo una idea che Zagrebelsky ha riassunto nello sloga “unità e solidarietà”. Potrebbe essere la classica rondine oppure un volo di farfalla".

Abbiamo poi un altro articolo di Wanda Marra.
Titolo: I dem nella coda del corteo: Schlein sfila con Cofferati
Sottotitolo: LA MINORANZA DEL PD DISERTA - Hamas, Elly condanna, ma il tema Israele può dividere

Su questo ultimo aspetto: "Da notare che nella delegazione rispetto alla questione Israele, nessuno si sente di commentare l’ipotesi che la manifestazione possa allargare la propria piattaforma, con una posizione pacifista anche su quello. Schlein ha condannato Hamas, nella maniera il più asciutta possibile. Senza accennare al “diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese”, che ieri Landini scandisce dal palco, pur nella fermezza della condanna di Hamas. I prossimi giorni, in presenza di una forte reazione di Israele, potrebbero non essere facili per il Pd".

A pagina 11 commento di Raniero La Valle.
Titolo: "Guerra, perché le parole di Mattarella sono gravi"

"Le parole di Mattarella a Porto segnano un passaggio spaventoso nella lettura occidentale della guerra in Ucraina. Tale lettura, partendo dall’ipotesi che il conflitto non si concluda con un processo, cioè con un negoziato che conduca a una pace giusta, sostiene che “se l’Ucraina cadesse assisteremmo a una deriva di aggressioni ad altri Paesi ai confini della Russia e questo – come avvenne nel secolo scorso tra il ‘38 e il ‘39 – condurrebbe a un conflitto generale e devastante”.
Questa proiezione nel futuro, se fosse solo di Mattarella, sarebbe sì una previsione catastrofica ma non realistica; tuttavia Mattarella non è un uomo qualunque occidentale, bensì il rappresentante costituzionale di un grande Paese come l’Italia. E se questa visione fosse anche di altri più potenti capi dell’Occidente, o addirittura della destra neoconservatrice americana a cui si è associato Joe Biden, le scelte politiche che ne conseguirebbero sarebbero di una inaudita e micidiale gravità. (...)
(E' inverosimile attribuire alla Russia un progetto di invasione dell'Europa. Ma è quello che sta scritto) nei due documenti dell’ottobre scorso della Casa Bianca e del Pentagono sulla “sicurezza nazionale degli Stati Uniti”. Essi però danno per scontata “l’incapacità militare” di Mosca; quindi la sfida finale, “culminante”, la “pacing challenge” sarebbe con la Cina; e questo sì che, osserva La Valle "sarebbe un conflitto generale e devastante").
Secondo La Valle:
"Il rischio che la sconfitta dell’Ucraina, se non si va al negoziato, in quanto sconfitta delle armi dell’Occidente e dei dollari americani, sia interpretata, e non senza fondamento, come una sconfitta dello stesso Occidente, cosa che nel ‘38-‘39 non fu giustamente accettata. Ma nel ‘38-‘39 l’arma nucleare ancora non c’era, la guerra non era perciò ancora andata “fuori della ragione”, come doveva dire più tardi Giovanni XXIII.
Perciò, se la speranza non deve essere un’alienazione, bisogna ricorrere alla politica, e le frazioni più ragionevoli dell’Occidente dovrebbero portare Zelensky e i suoi generali, ucraini e atlantici, al tavolo delle trattative, per stipulare finalmente un compromesso territoriale, politico e di sicurezza con la Russia, abbandonando, gli uni e gli altri, le micidiali evocazioni del nazismo".

Il rischio è però che la sconfitta dell’Ucraina, se non si va al negoziato, in quanto sconfitta delle armi dell’Occidente e dei dollari americani, sia interpretata, e non senza fondamento, come una sconfitta dello stesso Occidente, cosa che nel ‘38-‘39 non fu giustamente accettata. Ma nel ‘38-‘39 l’arma nucleare ancora non c’era, la guerra non era perciò ancora andata “fuori della ragione”, come doveva dire più tardi Giovanni XXIII.

Perciò, se la speranza non deve essere un’alienazione, bisogna ricorrere alla politica, e le frazioni più ragionevoli dell’Occidente dovrebbero portare Zelensky e i suoi generali, ucraini e atlantici, al tavolo delle trattative, per stipulare finalmente un compromesso territoriale, politico e di sicurezza con la Russia, abbandonando, gli uni e gli altri, le micidiali evocazioni del nazismo.

A pagina 19 Benjamin Abelow sulla Guerra in Ucraina: "E' stata la NATO e lo dice la NATO stessa"

"Esistono due narrazioni contrastanti sulle origini della guerra d’Ucraina. Secondo una narrazione, Vladimir Putin è un aggressore di stampo hitleriano. Vuole ristabilire l’impero sovietico inghiottendo l’Ucraina e minacciando i Paesi baltici, la Polonia e le nazioni più a ovest. Questa narrazione è stata creata da Washington e Bruxelles. (...) All’inizio del mese scorso, parlando alla Commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo, il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg ha commentato la recente adesione della Finlandia all’Alleanza. Ha colto l’occasione per prendere in giro Vladimir Putin. Nel farlo, ha commesso quella che l’economista della Columbia University Jeffrey Sachs ha definito una “gaffe di Washington”. Ciò significa che “ha accidentalmente detto la verità”. Secondo Stoltenberg, “Il Presidente Putin ha dichiarato nell’autunno del 2021, e in realtà ha inviato una bozza di trattato che voleva che la Nato firmasse, di non promettere più alcun allargamento della Nato … Naturalmente, non l’abbiamo firmato. … Voleva che firmassimo quella promessa, di non allargare mai la Nato. … Abbiamo rifiutato. Così è entrato in guerra per impedire che la Nato, ancora più Nato, si avvicinasse ai suoi confini. Ha ottenuto l’esatto contrario”. (...)

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Parte II

HAMAS TRASCINA ISRAELE IN GUERRA

 

PRIMA PAGINA DI AVVENIRE

Grande titolo a caratteri cubitali

Ancora guerra altra morte

Occhiello: Oggi riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza Onu. Solidarietà di Stati Uniti ed Europa, Mosca prudente. L’Iran «plaude»

Sottotitolo: Hamas attacca Israele con razzi, blitz e la presa di ostaggi. Netanyahu risponde duramente con i bombardamenti
Centinaia di vittime da una parte e dall’altra. Pizzaballa: temo il peggio, serve uno sforzo per una soluzione diversa

Richiamo al Primo piano da pagina 2 a pagina 4:

Almeno 200 gli israeliani assassinati, oltre 1.400 i feriti. Le vittime palestinesi sono 232 e più di 1.700 colpiti. Nel cinquantesimo della guerra del Yom Kippur, centinaia di miliziani si sono infiltrati nel Sud dello Stato ebraico, hanno devastato Sderot e i kibbutz per ore, massacrando i civili e catturando decine di ostaggi. Poi la pioggia di razzi che ha colpito anche Gerusalemme e Tel Aviv. Il gruppo armato ha celebrato con video sui social «la più grande vittoria» che punta a frenare la normalizzazione regionale. Polemiche sulla mancata previsione da parte di Netanyahu che, per ricompattare l’opinione pubblica sotto choc, ha proposto all’opposizione un esecutivo di unità. Biden ribadisce il proprio sostegno agli israeliani: «Tutto ciò che occorre per i nostri alleati». L’Arabia Saudita chiede «l’immediata fine del conflitto», l’Egitto si propone come mediatore. Ma si teme l'escalation.

Editoriale di Andrea Lavazza:
Terrorismo, risposte, obiettivi di pace
FERITA INATTESA SCENARIO FOSCO

La parola che ha accompagnato tutta la giornata di ieri nel Medio Oriente di nuovo in fiamme è stata “sorpresa”. (...) Di fronte all’inevitabile escalation di quella che non si esita a chiamare guerra, si può cercare qualche interpretazione (...) Israele ha subito un attacco terroristico senza precedenti per intensità e perdite umane (...) Nel cinquantenario della guerra del Kippur, il richiamo all’invasione tentata da Egitto e Siria è nei fatti. (...) Ieri la responsabilità è di un partito-movimento paramilitare: Hamas (la Jihad islamica sembra essersi poi unita all’azione). Da Gaza sono partiti oltre duemila razzi (...), la copertura per le incursioni di gruppi armati oltre frontiera, che hanno ucciso e catturato 250 civili e soldati (...) L’immediata rappresaglia
ordinata da Tel Aviv sulle basi dell’organizzazione fondamentalista è già costata oltre duecento vite (...) Intorno agli ostaggi nei kibbutz e agli uomini in divisa finiti nelle mani del nemico si giocheranno le scelte delle prossime ore. Difficilmente, il governo vorrà trattare scambi di prigionieri o fare concessioni. (...) Mohammed Deif, il comandante operativo, l’uomo dei missili ricercato da anni (...) certamente ha messo in conto la reazione furiosa di Israele. Ma i suoi ispiratori nell’ombra lo devono avere convinto che ne valeva la pena. (...) (A sostenere Hamas) sono l'Iran (ieri sollecito nel congratularsi con la “resistenza palestinese”); ma anche il Qatar finanzia la sopravvivenza
della Striscia di Gaza, 350 chilometri quadrati fittamente popolati da due milioni di persone con scarse fonti di reddito e poche possibilità di movimento. L’obiettivo dichiarato per l’apertura del conflitto è la liberazione dei luoghi santi islamici e l’indipendenza dei Territori palestinesi. Ma le ragioni potrebbero essere ben altre. Sono in corso trattative tra Israele e Arabia Saudita per un allargamento degli Accordi di Abramo che, sponsorizzati dagli Stati Uniti di Trump, hanno aperto o riavviato canali diplomatici tra lo Stato ebraico ed Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan. Riad punta a
isolare proprio Teheran e integrare nella regione la sua economia post-petrolifera. D’altra parte, uno dei temi sul tavolo sono le concessioni che Israele dovrebbe fare all’ANP dell’87enne Abu Mazen per riprendere le trattative di pace. Tutto questo è inviso ad Hamas (e ai suoi alleati). (...) L’intesa con i sauditi potrebbe adesso allontanarsi, con la scommessa sul caos in una situazione internazionale complicata dalla guerra in Ucraina. (...) (Israele si è subito ricompattato attorno al premier Netanyahu): è stata sospesa la manifestazione anti-governativa che ogni sabato si raduna per dire no all’aumento dei poteri dell’esecutivo a scapito delle regole di garanzia, l’opposizione ha offerto un patto di unità nazionale. (...) La ferita provocata (dall'attacco di Hamas - ndr) è molto grave per un Paese che rivendicava
di avere raggiunto la superiorità militare e la sicurezza dei confini. L’immagine di un dispositivo di difesa preso alla sprovvista
e alla mercé di assalitori meno armati e preparati i rischia di alimentare una nuova fase di conflittualità. Anche Hezbollah, in Libano, tenterà di approfittare del momento per colpire da Nord? (...) Oggi dobbiamo constatare
che il nodo palestinese è stato trascurato colpevolmente dalla comunità internazionale (...) I lutti potrebbero moltiplicarsi, se non si sperimenteranno nuove vie di pace vera e duratura che tolgano spazio ai fondamentalisti che soffiano sui fuochi dell’odio.

A pagina 2 intervista di Mimmo Muolo al Cardinale Pierbattista Pizzaballa, in Italia per il Sinodo
Il grido di dolore del patriarca Pizzaballa: «È tempo di trovare soluzioni differenti»Ha condannato con forza la violenza e ha espresso grande preoccupazione: «Ho timore che la situazione si aggraverà ulteriormente».

Domanda: Che cosa si può fare adesso. È da salutare come un fatto positivo che, a eccezione dell’Iran, la comunità internazionale abbia condannato unanimemente l'attacco?

Risposta: Certamente. Prima di tutto bisogna fermare la violenza e poi fare pressioni diplomatiche per evitare che il gioco delle ritorsioni diventi un ciclo vizioso dal quale è difficile uscire. Quindi cercare di riportare un minimo di ragionevolezza tra le parti. Anche se in questo momento sembra difficile.

Domanda: A volte si ha sensazione che la maggioranza della popolazione, sia israeliana, sia palestinese voglia fortemente la pace, ma sia quasi tenuta in ostaggio dai gruppi che soffiano sul fuoco della guerra.

Risposta: Si, la popolazione è stanca di tutto questo, ma è ancora vero che c’è molta sfiducia reciproca. Non basta non volere la guerra. Bisogna impegnarsi in prospettive diverse, se non altro per favorire relazioni di buon vicinato. Anche se questo lo vedo difficile da entrambe le parti.

Didascalia dell'immagine con i numeri sulla striscia di Gaza, che a è un'enclave costiera del territorio palestinese confinante con Israele ed Egitto.
La Striscia non è riconosciuta internazionalmente come uno Stato sovrano, ma è reclamata dall'Autorità Palestinese come parte dei Territori palestinesi.
La popolazione è di 2 milioni, oltre 1,2 milioni di rifugiati.
Con l'Egitto a Sud abbiamo il valico di Rafah, a Nord si trova Erez, tutto intorno il recinto di filo spinato.
Tasso di disoccupazione 42%, tasso di povertà 40%, insicurezza alimentare 47%.
SALUTE 1,42 dottori per 1.000 abitanti VALUTA nuovo siclo israeliano DENSITÀ 4570,83 ab./km² Superficie 365 km²
Il capoluogo è Gaza che conta 400mila abitanti
LE DATE CHIAVE
Gennaio 2006 Con una vittoria a sorpresa alle elezioni legislative Hamas ottiene la maggioranza alla Camera e, nel 2007, a seguito della battaglia di Gaza assume il governo de facto
Nel 2012 l’Onu riconosce formalmente la Striscia come parte dello Stato di Palestina, entità statale semi-autonoma

Analisi di Giorgio Ferrari alle pagine 2 e 3
MOSAICO TUTTO DA RIFARE PER IL MEDIO ORIENTE

"Il proditorio attacco di Hamas (...) rivela senza troppa fatica la strategia che colpisce al cuore l’avvio di quell’entente cordiale fra Riad e Gerusalemme che preludeva a una normalizzazione dei rapporti fra L’Arabia Saudita e Israele. Il disegno – in attesa che Hezbollah si attivi e affianchi Hamas nell’operazione “Tempesta Al Aqsa” – è di lampante ideazione iraniana: già nelle ore successive alla prima salva di razzi la guida suprema Ali Khamenei annunciava l’appoggio di Teheran all’offensiva di Hamas, invitando gli sciiti libanesi a scendere in campo nel nord di Israele. (...) (Salterebbero) quegli Accordi di Abramo siglati nel 2020 da Benjamin Netanyahu con gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein, cui si è aggiunto il Marocco, che insieme a Egitto e Giordania costituiscono un solido fronte anti-iraniano. Tutto da rifare ora nel rovente mosaico mediorientale (...) a trent’anni dagli Accordi di Oslo siglati senza calore nel Giardino delle rose della Casa Bianca dal premier laburista israeliano Yitzhak Rabin e Yasser Arafat. (...) Hamas, Gaza, Hezbollah, la dirigenza di Fatah in Cisgiordania, lo stesso Iran hanno classi dirigenti decrepite, superate, fuori dalla Storia; anche Israele in parte soffre dello stesso morbo: l'integralismo di matrice religiosa. (...) È dagli anni Trenta del secolo scorso che si accarezza l’ipotesi dei Due Stati per tentate di risolvere il conflitto israelo-palestinese. Novant’anni dopo stiamo ancora osservando le fiamme che divampano (...) nella più assurda delle prigioni a cielo aperto mai concepite. (...)"

Corriere della sera, grande titolo a caratteri cubitali in prima pagina:
Attacco a Israele, è guerra.
Editoriale di Paolo Mieli: Un mondo in bilico.

Prima pagina de Il MANIFESTO: LA SORPRESA DELLA GUERRA
Attacco senza precedenti: Hamas abbatte le barriere al confine di Gaza e penetra in Israele.
Che risponde bombardando la Striscia: 250 morti israeliani e altrettanti palestinesi. Scontri
in Cisgiordania e a Gerusalemme, i coloni aprono il fuoco. Medio Oriente sull’orlo del baratro pagine 2-5

Editoriale in prima pagina di ZVI SCHULDINE: Terrore in Israele Il miglior esercito preso alla sprovvista
"A Sderot, una città a tre chilometri dal college nel quale ho insegnato negli ultimi 25 anni, i palestinesi sono entrati nella stazione di polizia e hanno ucciso tutti i presenti, poliziotti o civili, vittime che si sono aggiunte ad altri che sono stati uccisi o presi in ostaggio. (...) L'intera famiglia di uno dei nostri studenti è stata massacrata (...) Di fronte all'enorme numero di vittime fra soldati e civili, oltre agli ostaggi a Gaza, lo stupore: come è possibile essere stati presi così alla sprovvista? I migliori servizi segreti del mondo, il miglior esercito... (...) Un popolo che sottomette un altro popolo non può essere libero e la barbarie della leadership israeliana non ci porterà mai a un miglioramento della situazione. Nei prossimi giorni le forze armate israeliane cercheranno di «cancellare l'affronto», mentre gli ostaggi israeliani saranno, forse, l'unico freno possibile alla furia di domani".

Michele Giorgio commenta in prima pagina, con seguito a pagina 2, la "Rivolta interna, sostegno arabo"
"(Hamas) vuole conquistare il favore dei palestinesi non solo a Gaza, di tutti i palestinesi, demolendo il mito dell’invincibilità e della superiorità militare di Israele e dando una spallata all’Autorità nazionale palestinese (Anp) di Abu Mazen già debole e senza consensi apprezzabili in Cisgiordania. Il movimento islamista mira a presentarsi come l’unica rappresentanza credibile dei palestinesi. Hamas intende eliminare dall’equazione il partito Fatah di Abu Mazen. (...) Hamas inoltre fa leva sui sentimenti religiosi di buona parte della popolazione palestinese per rafforzare la sua posizione. I riferimenti alla santità della moschea di Al Aqsa sono stati continui da parte del capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh. (...) Le decine di ostaggi israeliani portati ieri a Gaza, saranno usati, è evidente, per ottenere la scarcerazione dei detenuti palestinesi, ha detto un portavoce del Jihad islami, organizzazione tornata a collaborare attivamente con Hamas. Infine, Haniyeh ha segnalato la vocazione del suo movimento a diventare un attore regionale: «Questa alluvione è iniziata a Gaza, si estenderà alla Cisgiordania e all’estero e in ogni luogo in cui è presente il nostro popolo e la nostra nazione». (...) Hezbollah potrebbe partecipare all’offensiva? Molti lo ritengono improbabile. Il movimento sciita, facendolo, finirebbe per trascinare in guerra contro Israele l’intero Libano alle prese con una crisi economica spaventosa che un anno fa Hezbollah ha detto di voler alleviare raggiungendo un accordo a distanza proprio con Israele sui giacimenti di gas sottomarino".

A pagina 5 Giuliano Santoro scrive su "La condanna a bipartisan e l’escalation dietro l’angolo"
"L’attacco di Hamas a Israele scuote la politica italiana e fa riscoprire, per assurdo, il tema poco frequentato in questi anni della pace in Medio Oriente. Tra i primi a pronunciarsi c’è Sergio Mattarella (che esprime) «la più ferma e convinta condanna di questo proditorio attacco, che attenta alla sicurezza di Israele e allontana la prospettiva di una pace duratura. (...)
DAL PARTITO democratico, Elly Schlein manifesta «grande angoscia per quel che accade in queste ore in Israele». «La comunità internazionale si mobiliti immediatamente – prosegue la segretaria del Pd - E intervenga per fermare questa aggressione ed escalation violenta che mina le prospettive di dialogo e porta solo morte e distruzione». Anche Conte condanna la violenza contro Israele, mentre i parlamentari nelle commissioni esteri di Camera e Senato del M5S affermano: «Serve ogni sforzo possibile da parte di tutti gli attori in campo e della comunità internazionale affinché si fermino subito le armi e si scongiuri l'inizio di una nuova guerra». NICOLA FRATOIANNI prova a inserire le scene di ieri mattina dentro il loro contesto. «Le immagini che arrivano da Israele e dalla striscia di Gaza sono terribili e angoscianti – afferma il segretario di Sinistra italiana - Quello che sta accadendo in queste ore in Israele e nella striscia di Gaza è, purtroppo, ancora una volta frutto della nostra ignavia». Fratoianni denuncia «la violazione sistematica della legalità internazionale, delle numerose risoluzioni dell’Onu e l’assenza di una qualsiasi prospettiva di pace credibile alimenta estremismo e violenza». «GAZA É UNA prigione a cielo
aperto», dice il segretario di Rifondazione Maurizio Acerbo. «Condanniamo tutti gli attacchi contro i civili - prosegue - Che siano da parte di Hamas o del governo israeliano. Ma esiste un aggressore, Israele, e un aggredito, il popolo palestinese. Esiste uno stato che pratica l’apartheid, occupa territori altrui, viola il diritto internazionali. Ed esiste un popolo che resiste e lotta per veder riconosciuti i suoi diritti. Esiste una comunità internazionale, in primis gli Usa e l’Ue, muta e complice nei confronti dei crimini israeliani».

Su Israele/Palestina interviene a pagina 5 Alberto Negri: "Basta retorica trent'anni dopo Oslo"
"Trent'anni dopo gli accordi Oslo, con il Patto di Abramo voluto da Trump, l'apertura delle relazioni diplomatiche tra Riad e Tel Aviv avrebbe potuto dare forse, nella migliore delle sole ipotesi, il via alla nascita dei due stati, di cui uno palestinese foraggiato dall'Arabia Saudita che ne avrebbe dovuto essere il garante internazionale. Lo scrivevano giornali informati come il «New York Times». (...) Emergeva una domanda: cosa ne pensano i sia pure assai divisi palestinesi? La loro opinione (...) non era contemplata. Perché? Perché in Medio Oriente è importante non chiedere la loro opinione, ma costruire la narrativa che deve portare una parte politica, un avversario o un nemico alla resa o al consenso, senza troppo discutere. (...) Poi chiedetevi perché fuori c'è, ancora, la guerra."

Prima pagina di DOMANI: La guerra che cambierà Israele e Medio Oriente

Prima pagina de LA STAMPA: "Israele in ostaggio" di Fabiana Magri

A pagina 7 intervento dello scrittore israeliano Assaf Gavron: "Questa disfatta colpa di Netanyahu: pensava di umiliare i palestinesi"
"Oggi Israele è sotto shock, colta di sorpresa dall’invasione dei combattenti di Hamas. All’epoca dello Yom Kippur Israele venne umiliata, come è stata umiliata oggi. All’epoca, fu un fiasco dell’intelligence, esattamente come oggi. In questo momento, noi israeliani dobbiamo discutere la responsabilità del nostro governo nell’averci portato a questo orribile giorno di sconfitta, e soprattutto parlare della responsabilità dell’uomo seduto in cima alla piramide. Il governo di Benjamin Netanyahu è fallito sotto tutti i punti di vista. Netanyahu ha permesso ai partiti dell’estrema destra, guidati da Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, di dominare la politica e spingerla al limite del caos, fino a che il caos è esploso. Diffondere odio e razzismo, parlare di superiorità ebraica, pensavano di poter continuare a umiliare impunemente i palestinesi. Non ci sono riusciti. (...)

A pagina 8 Domenico Quirico ci racconta: "Cinquant’anni dopo torna lo Yom Kippur. L’attacco giudicato impossibile.
Hamas ha realizzato un’operazione militare in grande stile dietro cui si vede la mano dell’Iran.
Tre didascalie spiegano una storia costellata di conflitti.
1948, Guerra di indipendenza. Dopo il progetto di spartizione del Mandato britannico e il ritiro degli inglesi gli Stati arabi attaccano Israele, che resiste.
1956, lo scontro a Suez. Francia e Gran Bretagna, assieme a Israele, attaccano l’Egitto per il controllo del Canale. Gli Usa li fermano.
1967, la Guerra dei 6 giorni. In un attacco a sorpresa Israele sconfigge Egitto e Siria e conquista il Sinai e le Alture del Golan.
1973, Guerra del Kippur. Questa volta sono Egitto e Siria a sorprendere Israele. Lo Stato ebraico resiste ma alla fine restituirà il Sinai al Cairo.
1982, l'invasione del Libano. Per stroncare l’Olp di Yasser Arafat l’esercito israeliano occupa mezzo Libano e Beirut. Si ritirerà del tutto nel 2000.
2008, l'occupazione di Gaza. Dopo essersi ritirata dalla Striscia nel 2005, Israele lancia un’operazione di tre settimane contro Hamas.

A pagina 10 l'intervista all'esperto di geopolitica Andrea Margelletti: “L’attacco è stato l’11 settembre di Israele, una vendetta per gli accordi con il Golfo”
Domanda il giornalista Giampiero Maggio: "Chi farà la prossima mossa (dopo l'attacco di sorpresa)?"
Risposta: Israele ha un esercito tra i più potenti al mondo, volendo potrebbe spazzare via i palestinesi in un attimo, ma non dimentichiamoci che l’esercito israeliano non può ignorare determinate restrizioni, tipiche dei Paesi democratici. (...) Le motivazioni che hanno portato i terroristi ad attaccare sono diverse, ma la più importante, a mio avviso,è legata agli accordi di Abramo (...) Un eventuale duro attacco anti-sciita farebbe il gioco dell’Iran, Paese vicina ad Hamas e che avrebbe fornito ai terroristi i razzi usati nell’attacco. E se Israele agisse contro la popolazione sunnita in modo massiccio porterebbe alcuni Paesi arabi a rimettere in discussione gli accordi firmati».

L'analisi di Piero Stefanini, a pagina 11, concorda: "Fermare l’intesa con i sauditi il vero obiettivo dei miliziani" . Hamas ha messo in campo mezzi senza precedenti e inflitto a Israele perdite massicce subirà una rappresaglia terribile, anche via terra: in gioco ci sono gli equilibri regionali.

"Non c’è il minimo dubbio sulla volontà di Hamas di far guerra a Israele, come non c’è sull’impossibilità per Hamas di vincerla. Da quasi vent’anni, cioè da quando Hamas prese di forza il potere nella Striscia, spodestando l’Autorità Palestinese, c’è una tregua armata rotta da ricorrenti attacchi su Israele con piogge di razzi, per lo più inefficienti anche grazie alle difese anti-missile «Cupola d’Acciaio» (Iron Dome) di Gerusalemme, e dall’inevitabile massiccia risposta israeliana con bombardamenti su Gaza - mirati ma nella misura del possibile quindi con vittime civili - cui segue una nuova tregua propiziata dalla provvidenziale mediazione egiziana o qatarina o di qualche altra geometria araba. Questo copione resta probabilmente l’unico disponibile anche per mettere fine alla guerra iniziata ieri ma diventa di più difficile, quasi sicuramente più lunga, attuazione per due motivi principali. (Questa volta l’attacco ha causato moltissime vittime, soprattutto civili): prima di accettare una qualsiasi tregua Israele vorrà garantirsi che Hamas non sia in grado di ripetere l’impresa. Non ci sono soluzioni facili. Per disarmarlo occorrerebbe rioccupare la Striscia cosa che comporterebbe un continuo salasso e logorio di rischi e risorse. (...) Resta la sistematica distruzione delle capacità e infrastrutture nella Striscia, il che implica una guerra relativamente lunga, pesanti ripercussioni sui civili e forse la necessità di entrare a Gaza con truppe di terra, cosa che Israele ha sempre evitato per non trovarsi alle prese con una letale guerriglia urbana. (...) (Il secondo motivo sta nel fatto che) Hamas ha dimostrato di avere un’opzione militare-terroristica a
cui non vorrà rinunciare; se completamente distrutta la vorrà ricostruire. (...) L’opzione militare-terroristica è un drammatico vicolo cieco. Perché usarla adesso - e poi subire l’inevitabile rappresaglia? (...) (Quello che si vuole fare saltare è il piano della diplomazia americana per normalizzare le relazioni fra Arabia Saudita e Israele). Con la guerra iniziata ieri Hamas ha messo un grosso bastone fra le ruote all’intero processo. La via diplomazia mediorientale diventa ora doppiamente complicata: blindare la difesa di Israele dal terrorismo di Hamas; (mandare in porto) l’avvicinamento fra Riad e Gerusalemme."

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Quattordicesima puntata dei “DIARI DI FINE GUERRA”(testo completo anche delle puntate precedenti al link: http://www.disarmistiesigenti.org/diari-di-fine-guerra/ )

PER UN DICEMBRE DI COERENZA PACIFISTA
INCALZIAMO IL GOVERNO IN DIFFICOLTA' CON L'OPINIONE PUBBLICA CONTRARIA ALLA GUERRA
MOBILITIAMOCI ANCORA CONTRO IL RINNOVO DEL DECRETO CHE CONSENTE DI INVIARE ARMI ALL'UCRAINA SCAVALCANDO IL PARLAMENTO

Su la Repubblica di giovedi 5 ottobre 2023 a pagina 19 troviamo l'articolo di Tommaso Ciriaco e Gianluca Di Feo, rubricato sotto la cayegoria "IL CASO".
Titolo: Mancano le risorse e il consenso. L'Italia frena sulle armi all'Ucraina.
L'attacco prende lo spunto dalla "gigantesca partita politica e diplomatica attorno all'ottavo pacchetto di aiuti militari a Kiev" che si starebbe giocando in queste ore.
Il governo sarebbe già spaccato, tra Fratelli d'Italia, Forza Italia e Lega, con i rapporti verso i partner occidentali in via di complicazione.
"Le nuove forniture arriveranno, ma soltanto a ridosso di capodanno. E soprattutto senza soddisfare alcune richieste di Zelensky".
Viene riferita una intervista di Giorgia Meloni a SkyTG24:
"Sugli aiuti siamo stati sempre a fianco dell'Ucraina. Ed è quello che continueremo a fare, compatibilmente con le richieste che arrivano e con la necessità di non sguarnire e compromettere la nostra sicurezza. Ci sta lavorando la Difesa".
Il ministro Crosetto rende espliciti alcuni ostacoli sui nuovi aiuti.
"L'Italia ha puntato molto sui sistemi di difesa antiaerea per fermare gli attacchi sulle città. Il problema è che non abbiamo risorse illimitate, abbiamo fatto quasi tutto ciò che si poteva fare, non esiste molto ulteriore spazio. (...). L'ottavo pacchetto? Tajani ha parlato della scelta politica. Poi c'è quella tecnica, per vedere cosa siamo in grado di dare senza mettere in pericolo la difesa italiana".
Commentano i giornalisti:
"Ecco il punto: l'Ucraina ha chiesto materiale che Roma ha difficoltà a concedere. Per ragioni di sicurezza nazionale, ufficialmente. Ma anche per evidenti difficoltà politiche e finanziarie. (...) Bisogna rispondere al quesito più delicato: davvero Roma vuole entrare (con un certo tipo di armi, i missili Storm Shadow - ndr) nella partita degli attacchi in un territorio (la Crimea - ndr) che i russi considerano proprio? (...) Non è facile, per Palazzo Chigi, impegnarsi in nuove costose spedizioni mentre è in discussione una manovra di austerità, che taglia settori chiave come la Sanità. (...) La guerra è sempre meno popolare. E Meloni, che ha sempre tenuto per un anno il timone dritto sul sostegno a Kiev, deve iniziare a fare i conti anche con il consenso in vista delle Europee. (...) Non significa che Palazzo Chigi ha deciso di interrompere il sostegno militare. Ma è abbastanza per alimentare i dubbi di un senatore DEM vicino alla causa di Kiev, Filippo Sensi. "Il sostegno (al governo Ucraino - ndr) non può vacillare sull'altare delle europee".

Quindi nella maggioranza si litiga e, preso atto che l'opinione pubblica è tutt'altro che entusiasta sul coinvolgimento nella guerra, ci si comincia a smarcare, come già nel Congresso USA, ma anche in Polonia, in Ungheria e in Slovacchia, dall'oltranzismo Zelenskiano. All'"eroe" non si è più disposti a dare quasi tutto quello che vuole e come lo vuole. L'opinione pubblica americana al 51% ritiene di avere già dato, secondo un sondaggio del Washington Post.

Meno male che a portare soccorso ai bellicisti ci pensa il PD, proiettato anche con la Schlein ad essere più atlantista e guerrafondaio degli USA.
E meno male che a soccorso del PD sta scendendo in campo, il 7 ottobre, trainato dalla CGIL, quello che Crosetto definisce "pacifismo serio".
Si sta ripetendo il corteo del 5 novembre 2022, quello delle belle parole che suonano vuote se poi si evita la concretezza dei nodi reali e decisivamente impattanti.

La manifestazione del 7 ottobre a Roma, organizzata da una sedicente "EUROPE FOR PEACE", è intitolata: "La via maestra, la pace e la Costituzione".

Si chiede il "cessate il fuoco" in Ucraina ma anche il solito elenco di obiettivi generici "per il lavoro e contro la precarietà, per l’aumento dei salari e delle pensioni, per la sanità e la scuola pubblica, per la difesa e l’attuazione della Costituzione contro l’autonomia differenziata".
Si indica al movimento per la pace la Costituzione come "via maestra", ma non si specifica se rientra nell'articolo 11 rifornire di armi un Paese in guerra che si difende non con la resistenza popolare, ma ricorrendo a caccia bombardieri, artiglieria pesante, carri armati, missili, droni, in un conflitto ad alta (anche se non altissima) intensità tecnologica.

Sergio Bassoli, CGIL, il vero leader della Rete Italiana Pace e Disamo, così spiega sulla rivista Altreconomia il senso della manifestazione:
"Questa guerra va fermata subito, anche per impedire lo scoppio di una Terza guerra mondiale a pezzi e una nuova divisione del mondo in blocchi. Dopo oltre 18 mesi di combattimenti continuiamo a chiedere il cessate fuoco. Sono stati messi in atto diversi tentativi di negoziato per trovare una soluzione pacifica al conflitto, a partire da quello promosso dal Vaticano tramite la figura del presidente della Conferenza episcopale italiana, monsignor Matteo Zuppi, cui si aggiungono quelli presentati dalla Cina e da altri Paesi del Sud del mondo. Ma non abbiamo proposte di negoziato da parte dell’Unione europea. Il messaggio che vogliamo trasmettere è che serve un forte impegno europeo per il negoziato ma né il governo italiano, né le istituzioni europee si stanno impegnando attivamente in questa direzione. Ed è assurdo che questo non avvenga perché è proprio l’Europa a essere vittima delle conseguenze del conflitto: dall’aumento dell’inflazione alla questione energetica”.
Bassoli annuncia che alla manifestazione del 7 ottobre parteciperà anche Olga Karach, giornalista e attivista nonviolenta bielorussa, fondatrice del movimento Our House, il Centro Internazionale per le iniziative civili che ora opera a Vilnius, in Lituania, dove la donna si è rifugiata nel 2020 dopo le elezioni che hanno riconfermato alla guida del Paese Alexander Lukashenko.
"Karach - ricorda Bassoli - è diventata è diventata una delle protagoniste del rifiuto alla guerra e alla coscrizione obbligatoria. Con la sua presenza vogliamo rimarcare ancora una volta l’attenzione sul numero sempre maggiore di persone, in particolare uomini, che si rifiutano di combattere, che non vogliono andare a morire in guerra. Ma che, a seguito dell’entrata in vigore della legge marziale, sono costrette a scegliere tra la galera e il mettere a rischio la propria vita”.
E il sindacalista conclude riportando la piattaforma testuale di Europe for Peace: "Noi restiamo convinti che nel diritto internazionale, lavorando su un sistema di sicurezza reciproca, condivisa per tutti gli Stati e rispettando il diritto allo sviluppo e all’identità di tutte le popolazioni sia possibile risolvere, con la partecipazione di tutti i paesi del mondo, questo come altri conflitti. Mettere a tacere le armi, dunque, è la sola condizione per consentire, senza ulteriori inutili stragi, le iniziative diplomatiche, le trattative negoziali necessarie ad affrontare alla radice le cause del conflitto e porre le basi per un futuro comune”.

Le armi - è vero - devono tacere, cari Bassoli, Vignarca, Valpiana e quanti altri, se si vuole davvero opporsi alla guerra. Ma perché questo accada bisogna impedire l'invio di armi assassine dall'Italia ai teatri di guerra. C'è chi propone e pratica, come i portuali di Genova, l'azione diretta nonviolenta bloccando la produzione e il trasporto degli strumenti di morte. Senza necessariamente arrivare subito a tanto, si può almeno rimproverare il governo e il parlamento quando decidono di passarle a coloro che sparano, di rifornirli di pallottole e di addestrarli se non riescono a fare funzionare sistemi complicati.
Quale occasione migliore di una manifestazione nazionale a Roma per interloquire con il governo e le forze politiche, richiamando la loro responsabilità sulla via maestra della Costituzione che stanno abbandonando proprio con le forniture di armi che hanno deciso e continueranno a decidere?

Sappiamo bene che questo non succederà, che l'iniziativa del 7 ottobre sarà, con questa omissione, nella piattaforma ufficiale e nel discorso pubblico, del fatto armi passate a Kiev, un fumo retorico pro pace, pro negoziati, pro obiettori, cui non potranno ovviare gli striscioncini in piazza magari antiNATO e anticapitalisti, ma buoni solo per il "popolo della pace" che deve rassicurare psicologicamente sé stesso ("come è bello non sentirsi soli, vedere che siamo in tanti!"), ma che non ha nessuna volontà di rappresentare il popolo tout court.

Ecco perché noi Disarmisti esigenti chiamiamo a darsi appuntamento per fine dicembre 2023: invitiamo a contestare il rinnovo del decreto Draghi per gli aiuti militari al governo ucraino: questo è il modo di premere per il cessate il fuoco e uscire dalla guerra!
Dobbiamo tenerci pronti per una mobilitazione pacifica quando il Parlamento, insieme al bilancio che aumenta le spese militari, voterà il decreto Draghi, già rinnovato nel 2022 dal governo Meloni, che consente gli aiuti militari al governo ucraino attraverso semplici Dpcm. E' un suicidio del ruolo istituzionale del Parlamento, che si lascia informare solo tramite il COPASIR, in violazione della Costituzione che ripudia la guerra; ed in dispregio della volontà maggioritaria del popolo italiano contrario su questo come su altri punti di militarizzazione. Armi, spese militari, nuove "atomiche", sanzioni, rifiuto di porsi come mediatori, ostano alla fuoriuscita dell'Italia da questo "grande" conflitto che può sciaguratamente avvitarsi in escalation incontrollabili.

Da coordinamentodisarmisti@gmail.com i digiunatori per coerenza pacifista, dedicati ad Antonia Sani, che sono stati più volte (5 volte) presenti in piazza, unici a protestare, invieranno le loro comunicazioni e faranno da punto di riferimento con il seguente striscione, immutato dal 5 novembre 2022 (sperando che risponda all'appello un millesimo di quelli che si mobilitano per le adunate oceaniche che non mettono in rappporto le parole con la realtà di fatto):
OGGI NON ESISTONO GUERRE GIUSTE (PAPA FRANCESCO)
Fermate subito i combattimenti, intervenga l'ONU per negoziare una tregua e prevenire una escalation nucleare
Custodiamo, esseri umani cooperanti, la Terra sofferente
Riconvochiamoci, quando si vota in Parlamento, per protestare contro l'invio di nuove armi all'esercito ucraino.

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Trecesima puntata dei “DIARI DI FINE GUERRA”(testo completo anche delle puntate precedenti al link: http://www.disarmistiesigenti.org/diari-di-fine-guerra/ )

G77 A L'AVANA. LA CINA PROPONE PIU' ONU PER RIFORMARE IL MONDO

A pagina 15 del Fatto Quotidiano del 15 settembre 2023, articolo di Alessandra Colarizi sul vertice G77 a L'Avana. Focus sul progetto cinese.
Titolo: “Più Onu per riformare il mondo”
"Non serve presenziare al G20 per parlare al Sud globale. A pochi giorni dal vertice indiano, la Cina di Xi Jinping ha annunciato un piano di riforma dell’ordine internazionale che strizza l’occhio ai paesi emergenti. Il position paper verrà presentato all’Onu in occasione del decimo anniversario del programma Umanità dal futuro condiviso, la prima iniziativa lanciata da Xi appena assunta la presidenza, ancora prima della nuova Via della seta. (...) Nel nuovo documento viene ribadita la necessità di difendere il “ruolo centrale dell’Onu negli affari internazionali e di promuovere il “vero multilateralismo”, in antitesi alla “divisione in blocchi” di Washington e dei like minded countries. Il rapporto tocca molti temi, compreso lo sviluppo dell’IA , che le autorità cinesi dicono vada gestito a livello Onu “aumentando la rappresentanza dei Paesi in via di sviluppo”. E lancia una stoccata agli Stati Uniti: “Devono evitare di mescolare il loro pensiero egemonico con la governance delle nuove tecnologie”. (...) Ma a ottenere maggiore risalto sono la Global Security Initiative, la Global Development Initiative e la Global Civilization Initiative con cui Pechino punta a sponsorizzare un’idea di sicurezza basata sul rispetto della sovranità; uno sviluppo economico mondiale che ripartisca equamente le responsabilità (maggiori per le potenze occidentali); e il rispetto reciproco per le differenze culturali. Anche in materia di diritti umani. (...) Per risolvere i problemi globali, per Pechino, serve aumentare la voce delle economie emergenti nei processi decisionali. Dopo l’inclusione dell’Unionene africana nel G20, il rapporto ribadisce la necessità di accogliere l’Africa nel Consiglio di Sicurezza Onu.

Anche il Manifesto si occupa del vertice G77, che si svolge a L'Avana, a pagina 11, con un articolo a firma di Roberto Livi
Occhiello: Comunque vada per L’Avana sarà un successo
Titolo: Pace e sviluppo sostenibile, il Sud Globale si ritrova a Cuba
Sottotitolo: 134 paesi che rappresentano l’80% della popolazione mondiale vogliono contare di più

"Per Cuba, presiedere e organizzare il vertice del G77+Cina che inizia oggi è comunque un grande successo diplomatico e politico. Si tratta infatti di aver guadagnato il diritto - oltre che la responsabilità - di guidare un insieme di 134 paesi (più del 70% dei 193 che formano l’Onu) e che raccolgono più dell’80% della popolazione mondiale verso obiettivi - nello sviluppo sostenibile, nella tecnologia e innovazione e nelle sicurezza - che li facciano contare di più a livello mondiale. (...) Il gruppo prende il nome dai 77 paesi che nel 1964 sono nati come una costola del Movimento dei paesi non allineati e che poi nel tempo si è allargato proprio per la sua condizione di liquidità politica. (...) Il termine Sud Globale ( ex Terzo mondo) che li sussume indica che il loro minimo comun denominatore è la condizione di più o meno relativo sottosviluppo. (...) L’aggiunta della Cina, ha aumentato il "peso" ma reso più
complessa la rotta del non allineamento. Nell’attuale congiuntura internazionale, nella quale si sta delineando una tendenza verso un mondo multipolare - contrastata da Usa e Nato - o comunque verso la formazione di diversi blocchi di potenze, si potrebbe presentare per la nebulosa del Sud Globale una finestra di opportunità per concorrere a un’alternativa di pace e sviluppo economico ecologicamente sostenibile. (...) Il coordinatore della presidenza cubana Pedro Luis Pedroso segnala la volontà di «potenziare la posizione del Gruppo» nei processi negoziali intergovernamentali in corso in vista del vertice sugli Obiettivi dello sviluppo sostenibile (Ods) che si svolgerà a New York il 18 e 19 settembre e il Vertice del Futuro, previsto per settembre 2024. Dal punto di vista politico è prevista una Dichiarazione dell’Avana sulle questioni più urgenti delle relazioni internazionali contemporanee. (...)

Richiamo in prima pagina di Avvenire, 15 settembre 2023:
UCRAINA, la missione di Zuppi.
«Sforzi unitari per la pace», il sì della Cina

L’inviato di Francesco ha incontrato Li Hui, rappresentante speciale per gli affari euroasiatici. È stato il primo faccia a faccia tra un inviato del Papa e un esponente del governo cinese a Pechino. Dialogo e sicurezza alimentare al centro del colloquio. Rilevante la sintonia con la Santa Sede sullo sblocco all’export del grano.

Gambassi e Muolo a pagina 6

Avvenire del 15 settembre sulla crisi migratoria che crea il sovraffollamento a Lampedusa.
Apertura in prima pagina.

Contatti fra Meloni e Von der Leyen. Trasferimenti per alleggerire l’hotspot.
Scontro tra Unione Europea e Tunisia: visita negata. Salvini attacca Berlino, Ue e premier.

Editoriale di Diego Motta a pagina 2.
LA LEZIONE NON COMPRESA DI “MARE NOSTRUM” (E ALTRI ERRORI)
Dieci anni di occasioni perse. Se l’Europa si scopre più fragile

"Mare Nostrum fu liquidata per lo stesso presunto peccato originale che oggi si attribuisce alle imbarcazioni delle Ong: costituiscono un “pull factor”, un fattore d’attrazione per chi vuole partire. (...) Quanto al ruolo che potrebbe coprire nei prossimi mesi il Vecchio continente, è inutile farsi illusioni: la corsa verso il voto del 2024 non è il contesto ideale per un confronto pragmatico tra le forze politiche e i Paesi sul tema. (...) Il pacchetto migranti che dovrebbe essere approvato entro la prossima primavera è oggetto ancora di un negoziato tra Stati, Commissione ed Europarlamento. (...) (Il cuore del Patto sulla migrazione in discussione) dovrebbe essere la la solidarietà tra gli Stati membri e l’accoglienza.

Richiamo di Repubblica in prima pagina sull'ondata migratoria.
Allarme Frontex “Più sbarchi”. E Salvini invocale navi militari
La lotta tra bande criminali che in Libia e Tunisia gestiscono il traffico dei migranti verso l’Italia sta facendo crollare i prezzi dei viaggi sui barconi, e così gli sbarchi aumenteranno. È la previsione di Frontex, e il ministro Salvini non esclude l’impiego di navi militari.
di Lauria ● a pagina 7 e di Candito ● a pagina 10

Richiamo in prima pagina de La Stampa sempre sulla crisi degli sbarchi dei migranti.
Titolo a caratteri cubitali: Il governo si spacca su Lampedusa
Sottotitolo: Nel mirino il patto con Saied. La Lega: la linea di Palazzo Chigi ha fallito. Schlein: basta fondi ai dittatori
BRESOLIN E LOMBARDO

Commento in prima pagina di Marcello Sorgi: Ora l'immigrazione è un boomerang
Con Meloni lontana da Roma, in visita a Orban, e la Lega che con il suo vicesegretario Crippa mette in discussione la linea diplomatica voluta dalla premier e dalla presidente della Commissione europea, per convincere il presidente tunisino Saied a dare una mano per limitare gli sbarchi, la situazione dell’immigrazione clandestina tende ad aggravarsi. Ieri alcune navi, cariche di migranti, hanno cominciato viaggi di alleggerimento da Lampedusa a Pozzallo, sulla costa siciliana. – PAGINA 2

Corriere della sera a pagina 8, articolo di Virginia Piccolillo
Titolo: La missione di Meloni da Orbán: «Difendere Dio e la famiglia»
Sottotitolo: E il premier ungherese si associa alla «condanna dell’aggressione russa in Ucraina»

Commento di Massimo Franco: Il governo si divide sempre di più sull'Europa
"La durezza e l’ufficialità con la quale ieri i vertici della Lega hanno bocciato la politica di Giorgia Meloni in tema di immigrazione superano le previsioni. Sottolineano una divergenza di strategia che lascia trasparire il contrasto su come rapportarsi con l’Ue. Lo sfondo è quello delle elezioni europee del 2024 e la competizione a destra tra FdI, Lega e FI: in particolare tra i primi due. (...) «L’Europa è clamorosamente ignorante e sorda», scolpisce Salvini. «Dovremo difendere le frontiere per conto nostro con ogni mezzo necessario». La domanda è se l’offensiva leghista inciderà sulle scelte di Palazzo Chigi. (...) La Lega ha attaccato la premier mentre incontrava a Budapest il presidente Viktor Orbán, cercando di associarlo al gruppo dei conservatori europei; e alla vigilia del raduno di Pontida dove Salvini ha invitato la leader dell’ultradestra francese Marine Le Pen, emblema dell’euroscetticismo. (...) Salvini boccia Meloni e la accusa di mettere veti su un’alleanza tra le destre italiane e Le Pen; e di rassegnarsi a un’intesa tra Ppe, conservatori e socialisti."

Corriere della Sera a pagina 9, articolo di Francesca Basso sulla scelta della Von Der Leyen di incaricare Mario Draghi di preparare una relazione sul futuro della competitività europea
Titolo: La road map di Draghi, l’ ottimismo nelle istituzioni UE
"Il mantenimento della competitività Ue è una delle questioni economiche più rilevanti su cui concordano tutti — oggi a Santiago de Compostela si tiene l’Eurogruppo — e secondo molti non è stato affrontato con abbastanza efficacia da questo esecutivo che si è limitato ad allentarele regole sugli aiuti di Stato e a creare la Piattaforma europea per le tecnologie strategiche (Step), con una dotazione di appena 10 miliardi di euro per contrastare l’Inflaction reduction act (Ira) degli Stati Uniti, che ha invece una potenza di fuoco di 370 miliardi di dollari per aiutare l’industria americana nella transizione verde. (...) (L'ex presidente della BCE sull'Economist ha scritto che) «le strategie che hanno garantito prosperità e la sicurezza
dell’Europa in passato — la dipendenza dall’America per la sicurezza, dalla Cina per le esportazioni e dalla Russia per l’energia — sono diventate insufficienti, incerte o inaccettabili» e «la creazione di un’unione più stretta si rivelerà alla fine l’unico modo per garantire la sicurezza e la prosperità che i cittadini europei desiderano».

Corriere della Sera a pagina 10, sul caso Attanasio articolo di Ilaria Sacchettoni
Titolo: I funzionari Onu invocano l’immunità
Sottotitolo: L’ambasciatore ucciso in Congo, processo a rischio. Accordo sull’indennizzo ai familiari del carabiniere
Didascalia della foto dell'ambasciatore: Luca Attanasio è stato ucciso o il 22 febbraio 2021 in Congo su un convoglio del Pam, col carabiniere Vittorio Jacovacci

Avvenire a pagina 4
Da Crosetto una commissione sull'uranio impoverito
Una commissione speciale indipendente che si occupi di analizzare il tema dell’uranio impoverito, a tutela del personale militare. Ad annunciarla ieri il ministro della Difesa, Guido Crosetto, specificando che sarà composta principalmente da tecnici ed esperti quasi tutti esterni al mondo della Difesa.
(...)
Una decisione che sembra quasi una risposta al generale Roberto Vannacci che, ben prima dell’uscita del suo libro “Il mondo al contrario”, aveva più volte denunciato le omissioni nella tutela della salute dei militari.

Avvenire a pagina 7
Un anno dopo l’Iran non smette di urlare. «Donna, vita e libertà» nel nome di Mahsa
Articolo di Lucia Capuzzi.

A Roma e a Milano marce, dibattiti e fiaccolate

Una serie di iniziative sono state organizzate in Italia dalla diaspora italiana. Oggi Arci parteciperà alla fiaccolata di Roma al fianco del movimento “Donna, vita libertà” e domani mattina ci sarà un sit-in di fronte all’ambasciata di Teheran e nel pomeriggio è in programma un incontro di approfondimento con gli interventi di Fereshteh Rezaifar (collettivo Donna Vita Libertà), Celeste Grossi (Arci ), Tina Marinari (Amnesty International), Matteo Fago (Left), Nasrin Parsa (sociologa, scrittrice e regista), Meytham Almahdi (sindacalista ). Sempre a Roma, domani, ci sarà un grande corteo che partirà da piazza dell’Esquilino. Un analogo corteo si svolgerà a Milano, lungo corso Venezia. Amnesty International ha organizzato iniziative – veglie, dibattiti, sitin – nelle differenti città italiane.

Analisi di Antonella Mariani
Il sacrificio e la vergogna

«Non piangete sulla mia tomba, non leggete il Corano. Mettete una canzone allegra». Sono ormai storia le ultime parole di Majidreza Rahnavard, ucciso il 12 dicembre 2022 per aver preso parte alle manifestazioni seguite alla morte in detenzione di Mahsa Amini. Difficile eseguire le sue volontà, nell’Iran della repressione totale, a meno di affrontare tutti i rischi che la disobbedienza comporta.
(...)
Nell’anno trascorso dalla morte di Mahsa abbiamo assistito a manifestazioni quasi quotidiane, sedate dagli agenti della repressione. Abbiamo visto esplodere e poi pian piano sfiorire campagne social diffuse in tutto il pianeta come il taglio di una ciocca davanti alle videocamere (erano stati proprio i capelli fuori posto a scatenare la violenza contro la giovane curda). Abbiamo letto report allarmati sulle migliaia di arresti arbitrari, sulle esecuzioni pubbliche, sulle violenze inflitte in carcere ai manifestanti, uomini e donne… L’opinione pubblica mondiale non ha dimenticato le ragazze e i ragazzi iraniani, non c’è stato un blackout informativo come è accaduto invece per le afghane, che da due anni sono state cancellate dalla scena pubblica nel loro Paese.
(...)
L’unico risultato raggiunto dal clamore mediatico, nel dicembre scorso, è la sospensione del seggio della Repubblica islamica dell’Iran nella Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne.
(...)
Il sostegno che è mancato e manca, nella battaglia del popolo iraniano, è la volontà dei governi occidentali di far valere i cardini condivisi della nostra civiltà: l’uguaglianza e la pari dignità tra cittadini, la libertà di pensiero e di espressione, la giustizia...
(...)
L’unica speranza che la morte di Mahsa Amini e degli altri, la sofferenza degli innumerevoli oppressi in prigione, picchiati e perseguitati, porti a un cambiamento nel granitico regime iraniano, risiede nel coraggio e nella tenacia di chi lotta, nella possibilità che emerga una leadership. (...) Oggi i giovani costituiscono il 70 per cento della popolazione. Le ragazze sono il 60% delle matricole universitarie, il 70% nelle facoltà scientifiche. Per quanto tempo gli ayatollah ancora potranno arginare la protesta di una parte così consistente – donne e uomini, insieme – della propria gente?

Franco La Cecla scrive a pagina sul nuovo Vietnam, scuola di speranza.

In Francia diventano un caso le onde dell’iPhone
Daniele Zappalà da Parigi

La regola è uguale per tutti, compresi i giganti del digitale». È la posizione francese, espressa così dal ministro per l’Economia digitale, Jean-Noël Barrot, che ha annunciato la sospensione provvisoria della vendita in Francia dell’iPhone 12, telefono portatile di punta del colosso statunitense Apple. Fra i 141 modelli di diverse marche verificati di recente dall’authority francese Anfr (Agenzia nazionale delle frequenze), l’iPhone 12 è stato bocciato nel test sulla trasmissione d’energia al corpo umano. Quando si tiene il telefono in mano, la soglia legale consentita è di 4 watt per chilogrammo. L’iPhone 12, secondo l’organismo francese, supera questa soglia, potendo sforare fino a 5,7 watt per chilogrammo. Il superamento è stato constatato pure quando l’apparecchio è portato in tasca nei pantaloni.

Il Domani in prima pagina parla dell'ennesimo aumento dei tassi deciso dalla BCE.
Articolo di Vittorio Malagutti.
Titolo: Gli errori di Lagarde e l’inflazione che non cala
"Spostare il picco un poco più in là. Giugno, poi luglio e ora settembre. Con il rialzo deciso ieri dalla Bce, il decimo di una lunga serie che parte dall’estate del 2022, il costo del denaro in Eurolandia è al massimo dal 2001. Siamo vicini alla svolta? Ottobre segnerà davvero il cambio di stagione anche per la politica monetaria di Francoforte? Le Borse festeggiano, perché pur nel linguaggio oracolare che caratterizza la comunicazione dell’Eurotower, la presidente Christine Lagarde ieri ha fatto un vago accenno alla possibilità che i tassi d’interesse siano arrivati al punto più alto della loro parabola."

Repubblica in prima pagina si occupa di politica monetaria.
Titolo a caratteri cubitali: Tassi, la morsa della Bce
Sottotitolo: Per tentare di frenare l’inflazione, la Banca centrale europea fa salire il costo del denaro al 4,5%: è il livello record.
Il board dei governatori si spacca sul decimo rialzo consecutivo in poco più di un anno. In arrivo una stangata sui mutui.
La Bce aumenta di un quarto di punto i tassi d’interesse, e quello sui rifinanziamenti principali arriva al 4,50%, ai massimi di sempre. Nonostante le spaccature interne, è il decimo rialzo consecutivo della Banca centrale europea, che nelle tasche degli italiani si traduce in stangata su mutui e prestiti. Nel nostro Paese la benzina sfonda il tetto dei due euro al litro per la verde anche ai self service.
di Amato, Colombo, dell’Olio
Longhin, Santelli e Scalise
● da pagina 2 a pagina 5

Fatto quotidiano 15 settembre 2023

Pagina 8 Economia, articolo di Francesco Lenzi

OCchiello: EU RO • Lagarde li porta al 4,5%, appena sotto il record storico
Titolo: Eurozona verso la stagnazione, ma la Bce alza ancora i tassi

Editoriale di ELENA BASILE a pagina 11
SE L’EUROPA VUOL ESISTERE ABBANDONI L’ATLANTISMO

"Ho amato la società americana (ma) oggi sono una feroce critica dell’imperialismo USA. (...) Ben sette amministrazioni, da Reagan in poi, hanno cercato di dominare il mondo con le armi e con la finzione “liberale” di una democrazia esportabile ovunque. (...) La classe politica non brilla per saggezza ed etica e si contrasta a colpi di inchieste giudiziarie. (...) I due sfidanti alle prossime elezioni si promettono incriminazioni reciproche. (...) Si è antiamericani se si denunciano i crimini del progetto neoconservatore che dalla periferia (Afghanistan, Iraq, Libia) s’è spostato al centro contro l’anello debole delle “potenze del surplus", la Russia? (...) Vorrei chiederlo ai tanti esponenti politici del centrosinistra
che sono divenuti cassa di risonanza dei Democratici americani e da anni bollano di “antiamericanismo ” ogni riflessione e denuncia di pratiche illecite USA. (...) Non vorrei ci
fossero malintesi. Russia, Cina, Turchia e, mi dispiace per i cantori della democrazia di New Delhi, anche l’India, hanno forme di governo autoritarie, non paragonabili alle nostre. Eppure il rischio di una graduale degenerazione del dibattito democratico incombe anche su di noi. (...) Bisogna ritornare all’Europa dei Paesi fondatori, alla riforma della governance economica che continua a drenare fondi dai debitori ai creditori, alla riforma di Dublino che da anni discrimina i Paesi di primo ingresso dei migranti, alla riforma istituzionale, alla difesa e all’autonomia strategica. L’Europa deve appellarsi ai propri interessi e staccarsi dall’atlantismo muscolare che ci ha portato alla guerra in Ucraina e prepara lo scontro con la Cina. Ci può essere una dialettica nella Nato, come Ankara insegna".

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Dodicesima puntata dei “DIARI DI FINE GUERRA”(testo completo anche delle puntate precedenti al link: http://www.disarmistiesigenti.org/diari-di-fine-guerra/ )

LA GUERRA FINO ALL’ULTIMO UCRAINO. E L’OCCIDENTE DEVE TEMERE LA TRILATERALE XI-PUTIN-KIM

La stampa in edicola del 14 settembre 2023 porta in primo piano l’incontro tra Putin e Kim Jong-un, al cosmodromo di Vostochny, con presunto scambio tra tecnologie spaziali (da parte russa) e munizioni (da parte coreana).

Sul Corriere della Sera ha un richiamo in prima pagina: L’INCONTRO TRA I LEADER. Alleanze militari e sogni spaziali: Putin brinda e «arruola» Kim

«Siamo alleati nella sacra lotta contro l’imperialismo»: patto tra Putin e Kim. E presto munizioni nordcoreane potrebbero arrivare sul campo di battaglia in Ucraina. La promessa del leader del Cremlino di far diventare la Corea del Nord una «potenza spaziale».

a pagina 12 di Guido Santevecchi

Anche Repubblica fa un richiamo in prima pagina: Vertice Putin-Kim: i due dittatori brindano ai missili “Per la lotta sacra” (all’imperialismo – ndr)

di Castelletti alle pagine 16-17  - Servizi di Modolo e Scaramuzzi

Inizia l’editoriale di Paolo Garimberti dal titolo: Il patto del male spaventa il mondo

Questo l’attacco:

In uno scenario evocativo di antichi tempi sovietici, Vladimir Putin e Kim Jong-un, due paria del mondo secondo il Dipartimento di Stato, si sono stretti platealmente la mano per quasi un minuto davanti alle telecamere, prima di suggellare un baratto di armamenti”.

Per Gianluca Modolo, a pagina 17, l’intesa Putin Kim metterebbe in allarme anche la Cina, l’altro attore di questo triangolo nord-asiatico che il leader nordcoreano vorrebbe resuscitare.

Titolo: Ma il flirt rinnovato (Putin-Kim) che aggira Pechino ora preoccupa anche Xi Jinping

Sottotitolo: Il Dragone rischia di veder ridotto il suo potere di condizionamento su entrambi i Paesi. E non vuole dare alibi agli alleati degli Usa.

Un Kim ringalluzzito ed equipaggiato con tecnologia russa che lo aiuti a migliorare il suo arsenale sarebbe ancora più imprevedibile e difficile da tenere a bada di quanto già non sia ora. Pechino continua a fornire un ombrello alla Corea del Nord, soprattutto in sede Onu sulle sanzioni, ma l’ultima cosa che i cinesi vogliono è ulteriore instabilità ai propri confini, mentre già sono impegnati su diversi fronti interni (soprattutto economici)”.

Il Fatto Quotidiano ha, a pagina 15, un articolo a firma Michela Jaccarino.

Titolo: Il patto Putin-Kim allarma Pechino

Vladimir Putin e Kim Jong-un sono compatibili, come le munizioni da 152 a 122 millimetri dei loro eserciti, quelle che quasi certamente Pyongyang cederà a Mosca per continuare la sua guerra in Ucraina. Un incontro strategico tra agenti del caos che teme perfino il governo Xi, che non vuole sbilanciare l’asse asiatico, già fragilissimo, per la diatriba con gli Usa su Taiwan. (…) Alla guida di uno Stato prigione che non ha mai cessato la produzione di armamenti, Kim in cambio di petrolio, fondi, medicine e cereali (l’Onu stima che metà della popolazione patisca la fame) cederà artiglieria e missili a Mosca”.

L’articolo accenna a quali armi parlasse Putin quando al forum economico dell’Oriente ha menzionato strumenti bellici basati su “nuovi principi fisici, che assicureranno la sicurezza di ogni Paese".

Lo spiega uno dei siti satellite dell’agenzia statale russa Ria: “Armi a energia diretta” (laser acceleratori, armi infrasoniche per disabilitare le infrastrutture); armi elettromagnetiche e geofisiche (sismiche, climatiche, ambientali), “definite dal ministero della Difesa come mezzi per influenzare l’ambiente per utilizzare le forze della natura per scopi militari”. 

Avvenire, a pagina 5, invece presenta una analisi di Francesco Palmas per la quale ad essere preoccupato è invece l’Occidente.

Titolo: QUELLA TRIPLICE ALLEANZA «D’ACCIAIO» CHE ORA SPAVENTA TUTTO L’OCCIDENTE

Si rafforza il “patto d’acciaio” fra Mosca, Pechino e Pyongyang. Mentre Kim è accolto trionfalmente a Vladivostok, Mao Ning, portavoce del ministero cinese degli Esteri fuga ogni dubbio: l’asse fra Putin e Kim gode anche della benedizione di Xi Jinping. «La Cina sta lavorando per approfondire la cooperazione con la Corea del Nord in vari campi», ha anticipato avant’ieri Mao. È il tramonto delle Nazioni Unite e il preludio a una nuova era. Dietro le quinte dell’orribile guerra d’Ucraina, si stanno rimescolando le pedine della scacchiera mondiale, con un’unica certezza: come nel 1950-1953, la triplice Corea del Nord-Russia-Cina si mostra spavalda nel contrapporsi con ogni mezzo all’Occidente. (…) La Cina manovra abilmente, giocando una partita a tutto campo, fitta di ambiguità. Si erge a mediatrice fra russi e ucraini, ma fornisce tecnologie bivalenti a Mosca, integrabili anche nelle armi. (…) (Xi e Putin stanno manovrando Kim) in funzione antioccidentale, in vista della Guerra fredda 2.0 che si delinea all’orizzonte. L’uomo fa comodo a Putin, in un momento in cui il Cremlino è ai ferri corti con mezzo mondo, e giova anche a Xi, irritato per le nostre ingerenze nel mar Cinese meridionale e per quella Nato asiatica in gestazione. Una diga che gli americani, frenati per ora solo da Parigi, stanno imbastendo alle porte dell’Impero di mezzo”.

A pagina 12 del Corriere della Sera Gian Guido Vecchi riferisce sulla missione cinese del presidente della CEI, Matteo Zuppi.

Titolo: La missione cinese di Zuppi. Pechino: pronti a collaborare

Sottotitolo: Dopo le tappe in Ucraina, Russia e Stati Uniti il cardinale parlerà di pace con il mediatore di Xi.

Le parole di Nao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese, suonano come un’apertura non scontata alla missione di pace del Papa: «Sulla questione ucraina, la Cina è sempre impegnata a promuovere la pace e i colloqui ed è disposta a collaborare con tutte le parti per continuare a svolgere un ruolo costruttivo nel promuovere la “de-escalation” e il raffreddamento della situazione».  Zuppi rimarrà in Cina fino a domani, è l’ultima tappa di un incarico che tra giugno e luglio lo ha già portato a Kiev, Mosca e Washington".

Della missione cinese del presidente della CEI si occupa ampiamente Avvenire con la sua pagina 4.

Articolo di Stefania Falasca.

Titolo: Zuppi a Pechino, dialoghi di pace

Sottotitolo: Il presidente della Cei inviato del Papa è in Cina dove oggi incontrerà il rappresentante del governo per gli affari euroasiatici. La portavoce del ministero degli Esteri: disposti a lavorare con tutti per la distensione e il raffreddamento della situazione

L’impegno per una soluzione della drammatica crisi ucraina si inserisce in un quadro di miglioramento delle relazioni tra Santa Sede e Cina Come testimonia il recente viaggio di Francesco in Mongolia

Da segnalare infine l’inchiesta del generale Fabio Mini sul Fatto Quotidiano sui veri numeri della guerra in Ucraina. È in due puntate, 13 e 14 settembre 2023, quindi si è conclusa oggi.

La prima puntata del 13 settembre reca il titolo: Ogni russo ucciso muoiono cinque ucraini

Sottotitolo: INSOSTENIBILE. L’analisi compiuta dal colonnello Macgregor è impietosa: per quanti aiuti occidentali arriveranno, Kiev non potrà mai vincere.  

Douglas Abbott Macgregor, classe 1947, ex colonnello, veterano e decorato delle guerre americane già consigliere del Pentagono, sin dai primi giorni commenta la guerra e in particolare il coinvolgimento Usa. Non ha mai dovuto ritrattare una sua valutazione e in questa fase dice cose che dovrebbero ascoltare tutti i guerrafondai. (...) Di recente il NYT ha valutato che le perdite in Ucraina ammontassero a circa 500 mila uomini, con una distribuzione quasi paritetica fra ucraini e russi. Macgregor è più preciso: “Valutiamo che gli ucraini abbiano avuto 400 mila morti in combattimento. Nell’ultimo mese di questa presunta controffensiva che avrebbe dovuto spazzare il campo di battaglia, hanno avuto almeno 40.000 morti. Non sappiamo quanti siano i feriti, ma sappiamo che probabilmente tra i 40 e i 50.000 soldati hanno subito amputazioni, che gli ospedali sono pieni e le unità a livello di plotone e di compagnia – cioè, con 50-150-200 uomini – si stanno arrendendo ai russi, non perché non vogliano combattere, ma perché non possono più combattere, hanno così tanti feriti che non possono evacuarli”. (…) Per quanto riguarda le perdite russe, secondo Macgregor sono “probabilmente tra i 40 e i 50 mila morti e altrettanti feriti”. In totale? Chiede incredulo l’intervistatore. “Sì, il rapporto con le perdite ucraine è di 1 a 5." (...) (I russi) ora hanno diversi impianti di produzione che operano 7 giorni su 7 e 24 ore al giorno. Sono arrivati a schierare 750.000 soldati operativi la maggior parte dei quali si trova nella Russia occidentale e nel sud dell’Ucraina. Questo numero è destinato ad aumentare nel corso del prossimo anno, mi aspetto che arrivi a 1,2 milioni. Adesso in Russia ci sono più di 300 mila truppe da combattimento in riserva. (...) (Se malauguratamente dovessimo intervenire) in Ucraina occidentale i russi saranno pronti a combatterci (...) Ecco perché è così importante che ci svegliamo (...), capiamo che ciò che dobbiamo fare ora è fermare tutto e trovare un accordo che può non piacerci, ma che deve avvenire presto, prima che la situazione vada fuori controllo. (...)

La seconda puntata, del 14 settembre, si intitola: L’America è debole, rischio atomico.

Sottotitolo: PROBLEMI IN VISTA.  Per l’ex colonnello Macgregor in un confronto globale gli Usa non possono vincere. A quel punto non resterebbe che ripiegare su un’arma nucleare tattica. Miccia di un’escalation

Mini dialoga con un esperto militare americano, Douglas Macgregor, che gli spiega perché, a suo parere, il regime ucraino è contrario ad un intervento diretto dei suoi alleati.

Zelensky e i suoi vogliono mantenere il potere per venderlo ai migliori “offerenti” che da tempo lo stanno spalleggiando con le operazioni sotto falsa bandiera, con i presunti volontari, con i mercenari ad alto costo, con i sabotaggi, le provocazioni e i falsi pretesti. Dice Macgregor: “Sono sicuro che il signor Zelensky e i suoi amici siano ansiosi di ritirarsi nelle loro tenute in Florida o a Venezia o a Cipro, per godersi i miliardi che sono riusciti a rubare o a sottrarre dagli aiuti che abbiamo fornito. Ricordate che l’Ucraina è probabilmente uno dei più corrotti luoghi del mondo. E poi, naturalmente, ci sono i soliti sospetti: i grandi conglomerati del business agricolo, insieme a BlackRock, che hanno messo gli occhi sul fertile terreno dell’Ucraina occidentale. Immagino che ci sarà un grande sforzo per ottenerne il controllo in qualche modo, che però potrebbe non funzionare una volta che questa guerra finirà con una completa e totale sconfitta del regime ucraino".

Segue l’opinione del militare su un eventuale intervento diretto americano, che attinge all’esperienza della Guerra Fredda

Gli Stati Uniti offrivano all’Europa l’ombrello nucleare e i rinforzi di forze terrestri per arginare la penetrazione sovietica che aveva superato le difese avanzate tedesche, inglesi e americane presenti in Germania. Le esercitazioni di rinforzo con lo spostamento di truppe dal continente americano erano importanti, ma non eliminavano l’eventualità che fosse necessario ricorrere alle armi nucleari. In quella guerra continentale le forze americane disponibili erano già a quel tempo limitate. Oggi le forze terrestri impiegabili sono disperse in tutto il mondo e comunque non superano i 450.000 uomini con un rapporto combattenti/supporto di 1 a 5. La pretesa di poter affrontare e vincere due conflitti regionali contemporaneamente non riguarda le forze terrestri ma quelle aeree, navali e quelle strategiche nucleari. (…) Negli Stati Uniti non abbiamo riserve e nessuna capacità di aumentare la produzione; ci vorrebbero molti mesi per arrivare al tipo di standard che ci consentirebbe di competere in una guerra convenzionale di alto livello. Per questo motivo, persone come me e altri temono che, se dovessimo entrare in un confronto che non possiamo vincere allora ripiegheremmo sul deterrente nucleare: un’arma nucleare tattica. L’uso di qualsiasi arma nucleare farà partire l’escalation molto rapidamente, perché i tuoi avversari penseranno che se non useranno le loro armi nucleari le perderanno, quindi stiamo vivendo in un terribile dilemma in questo momento, la cosa più intelligente che possiamo fare è porre fine a questa guerra”.

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Undicesima puntata dei “DIARI DI FINE GUERRA”(testo completo anche delle puntate precedenti al link: http://www.disarmistiesigenti.org/diari-di-fine-guerra/ )

PUTIN: KIEV TRATTERA’ SE FIACCATA DA NOI

ZELENSKY: SI PARLA CON MOSCA SOLO DOPO LA SUA SCONFITTA

I giornali in edicola del 13 settembre 2023 riportano ampiamente le parole di Putin in una intervista TV a margine del Forum economico orientale che si tiene a Vladivostok, speculari alla tiritera dell’”eroe” Zelensky: “Con la Russia si tratta solo dopo che la si è sconfitta. E non si parla con il criminale Putin”.

Ecco quanto, di questa intervista, riferisce il Corriere della Sera con Marco Imarisio (vedi pagina 12): “L’Ucraina comincerà a parlare di pace solo quando sarà a corto di uomini e armi come conseguenza di una controffensiva che sta fallendo”.

Quindi niente cessate il fuoco “anche perché l’Ucraina dovrebbe prima cancellare la legge votata l’anno scorso che vieta trattative di pace con la Russia. Dopo che l’avrà fatto vedremo”.

Secondo il resoconto di Imarisio, il presidente russo invece della pace penserebbe a nuove armi “basate su nuovi principi della fisica, alle quali stiamo lavorando”.

Leggiamo da Imarisio che, a domanda sullo stato di salute degli Stati Uniti, Putin avrebbe risposto che a suo avviso “Donald Trump è oggetto di una persecuzione motivata solo da ragioni politiche, il che dimostra il marciume del sistema americano” (…) Poco importa chi sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca. Gli USA ci percepiscono come un nemico esistenziale, e non ci saranno cambi nelle linee fondamentali di politica estera”.

A pagina 10 di Repubblica è Rosalba Castelletti che riferisce del Forum Economico di Vladivostok.

Titolo dell’articolo: Putin incontra Kim e cerca partner a Est. Ma è sempre più solo

Sottotitolo: Il presidente vanta i rapporti con la Cina, fa autocritica per il colonialismo sovietico e difende Trump. Oggi il vertice sulle armi con i nordcoreani

Quest’anno niente capi di Stato o di governo al Forum Economico Orientale di Vladivostok, il porto russo che si affaccia sul Pacifico ai confini di Cina e Corea del Nord. Nel 2022, a pochi mesi dall’ingresso delle truppe russe in Ucraina, parteciparono i leader di Armenia, Mongolia e Myanmar, e il premier indiano Narendra Modi intervenne in videocollegamento. (...) Con Pechino «abbiamo rapporti davvero straordinari», ha detto Putin intervenendo alla plenaria del Forum. «L’Occidente sta facendo di tutto per rallentare lo sviluppo della Cina, ma non ci riuscirà». (...) Putin ha poi sottolineato che «l’anno scorso il fatturato commerciale della Russia con i Paesi dell’Asia-Pacifico è aumentato del 13,7%, e nella prima metà di quest’anno ha aggiunto un altro 18,3%». (...)

Scrive la Castelletti:

Sollecitato dalle domande del moderatore, l’ad del canale televisivo Rbk Ilja Doronov, (Putin) non ha mancato di parlare anche del conflitto in Ucraina e di lanciare stoccate all’Occidente. (…) La decisione USA di inviare a Kiev bombe a grappolo, munizioni all’uranio impoverito e caccia F16 non farà che «prolungare» il conflitto, ma non ne cambierà l’esito finale. (L'Occidente) si comporta «da colonizzatore», ha aggiunto, come fece l’Urss quando inviò i tank a Praga e Budapest. «Abbiamo riconosciuto da tempo che fu un errore e portò soltanto a tensioni". (…)

L’articolo si conclude riferendo dell’attesa per l’incontro di Putin con Kim Jong-un, entrato in Russia sul suo treno blindato.

Kim cerca aiuti economici e tecnologia militare, Putin munizioni per il fronte ucraino. Ad accompagnare il leader nordcoreano c’è non a caso Jo Chun Ryong, responsabile delle politiche sulle munizioni.”

Gianni Vernetti a pagina 26 di Repubblica sviluppa la sua analisi, intitolata “Fuga dalle autocrazie”.

La brutale aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina e l’alleanza senza limiti fra Pechino e Mosca, annunciata pochi giorni prima che iniziasse il conflitto e mai smentita, sta producendo un effetto imprevisto: una fuga sistematica dalle autocrazie. “The rest against the West”, la formula con la quale I BRICS, il cosiddetto “sud globale” e molti teorici della crisi irreversibile dell’occidente teorizzavano la rivolta del resto del mondo contro un occidente in declino, sembra essere definitivamente archiviata da una serie di scostamenti tettonici nella geo-politica globale”.

E qui segue, da parte di Vernetti, l’elenco dei Paesi che stanno sviluppando partnership strategiche con gli USA impegnati nel derisking e decoupling dalla Cina: Vietnam, Filippine, Mongolia, Papuasia, Armenia…

A completare il quadro, Moldavia e Georgia sono pronte a seguire l’Ucraina nella marcia di avvicinamento verso Europa e Alleanza Atlantica e l’India è sempre più ponte fra occidente e sud globale, come dimostrato dal recente G-20, nonché solido pilastro sul quale l’occidente può poggiare le proprie politiche economiche e di sicurezza nel cuore dell’indo-pacifico.

Secondo l’analisi di Vernetti, si sta accelerando un processo di polarizzazione che avrebbe reso sempre più attrattiva la comunità delle democrazie rispetto alle autocrazie.

La fuga sistemica dalle autocrazie produce anche un effetto speculare di avvicinamento e nuova coesione fra le autocrazie stesse: Kim Jong-un ha raggiunto Vladimir Putin a Vladivostok per partecipare all’8° Forum Economico Orientale, insieme anche al vice premier cinese Zhang Guoqing. Putin ha un disperato bisogno di forniture belliche e chiederà alla più estrema dittatura del pianeta proiettili d’artiglieria, missili anticarro e forse anche carri armati. La triangolazione, poi, fra Cina e Russia e Iran prosegue senza sosta, con Pechino primo acquirente del gas e del petrolio di Teheran, sotto embargo occidentale, e Mosca il primo mercato per i droni di fabbricazione iraniana Shahed-136, che seminano la morte ogni notte fra i civili nelle città dell’Ucraina".

Sul Fatto Quotidiano a pagina 14 Alessandra Colarizi parla dell’incontro di Putin e Kim.

Titolo: Kim-Putin: oltre il turismo, le munizioni

“ È indicativo che Mosca debba rivolgersi a Kim per ottenere quanto Pechino sembra restia a concedere: proiettili di artiglieria e missili anticarro in cambio di tecnologia satellitare avanzata e sottomarini a propulsione nucleare, dicono gli esperti. (…) Negli scorsi giorni, l’intelligence sudcoreana ha anticipato possibili esercitazioni congiunte tra Cina, Russia e Corea del Nord. Risposta al vertice di Camp David e all’ufficializzazione del partenariato economico e difensivo tra Usa, Giappone e Corea del Sud. (...)

A pagina 14 degli Esteri sul Fatto Quotidiano Alessia Grossi riferisce sul viaggio del cardinale Zuppi in Cina. In realtà si intervista il professor Giovanni Paolo Ferrari, ricercatore di Sociologia all ’Università di Salerno.

Titolo: “È la tappa risolutiva, Xi ha un piano"

“(Pechino con i suoi 12 punti del "Piano per la pace") ha spinto il Vaticano a muovere la sua diplomazia di pace”. Quella diplomazia che ha poi portato il cardinale Zuppi dapprima a Kiev, poi a Mosca, passando per gli Stati Uniti e infine in Cina. (…) Anche la Cina ovviamente avrebbe il suo tornaconto, ma più che di interessi il sociologo parla di “afferma - zione dell’egemonia culturale” da parte di Xi, come dei suoi predecessori. Lo stesso presidente che “ha trasformato il soft power in hard power, si veda le relazioni instaurate con Africa e America Latina”. Il professore di Salerno ricorda che “il primo a prendere sul serio il piano cinese fu proprio il presidente brasiliano Lula”. E così il viaggio di Zuppi potrebbe continuare a far guadagnare terreno alla Cina nel global south”, quel sud del mondo che il nord non vuole vedere. Il presidente della Cei, dunque potrebbe ora raccogliere i frutti degli sforzi del Dragone e della “immensa diplomazia di uno stato minuscolo” come il Vaticano che sta idealmente, secondo Ferrari, accanto a Israele nello sforzo della pace, mentre dall’altro lato ci sarebbero Cina e Turchia. MA, STANDO ALL’ANALISI del professore, dall’ok di Washington a Zuppi sul dialogo con Pechino si evincerebbe anche “una crepa nelle relazioni tra Usa e Kiev”. Non a caso, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky insiste per il suo piano di pace e da parte ucraina siano arrivate critiche feroci al Pontefice”.

Sabrina Provenzani a pagina 15 del Fatto Quotidiano punta i riflettori sul possibile impeachement di Joe Biden.

Sempre nella stessa pagina Antonella Ciancio:

Titolo: Affari in Ucraina, l’accusa del Gop: “Il presidente ha facilitato suo figlio"

Il via libera del presidente repubblicano della Camera Kevin McCarthy all’apertura di una procedura di impeachment contro il Presidente Joe Biden rilancia un altro dossier caro ai Repubblicani fedeli a Donald Trump nell’offensiva per sostenere l’ex presidente ricandidato e imputato. Si tratta di una montagna di oltre 5.000 messaggi di posta elettronica che Biden aveva scambiato quando era vice presidente di Barack Obama utilizzando gli pseudonimi Robin Ware, Robert L. Peters e J.R.B. Ware. L’esistenza delle email era emersa un paio d’anni fa dopo il ritrovamento del laptop di Hunter Biden, il figlio lobbista del presidente con un passato di tossicodipendenza e giri d’affari spesso vicini alla sfera d’influenza del padre. I REPUBBLICANI SONO convinti di poter implicare Biden indagando sugli affari del figlio. Finora non ci sono riusciti. Indagini parlamentari e giudiziarie non hanno fatto emergere nulla di penalmente rilevante. L’apertura di una procedura di impeachment alla Camera potrebbe però consentire ai Repubblicani di accedere alle email nella speranza di compromettere Biden padre e figlio”.

Su il Manifesto del 13 settembre 2023 l’economista Andrea Fumagalli commenta il G20 di Delhi, “la road map per un mondo multipolare”.

Siamo agli antipodi rispetto alle analisi di Gianni Vernetti e mi sembra utile riportarlo nella sua interezza (lo si può rinvenire al link : https://ilmanifesto.it/g20-la-road-map-per-un-mondo-multipolare).

C’era una volta il G8 o il G7 (senza la Russia). Ora c’è il G20. Le conclusioni del summit del G20 in India non lasciano molti dubbi. La road map per una ridefinizione geo-politica globale su scala multipolare, con buona pace degli Usa, è stata oramai avviata. È l’ultimo di una serie di avvenimenti che hanno segnato questa estate.

INIZIA LA CINA: con la crisi immobiliare del colosso Evergrande viene messa a nudo la difficoltà dell’attuale congiuntura economica cinese, con il rallentamento nella crescita del Pil e dell’export e l’inizio di un processo deflattivo, che va a colpire in particolar modo il ceto medio. Le possibili ripercussione sui mercati finanziari globali, nonostante molti allarmi, al momento non sembrano essere elevate. L’intervento del governo cinese, con una politica monetaria espansiva, sembra per il momento aver funzionato anche se la fragilità della crescita cinese sembra oramai assodata.

In questo clima dal 22 al 24 agosto, si è svolto il summit a Johannesburg dei Brics, i paesi ex emergenti oramai diventati potenza economica mondiale, che ha stabilito le linee guida del G20 indiano. Siamo di fronte a un cambio di prospettiva. Se fino a qualche decennio fa erano gli Stati Uniti e il G7 (e il Washington Consensus), con i passivi e fedeli alleati europei, a stabilire l’odg del G20, ora sembra essere l’opposto.

IN QUESTO CONTESTO, si è anche parlato della possibilità (poi formalmente smentita da Cina, India e Brasile) di poter immaginare una moneta comune in grado di concorrere con il dollaro come valuta di scambio internazionale. I mercati creditizi – finanziari rappresentano oggi l’ultimo terreno in cui l’egemonia Usa può ancore ritenersi sufficientemente salda. Il terreno della logistica e della penetrazione commerciale non è più a traino Usa. La Cina e l’India e ultimamente Brasile e Sud Africa hanno fortemente ampliato le proprie sfere di influenza a livello globale e sul piano degli Investimenti Diretti all’Etero (IDE) e della ricerca tecnologica, la Cina, in primo luogo, ha acquisito la supremazia mondiale.

POCHI GIORNI DOPO il summit Brics (28 agosto) si è tenuto a Jackson Hole (Usa) un incontro strategico delle tre principali Banche Centrali del capitalismo avanzato a trazione Usa (Fed, Bce, Bank of England). Quasi un confronto a distanza. Si è deciso di confermare una politica di alti tassi d’interessi con la scusante di un’inflazione ancora troppo elevata. In realtà, (con buona pace della fuorviante dialettica tra falchi e colombe che tanto piace alla nostra stampa mainstream) l’obiettivo di tale politica è ben altro e rappresenta un’implicita risposta ai Brics: la decisione di mantenere alti, se non aumentare ulteriormente, i tassi d’interesse è finalizzata a mantenere elevato il valore del dollaro e confermarne il primato (condizione, anche, necessaria per far fronte all’indebitamento interno ed esterno dell’economia Usa). E già gli effetti si fanno sentire, vista la recente rivalutazione del dollaro nei confronti dell’Euro.

MA FINO A QUANDO tale politica potrà reggere, dal momento  che si riscontrano i primi effetti recessivi, soprattutto in Europa, causati da tale politica monetaria restrittiva?

NON È UN CASO che tale iniziativa venga accompagnata dai moniti della Segretaria del Tesoro, Yanet Yellen, affinché i paesi alleati (oggi accomunati nel fronte anti-Russia) utilizzino come basi di subfornitura nelle catene internazionali del valore solo quei territori che si sono affrancati o sono liberi dall’influenza economica cinese. È in questa prospettiva, che si spiega il servizievole dietrofront dell’Italia rispetto agli impegni presi dal governo Conte con la Cina a proposito della nostra partecipazione al progetto della “Via della seta”. Contemporaneamente l’amministrazione Biden ha siglato un’intesa con l’India e l’Arabia Saudita con l’intento di creare un corridoio commerciale alternativo lungo la rotta medio-orientale e asiatica.

TUTTAVIA, OCCORRE notare che pochi giorni prima dell’inaugurazione del G20, nonostante gli impegni da padrone di casa, il leader indiano Modi ha partecipato a Giacarta al vertice Asean (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico), incontrando il primo ministro cinese Li Qiang per ribadire la priorità del non allineamento dei paesi asiatici rispetto all’economia Usa. Quasi a correggere una posizione che poteva apparire troppo sbilanciata a favore degli Stati Uniti nell’organizzazione del G20.

E gli Usa hanno poco da rallegrarsi”.

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Decima puntata dei “DIARI DI FINE GUERRA”

Il G20 CONDANNA L’USO DELLA FORZA IN UCRAINA MA OMETTE L’INVASIONE RUSSA

L’11 settembre 2023, scosso dal sisma in Marocco, l'interesse dei quotidiani italiani, relativamente alla geopolitica, è relativamente distratto sulle importanti conclusioni del G20 in India (ribattezzata con il nome sanscrito Barath).

Non leggiamo gran che di commenti sulla dichiarazione finale che, sulla guerra in Ucraina, Giorgia Meloni definisce, giustamente, di compromesso: il documento di Delhi dice che gli Stati devono astenersi dalla minaccia o dall’uso della forza e del nucleare per cercare di acquisire territori violando l’integrità territoriale e la sovranità o l’indipendenza politica di qualsiasi Paese ma dice anche che sulla crisi ucraina «ci sono state opinioni e valutazioni diverse». La stessa formula di Bali che però condannò l’aggressione russa, qui invece nemmeno citata.  Ovviamente la reazione del governo di Kiev è indignata, per non dire rabbiosa. Si continua la litania che “con Mosca non si negozia, la Russia va sconfitta”.  Questo il tono del comunicato ufficiale dallo staff di Zelensky: “Smettetela di assecondare i mostri. Smettetela di flirtare con i maniaci ignorando le loro vere intenzioni. Smettetela di pensare che sia possibile negoziare con la Russia e che sia importante. La decisione sulla Russia deve ancora essere presa: isolamento geopolitico, status di terrorista, sospensione dell'appartenenza a organizzazioni globali, mandati di arresto individuali per alti funzionari. E, soprattutto, la sconfitta nella guerra seguita dalla trasformazione interna."

Al contrario il presidente brasiliano Lula considera Mosca un interlocutore importante: “Putin non sarà arrestato se verrà al G20 del 2024 in Brasile”.

Nella ricostruzione di Emanuele Giordana, del Manifesto, il testo di Delhi loda gli sforzi di Turchia e Onu per gli accordi con Mosca sul grano e dice che risoluzione pacifica dei conflitti, diplomazia e dialogo sono fondamentali. Nota però il giornalista che “nelle 29 pagine del testo, il termine «invasione» non compare mai. Un equilibrismo che accontenta tutti e non scontenta nessuno (tranne gli ucraini che lo hanno subito duramente criticato) e che, soprattutto, è stato negoziato a tempo di record. Non c’è nulla sul contenzioso nel Mar Cinese meridionale. Anche qui nessuno scontento. Quanto ai cinesi, Modi porta però a casa il risultato di non aver dovuto sorridere a Xi Jinping, cosa che gli ha invece permesso di blandire, ricambiato, Joe Biden”.

Secondo Emanuele Giordana (che può essere letto su internet al link  https://ilmanifesto.it/g20-la-vittoria-di-modi-meloni-e-li-ripartono-dal-partenariato ) il G20 sarebbe stato un “capolavoro diplomatico” di Modi, che avrebbe saputo costruire l’immagine dell’India come “avvocato del Global South”.

"AL NETTO degli equilibrismi lessicali della Dichiarazione finale, dell’assenza di Xi Jinping (e Putin), delle difficoltà di un futuro gravato dalle ombre del conflitto in Europa e della nuova guerra fredda nell’Indo Pacifico, Modi non è solo stato in grado di portare a casa una dichiarazione congiunta già al primo giorno del summit, ma ha giocato un asso sin dalle prime ore di ieri: invitando l’Africa ad aggiungersi al tavolo dei grandi, offrendo all’Unione Africana lo status di membro permanente nella persona del presidente comoriano Azali Assoumani in rappresentanza di 55 Paesi. Secondo gruppo multinazionale del G20 con l’Unione Europea".

Continua a informarci Emanuele Giordana che “BIDEN dal canto suo porta a casa una sorta di Via della Seta alternativa al progetto cinese della Belt and Road Initiaitve (Bri). Presentato alla vigilia del vertice, si tratta di un accordo tra Usa, Ue e altri partner mediorientali per un ampio progetto ferroviario e marittimo che collegherà l’Europa al Medio Oriente e all’India. C’è un bel dire che non sia alternativo alla Bri, come gli Americani han voluto sottolineare: ricalca il percorso Asia-Europa un po’ più a Sud.”

Un editoriale di Gianni Vernetti su Repubblica sostiene che “Il patto tra i Grandi sbarra la “Via della Seta”.  A Delhi sarebbe nata “una solida convergenza fra Occidente e Sud Globale, con l’India di Modi come ponte”.

La Stampa con Alberto Bidoni parla di una “Via del Cotone” anticinese, lanciata dal presidente USA Biden. L’Italia spinge per l’accordo, ora le commesse: Fincantieri e Leonardo per il corridoio da Mumbai a Venezia. Biden in Vietnam: “Pechino in crisi, non attaccherà Taiwan”.

Il Fatto quotidiano sottolinea che, secondo la Meloni, l’Italia pur abbandonando la Via della Seta, resterà amica dei cinesi. Su questo si può leggere Giacomo Salvini al link: https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/09/10/meloni-a-li-fuori-dalla-via-della-seta-ma-amici-dei-cinesi/7286692/

"La disdetta del memorandum arriverà forse con una mozione parlamentare entro dicembre, entro il G7 in Puglia del 2024. (...) Da parte sua il premier cinese Li Qiang ha spiegato che Pechino preferirebbe una soluzione diversa dall’uscita della via della Seta, ma considera accettabile l’idea del Partenariato e soprattutto un’uscita soft e senza grandi proclami.(...) La premier ha incontrato anche il premier indiano Narendra Modi: durante il summit Meloni ha condannato l’aggressione russa e spinto per l’ingresso dell’Unione Africana nel G20 rilanciando il piano Mattei. “L’Italia – ha detto la premier – destinerà all’Africa oltre il 70% suo Fondo italiano per il clima, 3 miliardi di euro in 5 anni”.

 

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Nona puntata dei “DIARI DI FINE GUERRA”     

LA LIQUIDAZIONE DELLA WAGNER INDEBOLISCE PUTIN: UN GRANDE PERDENTE E NIENTE AFFATTO IL TRAINO DEI BRICS

Il 23 agosto l'interesse dei quotidiani italiani si focalizza sulle seguenti notizie relative al nostro campo di lavoro.

1) Putin, commemorando Prigozhin, ne conferma la morte a 24 ore dallo schianto del jet. "Un uomo di talento che ha fatto seri errori". Il corpo del capo dei mercenari della WAGNER sarebbe stato identificato. Secondo fonti di intelligence USA, la causa dell'abbattimento del jet su cui volava insieme con Utkin sarebbe stata una esplosione a bordo. Anche Zelensky commenta l'attentato: "Noi non c'entriamo, ma sappiamo chi è il mandante". L'esercito russo ha cominciato a spartirsi la WAGNER.
2) I BRICS si allargano: cambiano gli equilibri mondiali. A Johannesburg viene annunciato l’ingresso di altri sei paesi emergenti: dall’Iran ai sauditi, dall’Argentina all’Egitto. È il 35% del pil mondiale, il 46% della popolazione, il 42% del petrolio.
Ma fuori dal summit cresce la protesta dei movimenti: siamo noi il vero sud globale.
3) L'arresto di Trump con foto segnaletica. Nell’inchiesta sul tentativo di sovvertire il voto statale della Georgia, il tycoon ha 13 capi di accusa. Le primarie del Partito Repubblicano vedono 8 candidati e un convitato di pietra. La maggioranza dei candidati presidenziali GOP è contraria a finanziare ancora la guerra.
4) A Kiev si è commemorato il 32° anniversario dell’indipendenza.
5) Secondo la Ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock, le sanzioni alla Russia non stanno funzionando. La Germania il Paese in cui più è sentito il tema, perché è il Paese che più sta pagando il conflitto: il 2023 si concluderà in recessione, il Pil potrebbe contrarsi dell’1% secondo gli analisti di S&P Global. la Germania ha dovuto dire addio all’energia russa (soprattutto il gas) a basso costo che è stata il motore del suo sistema industriale nello scorso ventennio: se a questo si aggiungono le tensioni tra Occidente e Cina, partner commerciale importante di Berlino, e il fastidio degli Usa per l’eccessivo surplus tedesco nei loro confronti, si capisce che l’uscita di Baerbock non deve sorprendere nessuno.
6) Il generale Vannacci, chiamato ospite a "La piazza", prima accetta e poi fa dietrofront.
7) Fukushima, via alla fuoriuscita dell’acqua, che dovrebbe durare 17 giorni e riguardare circa 7.800 m3 di acqua contenente trizio
8) Nel 2050 emergenza idrica per 3 miliardi. L'allarme è lanciato da Oxfam in un nuovo rapporto che fotografa gli effetti devastanti della crisi idrica innescata dal riscaldamento globale.

In certi settori del pacifismo italiano (fatto di almeno 6 poli identitari distinti) le difficoltà della controffensiva ucraina e la morte di Prigozhin vengono scambiate per una vittoria di Putin, cui viene indebitamente attribuito il ruolo di traino dei BRICS. Un rappresentante di questa posizione è Alessandro Orsini, che scrive i suoi commenti su Il Fatto Quotidiano.
Nell'edizione in edicola del 25 agosto un suo commento reca appunto il titolo: DOPO LA FINE DI PRIGOZHIN PUTIN È ANCORA PIÙ FORTE.
Secondo l'analista geopolitico, la vicenda dimostrerebbe 4 fatti.
"Il primo è che la rivolta del capo Wagner ha rafforzato il regime di Putin anziché indebolirlo. (...) Non ci sono elementi per affermare che il regime di Putin sia sfaldato o che la Russia sia un coacervo di centri di potere pronti a esplodere alla minima occasione. (...) Il secondo fatto è che la catena di comando è salda. (...) Un ordine di Putin equivale a una digitopressione su un bottone. (...) (Questo) è della massima importanza per il futuro della guerra giacché l’eventuale ordine (da parte di Putin - ndr) di usare le armi nucleari rischia di non trovare oppositori o sabotatori. (...) Il terzo fatto è che i media dominanti in Italia continuano a non capire la Russia. (...) Siccome Putin non piace a chi gestisce l’informazione, allora la Russia andrà in bancarotta, sarà sconfitta a Bakhmut, i soldati si ammutineranno, i missili sono finiti, Putin sarà rovesciato e la controffensiva di Zelensky sarà un successo strabiliante. Accade sempre il contrario e chi induce alla ragione è“putiniano”. (...) Il quarto fatto (è che) Zelensky non potrà resistere a lungo senza mobilitare almeno altri 200mila soldati. Il che causerà un’altra mobilitazione della Russia che aggiungerà altrettanti soldati. Procedendo di escalation in escalation, il rischio è che la Russia dichiari guerra all’Ucraina e decreti la mobilitazione generale. (...) In questa situazione, tutto ciò che il governo Meloni e il PD riescono a produrre è il solito gargarismo: “C’è un aggressore e un aggredito”.

La tesi del Putin vincente deve, per cominciare, fare i conti con una occupazione lampo fallita dell'Ucraina, obiettivo iniziale dell'invasione "denazificante". A 18 mesi da essa, le umiliazioni subite in battaglia dalla Russia hanno provocato la rivolta dei mercenari di Putin che sono arrivati a bollarlo come "traditore". Sul piano geopolitico, Putin ha resuscitato la NATO (in stato di "morte celebrale" secondo Macron al vertice del 70ennale) e la ha allargata a Finlandia e Svezia. Sul piano geoeconomico, ha totto l'asse energetico-economico con la Germania che l'URSS aveva costruito pazientemente in decenni. Il rublo è in caduta libera, la società è in ristagno con i giovani che fuggono (sembra l'Italia!); e il Paese è ammorbato da un degrado culturale ultranazionalistico per pulsioni imperialistiche da rospo che si gonfia. Per quanto riguarda la crescita di ruolo dei BRICS, questo non è da attribuire alla mosca cocchiera russa, è un merito soprattutto di Xi Jinping. Ma anche Pechino ha le sue belle gatte da pelare con i debiti immobiliari, la crescita che frena, le esportazioni che ristagnano e i capitali che fuggono. La Cina comunque dimostra che la strategia della competizione economica è più intelligente del tentativo di farsi valere solo sul terreno della potenza militare. L'operazione cinese di costruire un antiG7 per organizzare il Sud Globale ha basi reali e dà seri problemi all'ordine unipolare americanocentrico.

L'allargamento dei BRICS è un fenomeno complesso e variegato. Ecco il bilancio che ne fanno LORENZO LAMPERTI e SIMONE PIERANNI su Il MANIFESTO del 25 agosto 2023, a pagina 2.
"Con l’inclusione di Riyadh, Abu Dhabi e Teheran il gruppo arriva a contare il 42% della produzione globale di petrolio. Più che raddoppiato il circa 20% attuale. Si tratta dei tre ingressi più rilevanti dal punto di vista economico e diplomatico, viste le tensioni irrisolte tra Iran e Stati uniti.
L’entrata contemporanea con l’Arabia saudita assicura peraltro alla Cina un successo simbolico. (...) Xi ha definito l’espansione un passaggio «storico». Pur se il suo impatto sulla percentuale di Pil e commercio globali è piuttosto limitato, pur se l’obiettivo della de-dollarizzazione resta complesso e la creazione di una moneta comune sembra ancora un miraggio, aggiungere lettere all’acronimo dei BRICS rafforza la rivendicazione cinese della leadership del cosiddetto sud globale. (...) IN DIVERSI PASSAGGI del comunicato finale del summit emerge
un’impronta cinese. A partire dall’ostentata reiterazione del concetto di «multilateralismo inclusivo» alla condanna del terrorismo «in tutte le sue forme», fino alla sottolineatura dell’importanza del G20. Forum di cui il pallino resterà in mano ai Brics per tre anni consecutivi: : dopo l’India, la presidenza toccherà a Brasile e Sudafrica. Forte accento anche
sulla sicurezza alimentare, elemento non secondario: il gruppo produce il 40% del fabbisogno mondiale di grano.

In concomitanza con il vertice di Johannesburg si sono mobilitati gli alter-global, come riferisce, sempre su Il MANIFESTO, l'articolo di Paolo Vittoria intitolato: In piazza c’è l’altro sud globale: «Per i popoli una falsa speranza».

"Il presidente sudafricano (ospitante il summit - ndr) ha annunciato ieri mattina che ad entrare nel “club” dei Brics saranno Argentina, Egitto, Iran, Etiopia, Arabia saudita ed Emirati arabi. (...) L’ambiguità sul concetto di «sud globale» è una delle ragioni della protesta di università e movimenti di base organizzati in studi, ricerche e attività politiche. (...) Il summit (è considerato dai manifestanti) un disastro perché dietro al concetto di sviluppo sostenibile nasconde l’evidenza dello sfruttamento e di un nuovo colonialismo in Africa. (...) Nessuno dei leader è venuto incontro o ha dato spazio ai manifestanti, tenuti lontani dal summit dalla classica zona rossa disegnata per dividere politica e movimenti. (...) SE IL CONCETTO di «sviluppo sostenibile» tanto decantato dai BRICS si confonde drammaticamente con l’esplorazione e lo sfruttamento, lo stesso può dirsi della parola «anticoloniale» che pronunciata dai BRICS mortifica gli studi letterari e culturali di pensatori politici come Albert Memmi, Edward Said, Gayatri Spivak, letteralmente trasformati in carta straccia dalla voce dell’imperialista di eccezione: il presidente russo Putin più di una volta ha difeso l’invasione dell’Ucraina con suggestive e arbitrarie categorie contro-egemoniche, mascherando il violento colonialismo di cui è protagonista e che miete vittime e dolore. (...)
Un elemento favorevole alla Russia di Putin (e non alle voci realmente alternative) va comunque registrato.
"Se ancora è attesa la divulgazione ufficiale dei criteri per la scelta dei paesi partner, certamente ci saranno princìpi non detti: ad esempio, su 140 paesi che hanno votato per condannare l’invasione russa, India, Israele, Arabia saudita, Etiopia si sono astenuti, hanno rifiutato le sanzioni o hanno compiuto azioni per proteggere la Russia."

 

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Ottava puntata dei “DIARI DI FINE GUERRA”     

LA SFIDA DEI BRICS: DEDOLLARIZZARE IL MONDO

Le notizie riportate il 23 agosto 2023 su cui si appunta l'attenzione dei quotidiani italiani.

1) Si apre il vertice dei BRICS e viene prospettata la dedollarizzazione. Non è solo una "fissa" di Putin (intervenuto da remoto) e di Xi. Anche Lula ci insiste molto.
2) Il rilascio dell’acqua radioattiva della centrale nucleare giapponese di Fukushima nell’oceano Pacifico scatena la rabbia di Cina e Corea del Sud
3) Il caso del generale Vannacci. Parte un'inchiesta interna all'esercito che fa seguito all'avvicendamento all'IGE. Per Forza Italia l'alto ufficiale vuole scendere in politica e la sponda più probabile è Salvini. La sinistra applaude Crosetto.
4) La guerra tra Mosca e Kiev si combatte sul mare. Si attaccano da parte russa le navi ucraine che solcano il Mar Nero.
5) Il governo ucraino, nell'ambito di una inchiesta sulla corruzione, fa perquisire 200 centri di arruolamento militare. Funzionari, in cambio di denaro, riconoscono l'inabilità al servizio
6) il Ministro Tajani, intervistato da "Avvenire", a latere del meeting di Rimini di CL, dichiara di sostenere gli sforzi della Santa Sede per la pace.
"(Questo appoggio) non fa mancare il sostegno all'Ucraina, vittima di una violenta aggessione russa". (...) (Lo schema di UNIFIL in Libano non può essere riproposto nel conflitto ucraino).
Fra Russia e Ucraina non c'è ancora intesa sulla sospensione delal guerra, le operazioni militari purtroppo continuano e finché la Russia non si ritirerà non sarà possibile porre termine alla guerra. (...) Seguiamo con grande attenzione il lavoro del cardinale Zuppi. (...) L'Italia vuole la pace. Una pace che sia giusta, che riconosca il diritto alla libertà e all'indipendenza dell'Ucraina. (...) Aggiungo la mia voce a chi nel mondo chiede che la Cina eserciti la sua decisiva influenza politica. (...) (Per quanto riguarda la Via della Seta) faremo una analisi costi-benefici e decideremo. (...) L'Europa ancora non ha una politica estera e della difesa comune. Arriviamo sempre dopo gli Stati Uniti senza assumere una nostra iniziativa. (...) "A novembre ospiteremo a Roma il vertice Italia-Africa. In quell'ocasione presenteremo cosa intendiamo per un nuovo PIANO MATTEI. (...) In oltre 30 Paesi dell'Africa sono in corso oltre 460 iniziative di cooperazione per un totale di circa 2 miliardi. (...) Il dossier climatico sarà al centro della prossima presidenza italiana del G20".

Titolo de Il Manifesto del 23 agosto 2023, a pagina 9, articolo a firma di Paolo Vittoria: La sfida dei Brics: de-dollarizzare il mondo.
Sottotitolo: Il polo opposto del G7: Lula segue un’agenda «umanista», Putin lancia strali sulle sanzioni, Xi chiede colloqui di pace in Ucraina
"(Per il presidente del Brasile Lula) la distribuzione di ricchezza è la grande questione, così come quella di superare meccanismi post-coloniali che non permettano una piena indipendenza dei paesi africani. Lo strumento: rendersi autonomi dal dollaro.
Per questo insiste sull’importanza di creare un sistema bancario forte che abbia criteri diversi dal Fondo monetario internazionale e pensi a criteri di prestito e di investimento che non soffochino i paesi poveri, anzi creino le condizioni per uno sviluppo sostenibile.
In questo senso – secondo il presidente brasiliano – va coniata una valuta che sia di riferimento per il commercio internazionale senza rinunciare però alle monete nazionali.
il mondo, dicono i Brics, non è più a due poli. Lo ribadisce Lula, che rivendica che gli altri paesi BRICS, oltre alla Cina, entrino nel Consiglio di Sicurezza permanente dell’Onu.
NON SI TRATTA di competere con i G7 (che definisce «club dei ricchi»), ma organizzarsi come sud globale: «Noi siamo stati sempre trattati come la parte povera del pianeta, adesso possiamo trasformarci in paesi importanti». E incalza: «Abbiamo superato il G7, abbiamo il 32% del PIL mondiale. È prevista una crescita del 4% per il prossimo periodo mentre i cosiddetti paesi industrializzati decrescono. Questo mostra il dinamismo dell’economia mondiale ta nel sud globale e i BRICS sono la forza motrice».
ANCHE LA QUESTIONE climatica dipende dal sud globale, come le possibilità di sviluppo: «Vogliamo trattare intorno a un tavolo alle stesse condizioni di UE e USA. Creare nuovi meccanismi che creino un mondo più equo senza togliere niente a nessuno», sostenendo l’ONU per un percorso di pace e per la lotta ai cambiamenti climatici.
BISOGNA CESSARE il fuoco, non far parlare le armi, ma oltre all’invasione della Russia in Ucraina, non dimenticare la guerra degli Stati uniti in Iraq, o quella di Francia e Inghilterra in Libia. «Bisogna creare un mondo più giusto, democratico, solidale pensando che la cosa più importante è la guerra alla fame». Sulla possibilità di
ampliare i BRICS: bisogna stabilire procedimenti e norme. Fa il nome dell’Indonesia – la popolazione di circa 200 milioni permetterebbe ai BRICS di superare metà della popolazione
mondiale – e dell’Argentina in profonda crisi economica e a cui pensa per un nuovo meccanismo di aiuto economico.
Conclude il giornalista Paolo Vittoria:
"Insomma, un Lula fortemente umanista, per un mondo di pace, un’integrazione intercontinentale e nuovi strumenti multilaterali di una politica finanziaria che rendano possibile questo «altro mondo possibile». Tuttavia, a differenza dei forum mondiali dove questi principi potrebbero fiorire, nei BRICS non c’è costruzione dal basso, meccanismi di imperialismo e controllo di potere interno di paesi partner come Cina e Russia non sono poi meno violenti di quella dei paesi colonizzatori del secolo XXI".

Il mio primo commento, a botta calda. Per la stampa embedded l'evento di Johannesburg rientrerebbe nella "sfida per l’egemonia globale in corso tra autocrazie e democrazie", con il Sud del mondo a fare da ago della bilancia.
I cinque Paesi del BRICS, cioè Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, stanno dando vita al vertice più ambizioso, da quando sì è formato il gruppo, nel 2009. A Johannesburg sono arrivati 44 Capi di Stato e di governo, praticamente quasi tutti coloro che si sono messi in coda per entrare nel club di «un nuovo mondo possibile» (come ha detto ieri il presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva).
La dedollarizzazione sarà uno dei temi chiave del summit. La nuova valuta dovrebbe portare il nome di R5, dalle iniziali del reàl, del rublo, della rupia, del rand e del renmimbi. Ma il processo è più complicato di quanto possa sembrare a prima vista. I BRICS hanno le loro gatte da pelare, Russia in primis, e sono molto meno omogenei e coesi del G7. L'appeal di Russia e Cina in questo momento è scarso, ed in particolare Xi sconta la grande crisi dei debiti immobiliari.
Va tenuto presente che i cinque rappresentano più o meno un quarto del Pil mondiale e il 42 per cento della popolazione globale.
Circa 40 nazioni hanno bussato alla porta del gruppo. La questione dell’allargamento divide però l’India di Modi e la Cina di Xi, le due economie più potenti del blocco. Pechino vuole allargare tramite i BRICS la propria influenza geopolitica mentre Delhi guarda con sospetto alle intenzioni del suo rivale.
Finché il dollaro rimane la valuta ufficiale della riserva del Pianeta (è subentrato a oro e sterlina) non credo che ci siano rischi eccessivi per il biglietto verde. I BRICS non sono preparati a creare una valuta unica alternativa al momento, ma c’è un chiaro sforzo di limitare, attraverso gli scambi diretti, l'uso del dollaro come arma ed anche l'importanza del dollaro come moneta. La funzione che si intende aggredire è quella di valuta standard per il commercio e la finanza mondiale. Ricordiamolo: chi dispone della misura per la ricchezza dispone anche di una grande leva di controllo della ricchezza medesima .

Elenchiamo alcune ragioni, esposte sommariamente, per le quali lo spodestamento di “Re dollaro” non può considerarsi proprio dietro l’angolo.

La prima è quasi banale: la maggior parte del debito globale è denominata in dollari USA e per ripagarla è necessario avere accesso ai dollari americani. A questa realtà non sfuggono tutte le principali potenze economiche, Cina compresa, i cui primi prestiti nell’ambito della Nuova Via della Seta sono stati emessi in dollari.

In seconda istanza, ma forse prima per importanza, il potere monetario degli Stati Uniti ha radici nell’egemonia militare: quanto più stretti sono i legami militari di un Paese con Washington, tanto più tale Paese dipende dal dollaro americano. L’economia dipende dalla potenza: uno studio della FED ha mostrato come i tre quarti delle riserve mondiali di dollari siano detenuti da Paesi con forti legami militari con gli USA. Anche se il dollaro fosse meno utilizzato nel commercio globale, scenario altamente improbabile, ciò non significherebbe necessariamente che perderebbe il suo status di principale riserva di valore internazionale, proprio a causa dei rapporti politico-militari di satellizzazione stabiliti con gli Stati in cui vengono piazzate le basi militari. La stessa UE può essere considerata da tempo un semi-protettorato degli USA. Una Guerra Fredda si chiude? Ecco che, in sostituzione, si lancia una guerra al Terrore ed infine se ne apre una specie di nuova con il Dragone cinese!

Terzo: le transazioni nelle principali Borse internazionali si svolgono in dollari perché i bilanci delle principali multinazionali che emettono titoli: come dei fondi di investimento operanti sono quotati nella valuta americana. Il dollaro è comunque una moneta estremamente disponibile e liquida: si trova facilmente, si spende con facilità per ogni tipo di acquisto, tutti la accettano senza problemi.

Altri fattori da considerare, che ad esempio danno un vantaggio rispetto allo yuan cinese, sono: la perdurante forza economica degli USA (anche questa intrecciata alla forza politico-militare, se ne facciano una ragione schiere di liberisti e marxisti, cioè gli economicisti), ora messa in particolare sicurezza dalla autonomia energetica conseguita. Gli Stati Uniti sono diventati, con le tecnologie fracking, il maggior produttore di petrolio al mondo!

La concorrenza settoriale di monete come lo yuan e l’euro aumenta la complessità del sistema dollarocentrico, ma non lo abbatte. L’egemonia del dollaro ha anche dei possibili svantaggi per gli USA nella misura in cui la ricchezza monetaria del Paese tende ad erodere la capacità industriale interna. La logica dell’economia reale di un Paese può entrare in contraddizione con la sua natura imperiale, nella misura in cui la prima ne viene sfavorita…

 

 

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Settima puntata dei “DIARI DI FINE GUERRA”

SI CAMBIA RETORICA: ORA LA PACE NON E' PIU' PROIBITA 

In prima pagina sul Fatto Quotidiano del 21 agosto 2023 troviamo questo titolo a caratteri cubitali: "Ucraina, pure Londra è scettica. E ora Biden spinge per trattare".

Dopo quella Usa, la Difesa britannica conferma il flop dell’offensiva: “Fronte è statico”. Il consenso alle armi a Zelensky crolla in tutto l’Occidente. E la Casa Bianca rischia di perdere tutto

Si rinvia a pezzi di Michela Jaccarino, a pagina 2 e 3.

A pagina 2 ecco il titolo del pezzo della Jaccarino: "Biden (e Uk) indietro tutta: ecco perché spingono Kiev a negoziare"

Sottotitolo: Il congresso: McCarthy lo ha già detto: “Basta assegni in bianco” agli ucraini. E la stanchezza ha contagiato anche le opinioni pubbliche

"A dividere gli ucraini dalla vittoria ci sono trincee, campi minati russi, la disillusione di chi si attendeva una facile presa del fortino Donbass e dello snodo cittadino di Melitopol, fondamentale per riconquistare la Crimea. La controffensiva si dimostra quella prevista da Mark Milley, capo di Stato maggiore Usa: “Lunga, lenta, sanguinosa”. I gialloblu lo sapevano, gli alleati occidentali un po’ meno. La Difesa britannica ha confermato quello che già gli 007 statunitensi avevano fatto trapelare: "Il fronte è statico" (...) Sul futuro ucraino grava ora non solo una cifra spaventosa – finora, sono 500mila le vittime complessive –ma una variante lontana e irraggiungibile, che sta oltreoceano. I fogli sul calendario elettorale americano sono sempre di meno e alle presidenziali del 2024 il nemico di Biden sarà molto probabilmente uno solo. L’ombra funesta del ciuffo ossigenato – che si allunga non solo sulla squadra del democratico incombente, ma pure sull’Ucraina –appartiene a quel The Donald che ha dichiarato che farebbe finire la guerra in 24 ore. (...)  La stanchezza in certe aree del Congresso – l’ha sintetizzata Kevin McCarthy, speaker della Camera, quando ha detto di non voler più consegnare “assegni in bianco” agli ucraini – contagia anche l’opinione pubblica Usa, polarizzata in faglie ideologiche profonde da ben prima che il conflitto scoppiasse. Secondo un sondaggio condotto nei primi giorni agostani dalla Cnn, la maggioranza degli americani è oggi contro gli invii di armi all’Ucraina: il 55% si oppone all’autorizzazione di nuovi fondi, per il 51% gli Usa hanno fatto abbastanza. Dopo i 45 miliardi stanziati a dicembre 2022, Biden ne chiede ulteriori 24 mentre si innalza la muraglia repubblicana. (...) C’è cambio di passo: da quello dell’oca a quello felpato della diplomazia. Già a giugno scorso l’America non era più sorda alle voci fuori dal coro. (...) (Ha scritto Michael McFaul, ex ambasciatore americano in Russia): dobbiamo lanciare una diplomatic sourge, un’ondata diplomatica per aiutare Kyiv a gestire i negoziati di pace”. Se prima si doveva vincere la guerra, ora si deve “vincere la pace". (...) L’ago della bussola Usa in riassetto strategico si sposta verso un altro est, quello orientale di Corea del sud e Giappone con cui Biden ha organizzato l’ultimo summit a Camp David. Subito dopo, la Cina ha avviato esercitazioni militari intimidatorie nei mari che circondano l’isola che sostiene Washington: Taiwan. Gli Stati Uniti, nel futuro prossimo, hanno dinanzi a loro anche questo problema, non meno grande degli altri".

A pagina 3 del Fatto quotidiano del 21 agosto 2023 Tommaso Rodano intervista Massimo Cacciari.

Titolo: “I bellicisti in un vicolo cieco. E i servi degli Usa han già cambiato idea

Sottotitolo: In Italia si diceva “vittoria o morte”: c’è sottomissione  a Washington.

Professor Cacciari, sorpresa: secondo l’intelligence Usa, la controffensiva di Zelensky è destinata al fallimento…

Davvero una gran sorpresa: tutti gli analisti militari l’avevano previsto. Ma la follia era nel principio: l’obiettivo, per tutto il cosiddetto Occidente, era la sconfitta politica e militare totale della Russia. Per arrivare a un risultato del genere, occorrevano davvero i missili a lungo raggio che chiede Zelensky, per portare la guerra in territorio russo, altro che qualche drone! (...) E' legittimo decidere di armare un alleato, in determinate situazioni. Ma bisogna porsi obiettivi realistici: arma l’Ucraina, respingi l’invasione e poi tratta con la Russia su una base concreta, come poteva essere quella che hanno proposto Indonesia, India e Brasile. Ma cosa vuoi trattare, invece, se il tuo obiettivo è la sconfitta totale dell’avversario? (...)  Siccome gli Stati Uniti si sono resi conto del vicolo cieco in cui si sono e ci hanno messi, ecco che cambiano linea anche i nostri cantori del “Viva l’Ucraina ”, “Viva la vittoria”, “Vittoria o morte”. Sono servi, ripiegati sulle posizioni più ciecamente e acriticamente filoamericane e atlantiche di questo mondo. Non vedo cambiamenti, ma una perfetta continuità nella linea di questi fedeli osservanti: è sempre quella degli USA, quale che sia. (...) Mi auguro che questo ripensamento americano proceda e si riesca ad avviare finalmente una trattativa sulla base di alcuni principi. Per esempio, quello applicato in modo inflessibile in Kosovo: l’autodeterminazione. Perché non si fanno dei referendum in Donbass e Crimea, controllati dall ’Onu, con tutti gli osservatori di questo mondo, per far decidere a quelle popolazioni se preferiscono stare con Zelensky o con la Russia? (...)   

Mi permetto, a questo punto, di continuare il confronto con il fondatore palermitano di Avanguardia Operaia nel 1970, amico carissimo di una giiventù che più non tornerà. Egli definisce la mia posizione “massimalista” in quanto scioglierei ogni specificità del conflitto in atto tra Ucraina e Russia in un fenomeno più generale, di carattere epocale, ossia nella critica di un assetto geopolitico globale, frutto dell’attuale modello economico.

Ne discenderebbe che per far cessare la guerra in Ucraina non occorrerebbe, secondo il suo approccio che definisce “minimale e riformista”, puntare a “demolire il sistema guerra nella sua totalità”.

La mia presbiopia mi impedirebbe di cogliere un dato evidente: “C’è un paese che ne ha invaso e ne sta devastando un altro. Questo è un dato incontrovertibile e a mio avviso ingiustificabile in modo assoluto, ossia senza se e senza ma. Non c’è squilibrio geopolitico o storia pregressa che possa legittimare l’invasione armata di un paese internazionalmente riconosciuto da parte di un altro paese. Ho duramente sostenuto questa posizione ai tempi del Vietnam (insieme con te!) e più di recente ai tempi dell’ultima guerra afghana e di quella irachena del 2003. Credo che usare due pesi e due misure a seconda che l’invasione sia attuata dagli USA e dall’Occidente o dai russi, sia una posizione che svaluta le mille battaglie svolte in passato. Le rende strumentali almeno quanto il “movimento per la pace” di staliniana memoria (anni Cinquanta del secolo scorso)”.

Ne deriverebbe che: “Non si può contemporaneamente scrivere “condanniamo l’invasione di Putin” e “noi non stiamo né con Putin né con la NATO”, primo perché le due affermazioni sono contraddittorie tra loro e secondo perché negare che ci sia una differenza tra aggressore ed aggredito semplicemente non risponde ad un elementare criterio di giustizia. Infine, rimandare tutto alla “Pace con la Natura” non risolve la questione: se un paese sovrano invade un altro paese sovrano, quest’ultimo ha diritto, hic et nunc, a difendersi? Per me sì. E la comunità internazionale, proprio per non far decadere le relazioni globali nell’homo homini lupus, deve sostenerlo, a mio avviso anche con l’invio di armi se è in corso una guerra (che purtroppo si fa con le armi)”.

Come sempre, suggerisco al citato amico, con cui dialogo civilmente, di esercitare meglio l’arte matura e responsabile del discernimento e del giudizio ponderato. Chiunque attaccato ha diritto di difendersi, questo è ovvio e riconosciuto, ma è bene che lo faccia in modo adeguato e proporzionato, con in mente la necessità di salvaguardare, se possibile, il bene che gli sta a cuore (la qualità dei rapporti sociali sul suo territorio) con una strategia efficace nel lungo periodo per lo scopo che si prefigge. Difendere un bene mettendo a rischio la sua stessa esistenza facendone il campo di battaglia di una guerra ad alta intensità, francamente mi appare stupido, quando, a ben vedere, c’è possibilità di manovra: non abbiamo di fronte, che so, Hitler che non vuole dominarti ma semplicemente gasarti!  Chiunque poi è risoluto, alla Schlein, a sostenere un attaccato anche “nella forma militare” un po’ di ragionamenti ha diritto a farseli su chi gli sta chiedendo aiuto e sulle modalità in cui lo sta esigendo. Vuole “armi”? Bisogna soppesare il significato della parola, collegare gli strumenti alle strategie e agli usi, e non infilare tutto nello stesso calderone solo per analogia di termine. Le armi leggere vanno distinte dalle armi pesanti e vanno anche distinte quelle che coprono una risposta territoriale limitata da quelle che possono essere usate per attacchi o contrattacchi in profondità. Le armi convenzionali poi non sono assimilabili alle armi di sterminio di massa. Gli USA, infatti, questa selezione con ogni evidenza già la stanno già facendo e si sono guardati bene dall’avere concesso a Zelensky tutto quello che ha chiesto (le lamentele dell'ex comico sono continue in proposito). Quando sarà nel loro supposto interesse, possiamo essere sicuri che gli americani taglieranno i rifornimenti all’ucraino, se non si sbrigherà a mettersi in riga, facendola finita di scambiare la realtà per il palcoscenico di una recita. È incredibile come soggetti adulti e vaccinati in questo momento mostrino di credere alla favola del “popolo martire che sta lottando per la libertà di tutti noi”. Sveglia, ragazzi! Putin è certamente un figlio di gigolò da prendere con pinze e contropinze, è un brutale autocrate per chi non ha gli occhi foderati da pregiudizi (è incredibile quanti scambiano la Russia di oggi con l’ex URSS!), ma che dall’altra parte ci sia un San Francesco (Zelensky) sorretto da un Papa santo (Biden) francamente la ritengo una allucinazione da sprovveduti che o ci sono o ci fanno. Ritengo una utopia molto più massimalista, questa di credere al disinteresse idealistico del nazionalismo ucraino (e dei “missionari della civiltà” che lo sosterrebbero), rispetto a quella di legare gli aiuti (non militari) ad una logica di contestazione del “sistema di guerra”, come propone il sottoscritto, in compagnia di buona parte del pacifismo serio. Già Massimo Cacciari lo ha anticipato nella sua intervista: non sentite le avvisaglie di un cambiamento di retorica già in corso tra i media e le loro grandi firme? Lasciamo passare qualche mesetto e vedremo come tutti muteranno costume, copione e giudizi sul teatrino dei balletti diplomatici mandando in pensione l'idolatria della "integrità territoriale"!

In Italia esplode il "caso Vannacci", il generale accusato di essere omofobo a causa delle opinioni espresse nel libro "Il mondo al contrario".
Repubblica del 21 agosto 2023 in prima pagina vede "divisioni nel governo".
Il titolone è: La destra isola Crosetto".
Sottotitolo: FdI e parte della maggioranza bersagliano il ministro della Difesa
E lui replica: “Io sono diverso da chi mi attacca”. Preoccupazione nel partito di Meloni per una possibile fuga di voti.
Questo il richiamo degli articoli da pagina 2 a 5 di Casadio, Ciriaco, Conte, De Cicco e Pucciarelli.
"Il generale spacca la destra. Molti prendono le distanze dal ministro Crosetto, reo di avere “umiliato” Vannacci. La crepa si è aperta e FdI ha paura della fuga dei voti. Intanto sulla manovra i conti non tornano e ci saranno meno soldi in busta paga. Per il salario minimo si è raggiunta quota 300mila firme."
Una cosa interessante su Vannacci la fa notare Marco Rizzo, presidente onorario del Partito comunista, che pare difenda il generale.
La tesi è quella del complotto, secondo cui il generale avrebbe pagato non tanto per le "opinioni personali” contenute all’interno del libro “Il mondo al contrario”, bensì per le sue passate denunce sull’uranio impoverito.
Repubblica commenta: "E' da tempo che il segretario di Democrazia sovrana e popolare si fa portavoce di una sinistra reazionaria molto spesso apprezzata e rilanciata anche a destra.
Dice il rossobruno Rizzo: "Non ero a conoscenza che il generale Vannacci avesse presentato ben due esposti alla Procura militare e alla Procura ordinaria di Roma nelle quali denunciava gravi e ripetute omissioni nella tutela della salute del contingente italiano”, dichiara in una nota. “Eppure – continua – il generale diventa un personaggio pubblico non per queste denunce ma per le sue opinioni personali scritte nel libro 'Il mondo al contrario'. E viene prontamente rimosso. Chissà se la rimozione sia davvero scattata per le sue opinioni personali o per altro?”. Postilla: “Meditate”, scrive Rizzo.
Alemanno, dal canto suo, ha avanzato la medesima perplessità nell'intervista rilasciata a Repubblica e nella quale, oltre a difendere il generale, non esclude una candidatura di Vannacci nelle liste della sua nuova creatura di destra-destra in vista delle elezioni Europee del prossimo anno. L’ex sindaco di Roma ritiene che il ministro Guido Crosetto, stigmatizzando le parole di Vannacci, abbia “offeso uno dei migliori ufficiali dell’esercito”, il quale – ecco la tesi del complotto – era stato già censurato per avere avuto il coraggio di dire cosa pensava dell’uranio impoverito alla commissione parlamentare”.
Effettivamente il generale Vannacci insieme al suo vice del contingente italiano in Iraq del 2018 depositò ben due denunce per omissioni di tutele presso la procura di Roma (civile e militare), contro il Ministero della Difesa, che non informava e non tutelava né lo fa tutt'ora, i militari italiani in missione dalle esposizioni ai metalli pesanti radioattivi. Vannacci, insomma, è, anche se non lo dice apertamente, tra i non allineati alla linea di governo nel seguire le scelte USA e NATO nella guerra in Ucraina e come lui ce ne sono tanti. Il suo libro, sicuramente discutibile (anche se non l'ho letto e onestamente non lo comprerei), è probabilmente solo lo strumento con cui lo attaccano per attaccare una frangia interna alle forze armate non fedelissima alla linea di governo. Vannacci come molti ufficiali ha posizioni reazionarie su tanti temi. L'ipocrisia con cui lo attaccano anche vertici militari che fino a oggi l'hanno pensata come lui su migranti e omosessuali, che hanno collaborato allo sterminio dei popoli oggi migranti e alle torture e carderazioni in Libia e affondamenti nel Mediterraneo, dà la misura della lotta interna che c'è anche in ambito militare sull'essere fedeli (direi più sottomessi) alla NATO o no. Certo non è difendibile sulle posizioni che assume su temi sociali e civili a molti di noi cari, ma bisogna stare attenti a non abboccare alla propaganda che in maniera strumentale adopera come paravento le esternazioni di Vannacci per rifare una verginità alle istituzioni dominanti che sono le prime a discriminare migranti, omosessuali, donne, ecc. Mentre nascondono, con questo polverone, le misure che adottano contro la gran parte della popolazione italiana e a vantaggio della Guerra in cui la NATO ha ingabbiato il Paese.

IL PUNTO MILITARE

E', al solito, Lorenzo Cremonesi che per il Corriere della Sera si occupa dell'ok a Zelensky per gli F-16. Il richiamo è in prima pagina per l'articolo ospitato a pagina ....
Via libera da Olanda e Danimarca per la fornitura degli aerei F-16 all’Ucraina. Il presidente Volodymyr Zelensky: «Questi jet ci danno energia, fiducia e motivazione». Il cardinale Matteo Zuppi dal Meeting di Rimini ammonisce l’Europa: «Fa troppo poco per la pace. Rischio guerra mondiale»

A pagina 14 di Repubblica del 21 agosto 2023 articolo di Brunella Giovara.
Titolo: Kiev pianta il confine a Snake Island. “Il prossimo lo metteremo in Crimea”
Sottotitolo: Con l’offensiva ucraina che avanza a rilento la frontiera sull’isola punta a dimostrarela determinazione a riconquistare tutti i territori occupati.
La notizia è il cippo di confine apparso sull'Isola dei Serpenti del Mar Nero. La sua riconquista da parte degli ucraini è da essi considerato momento epico della resistenza contro l’invasione russa.

"Nel generale pessimismo sul successo dell’offensiva ucraina, ieri gli americani dell’Isw, Institute for the study of war, segnalavano progressi «tatticamente significativi» che potrebbero «consentire alle forze ucraine di iniziare a operare in aree meno minate della linea di difesa russa, che sono probabilmente più favorevoli a più rapidi guadagni ucraini». Questo nelle regioni di Donetsk e Zaporizhzhia, e in particolare dal villaggio Robotyne, in avanti. Succede proprio mentre nel mondo emergono idee di futuri negoziati forse in perdita, per l’Ucraina, pur di concludere la guerra. E mentre altri americani, come le fonti di intelligence consultate dal Washington Post, assicurano che gli ucraini non riusciranno mai a raggiungere la Crimea, che va quindi considerata come perduta. (...)

La medesima inviata Giovara riferisce dell'accordo di Olanda e Danimarca per l'invio di caccia a Zelensky.
Titolo: Da Olanda e Danimarca 42 F-16. “Le prime consegne a fine anno”
Sottottolo: I jet sdoganati dagli Usa non saranno disponibili in tempo per spingere l’offensiva di Kiev

" Infine, ecco gli F-16 promessi. Il presidente Zelensky li ha visti e toccati, i cacciabombardieri che potrebbero cambiare le sorti della guerra a favore dell’Ucraina. Ieri, prima tappa in Olanda, e colloquio con il premier Mark Rutte. (...) Subito dopo Zelensky è volato in Danimarca, per ringraziare personalmente del “dono” prezioso che arriverà anche da questo Paese) Quarantadue aerei, in tutto, tanto per cominciare, poi si vedrà. Quando? Non si sa. Forse entro fine anno. Quando sarà completato l’addestramento dei piloti, iniziato a maggio. (...) Zelensky ha parlato anche dei fantomatici negoziati, spiegando ancora una volta che non deve essere dimenticata la giustizia: “MH17 (il volo Malaysia Airlines 17 abbattuto nel 2014), Bucha, Mariupol… Tutto ciò non può essere perdonato solo perché il tempo è passato”. E alla domanda di un giornalista, “scambierebbe i territori occupati con l’ingresso nella Nato?”, ha risposto “scambierei la città di Belgorod…”, che è russa".

IL PUNTO DIPLOMATICO, GEOPOLITICO E GEOECONOMICO

Un Editoriale di Repubblica a firma Ezio Mauro, intitolato "Trump e la post democrazia", pubblicato a pagina 27, ha il richiamo in prima pagina.

La quarta incriminazione di Donald Trump in sei mesi è un cortocircuito perché porta direttamente l’ipotesi criminale dentro lo spazio politico della campagna elettorale, che mercoledì a Milwaukee prende il via mettendo a confronto i candidati alle primarie repubblicane. (...) Una parola sola può riassumere le imputazioni rivolte “all’impresa criminale” svelata dall’inchiesta durata due anni, con il ricorso a una legge contro il racket e la delinquenza organizzata: cospirazione. Deciderà il processo, previsto entro sei mesi. Ma intanto siamo di fronte all’ipotesi giudiziaria, con prove, di un tentativo di sovvertimento del voto da parte del presidente in carica. (...) Trump vola nei sondaggi, e dieci giorni fa raggiungeva
il 55 per cento dei consensi tra gli elettori repubblicani, con 42 punti di distacco dal governatore della Florida DeSantis, il suo avversario principale, fermo al 13 per cento. (...) Si può dunque guidare un grande Paese occidentale, complottare a danno della sua legalità e della sua legittimità istituzionale, istigare i seguaci ad assaltare il Campidoglio in una vera e propria prova d’insurrezione, e ritornare in corsa per la Casa Bianca, scalando giorno dopo giorno i favori popolari nei sondaggi. (...) Stiamo assistendo, con ogni probabilità,
all’atto finale di una sfida che da dieci anni il populismo ha lanciato alla democrazia. Nato dalla disgregazione sociale della crisi, il populismo si è nutrito del disorientamento dei ceti spodestati, dello spaesamento dei retrocessi, del risentimento degli esclusi, ma anche del ribellismo borghese, dell’invidia sociale diffusa, della voglia di rivincita e di vendetta, e dell’auto-separazione della classe dirigente che esercita il potere come un’esclusiva. (...) La crisi, senza che lo avessimo previsto, svaluta la democrazia, le fa perdere peso, la rende incapace di incidere sulle condizioni materiali di vita degli individui. La democrazia diventa un insieme di principi che faticano a tradursi in pratica: in sostanza, una vecchia credenza del Novecento che è arrivata fin qui, ma non riesce a rispondere alle esigenze dell’epoca. (...) La democrazia non viene mai invocata come una conquista da difendere, non c’è più una sua epopea capace di rilanciarne il fascino, il suo cuore è freddo. In un’epoca in cui la disaffezione dalla politica può essere contrastata solo da una scossa emotiva e non da una routine burocratica, la democrazia assiste allo spettacolo della contropolitica populista trasformata in performance permanente. (...) Il cittadino precipitato fuori dalla sfera politica, il
«forgotten man» che non a caso Trump ha ringraziato un minuto dopo la vittoria, viene invitato dal pifferaio magico a rientrare in gioco aderendo a questa rappresentazione dilatata e titanica della crisi, liberandosi di ogni coscienza del limite, separandosi dal credo democratico comune, in una secessione ribelle. L’eversione di Trump è la rivincita collettiva: purché si compia, muoia la democrazia, con tutti i suoi vecchi credenti. (...) Se la democrazia è ormai rifiutata perché ingannevole, come si può credere alle sue procedure, ai suoi codici e ai suoi giudici? Questo azzeramento del valore democratico ci porta in una terra incognita. (...) Sono le basi della libertà americana, che una parte del Paese oggi è pronta a disconoscere. La sfida è in corso e, al di là del destino di Trump, la posta in gioco è altissima e, appunto, universale: capiremo se siamo già entrati, senza saperlo, nell’età della post-democrazia.

LE PRESE DI POSIZIONE E LE INIZIATIVE PACIFISTE

A pagina 11 del Corriere della Sera articolo di Cesare Zapperi dal titolo: "Zuppi incalza l’Unione europea: «Fa troppo poco perla pace»
Sottotitolo: L’appello del cardinale al meeting di CL. «Scongiuriamo il rischio di un conflitto mondiale»
Zapperi riferisce l'intervento di Zuppi al meeting di Rimini.

"Si fa presto a dire pace. Ma se non è «giusta e sicura, da raggiungere con il dialogo e non con le armi», spiega il cardinale Matteo Zuppi alla platea del Meeting di Comunione e Liberazione, può rivelarsi la «premessa di altri conflitti». Il presidente della Cei,a cui papa Francesco ha affidato il compito di individuare una strada di mediazione tra Russia e Ucraina, invita tutti quanti vogliono lavorare ad una via d’uscita dal conflitto scoppiato un anno e mezzo fa a non dimenticare il punto di partenza: «C’è un aggressore e un aggredito». (...) (A dire di Zuppi) «L’Europa fa troppo poco (per preparare la pace attraverso la pace- ndr), dovrebbe fare molto di più. Deve cercare e in tutti i modi di aiutare iniziative per la pace, seguendo l’invito di papa Francesco a una pace creativa». (...) Al di là della missione affidata al presidente della Cei, sono stati numerosi gli appelli del Papa perché le armi che hanno già provocato migliaia di vittime cedano il passo al dialogo".

A pagina 2 di Repubblica del 21 agosto 2021 articoli su Vannacci, il generale rimosso.
Articolo di Giovanna Casadio. Titolo: "La destra sconfessa Crosetto. Su Vannacci governo spaccato".
Sottotitolo: Si allarga la crepa. Dopo le parole di Donzelli, anche Foti e Montaruli prendono le distanze: “No ai ricatti morali”.E Sgarbi rincara: “Questo si chiama regime”. Il generale dice no alla candidatura di Forza Nuova: “Resto un soldato”,
Intervista di Giovanna Casadio a Gianni Alemanno. “Il generale va difeso per questo gli elettori sono delusi. Pronto a costruire l’alternativa”
Alemanno, perché critica il ministro Guido Crosetto?
«A mio parere ha fatto due errori: il primo è quello di piegare la testa al politicamente corretto prima ancora di conoscere quello che davvero era stato scritto dal generale Vannacci. E poi ha offeso uno dei migliori ufficiali dell’esercito che viene dai corpi speciali e che era stato già censurato per avere avuto il coraggio di dire cosa pensava dell’uranio impoverito alla commissione parlamentare. Questo gli aveva causato l’esilio all’istituto geografico militare».
perciò ha votato Giorgia Meloni».
A destra si è aperta una crepa?
«A destra c’è una spaccatura, tant’è che noi con il Forum dell’Indipendenza italiana abbiamo preso posizione contro molte delle scelte politiche del governo che è in
continuità con l’agenda Draghi. Sicuramente la popolarità di Meloni trattiene ancora tanti elettori che danno consenso a FdI, anche perché finora non c’è una alternativa visibile».
Condivide le affermazioni omofobe e sessiste del generale?
«Non credo che Vannacci sia omofobo, ma che abbia espresso una critica all’ideologia gender in modo semplicistico. Ma nel suo libro c’è ad esempio, una presa di posizione a favore della campagna vaccinale sul Covid su cui noi siamo molto critici».

Sul "Caso Vannucci", a pagina 21, Repubblica pubblica un editoriale di Carmelo Lopapa, intitolato: "Il ricatto dell'anima nera".

"Se il parà con le stellette, anziché rinchiudersi in un contrito silenzio, rivendica oggi il suo pensiero è perché sa bene di godere della condivisione diffusa non tanto (per fortuna) del mondo militare, quanto piuttosto di una destra politica, più o meno estrema, ma vivace e attiva. Quella che gli ha già prospettato un approdo elettivo di successo, magari già alle Europee del 2024, con Gianni Alemanno o tra le file di Forza Nuova poco importa. (...) Vannacci si sarà sentito pur legittimato se viviamo in un Paese in cui un vicepresidente del Consiglio predica l’alleanza con Marine Le Pen e con i neonazisti tedeschi di Afd, a conti fatti. (...) C’è un’anima nera che pulsa in un angolo di quel trenta per cento dell’elettorato oggi pronto a ri-votare Fratelli d’Italia. (...) Sembra che in queste ore lo stesso Crosetto, che con l’amica Giorgia ha dato vita a Fratelli d’Italia, sia rimasto spiazzato e sorpreso per le critiche piovute — più in privato che in pubblico — dal loro mondo per la rimozione dell’ufficiale. Il generale andava difeso, è l’idea di questa destra che si agita nel ventre molle del partito. (...) (A dire di Donzelli, espressione di questo ventre) “in un mondo democratico si scrive ciò che si pensa”. Ma questa è la democrazia distorta di chi non ne comprende la natura e il valore piegandola al proprio delirio. Si chiama libertarismo, porta a ritenere legittimo ogni pensiero estremo e pericoloso. Non ha nulla a che fare con la democrazia, che invece è tale perché respinge e condanna il pensiero intollerante e violento, discriminatorio e razzista. (...) Bisogna avere il coraggio e le carte in regola per pronunciare (parole credibili di condanna). La scalata rapida al potere (della Meloni - ndr) può dare la patente di abile e astuta leader fattasi dal nulla, ma non è sufficiente per acquisire quella di statista. Tanto meno di sincera democratica."

Repubblica riferisce di Zuppi al meetimg di Comunione e Liberazione.
Titolo dell'articolo a firma Conchita Sannino. "L’affondo di Zuppi al Meeting di CL “Il razzismo avvelena menti e cuori”
Sottotitolo: "Il cardinale ha parlato della guerra in Ucraina “L’Europa fa troppo poco per la pace”.

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Sesta puntata dei “DIARI DI FINE GUERRA”

Ucraina: l’obiettivo è fermare i combattimenti per superare il sistema di guerra contro cui abbiamo il dovere di esercitare il diritto di resistenza

Considerazioni di Alfonso Navarra (in rapporto con una rassegna stampa dei giornali del 18 agosto 2023)

Sesta puntata del 18 agosto 2023

Un vecchio amico, con cui ho avuto l’onore di fondare nel 1970 Avanguardia Operaia a Palermo, ritrovato dopo decenni in cui non ci siamo né visti né sentiti, mi scrive quanto segue a proposito dell’atteggiamento dei “pacifisti” sulla guerra in Ucraina, a suo parere riluttante nella condanna delle responsabilità primarie di Putin.

Trovo onestamente che nella pubblicistica pacifista, talvolta persino nelle cose che scrivi tu, permanga un “non detto”, una sorta di imbarazzo a dire chiaramente chi sta aggredendo chi; e con quali metodi. Non si può gioire per le pressioni degli occidentali affinché il governo ucraino ceda dei territori senza dire una parola sugli eventuali cedimenti da chiedere ai russi. Putin è disponibile a rinunciare al suo disegno di cancellare l’Ucraina dalla carta geografica? Restituirà i bambini rapiti? Sarà d’accordo su un’inchiesta internazionale sui crimini di guerra e su quelli sui civili? In che termini sarà risolta la questione della sovranità sui territori occupati con la forza e nei quali è in atto una pulizia etnica? Mi chiedo perché tutto il dibattito sia sulla presunta ostinazione di Zelensky e non sulla aggressività criminale del governo russo. La guerra partigiana italiana era “stupida”? Esiste il diritto alla resistenza e la guerra “stupida” è quella russa, non quella ucraina. Io sono per un cessate il fuoco che preluda ad una missione di pace internazionale nei territori occupati, con ritiro di entrambi gli eserciti, ma con l’assicurazione che verranno perseguiti i crimini di guerra e sui civili da qualsiasi parte siamo stati commessi (ma quelli russi sembrano la stragrande maggioranza). Sono per un riconoscimento reciproco e solenne della sovranità di ciascuno, garantito da un accordo internazionale che coinvolga almeno la Cina. Penso che Brasile, India e Sud Africa abbiano fin qui avuto un atteggiamento molto opportunistico e ambiguo e che, se vogliono giocare un ruolo, debbano allinearsi ad una posizione simile a quella che ti ho appena descritto. Volere la pace non deve mai significare accettare il potere ingiusto, né all’interno dei paesi, né nelle relazioni internazionali. Forse su questo ultimo punto non siamo completamente d’accordo perché immagino che tu, pur consenziente, ritieni, diversamente da me, che i mezzi non violenti siano sempre e comunque i migliori per raggiungere l’obiettivo.  Non dividiamoci su questo. Io ritengo la violenza una extrema ratio, che può essere giustificata, ad esempio, dalla legittima difesa individuale o collettiva. Ma ti ripeto: a mio avviso oggi si può costruire un’ampia maggioranza dell’opinione pubblica sugli obiettivi, lasciando che ognuno abbia la sua opinione sui metodi, almeno quando questi ultimi sono proporzionati agli obiettivi stessi”.

La mia risposta all’amico citato, che ringrazio per la sua disponibilità alla discussione,  la propongo in termini schematici per potere innescare una forma più breve ed efficace delle mie comunicazioni: parlare a nuora perché suocera intenda!

  • Non si può parlare di “pacifismo” come entità unica perché, in Italia, esistono almeno 6 poli identitari attrattivi (Rete Italiana Pace e Disarmo, cattolici, umanisti, post No Vax, antimperialisti, nonviolenti). I disarmisti esigenti appartengono alla componente nonviolenta più radicale, laica e pragmatica, attualmente di consistenza ultra-minoritaria, anche se è l’unica che può accampare risultati istituzionali di grande rilevanza, conquistati con dure lotte e pesanti sacrifici carcerari, sul terreno dell’obiezione di coscienza. Noi non stiamo né con Putin né con la NATO che manovra dietro le quinte l’attuale governo di Kiev, ma dalla parte dell’Umanità che vuole fare la “Pace con la Natura” per costruire una società internazionale intrinsecamente, strutturalmente, integralmente pacifica. Siamo quindi – riteniamo in nutritissima compagnia - per il “ripudio della guerra”, anche a livello UE e a livello ONU, che deve portare alla sua “tabuizzazione”.
  • Premesso ciò, è chiaro che non abbiamo alcuna remora a condannare l’invasione di Putin. Ma riteniamo essenziale la capacità di saper vedere l’intera foresta del conflitto, sia nello specifico che nel suo contesto globale, al di là del singolo albero. Fermare la guerra in Ucraina per noi significa contemporaneamente puntare a demolire il “sistema di guerra” nella sua totalità, ed è questo sistema che consideriamo l’aggressore sostanziale e ultimo, che esige da tutti noi una resistenza esistenziale, con mezzi vitali, per la dignità della Vita.
  • Il “diritto di resistenza” che dobbiamo attivare è quello di noi tutti che siamo direttamente coinvolti nella guerra, colpiti dalle sue conseguenze negative, a livello ambientale, economico, sociale e culturale. La principale guerra “stupida” di cui dobbiamo occuparci è quella che l’attuale modello economico conduce contro gli equilibri dell’ecosistema vivente di cui siamo parte organica (vedi concetto di “terrestrità”). Questo modello economico, nel produrre disuguaglianza ed esclusione, oltre che inquinamento, si allea con la potenza militare per difendere potere e privilegi di una ristretta élite. Contro di esso deve scattare in modo organizzato la legittima difesa individuale e collettiva di noi tutte/i.
  • Quindi il problema non è individuare e punire “il più cattivo del reame”, ma darsi da fare per superare la crisi di un assetto geopolitico, squassato da antagonismi interni, e dunque già in trasformazione (dalle possibili derive catastrofiche), con una transizione positiva. Il problema non è riconoscere le sovranità particolari, ma affermare i limiti delle sovranità statali entro un ordine di diritto internazionale effettivo. Qui calza a pennello una citazione di L. King: "Dobbiamo imparare a vivere insieme come fratelli o periremo insieme come idioti.”
  • Queste premesse culturali e politiche, e non lo stallo militare, devono pesare nel portare al cessate il fuoco che l’opinione pubblica mondiale auspica, ed in questo senso diventa decisivo, al fine di rilanciare il ruolo dell’ONU, dare spazio al Sud Globale, supportato da una società civile organizzata in ONG non opportunistiche nella sudditanza ai poteri vigenti

 

Non è allora, per rispondere al mio amico, questione di divisione sul metodo nella condivisione dell’obiettivo. Qui manca l’obiettivo comune che coincide con il metodo: dobbiamo fare sì che la guerra sia affrontata come un problema generale alla cui soluzione tutti dobbiamo contribuire, e non solo chi schiera eserciti sul campo. Questo è forse il punto che occorre mettere più in chiaro: la guerra da spegnere (per evitare che i pezzetti sparsi convergano in una unica deflagrazione globale) è affare dell’umanità intera non solo degli ucraini, dei russi e di chi li supporta militarmente. Non è la “loro disputa territoriale”, ma la causa di tutti perché, attraverso la tregua immediata, si possa costruire un futuro più sicuro e migliore per il mondo. Dobbiamo quindi passare da “spettatori del conflitto”, più o meno tifosi di questa o quella squadra in campo, a “protagonisti della pace”. L’obiettivo è fare scendere in campo l’Umanità e i suoi rappresentanti, perché impongano il tacere delle armi e l’avvio di negoziati globali.  La discesa in campo da attuare può essere la seduta pubblica e permanente delle Nazioni Unite sull’Ucraina. Luigi Ferrajoli, con la sua “Costituente Terra”, ha spiegato in modo efficacissimo il senso della proposta

 

Trattare è ciò che chiedono milioni di manifestanti in tutto il mondo allorquando domandano di “cessare il fuoco”: innanzitutto per porre fine alla tragedia dei massacri, delle devastazioni e della fuga di milioni di sfollati ucraini; in secondo luogo, perché la continuazione della guerra non può che produrne un’escalation, fino alla sua possibile deflagrazione in una guerra mondiale nucleare senza vincitori e soltanto con sconfitti. Proprio i più accaniti critici di Putin non dovrebbero dimenticare che ci troviamo di fronte a un autocrate fornito di oltre seimila testate nucleari, e che l’insensatezza di questa guerra, anche dal punto di vista degli interessi della Russia, non consente di escludere ulteriori, apocalittiche avventure.

Ma chi ha il potere e, aggiungerò, il dovere di trattare? Forse ci stiamo dimenticando che esiste un’istituzione, le Nazioni unite, la cui ragione sociale e la cui finalità statutaria, dice l’articolo 1 del suo Statuto, è “mantenere la pace… e, a questo fine,… conseguire con mezzi pacifici e in conformità ai principi della giustizia e del diritto internazionale, la composizione o la soluzione delle controversie internazionali”. Esiste dunque una responsabilità istituzionale della comunità internazionale di fare tutto ciò che è possibile fare per ristabilire la pace. Non si tratta certo di mettere all’ordine del giorno la decisione di porre fine alla guerra, cui la Russia opporrebbe il suo veto. Si tratta del dovere dell’Onu di fare tutto ciò che è possibile al fine di ottenere la pace. E ciò che è possibile, e perciò doveroso, è non lasciare la debole Ucraina a trattare da sola (…), bensì offrire i suoi organi istituzionali, l’Assemblea generale e il Consiglio di Sicurezza, come i luoghi e i soggetti della trattativa, convocati e riuniti in maniera permanente”.

(Si vada su: https://ilmanifesto.it/per-la-pace-le-nazioni-unite-in-seduta-pubblica-e-permanente-sullucraina)

 

Dovremmo, da pacifisti, promuovere questa pressione “universalistica” soprattutto nel momento in cui le vicende militari stanno alimentando spinte particolaristiche verso la cessazione del conflitto armato che però potrebbero non dare garanzie di durata e solidità.

 

Leggiamo su la Repubblica del 18 agosto 2023, a pagina 11, questa analisi di Alberto D’Argenio, che commenta un testo del consigliere di Zelensky Andriy Yermak, dal titolo: “A Kiev sappiamo che serve trattare per ottenere pace e vittoria” .

Titolo dell’intervento di D’Argenio: “I tre passi avanti dell’Ucraina verso la soluzione Negoziale”.

 

Il testo che Yermak, tra i più stretti collaboratori di Zelensky, affida a Repubblica segna un passo avanti di Kiev nella ricerca della pace. Dimostra che la volontà dell’Occidente – nell’autunno 2024 stretto tra elezioni USA e rinnovo dei vertici UE – di chiudere il conflitto in Ucraina nonostante mille incognite, viene accettata con serietà da Kiev. (…) Ora con Yermak (gli ucraini) sembrano allinearsi alle richieste emerse dal vertice (di Gedda) da tutti i partecipanti, occidentali e non. (…) Gli alleati speravano che la controffensiva di Kiev avrebbe spezzato la linea difensiva russa costringendo lo Zar al negoziato, ma le operazioni militari per ora non si sono rivelate decisive. E non è detto che lo diventino entro l’autunno. Ma se Putin in assenza di una rotta sul terreno dovesse ancora sottrarsi alla diplomazia, rischia di trovarsi davanti a un piano globale di pace firmato anche dai suoi amici, e dunque politicamente più solo. In questo scenario, toccherà ai mediatori portare il testo (che verrà concordato – ndr) al Cremlino. Poi starà alla leadership russa mostrare quella serietà nella ricerca di una soluzione diplomatica al conflitto finora del tutto assente”.

 

Ecco quanto scrive Yermak:

 

Abbiamo elaborato un modello in tre fasi (…). La prima fase comprende incontri con gli ambasciatori dei Paesi partecipanti in Ucraina, dedicati alla descrizione dettagliata di ogni punto della Formula (di Pace). La seconda fase è costituita da incontri selezionati con i consulenti per la sicurezza nazionale per definire i meccanismi ottimali di attuazione e preparare le raccomandazioni per i leader degli Stati. La terza e ultima fase è l’attuazione di un piano congiunto da parte dei capi di Stato e di governo. I leader impegnati e coraggiosi potrebbero fare la storia. Il loro Vertice Globale per la Pace dovrebbe diventare un evento fondante degli sforzi internazionali per porre fine alla guerra in modo giusto. Questo è l’unico modo per affrontare il ricatto dell’aggressore. (...) Oggi non parliamo solo della fine della guerra. Stiamo parlando del futuro. Il popolo ucraino non dimenticherà mai coloro che sono stati al suo fianco per tutto questo tempo. Coloro che - a prescindere dal livello delle relazioni precedenti - hanno sostenuto l’Ucraina nella sua giusta lotta per l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale. Quei veri e propri eroi moderni che avrebbero stabilito la pace per l’Ucraina e per il mondo".

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15 agosto 2023

L’”eroismo” come bullismo maschilista: dalla guerra in Ucraina alla “sfida” marziale tra Musk e Zuckerberg

Considerazioni di Alfonso Navarra in rapporto alla rassegna stampa del 15 agosto 2023

Quinta puntata dei “DIARI DI FINE GUERRA”

Oggi provo a mettere in relazione due notizie: il dibattito che si è aperto dentro la NATO sulla possibilità che l’Ucraina conceda la Crimea in cambio della sua ammissione nell’Alleanza: l’ipotesi avanzata da Jenssen collaboratore di Stoltenberg; e il duello “marziale” tra Musk e Zuckerberg che è al momento in cerca di una location “epica”, da film kolossal con il peplo: si è inizialmente parlato del Colosseo, ma pare che andrebbe bene anche Pompei…

La prima notizia, come ho anticipato, è l’esternazione del capo di gabinetto di Stoltenberg., Stefan Jenssen, ad una tavola rotonda con i media norvegesi. Jenssen, nell’occasione, ha risposto, alla domanda di un giornalista: “E’ opinione della NATO che l’Ucraina debba cedere territori per raggiungere la pace con la Russia e la futura adesione alla Alleanza?” che “questa potrebbe essere una possibile soluzione". La possibilità starebbe nel fatto che “sembra irrealistico che la Russia possa conquistare nuovi territori. Ora è piuttosto una questione di cosa l’Ucraina riuscirà a riprendersi", lasciando intendere che anche qui è irrealistico pensare che l’esercito di Zelensky, secondo i piani ufficiali, possa riconquistare anche la Crimea.

Naturalmente dal governo ucraino è subito venuta una reazione indignata con la solita tiritera: lo scambio di un territorio «per un ombrello» della NATO sarebbe semplicemente "ridicolo".

L’ipotesi di Jenssen significherebbe scegliere deliberatamente la sconfitta della democrazia, incoraggiare un criminale globale (Putin, ndr), preservare il regime russo, distruggere il diritto internazionale e trasmettere la guerra ad altre generazioni. I tentativi di preservare l’ordine mondiale e di stabilire una “cattiva pace” attraverso, siamo onesti, il trionfo di Putin non porteranno pace al mondo, ma disonore e guerra”.

L’Osservatore romano riporta la smentita ufficiale della NATO, al momento da ritenersi scontata e inevitabile: “La nostra posizione sul sostegno alla sovranità ed integrità territoriale dell’Ucraina è chiara e non è cambiata”. Sarà comunque Kyiv (Kiev) a decidere quando e quali saranno le condizioni di pace”.

(Si vada su: https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2023-08/guerra-ucraina-russia-grano-g20-nato-jenssen.html).

Comunque, non è un mistero che le difficoltà della controffensiva Ucraina stiano rimodulando l’idea del sostegno a Kiev da parte degli alleati occidentali, e soprattutto dalla parte dell’egemone americano, di fronte ad una opinione pubblica che non è affatto entusiasta per i costi che tale appoggio comporta (Biden ha proposto ulteriori 40 miliardi, di cui 13 in aiuti militari).

Se lo sfondamento del fronte russo non c’è, gli incontri internazionali, e non solo dietro le quinte, stanno facendo alzare la pressione su Ucraina e Russia per porre fine al conflitto iniziato con l’invasione decisa da Putin nel febbraio 2022. Le elezioni presidenziali statunitensi si avvicinano e un eventuale ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe cambiare l’intero spartito sulla “pace giusta” che seguirà alla “vittoria militare”. A Kiev le recenti purghe del presidente Voldymyr Zelensky, che ha licenziato tutti i funzionari regionali incaricati del reclutamento militare (il governo ha giudicato generalizzata la corruzione che consente in particolare ai coscritti di sfuggire all’arruolamento) sono state lette come un tentativo di risollevare il morale e l’”impeto eroico” dell’esercito ucraino in affanno.

Si comincia chiaramente a pensare alla tregua possibile e a Kiev dovranno farsene una ragione. La “giustizia della pace” che ha in mente Zelensky è fondata su una affermazione militare che, a quanto pare, non sta né in cielo né in terra ed espone tutto il mondo a gravi conseguenze immediate (non ultime i morti per fame in Africa) e a rischi di escalation incontrollate, persino nucleari. Un imbarbarimento culturale indubbio, in questa retorica delle armi impugnate dagli “eroi” che risolvono, è la identificazione della resistenza alla oppressione con la lotta armata anzi la lotta più armata possibile.

In questa logica di retorica militarista in cui il “buono” ha il dovere di usare le armi per difendersi, e noi di sostenerlo in questa modalità trogloditica, è logico arrivare alla conclusione che le armi nucleari costituiscono la suprema garanzia di sicurezza contro i "cattivi" che girano nel mondo. Mentre il buon senso porta a dire che chi possiede armi nucleari è di per sé un "cattivo ". Più armi nucleari possiede più "cattivo" è... Se questo fosse il criterio della classifica dei “cattivi” troveremmo sul podio la Russia, seguita quasi ex equo dagli USA e solo con molta distanza, al terzo posto, dalla Cina…

Ritorna in auge il modello eroico che è incarnato dall'ardimentoso che compie l'impresa militare eccezionale: si tratta poi, in soldoni, di ammazzare più nemici del normale, con particolare trasporto e “sprezzo del pericolo”. Sappiamo anche che "eroe" per antonomasia, nelle celebrazioni magniloquenti, è il povero militare che ci ha rimesso la pelle, tristemente morto in battaglia laddove vige la regola ferina mors tua vita mea.

Sempre in questo clima di imbarbarimento culturale, che ha catturato soprattutto la sinistra sedicente moderata, dove eroi da esaltare sono coloro che sanno sparare meglio e menare meglio le mani, perché è solo menando che si riesce a fare giustizia, ecco che si inserisce la sfida “marziale” tra Musk e Zuckerberg. Una proposta da pazzi narcisisti che pure è stata presa sul serio dai media mondiali e dalle autorità governative italiane. Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha dovuto arrovellarsi su se concedere o meno il Colosseo in cambio di contributi “per beneficenza”.  Lo scontro di proporzioni epiche avrebbe soltanto il livello del kitsch: siamo al "mi hai offeso, vieni fuori che ti faccio un c... così ". Un nobile esempio di comportamento – si fa per dire - cui addirittura dovremmo offrire, noi istituzioni italiane, lo scenario di un monumento storico! Povera cultura se dovessimo prestare il destro al ritorno dei duelli, con la nostalgia dei combattimenti all'ultimo sangue nella arena... Diamo spago a questi schizzati della oligarchia finanziaria tecnologica che ci domina e vedrete che, scivolone dopo scivolone nella cafonaggine e nella volgarità maschilista, ci torneremo. Per masse abbrutite e inutili come l’antica plebe romana (viveva di distribuzioni gratuite del grano. Poniamoci la domanda: come vivrà la nuova disoccupazione tecnologica?) i giochi del circo sono la droga più adrenalinica. Lasciamoli fare, questi miliardari da strapazzo, lasciamo che ritorni in auge la cultura dell"io sono un eroe perché ti faccio un c... così”  (sono convinto che le mie ragioni si tutelano col bastone, con le armi), e vedremo prima o poi edificati nuovi colossei con relativi spettacoli cruenti... I like con pollice verso via internet potranno servire a condannare il neogladiatore soccombente che non si è battuto con la dovuta brutalità...

“Io sono un eroe perché sono in grado di romperti il c….”: questo principio  di arcaico maschilismo purtroppo si sta affermando con ogni evidenza nei fan di Zelensky, nei fan di Putin, in chi si schiera dalla parte di Zelensky e della NATO o di Putin e degli antiNATO in quanto antiamericani a senso unico: nel disprezzo, insomma, di chi propone le vie ragionevoli  ed equilibrate del dialogo per risolvere i conflitti.

Secondo il partigiano Stéphane Hessel, che ha scritto “Indignatevi!” per invitare i giovani a riattualizzare lo spirito della Resistenza antinazista, dovremmo oggi “imparare a percorrere il cammino della nonviolenza”. I supporter di questa guerra ci stanno invece riportando sul sentiero della violenza “unica levatrice della Storia”. Il regionamento è elementare: “Putin non è il cattivissimo che ha invaso l’Ucraina? Allora facciamo il tifo per gli “eroi” che gli spezzeranno i denti con le armi e ripristineranno così la giustizia. Mandare ad essi le armi è tutt’uno con la causa della pace e della giustizia”.

Nonostante il martellamento dei grandi media, l’opinione pubblica però non abbocca; e senza avere studiato Gandhi o M.L. King! Semplicemente il buon senso popolare sa che nei conflitti per lo più c’è sempre una complicazione intrecciata di ragioni e di torti dall’una e dall’altra parte, e che anche a chi ha più torto (in questo caso, per la gente, Putin) deve essere lasciata, se possibile, una via di uscita: la pace deve essere quella POSSIBILE, non quella GIUSTA, perché un compromesso va comunque trovato, tutelando subito il bene primario delle vite. La saggezza popolare sa che una brutta pace – una tregua anche solo temporanea - è sempre meglio di una bella guerra, e questo caso dell’Ucraina non farebbe  eccezione, perché non è sostenibile l’equiparazione tra Putin e Hitler …

Questo è il ragionamento terra terra ma saggio del pacifismo spontaneo che è radicato nelle moltitudini quando non sono state completamente annebbiate dal nazionalismo. Ovviamente l’avanguardia nonviolenta dovrebbe avere una marcia in più rispetto allo spontaneo pacifismo popolare, perché di fronte alla ingiustizia e alla prepotenza non deve esserci mai, per principio, nessuna neutralità, nessuna passività, nessuna viltà.  Il soggetto nonviolento, individuo o organizzazione, si schiera sempre con chi è aggredito (nella sostanza, l'Umanità offesa dalla guerra) e resiste all’aggressione. Non dobbiamo fare circolare l’idea di una nonviolenza come vaga predica di pace, ma come una strategia intelligente e organizzata per fare il bene realistico delle vittime nel modo più pratico per difendere i beni attaccati da chi è in grado di esercitare un surplus di violenza armata. Un inizio di risposta è, ad esempio, la campagna Object War , promossa dalla War Resisters’ International, EBCO-BEOC, IFOR e Connection, con l'obiettivo di garantire protezione e asilo a obiettori di coscienza e disertori di Russia, Bielorussia e Ucraina coinvolti nella guerra in corso.

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14 agosto 2023

La guerra stupida con armi “intelligenti”

Considerazioni di Alfonso Navarra a partire da una rassegna stampa del 14 agosto 2023

Comincio con il segnalare questo pezzo, firmato da Davide Maria De Luca,che appare oggi, 14 agosto 2023, sul Domani, a pagina 3,:

Titolo: La controffensiva di Kiev si va spegnendo. Il piano B è nelle mani del generale Fango

Occhiello: IERI I RUSSI HANNO BOMBARDATO KHERSON: 7 MORTI. «FINORA UCCISI 500 BAMBINI UCRAINI»

Sottotitolo: Gli alleati sono sempre più scettici sulle possibilità di uno sfondamento prima di ottobre, quando arriverà il periodo delle piogge. Se non ci sarà una vittoria, gli ucraini minacciano un’escalation per aria e per mare. Ma molti in occidente premono per un negoziato.

A pagina 13 de La Stampa una intervista al generale Petraeus, ex capo della CIA, di Francesco Semprini da New York

Titolo: “La controffensiva è solo all’inizio. Putin capirà che non può vincere”

Sottotitolo: Il generale americano che ha guidato le campagne in Iraq e Afghanistan: “Serve pazienza gli ucraini hanno avuto molte armi, ma a volte in ritardo, gli attacchi in Russia sono utili”

La guerra in Ucraina ha la caratteristica di essere un laboratorio delle armi del futuro e per questo viene analizzata con molta attenzione dagli addetti ai lavori del settore militare con l’obiettivo di capire quali sono gli strumenti più performanti per le sfide di potenza sul tappeto.

L’occhio è rivolto in particolare allo scacchiere indo-pacifico dove è possibile che si giochi sulla disputa taiwanese la grande partita per l’egemonia tra USA e Cina. Sicuramente una partita più importante di quella che si sta giocando adesso sullo scacchiere europeo contro la Russia, sulla base di dispute territoriali con l’Ucraina.

Gianluca Di Feo su Repubblica del 14 agosto 2023 fa il paragone tra questo laboratorio contemporaneo e quello che fu la Spagna nel 1936.  L’articolo che viene pubblicato a pagina 15 reca appunto il titolo: “Ucraina, un laboratorio per testare nuove armi. Come la Spagna nel ‘36”.

Di Feo sostiene che all’epoca le potenze fallirono nell’analisi dei dati. Oggi invece emergerebbero delle certezze.

C’è un sinistro parallelismo tra i combattimenti in corso in Ucraina e la guerra spagnola del 1936 (…) Oggi come allora, il conflitto viene analizzato da generali e industrie come il laboratorio delle armi del futuro, cercando di capire quali saranno gli strumenti che decideranno la prossima sfida tra superpotenze (…) Gli Stati maggiori e i manager dell’industria militare cercano di fare incetta dei rapporti che arrivano dal fronte (ucraino-ndr) (…) Dai tempi del Vietnam non c’era stato più un duello tra eserciti moderni e ogni episodio viene esaminato fin nei minimi dettagli.(…) L’interesse è concentrato sull’individuare i veri protagonisti delle battaglie, quelli che sono destinati a cambiare i rapporti di forza negli anni a venire. (…) (Tra le poche certezze) la prima riguarda gli apparati di guerra elettromagnetica (…) La seconda lezione: le loitering munition, più spesso chiamate droni kamikaze, che restano in volo finchè non scoprono l’obiettivo e lo distruggono (…) (La loro evoluzione ci porta nella nuova era del dominio dell’intelligenza artificiale). (…) Le aziende hi-tech stanno aprendo filiali in Ucraina, incentivate dal governo Zelensky, per creare i cervelli elettronici dei robot killer e sperimentarle subito in azione: il rodaggio quasi a Km zero”.

De Feo ci rivela che i dibattiti tra esperti sul ruolo dei tank o dell’artiglieria sono secondari: i Leopard 2 mandati al massacro nei campi di girasole e persino i droni solitari lanciati su Mosca apparterrebbero al passato.  L’interesse sarebbe focalizzato sull’individuare i veri protagonisti delle battaglie, quelli che sono destinati a cambiare i rapporti di forza negli anni a venire.

Per quanto riguarda le armi elettromagnetiche, si prende atto della loro capacità devastante di oscurare radar e radio, di infiltrarsi nelle comunicazioni, di spegnere i comandi dei droni, di azzerare le coordinate GPS che guidano i missili.

” Strumenti che l’Occidente considerava utili per aerei e navi mentre i russi li impiegano in larga scala nelle operazioni dell’esercito: ne hanno schierato uno ogni 2 km di fronte. Comprendere quanto stiano condizionando gli scontri e inventare contromisure è diventato vitale per la NATO ma lo è altrettanto per la Cina.

Poi vi sono i droni kamizake.

” Hanno rivoluzionato le regole della balistica rimaste in vigore dall’esordio della polvere da sparo, perché l’uomo non deve aspettare di trovare il bersaglio per tirare il grilletto e non ha bisogno di esporsi: può restare nascosto e controllare la situazione su una console o uno smartphone, limitandosi a spingere un tasto per colpire.

L’evoluzione di queste armi ci porta in piena fantascienza: il loro controllo affidato all’intelligenza artificiale.

 “(Questo dominio dell’AI) concretizza l’arma finale che non avrà bisogno degli esseri umani: una volta indicato il bersaglio, le macchine agiranno da sole e in squadra, scambiando informazioni tra loro e sincronizzando le manovre per portare a termine la missione. Erich Schmidt, l’ex boss di Google, ha scritto senza mezzi termini: “Il futuro della guerra sono gli sciami di droni dotati di AI.”

Il domani è carico di interrogativi perché l’AI è senza regole e senza limiti. Henry Kissinger, il Gran Maestro della geopolitica “realistica”, ha appena scritto un libro sull’argomento, manifestando, da egemone serio quale è, serie preoccupazioni. La rivoluzione tecnologica non guidata potrebbe condurre a imprevedibili esiti negativi, nel senso di poteri oppressivi e ingiusti. Bisogna, insomma, anche a suo parere, ed è tutto dire!  mettere ora dei paletti, prima che sia troppo tardi e ci si consegni alla volontà arbitraria determinata dall’intreccio tra grandi poteri statali e grandi oligopoli privati.

Comunque, è opportuno ricordare che il segretario generale dell’ONU, Guterres, invita a firmare entro il 2026 un trattato internazionale contro le armi autonome

“Le macchine che hanno il potere e la discrezionalità di uccidere esseri umani sono politicamente inaccettabili, moralmente ripugnanti e dovrebbero essere vietate dalla legge internazionale”, proclama Guterres, per sottolineare i problemi umanitari, legali, di sicurezza ed etici posti dai robot killer.

Esiste una campagna internazionale pacifista, STOP KILLER ROBOTS, mirante alla creazione di una norma internazionale che sancisca per sempre l’obbligo di un controllo umano significativo sull’uso della forza e quindi il divieto di sviluppare, produrre e usare armi guidate in autonomia dall'intelligenza artificiale.

Le grandi potenze sono già impegnate in una corsa alla militarizzazione dell’AI e questa coinvolge persino il nocciolo duro della forza armata costituito dalla deterrenza nucleare.

Vladimir Putin ha affermato che chi diventerà leader nel campo dell’AI sarà il padrone del mondo. Il piano del Consiglio di Stato cinese per lo sviluppo dell’AI ne auspica un impiego diffuso per l’innovazione della difesa nazionale. E il rapporto della Commissione sull’IA per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti (NSCAI), pubblicato nel 2021, dà per scontato che l’AI sarà utilizzata in modo capillare nella condotta delle operazioni belliche. Per quanto riguarda le armi nucleari, la Commissione NSCAI raccomanda di utilizzare l’AI al fine di migliorare il rilevamento precoce (early warning) di missili armati con testate nucleari e lanciati verso il territorio degli Stati Uniti o dei loro alleati (a p. 104, nota 22, dello stesso rapporto). È necessario essere consapevoli dei nuovi rischi che emergono utilizzando l’AI per l’early warning nucleare. A cominciare dalla possibilità che un sistema dell’AI segnali un falso allarme di attacco nucleare. Non avremmo, in questo caso, un colonnello Petrov dell’Armata Rossa, che, come nel 1983, possa, con ragionamenti elementari di buon senso, mettere una toppa alla situazione...

Il 26 settembre è la giornata ONU contro le armi nucleari. È appunto la data in cui, nel 1983, il colonnello sovietico Stanislav Petrov interpretò per falso allarme, come effettivamente era, un attacco missilistico contro Mosca rilevato dai PC del centro di avvistamento che comandava. Si trattava, infatti, di un abbaglio del sole riflesso dalle nuvole; e il mondo così fu salvato permettendo a noi tutti di continuare a convivere ignavi e noncuranti con la follia nucleare…

Il punto sulla situazione militare

Il Corriere della Sera del 14 agosto, a pagina 14, propone, nella sezione esteri, il servizio dell’inviato Lorenzo Cremonesi, che stavolta dà notizia di millimetriche avanzate dell’esercito ucraino a Sud. Vi sarebbero notizie positive per gli ucraini anche dall’area di Kozachi Laheri, sulla riiva sinistra del Dnipro, dove agiscono i commandos con piccole operazioni anfibie. A Est prosegue la battaglia su due punti: a Bakhmut la resistenza insiste con le sue unità; a Kupiansk l’iniziativa è dei russi.

Titolo: Pioggia di bombe sull’Ucraina. A Kherson è una strage di civili

Sottotitolo: Morti anche due bambini, uno di 23 giorni. La resistenza compie piccoli passi avanti nel Sud

Le truppe di occupazione (russe – ndr) non hanno bisogno di nessun pretesto per sparare indiscriminatamente su obiettivi civili. Lo fanno sin dall’inizio della guerra 18 mesi fa. E sulla regione di Kherson con particolare accanimento (…) (Nella zona a Sud di Zaporizhja) sembra che le truppe ucraine siano avanzate ulteriormente verso Melitopol. Si tratta di movimenti relativamente limitati, ma per i comandi di Kiev rappresentano passi avanti nel contesto della controffensiva partita a inizio giugno e volta a liberare tutti i territori occupati dai russi non solo da febbraio 2022, ma anche dal 2014. Il governo Zelensky sta facendo pressione sugli alleati della NATO per ottenere i caccia F-16, missili a lunga gittata e artiglieria pesante”.

La Repubblica, a pagina 15, lo abbiamo già segnalato, con Gianluca Di Feo, analizza l’Ucraina come “Un laboratorio per testare nuove armi, Come la Spagna nel ‘36

Sottotitolo: All’epoca le potenze fallirono nell’analisi dei dati. Oggi c’è una certezza: il futuro è dei droni guidati dall’intelligenza artificiale.

Il Domani in prima pagina apre con questo titolone: “Fango e libri, i nuovi fronti della guerra”.

Occhiello: IN UCRAINA È BATTAGLIA CONTRO LA LINGUA RUSSA: VOLUMI AL MACERO E CORSI DI RECUPERO

Sottotitolo: La controffensiva di Kiev non sfonda, e presto arriveranno la pioggia e il fango a rallentarla. Zelensky vuole l’escalation, ma gli alleati frenano.

È un richiamo agli articoli che BIBUS e DE LUCA scrivono alle pagine 2 e 3

“Ieri l’esercito russo ha bombardato Kherson provocando 7 vittime, tra cui un neonato, mentre droni di Kiev hanno colpito la Crimea. «Sono 500 i bambini ucraini uccisi finora», spiegano fonti del governo di Zelensky, la cui controffensiva partita mesi fa anche ad agosto ha dato meno frutti di quello che i vertici militari si aspettavano. Il timore adesso è che l’intensità dell’attacco diminuisca ancora, mentre è in arrivo la stagione delle piogge, che allagherà i campi di battaglia. Il fango favorisce chi difende, in questa fase, dunque, l’esercito di Putin. Alcuni consiglieri militari chiedono al presidente ucraino, nel caso la controffensiva fallisca, di puntare a un’escalation sia via terra sia via mare, ma molti in occidente premono al contrario, dovesse continuare lo stallo, per un vero negoziato di pace. Intanto in Ucraina è guerra alla lingua russa: molti librai mettono i volumi al macero, mentre le autorità organizzano corsi di recupero per i russofoni”.

Il Domani a pagina 3, articolo già segnalato di Davide Maria De Luca

Titolo: La controffensiva di Kiev si va spegnendo. Il piano B è nelle mani del generale Fango

Occhiello: IERI I RUSSI HANNO BOMBARDATO KHERSON: 7 MORTI. «FINORA UCCISI 500 BAMBINI UCRAINI»

Sottotitolo: Gli alleati sono sempre più scettici sulle possibilità di uno sfondamento prima di ottobre, quando arriverà il periodo delle piogge. Se non ci sarà una vittoria, gli ucraini minacciano un’escalation per aria e per mare. Ma molti in occidente premono per un negoziato

"Anche se il generale fango dovesse rivelarsi più clemente che in passato, la famigerata controffensiva ucraina ha comunque le settimane contate, con le riserve di uomini e munizioni che si stanno esaurendo giorno dopo giorno. (...) Se non hanno ottenuto uno sfondamento in due mesi, che possibilità ci sono che riescano a rompere le linee russe con forze indebolite?», si domandava un alto funzionario di un paese NATO interpellato pochi giorni fa da CNN. (...) Ma Kiev ha già pronto un piano B di cui queste settimane ha mostrato un’anteprima: una guerra totale, per aria per mare, contro le città russe e la navigazione nel Mar Nero, nella speranza che la pressione indiretta riesca dove gli attacchi frontali fino ad ora hanno fallito. (...) Nelle ultime settimane, gli attacchi sul territorio russo e sulle regioni occupate con droni e sabotatori sono divenuti quotidiani. Sabato, 20 droni ucraini hanno attaccato la Crimea, seguiti da altri 17 droni nella giornata di domenica. Altri droni sono stati abbattuti sulla regione di Belgorod, mentre Mosca viene ormai attaccata ogni settimana. Kiev ha anche dichiarato che tutte le navi dirette ai porti russi sul Mar Nero sono ora considerate un legittimo bersaglio militare. Nell’ultima settimana una petroliera e un trasporto truppe sono stati danneggiati dai droni marini ucraini. Da questi porti passa circa il 10 per cento delle esportazioni di petrolio russo e bloccare o limitare questo traffico sarebbe per Mosca un grave colpo. Rimane da vedere come il Cremlino reagirà a questa potenziale escalation."

Il punto sulla situazione diplomatica, geopolitica e geoeconomica

Sul Fatto Quotidiano del 14 agosto, in prima pagina, c’è il richiamo al servizio che sarà sviluppato nella sezione economica sugli “Affari bellici in Ucraina”.

Il Paese va all’asta su internet. Si riapre la (s)vendita dei beni pubblici: fabbriche, porti, palazzi, tutto su un sito tipo eBay. Intanto si prepara il dopo: meno diritti ai lavoratori e carezze ai capitali esteri.

Se ne occupa Alessandro Bonetti alle pagine 10 e 11.

Titolo: “Venghino, siori, venghino”. L’Ucraina va all’asta (online)

Sottotitolo: Privatizzazioni. Si riapre la (s)vendita pure dei beni pubblici più importanti: fabbriche, palazzi, tralicci su un sito modello “eBay”

Come insegna l’esperienza degli Stati Uniti fra 1941 e 1945, in guerra anche i governi liberali “militarizzano” l’economia. La ragione è semplice: tutte le risorse devono essere mobilitate verso lo sforzo bellico in modo coordinato. Stupisce, dunque, ciò che accade in Ucraina, dove il governo, nonostante la guerra, ha continuato indefesso le sue politiche pro-mercato. Fra queste c’è un nuovo piano di privatizzazioni, con l’obiettivo di “attrarre e rassicurare gli investitori internazionali (…) Con le privatizzazioni il governo spera anche di racimolare fondi per sostenere le spese militari. Dall’inizio dell’anno ha ricavato circa 50 milioni di dollari e prevede di arrivare a 162: a confronto col deficit previsto dal governo si tratta di un misero 0,43% del totale (38 miliardi) e l’incasso pesa ancor meno paragonato alle spese belliche (0,36%, 45 miliardi).(…) Come spiega al FATTO David Dalton, economista e autore del libro L’oligarchia ucraina dopo Euromaidan, “dopo l’indipendenza nel 1991, l’Ucraina è stata dominata da reti politico -criminali ”. Per Dalton, “ciò ha condotto a meno concorrenza e meno sviluppo (contrariamente alla propaganda dei privatizzatori). Ci sono state diverse fasi, ma gli schemi usuali per estrarre le rendite non sono cambiati.(…) Con la nuova legge è stato predisposto un sito apposito (privatization.gov.ua ), disponibile anche in inglese e gestito dal Fondo del demanio. Da allora, sul sito si possono esplorare le proprietà in vendita, come se si fosse su Amazon o Ebay. (…) NUOVE LEGGI e trasparenza: sembrerebbe un passo avanti rispetto alle modalità banditesche degli anni Novanta. In realtà, però, restano molte ombre, espresse plasticamente dalle vicende di Dmytro Sennyche nko, ex presidente del Fondo del demanio.(…).

Sul Corriere della Sera del 14 agosto a pagina 16 Massimo Gaggi riferisce su “La quarta incriminazione incombe su Trump (e lui vola nei sondaggi)”.

Sottotitolo: Attesa per la decisione in Georgia

Vi è una piccola scheda sui procedimenti di cui è oggetto l’ex presidente USA. Le interferenze in Georgia; l’insurrezione del 6 gennaio; i pagamenti alla pornostar; i documenti classificati

Mentre eventuali condanne federali potrebbero essere autoperdonate dallo stesso Trump una volta eletto(o condonate da un altro presidente), le pene inflitte a livello statale non rientrano nei poteri di grazia della Casa Bianca. (…) Fin qui i sondaggi hanno indicato una continua crescita dei consensi per Trump man mano che l’offensiva contro di lui si è intensificata.

La Repubblica si occupa della sfida nel Mar Nero con un articolo di Paolo Brera a pagina 14. Gli aspetti militari sono collegati ad una partita economica decisiva

Titolo: Pioggia Escalation nella guerra del grano. Spari russi su un mercante turco
Sottotitolo: La nave era diretta a Izmail. È la prima volta che si passa dalle minacce alle raffiche da quando è saltato l’accordo. Secondo Mosca si è trattato di un avvertimento verso l’imbarcazione che non si sarebbe fermata a un controllo

L’incidente è avvenuto a poche miglia dalle acque territoriali turche (…). Il contesto è quello nato alla fine dell’accordo sui corridoi del grano. (…) Sotto il tavolo militare si gioca una partita economica decisiva.”

Su La Stampa inchiesta sulla Wagner a cura di Letizia Tortello alle pagine 12 e 13.

Titolo: Wagner il Contropotere

Sottotitolo: Ha sfidato Putin ed è sopravvissuto, gli hanno tagliato i fondi ma ha risorse enormi. Prigozhin conta su un impero personale, fatto di business opachi e blitz coloniali

A pagina 13 una intervista al generale Petraeus di Francesco Semprini da New York

Titolo: “La controffensiva è solo all’inizio. Putin capirà che non può vincere”

Sottotitolo: Il generale americano che ha guidato le campagne in Iraq e Afghanistan: “Serve pazienza gli ucraini hanno avuto molte armi, ma a volte in ritardo, gli attacchi in Russia sono utili”

"La controffensiva ucraina deve fare i conti con la pronunciata abilità mostrata dai russi in fase difensiva, le operazioni dureranno per tutto l’autunno e se necessario anche per l’inizio dell’inverno, ma alla fine Kiev convincerà sul campo Vladimir Putin che questa guerra non è più sostenibile per Mosca. Gli attacchi nei territori russi o occupati dai russi sono cruciali per gli sforzi delle forze ucraine (...) A parlare è David H. Petraeus, generale dell’Esercito Usa, veterano di guerra e già direttore della Cia (...) È corretto osservare che Kiev non ha il vantaggio di 3 a 1 normalmente considerato necessario per condurre con successo operazioni offensive, soprattutto se il nemico ha stabilito solide difese come hanno fatto i russi. Di conseguenza, l'Ucraina dovrà ammassare forze in luoghi chiave per nell’effettuare operazioni offensive, assottigliandole in altre aree non chiave, secondo il principio di “economia della forza”». (...) Gli Stati Uniti, la NATO e i Paesi occidentali hanno fornito quantità sbalorditi[1]ve di armi, munizioni, materiale e addestramento. Detto questo, sono uno dei tanti a cui sarebbe piaciuto vedere certe decisioni prese prima (carri armati, sistemi di razzi a lancio multiplo, munizioni a lungo raggio per i lanciarazzi, F-16).E vorrei che ciò accadesse d’ora in avanti ad esempio per i missili a lungo raggio, l’addestramento, gli F-16 e droni più sofisticati. (...) Credo sia nell'interesse nazionale di ogni membro della NATO, Paese europeo e nazione occidentale fare tutto il possibile per aiutare Kiev a raggiungere i successi sul campo di battaglia in modo che Putin si convinca, una volta per tutte, che non sarà in grado di far soffrire ucraini, europei e americani. E dimostrargli che la guerra non è più sostenibile per la Russia così come accadde con l’Afghanistan per l’Urss. Solo quando il Cremlino riconoscerà questa realtà ci sarà la possibilità di un accordo negoziato che possa porre fine al conflitto in Europa».

 

Notizie sulle mobilitazioni e prese di posizione ecopacifiste

TERZA Assemblea Plenaria dell’Osservatorio contro la Militarizzazione delle scuole.

Il 30 Agosto 2023 alle ore 17.15 l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole si è dato appuntamento online sulla piattaforma zoom per proseguire il lavoro collettivo già cominciato.

Dopo la seconda assemblea nazionale online, svoltasi il 4 luglio, i gruppi di lavoro in cui si è strutturato l’osservatorio hanno prodotto materiale e proposto iniziative che possano essere da argine alla progressiva e martellante militarizzazione della società civile, a partire da quanto avviene nella scuola e nell'università.

Numerose sono le attività a cui vorremmo dar gambe: dagli strumenti che possono essere utilizzati quotidianamente, come il “Vademecum contro la militarizzazione delle scuole” alle campagne puntuali come la “petizione con richiesta di dimissioni dei rettori dal Comitato scientifico della fondazione Med Or”, dall’organizzazione di momenti di approfondimento come convegni e corsi di formazione ai momenti di mobilitazione e sensibilizzazione  come quello previsto per il 4 novembre.

Per questo sono necessari un’ampia partecipazione e il contributo di ciascuno per un’ efficace azione collettiva.

L’assemblea è aperta a tutti e a tutte, cittadine, cittadini, studentesse, studenti, docenti, formatori e formatrici, anche a nome di associazioni, e si prefigge l’obiettivo di portare avanti le iniziative nel prossimo anno scolastico.

 

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13 agosto 2023

Gli americani stessi cominciano a stancarsi degli aiuti militari all’Ucraina

Considerazioni di Alfonso Navarra a partire da una rassegna stampa del 13 agosto 2023

L’opinione pubblica internazionale si dimostra sempre più stanca di guerra, ma l’idea della pace resta ancora una chimera, nonostante la diplomazia stia facendo qualche mossa dalla portata che ritengo niente affatto sottovalutabile.

Una scossa proviene dall’atteggiamento degli americani secondo un sondaggio della CNN: il 55% dice no armi a Kiev. Persino loro, quindi, non considerano favorevolmente la dispendiosità dell’aiuto militare fornito dal loro Paese all’Ucraina tanto che deputati repubblicani hanno chiesto ufficialmente al presidente Biden di ritirare l’ultimo pacchetto di aiuti per complessivi 40 miliardi (di cui 13 militari).

I disarmisti esigenti privilegiano con cognizione di causa uno scenario alla Limes (Lucio Caracciolo ci insiste ad esempio nell’editoriale sul numero dedicato a “Russia o non Russia”): la tregua armata si va avvicinando, se ne comincerà a parlare da novembre con la “stagione del fango” (i mezzi corazzati non potranno più muoversi); non è realistico indicare invece una prospettiva di “guerra infinita” sul modello afghano.

Quindi si deve parlare di pace “possibile”, non di pace “giusta”, cioè di una tregua con garanzie perlomeno NATO e cinesi (e noi speriamo anche BIS, Brasile India Sudafrica per dare un ruolo non notarile all’ONU), su controlli che impediscano di usare il cessate il fuoco per preparare nuove e ancora più sanguinose offensive.

La società Ucraina non è in grado di reggere a lungo questo stress di una grande guerra guerreggiata. E nemmeno quella russa.  Qui non siamo di fronte a una guerra asimmetrica, che so, a una guerriglia combattuta sulle montagne contro una occupazione straniera. Questo è uno scontro tra grandi eserciti tipo Prima guerra mondiale al netto degli sviluppi tecnologici delle armi. (Si spara con i cannoni e si usano anche i droni, ma il significato strategico è lo stesso). Di fatti, in questo conflitto, le trincee sono state riesumate assieme alla guerra di trincea. Si fa sempre più chiaro ed evidente, quasi ufficiale, l'obiettivo americano di arrivare a una tregua armata prima delle presidenziali del 2024. Ai bollenti spiriti della élite nazionalista Ucraina si lascia la possibilità, che appare sempre più flebile, di riconquistare sul terreno il Donbass entro questo novembre.  Poi si passa all’incasso, del resto, in buona parte già riscosso: rilancio della NATO, rottura dell’asse economico ed energetico russo-tedesco, aumento delle spese militari, business della ricostruzione. Consiglierei di riflettere su questo licenziamento dei reclutatori da parte di Zelensky: un fatto non da poco, indicativo di difficoltà e di pressioni che sta cominciando a subire dai suoi alleati che, a mio parere, si riveleranno sempre più padroni...

Mi sembra interessante citare Lorenzo Cremonesi che sul Corriere della Sera del 13 agosto dà la sua spiegazione su questo fatto clamoroso della cacciata da parte di Zelenky dei reclutatori regionali dell’ esercito ucraino, accusati di corruzione.

Titolo dell’articolo, pubblicato a pagina 10: Corruzione, epurazioni e nervosismo: Zelensky in cerca di consensi interni

Sottotitolo: Il presidente prova a risollevare il morale ucraino. Ma si preannuncia un inverno duro

Scrive Cremonesi

“… Le recenti perdite di soldati in Ucraina rendono più acuta la necessità del ricambio delle unità in prima linea….Zelensky si rivolge dunque ai veterani, agli invalidi , promettendo loro giustizia"

…Zelensky avrebbe detto “ I prossimi capi degli uffici di reclutamento saranno coloro che sono già stati in guerra  o non possono più stare in trincea perché hanno perso la salute, sono invalidi, senza arti, ma hanno conservato la dignità di combattere la corruzione…

Andiamo all’attacco del pezzo:

Sono momenti d’incertezza per l’Ucraina al diciottesimo mese di resistenza contro l’invasione russa. Volodymyr Zelensky si vede costretto a rilanciare il morale della sua gente e rafforzare il consenso interno. I motivi sono sotto gli occhi di tutti: la tanto attesa controffensiva per scacciare i nemici procede troppo lentamente, s’avvicinano le piogge autunnali, l’economia boccheggia, i militari già prevedono gli attacchi missilistici russi sulle linee elettriche e un secondo inverno al gelo. Soprattutto, non si vedono vie d’uscita negoziali, l’anno prossimo gli americani andranno alle urne e l’eventualità che Donald Trump possa vincere non è da sottovalutare, comunque il fronte Nato rischia di essere distratto. (…) Si spiega così la scelta «indubbiamente populista, anche se molto popolare» del presidente di licenziare i capi dei 24 distretti militari incaricati di reclutare le nuove leve dopo le rivelazioni da parte della stampa locale di un giro di mazzette milionarie. (...) Per Zelensky si tratta adesso di rimodellare la sua politica interna che sappia rispondere alle domande del Paese in difficoltà (e con un diffuso senso di delusione rispetto alla controffensiva arenata – ndr). Tema tabù in pubblico per gli ufficiali del governo, ma di cui tanti sono ben consapevoli, è quello della tenuta dell’unità interna nel caso si dovesse cominciare a trattare l’eventualità di un compromesso territoriale con la Russia. (…) I notisti politici non vedono alternative alla vittoria militare contro un nemico che ha il progetto ultimo dell’annullamento dell’Ucraina. Eppure, proprio l’eventualità che in autunno crescano le pressioni internazionali per l’avvio di negoziati induce Zelensky a cercare consensi. Il futuro resta tutto in salita e il presidente necessita del massimo sostegno possibile.

Questa congiuntura spiega – ritengo - la stretta repressiva che osserviamo manifestarsi contro gli obiettori di coscienza ucraini.

In questi giorni l’obiettore nonviolento ucraino di Yurii Sheliazhenko è stato interrogato dalla polizia ucraina, sono stati sequestrati il suo pc e cellulare e sono stati richiesti per lui gli arresti domiciliari.

Le accuse non sono però relative a comportamenti nuovi e recenti di Yurii, ma a tutto quello che ha fatto negli ultimi due anni… Ma - ripeto - non deve affatto sorprendere la mano dura proprio in questo momento.

Possiamo osservare che negli ultimi anni gli eserciti composti da volontari professionisti e l’entrata in scena di milizie private, formate da mercenari o estremisti religiosi, avevano messo in ombra lo strumento dell’obiezione di coscienza al servizio militare come strumento efficace contro le guerre.

La guerra tra Russia e Ucraina, esplosa con l’invasione russa di febbraio 2022, ma frutto di un conflitto che dura ormai da quasi dieci anni, ha rimesso al centro l'obiezione alla partecipazione alle guerre in tutte le sue declinazioni: al servizio militare, alle spese militari, alla produzione bellica, alle banche armate…

Ieri, 12 agosto, avevo riferito in questi “Diari di fine guerra”, del battibecco del Manifesto contro Paolo Hutter, che nega l’esistenza in Ucraina di un fenomeno di renitenza o diserzione di massa. Per Hutter sarebbero molti di più i giovani che si presentano volontari all’arruolamento.

Una volta tanto il “giornale comunista” ha risposto (firme di Andrea Sceresini, Giuseppe Borrello e Matteo Delbò) riconoscendo che il fenomeno se non è generalizzato nemmeno va considerato marginale. Chi scappa o si nasconde per non indossare la divisa non è forse ideologicamente pacifista, ma legittimamente non vuole rischiare la pelle.

Pensiamoci su: è in contraddizione con il rifiuto del militarismo, nazionale e transnazionale, insediato più vicino ai luoghi in cui viviamo,  sostenere come società civile, con obiettivi universali – ad esempio il diritto all’obiezione di coscienza - la dissidenza russa, specialmente quella pacifista, quella guidata dalle madri pacifiste (che sono una piccola potenza)?

È singolare, comunque, che i pacifisti “antiamericani” qui in Italia abbiano trovato il loro leader nell’amerikano Kennedy, membro della famiglia che con il suo presidente ha avuto il “merito” (si fa per dire) di avere iniziato la guerra nel Vietnam…

Il pacifismo intransigente, esigente, “rivoluzionario” (con i corollari dell’assistenza ai disertori ecc. ecc.) è una parte importante di un futuro ipotetico movimento di massa, ma sono anche consapevole che non può includere tutto il movimento. Se poi si tratta di promuovere un “partito della pace”, occorre integrare l’ecopacifismo con una prospettiva “più aggregante”, più larga e più capace di coinvolgere anche altre fasce di opinione pubblica.

 

Il punto sulla situazione militare

Il Fatto Quotidiano del 13 agosto, a pagina 15, propone, nella sezione esteri, un intervento di Alessandro Orsini, che affronta la notizia dell’avanzata dell’esercito russo a Nord-Est

Titolo: Controffensiva affondata se Kupiansk sarà dei russi

L’eventuale conquista (russa - ndr) di Kupiansk decreterebbe il fallimento ufficiale della controffensiva ucraina giacché la controffensiva è un tipo di azione militare che capovolge i rapporti di forza in favore del difensore. Di questo ribaltamento non c’è traccia. (…) La mia tesi è che la Russia punti a Kupiansk con l’intenzione di annettere tutto l’oblast per mettere in sicurezza il territorio nazionale. Devo chiarire questo punto per mettere a fuoco le gravissime responsabilità del blocco occidentale nella tragedia ucraina. All’inizio della guerra, la Russia aveva bisogno di assorbire il Donbass. Ma poi la regione di Kharkiv è stata usata per colpire la città russa di Belgorod e adesso la razionalità strategica impone alla Russia di occupare tutto l’oblast. (…) Dopo la caduta di Bakhmut, sono crollati i tre pilastri della propaganda occidentale che riassumo come segue: i russi sono allo sbando, odiano Putin e stanno per andare in bancarotta.  

Il punto sulla situazione diplomatica, geopolitica e geoeconomica

Su Avvenire del 13 agosto la prima pagina è dedicata agli “Arruolati in Borsa”. Il fatto analizzato è che “l’impegno bellico in Ucraina renderebbe «immorali» le scelte di sostenibilità Esg degli impieghi”.

L’inchiesta è di Angela Napoletano. ed è ampiamente sviluppata a pagina 3.

Quello che segue è il richiamo in prima pagina:

Con la guerra tra Russia e Ucraina che infuria alle porte dell’Europa è «perverso» che gli investitori che applicano criteri di sostenibilità continuino a evitare il settore della Difesa. È quello che due sottosegretari del governo britannico, Andrew Griffith e James Cartlidge, con delega, rispettivamente, ai servizi finanziari e agli appalti militari, hanno scritto in una lettera al “Mail on Sunday” del 1° agosto. Un’uscita estemporanea? Non proprio. L’attacco dei due deputati Tory è la coda delle polemiche innescate dalla decisione della banca Coutts di chiudere il contro di Nigel Farage, il leader brexiteer della destra oltranzista”.

Alessandro Bonini in terza pagina scrive un pezzo che documenta come, in tutte le grandi Borse, continui la corsa dell’industria bellica.

QUI LA SINTESI DEGLI ARTICOLI DI NAPOLETANO E BONINI

Il Fatto Quotidiano del 13 agosto riferisce sull’umore degli americani che sta cambiando verso la guerra in Ucraina.

Titolo: Che guai per Biden: il 55% contrario alle armi a Kiev

“(Un sondaggio della CNN) rileva che il 55% dell’elettorato è contrario al via libera del Congresso per ulteriori finanziamenti all’Ucraina. Considerando che il presidente Joe Biden ha appena chiesto altri 13 miliardi in armamenti e otto in aiuti economici per Kiev lo sprint verso le elezioni del novembre 2024 diventa un campo minato per l’attuale inquilino della Casa Bianca. (…) (Il Partito Repubblicano) al Congresso sta cominciando ad ascoltare Trump, perché il 71% del loro elettorato è dalla parte dell’ex presidente nell’opporsi a nuovi invii di armi e aiuti economici a Zelensky. Ma anche l’82% degli elettori democratici si dice preoccupato che la guerra nell’Est europeo possa continuare ancora troppo a lungo.

Avvenire riferisce sulla sfida dei repubblicani a Biden: “Ritiri la richiesta di armamenti”.

«Gli americani sono stanchi di finanziare infinite guerre per procura. Oggi io e i miei colleghi abbiamo inviato una lettera chiedendo al presidente Biden di ritirare l’ultimo pacchetto di aiuti fino a quando il Congresso non avrà ricevuto una strategia e una missione complessiva per il coinvolgimento in Ucraina». Così ha scritto su X (ex Twitter) il deputato repubblicano Warren Davidson. Nella lettera, sottoscritta insieme con altri 11 colleghi della Camera dei Rappresentanti, si legge: «Stiamo scrivendo per esprimere la nostra forte opposizione alla Sua più recente richiesta di stanziamenti supplementari di 40 miliardi di dollari, inclusi 24 miliardi per l’Ucraina. Questa richiesta aggrava la spesa in deficit fuori controllo della sua amministrazione e aggira l’accordo bipartisan sul tetto del debito». Gli americani – si legge ancora nella missiva – sono «stanchi di finanziare guerre infinite e vogliono politiche che non solo aiutino a ripristinare la sanità fiscale a Washington, ma mettano anche l’America e i cittadini americani al primo posto».

Notizie sulle mobilitazioni e prese di posizione ecopacifiste

Il Manifesto del 13 agosto a pagina 7 fa intervistare Carola Rackete.

da Giansandro Merli a

Titolo: «La transizione ecologica devono pagarla i ricchi»

Sottotitolo: TIPE SINISTRE. La ex capitana della SeaWatch 3 si candiderà alle europee con la Linke: «Verdi e Spd trascurano la questione sociale e così fanno il gioco dell’estrema destra. Agli attivisti dico: battiamoci nelle strade senza sottovalutare il voto. I movimenti sono come ecosistemi, richiedono ruoli diversi»

 

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12 agosto 2023

Sull’Ucraina l’opinione pubblica internazionale non vede la pace dietro l’angolo. Ma si stancherà della guerra

Considerazioni di Alfonso Navarra a partire da una rassegna stampa del 12 agosto 2023

Sul campo della guerra in Ucraina si registra un sostanziale stallo ma continuano a fioccare con desolante monotonia i morti, missile di qua e drone di là, con la stessa capitale della Russia, Mosca, divenuta bersaglio: la pace per l’opinione pubblica internazionale resta ancora un miraggio, nonostante la diplomazia stia facendo qualche mossa dalla portata che ritengo niente affatto sottovalutabile.

Il Manifesto del 12 agosto a pagina 9, nella sezione internazionale, pubblica un articolo dal tono pessimista firmato da Sabato Angieri

Titolo: Estate di missili e droni, pace lontana

Sottotitolo: I russi colpiscono Kiev, gli ucraini colpiscono Mosca. Da Biden altri 24 miliardi di aiuti ma nessun dialogo

IL VICE CAPO del Consiglio di sicurezza russo Medvedev ha dichiarato che «la resa (ucraina) potrebbe spianare la strada alla pace» e ha definito la controffensiva ucraina un «macello dove muoiono migliaia di sfortunati». Fermo restando che a Medvedev non importa nulla né dei soldati ucraini né dei propri e che lo stesso funzionario invita all’uso della bomba atomica a giorni alterni, prendiamo spunto dalle sue parole. I vertici russi si sono ormai convinti che l’esercito ucraino non ce la farà a sfondare, almeno per ora. E così riorganizzano le truppe nell'Est, nell'area di Kupiansk. (...) IN TALE CONTESTO servono a poco gli annunci della viceministra della difesa ucraina, che continua a pubblicizzare guadagni territoriali «verso Bakhmut» e parla di 44mila kmq liberati da giugno. (…) Dopo Gedda ci si aspettava almeno una ripresa del ragionamento sui negoziati. Invece nulla. Il presidente statunitense Biden ha dichiarato con malcelata fierezza che «la Nato era in crisi, ma ora è più forte che mai». (...)Parallelamente Biden ha chiesto al congresso altri 40 miliardi di nuove spese urgenti, di cui 24 in aiuti a Kiev.

Un trafiletto (s. ang.) nella stessa pagina riferisce sul repulisti di Zelenski che licenzia i responsabili della leva. Avrebbero preso tangenti da chi vuole evitare il fronte.

Ognuno degli arresti, ampiamente pubblicizzati dal governo ucraino, serve a inviare un segnale alle istituzioni europee che hanno chiaramente indicato nella lotta alla corruzione uno dei punti fermi per l’ingresso di Kiev nell’Unione. Tuttavia, va anche considerato che con la controffensiva che stenta a incidere sull’andamento della guerra e il prevedibile protrarsi delle ostilità, i centri di reclutamento sono vitali per l’Ucraina.”

Il cessate il fuoco e l’avvio dei negoziati possono e debbono avvenire a prescindere dagli esiti dello scontro sul terreno: questo è del tutto ovvio per noi, disarmisti e pacifisti coerenti, facenti capo al polo attrattivo dei Disarmisti esigenti, ed in generale ai gruppi della variegata componente nonviolenta.

Per noi è decisivo lavorare per “prosciugare il fronte” dai combattenti dei due lati che si scontrano. Per questo segnaliamo l’intervento di Paolo Hutter (il Manifesto, 12 agosto 2023, pagina 11), che punta i riflettori sui disertori ucraini, negando però l’esistenza di un fenomeno di renitenza o diserzione di massa. Secondo Hutter, si possono al massimo ipotizzare che 20.000 giovani ucraini siano scappati dall’arruolamento varcando i confini ucraini verso Romania, Moldavia, Slovacchia, Ungheria e Polonia. Per Hutter sarebbero molti di più i giovani che si presentano volontari all’arruolamento.

Una volta tanto il “giornale comunista” risponde (firmano Andrea Sceresini, Giuseppe Borrello e Matteo Delbò) riconoscendo che il fenomeno se non è generalizzato nemmeno va considerato marginale. Chi scappa o si nasconde per non indossare la divisa non è forse ideologicamente pacifista, ma legittimamente non vuole rischiare la pelle.

Se veramente la stragrande maggioranza dei cittadini fosse pronta ad impugnare il fucile, non si capisce per quale ragione le autorità di Kiev avrebbero bisogno di ricorrere regolarmente ad arruolamenti sommari, fermando la gente per strada e trascinandola a forza in caserma. Noi siamo stati più volte in Ucraina fin dal 2014, e ciò che abbiamo registrato - al netto della propaganda ultranazionalista - è una costante disaffezione nei confronti del conflitto, che peraltro si fa sempre più radicale man mano che ci si avvicina ai campi di battaglia". (...) Ciò che sappiamo, è che, mentre in posti come Bakhmut migliaia di ragazzi vengono mandati quotidianamente al massacro, a Kiev c’è chi già sta firmando contratti miliardari per la futura ricostruzione del Paese. Questo anche gli ucraini lo vedono, e giustamente ne traggono le dovute conclusioni. I disertori russi (che a loro volta rappresentano una minoranza della popolazione arruolabile) hanno spesso le medesime argomentazioni dei loro omologhi sull’altro lato del fronte. La domanda è: perché dei primi è lecito parlare e dei secondi no?”.

A dire il vero, bisogna sottolineare che finora il movimento pacifista italiano si è occupato più degli ucraini che dei russi. Avranno influito le maggiori difficoltà logistiche che ad esempio impediscono di organizzare verso Mosca le “carovane” che si dirigono verso Kiev. Ma non si tratta solo di questo. A Roma abbiamo una ambasciata russa in via Gaeta, 5. Domanda: di quante manifestazioni pacifiste è stata fatta oggetto? Si mobilitano solo le comunità ucraine in Italia e quindi si tratta di manifestazioni per il sostegno alla guerra combattuta dal governo ucraino con l’appoggio della NATO. Di iniziative no-war me ne ricordo solo una il 7 ottobre 2022 promossa da Sinistra Anticapitalista e dal PCL. Ogni tanto si inviano lettere agli ambasciatori, forse qualcuna la si consegna a mano, ma oltre non si va.

Pensiamoci su: sostenere come società civile, con obiettivi universali – ad esempio il diritto all’obiezione di coscienza - la dissidenza russa, specialmente quella pacifista, quella guidata dalle madri pacifiste (che sono una piccola potenza), è in contraddizione con il rifiuto del militarismo insediato più vicino ai luoghi in cui viviamo?

Questa reticenza non è in contrasto con lo spirito internazionalista che ci deve guidare (anche se dovrebbe trattarsi di un “nuovo internazionalismo della terrestrità”, cioè, nutrito di coscienza ecologica planetaria), e non offre argomenti a chi ci accusa di “due pesi e due misure nel filoputinismo”?

Quanto all’entusiasmo volontario dei giovani ucraini nell’arruolarsi, più o meno massiccio, o più o meno estorto, sono convinto che farà la fine di quello che accompagna l’inizio di molte guerre che nascono con il sostegno popolare. Si parte gioiosi con la banda che suona alle stazioni dei treni, addobbate a festa.  Sono i convogli che partono carichi di soldati salutati da autorità celebranti e fidanzate ridenti e applaudenti. Sembra si sia diretti verso un viaggio di piacere e poi a poco a poco ci si rende conto che si va non a compiere eroiche gesta sportive (come alle spiagge in cui si gioca a calcetto) ma a marcire nelle trincee in condizioni terribili. Ogni fischio che senti sibilare è quello della granata che può staccarti la testa o straziare orribilmente l’amico acquattato al tuo fianco. Per giorni, per mesi, per anni, arrostendo in estate e gelando in inverno, vegeti nella sporcizia e nella merda in concorrenza con i topi, sempre sotto il continuo stress della morte che può caderti addosso da un momento all’altro. Tutto questo non è compensabile con l’adrenalina che danno i rari momenti dell’assalto, in cui vige la regola del mors tua vita mea e devi tirare fuori tutta l’aggressività bestiale di cui sei capace. Morale della favola, basta che trascorra un po’ il tempo e i veterani che non sono impazziti perdendo del tutto la dimensione umana si rendono conto che una brutta pace è sempre meglio di una bella guerra. I veterani di guerra, scoperta l’acqua calda, diventano i principali incubatori di una nuova leva di attivisti pacifisti…  Ma anche le madri, le mogli e le fidanzate che restano nelle retrovie alla lunga si scocciano e finiscono per non accontentarsi della fortuna di non avere ricevuto (oggi per posta elettronica?) la notizia della morte del proprio caro. Anche se dobbiamo oggi confrontarci con una tendenza progressiva (tra tante altre che ometto di citare per ragioni di brevità): pare che non manchino le ragazze che sarebbero contentissime di vestire i panni del guerriero in prima linea e di potere sparare ed essere sparate…

 

Il punto sulla situazione militare

Il Corriere della Sera del 13 agosto propone, nella sezione esteri, un servizio a firma Lorenzo Cremonesi, che affronta la notizia, che abbiamo già richiamato su Il Manifesto, del licenziamento dei responsabili dei distretti militari accusati di avere intascato mazzette da chi vuole evitare la leva

Titolo: Zelensky caccia tutti i reclutatori

Con il protrarsi della guerra e le difficoltà incontrate dalla controffensiva militare, l’Ucraina vede inevitabilmente scemare l’unità interna e crescere le polemiche contro il governo. Una di queste non è affatto nuova: si tratta dell’accusa di «corruzione», che caratterizza la storia dell’Ucraina indipendente sin dalla sua nascita nel 1991. Si spiega anche così la scelta ieri di Volodymyr Zelensky di tornare ad affrontare il tema di petto e licenziare tutti i responsabili dei distretti militari incaricati di reclutare le nuove leve nell’intero Paese. (…) Da anni la somma minima per evitare il reclutamento era di 5.000 euro e pare che ne avessero beneficiato decine di migliaia di uomini. (...) La rabbia contro gli imboscati è un classico di tutti i conflitti da quando esistono la leva obbligatoria e la legge marziale. Ma le recenti perdite di soldati in Ucraina rendono più acuta la necessità del ricambio delle unità in prima linea: ormai da mesi l’iniziale slancio generoso dei volontari si è esaurito nel bisogno di strutturarsi per combattere nel lungo periodo. Zelensky si rivolge dunque ai veterani, agli invalidi, promettendo loro giustizia. «I prossimi capi degli uffici di reclutamento saranno coloro che sono già stati in guerra o non possono più stare in trincea perché hanno perso la salute, sono invalidi senza arti, ma hanno conservato la dignità di combattere la corruzione», afferma.

Nella successiva pagina 14 abbiamo ancora un reportage di Lorenzo Cremonesi.

Titolo: Tra le vie di Kupiansk, dove i russi provano a sfondare ma gli abitanti non scappano

Sottotitolo: Le autorità di Kiev hanno invitato all’evacuazione 12 mila persone

“Noi siamo venuti ieri da Kharkiv nella zona urbana di Kupiansk dopo che è emerso che l’invito all’evacuazione si rivolge a circa 12.000 persone dai quartieri orientali della cittadina e da 37 villaggi nella regione ormai direttamente minacciata dai russi in avanzata. (...) Proprio su questo settore si stanno concentrando i comandi russi per sfondare la linea del fronte e costringere gli ucraini a distogliere truppe e mezzi dalla loro controffensiva, che da metà giugno sta cercando di avanzare verso il Mare di Azov e la Crimea dal settore meridionale di Zaporizhzia.

 Il punto sulla situazione diplomatica e geopolitica

Sul Domani a pagina 9 il politologo Mario Giro interviene sul caos del Niger.

Sottotitolo dell’articolo: In Africa la tensione rimane alta, dopo che l’Ecowas ha annunciato giovedì il pre-posizionamento di una forza militare Ma sull’intervento aumentano le divisioni

In Niger sale la tensione ma aumenta anche la confusione. Da una parte la regionale  dell’Africa occidentale Ecowas annuncia il pre-posizionamento di una forza di intervento militare; dall’altra   non tutti i leader dell’alleanza sono d’accordo a procedere. (…) Sul tavolo dei leader africani c’è anche l’idea di un blitz per far uscire il presidente deposto Mohamed Bazoum, rinchiuso  nella sua residenza ufficiale  con moglie e figlio ventenne. La sua liberazione è la prima richiesta dell’Ecowas. (…) La Francia si è dichiarata ufficialmente disponibile a condurre o appoggiare l’operazione di commando, mentre Germania e Italia – presenti in Niger con i loro uomini – hanno assunto nei confronti di tutta la situazione un atteggiamento molto più prudente. (…) Dal canto loro gli americani, che hanno molti uomini e un’importante base di droni  utilizzata nella guerra ai jihadisti in tutto il Sahel, stanno dialogando con la giunta, soprattutto attraverso il  generale Moussa Barmou che conoscono bene per essersi formato nel loro Paese. (…) A Niamey tutto si svolge come una partita di poker, con continui rilanci e bluff, senza che sia chiaro chi ha in mano le carte migliori. Certamente il nervosismo sale e si rafforzano le voci di un non completo allineamento di tutti i corpi militari con la giunta.

Su Avvenire a pagina 12, sezione economia e lavoro, uno scenario analizzato da GIOVANNI SCANAGATTA e STEFANO SYLOS LABINI, di UNITELMA SAPIENZA ROMA

Titolo: Tra la guerra e le rinnovate ambizioni dei Brics il dollaro non ritroverà la centralità perduta

Con la dichiarazione di inconvertibilità del dollaro in oro di Nixon nel 1971 il sistema monetario dei paesi occidentali è uscito dalla fase della stabilità per navigare

in mare aperto in balia dei mercati finanziari. (...) Dal 1971 il valore del dollaro ha iniziato a reggersi sulla fiducia del mercato che a sua volta si basava non solo sulla forza economica degli Stati Uniti ma anche sull’egemonia politica e militare di questo Paese all’interno del blocco capitalistico occidentale. Il quadro mondiale muta completamente con la caduta del muro di Berlino nel 1989 e la successiva implosione dell’Unione Sovietica nel 1991. (..) Per un certo periodo la Russia ha portato avanti un ciclo di integrazione economica con l’Europa, soprattutto con la Germania, ma non solo. La Cancelliera Merkel è stata l’artefice di questo movimento che è poi venuto meno. (...) Il dollaro è tuttora la valuta di riserva internazionale e il mezzo monetario più utilizzato nelle transazioni commerciali, specialmente nel settore energetico, ma nel prossimo futuro il quadro dei rapporti valutari potrebbe subire importanti mutamenti. I Brics stanno compiendo tentativi per staccarsi dal giogo del dollaro con regolamenti degli scambi tra le loro aree nella moneta russa, in quella cinese e nella moneta indiana. Esiste poi il pro[1]blema della regolamentazione delle criptovalute che minano la gestione monopolistica e centralizzata della moneta a favore di valute private gestite in modo decentralizzato. (...) Oggi la guerra in Ucraina potrebbe cambiare l’ordine monetario che si è consolidato dal 1971. Infatti, questa guerra non rappresenta solo uno scontro di natura militare per il controllo dei territori ma ha importanti implicazioni sui flussi di energia, sui rapporti commerciali (in primis prodotti alimentari e materie prime) e su quelli finanziari tra paesi creditori e paesi debitori. Altre valute si potrebbero affiancare al dollaro che andrebbe incontro ad un ridimensionamento del suo peso economico e politico. (...) Nel conflitto tra la Russia e l’Ucraina, l’Europa si è schierata senza esitazioni al fianco dell’alleato americano (...) ma ora sta subendo le conseguenze economiche e sociali più negative. L’era del gas russo a basso costo probabilmente è finita per sempre mentre enormi ondate migratorie si stanno riversando nei paesi dell’est Europa. Ma il dramma più grande è che non si vede la fine della guerra mentre continuano a morire decine di migliaia di persone. (...) L’Europa dovrebbe impegnarsi nel senso (del compromesso tra Russia e Ucraiba) con tutte le sue forze. Ma se anche la guerra finisse in tempi brevi nulla tornerà come prima: è molto probabile che il conflitto rappresenti un punto di svolta nelle alleanze geopolitiche e quindi nei rapporti monetari, energetici, commerciali e finanziari a livello mondiale. Per concludere, il dollaro potrebbe iniziare a perdere il ruolo che ha consentito agli Stati Uniti di sostenere un debito commerciale strutturale accanto ad un debito pubblico sempre crescente negli ultimi quaranta anni. Ciò si andrebbe a ripercuotere sulla forza militare e sull’influenza politica del paese che è uscito vincitore dalla seconda guerra mondiale e dalla guerra fredda e le sorti dell’intero pianeta.

 

Notizie sulle mobilitazioni e prese di posizione ecopacifiste

Il Corriere della Sera del 13 agosto a pagina 28 dedicata alle analisi e ai comemnti ospita un editoriale di Dacia Maraini.

Titolo: I TORMENTI DI CHI VUOLE LAPACE

Cosa fare? Per quanto riguarda i colpi di Stato, è legittimo che le forze internazionali intervengano? O per «amore di pace» si decide che le cose vadano per conto loro senza intervenire? (…) L’Ucraina va aiutata con le armi o no? La prepotenza, le ingiustizie, le menzogne, il terrorismo di Stato vanno condannati e combattuti oppure, sempre nel nome giustissimo della pace, si devono lasciare al loro destino? (…) Sono domande cruciali ma anche molto complesse e delicate. (…) Certo conta negativamente il silenzio dell’Onu che fa poco per questa benedetta pace che tutti vogliono ma non sanno come ottenere. (...) Se il grande e importante organismo che rappresenta tutti i Paesi del mondo, basato sulla convivenza pacifica e la giustizia uguale per tutti, disponesse di una Costituzione internazionale che stabilisca alcune regole semplici e civili sul rispetto dell’altro e la libertà, non sarebbe più facile intervenire in nome di una giustizia regolata e riconosciuta dalla maggioranza? (...) (L’autocrate Putin pone un dilemma etico simile a quello che si ebbe nei confronti di Hitler – ndr). Se si diffondesse la domanda di pace, dicono in molti, non si riuscirebbe a calmare il dittatore che agisce da scriteriato ma forse ha qualche interesse a mantenere una buona reputazione? (…) Così come stanno le cose oggi, cosa si può fare? La prima risposta è chiarissima: costruire la pace. Ma se la voglia di vincere da una parte e la voglia di non soccombere dall’altra sono arrivate a un punto di non ritorno come agire? Si può fare a meno delle armi? (…) Ricordo il bellissimo ragionamento, anzi la proposta di Alberto Moravia che diceva: dobbiamo costruire il tabù della guerra e farlo diventare una disposizione istintuale. Così come il tabù dell’incesto è stato alla base della creazione della civiltà, il tabù della guerra sarebbe un secondo importantissimo passo sulla strada di una convivenza pacifica e consapevole. (…) Si tratta di un sogno impossibile? Giustamente Alberto diceva, confortato dalle osservazioni antropologiche di Malinowski: perché no? Come siamo riusciti a reprimere e controllare l’incesto che in natura è ammesso e praticato, perché non dovremmo riuscirci con la guerra?

 


11 agosto 2023

 

I combattimenti armati in Ucraina finiranno presto?

Considerazioni di Alfonso Navarra a partire da una rassegna stampa del 10-11 agosto 2023

Un elemento di valutazione per rispondere alla domanda proposta dal titolo è relativo alle capacità degli eserciti che si confrontano.

La forza armata dei russi è in grado di prevalere in modo evidente, di “vincere”, su quella ucraina, o viceversa? Questa è, appunto, una domanda cruciale da porsi.

È in corso un riequilibrio in favore dell’esercito ucraino, ma è lento e non è chiaro quando accadrà il pareggio o addirittura l’inversione nel rapporto di forze.

Sicuramente non entro questa “stagione delle guerre”, che terminerà a novembre, con le piogge d’autunno che renderanno impossibili gli spostamenti delle truppe corazzate sui terreni fangosi.

Se sul campo si registra un sostanziale stallo è logico pensare che ai contendenti non resti altro di ragionevole che fissare una tregua e aprire il tavolo dei negoziati. Anche se il senso della politica attuata dalle potenze diverge spesso dal buon senso comune.

La posizione americana su questo punto sembra essere chiara: gli USA non vogliono l’escalation, gli effetti “positivi” della guerra dal loro punto di vista si sono già manifestati (ad esempio il ridimensionamento di Putin e il rilancio della NATO e delle spese militari), ma esagerare negli intenti punitivi è, nella loro valutazione, rischioso e distoglie dalla sfida principale, che è quella con la Cina.

È filtrata la notizia dalla stampa libanese (in attesa però di conferme) che stavolta Washington guarderebbe addirittura di buon occhio gli sforzi vaticani per fare incontrare Zelensky e Putin alla COP28 sul clima che comincia a Dubai il 30 novembre prossimo.

Ma, al di là dell’ipersensibilità recettiva del Fatto Quotidiano, che riprende le voci da Beirut, sembra indiscutibilmente importante il processo che si è aperto al vertice di Gedda di inizio agosto. L’idea, accarezzata dagli USA e dal Sud Globale, inclusivo della Cina, è di fare ritirare i russi dal Donbass facendoli restare in Crimea ma in un quadro di accordi globali.

Dovrebbe essere anche interesse geopolitico dell’Europa “fare tacere le armi”, ma ci troviamo di fronte ad una insipienza delle élites particolarmente sconcertante per quello che, ad esempio, riguarda l’abdicazione del ruolo guida da parte della Germania. Dalle capitali europee quindi silenzio assoluto.

Ovviamente per noi disarmisti e pacifisti coerenti, facenti capo al polo attrattivo dei Disarmisti esigenti, ed in generale ai gruppi della variegata componente nonviolenta, il cessate il fuoco e l’avvio dei negoziati può e deve avvenire a prescindere dagli esiti dello scontro sul terreno.

Culturalmente siamo per estendere la logica dell’articolo 11 della Costituzione italiana sia all’ordinamento europeo che all’ONU. Il “ripudio della guerra” deve essere inteso come presa d’atto che “oggi non esistono guerre giuste” (Papa Francesco all’udienza del 18 marzo 2022)  per tre motivi che marcano la differenza con il passato: 1) la potenza tecnologica che amplifica a dismisura la distruttività dell’uso delle armi; 2) l’interdipendenza dei sistemi sociali nella situazione di “villaggio globale” ; 3) l’esperienza dell’efficacia della resistenza nonviolenta (al limite combinabile con forme di lotta armata a bassa intensità tecnologica). La guerra ad alta intensità non può essere concepita come “mezzo di soluzione delle controversie internazionali” anche in caso di “necessaria”, mai “giusta”, opposizione armata ad aggressioni militari in atto. È evidente che il ricorso ad armi potenti e sofisticate oggi danneggia più gli estranei al conflitto (nel caso dell’Ucraina notiamo ad esempio l’aumento dello sterminio per fame in Africa) e la Natura che non i diretti litiganti, invasori o invasi che siano.

L’articolo 11 della nostra Costituzione va proposto e portato avanti come criterio globale anche nel suo secondo comma dove recita che lo Stato non è sovrano assoluto, deve accettare limitazioni di sovranità, in condizioni di parità con gli altri Stati, quando esse siano “finalizzate ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

La sovranità statale conquistata dalle Nazioni è sicuramente importantissima ed è comprensibile che sia particolarmente cara ai popoli del Sud del mondo che hanno conosciuto secoli di oppressione coloniale e stanno cominciando a liberarsene anche nella forma più soft e dissimulata del neocolonialismo. Ma ancora più importante è l’evoluzione in atto dal diritto westfaliano (nato nel 1648) al diritto comunitario degli Stati che si sta sviluppando, anche se tra incoerenze, ambiguità e contraddizioni, con il sistema ONU, nato dopo il trauma della Seconda guerra mondiale.

Non è aspirazione utopica di anime belle, ma concreta realtà storica e politica lo sviluppo dei diritti umani individuati per fini preminenti rispetto agli interessi statali e la loro complessificazione e armonizzazione nel sistema delle Nazioni Unite quale “costituzione del mondo in nuce”.

Al negoziato sulle dispute territoriali in Ucraina dobbiamo arrivarci subito, mettendo tra partentesi i kilometri quadrati conquistati da questa o quella colonna di carri armati, e le ricostruzioni storiche sulle “sacre” identità nazionali.

Premesso ciò, non possiamo negare però la circostanza che proprio l’arenarsi della cosiddetta controffensiva ucraina potrebbe condurre la fase armata del conflitto con i russi a una sospensione e a un armistizio in tempi neanche tanto lontani.

Un’opinione a mio parere interessante che segnalo in questo senso è quella di Alessandro Politi, direttore della NATO Defense College Foundation, docente di geopolitica presso la SIOI: ritiene, appunto, che la guerra in Ucraina potrebbe essere agli sgoccioli. Il motivo fondamentale? Ecco il suo ragionamento: “Kiev ha ricevuto tutti gli aiuti che poteva avere, sia da parte europea e, soprattutto, da parte americana e, poiché la sua controffensiva non ha dato i risultati sperati, sul terreno si è allo stallo, quindi, non resta che mettersi a un tavolo e cercare di disegnare un compromesso che vada bene a entrambe le parti”.

Maddalena Tulanti, di First on line, conversa con Politi sull’impantanamento della guerra e sulla ipotesi di uscirne lasciando ai russi la Crimea.

La controffensiva ucraina fa progressi marginali mentre i russi hanno fatto uno sfondamento importante a nord est. Alla fine, il fronte si è stabilizzato. È accaduto anche perché è vero che gli ucraini hanno ricevuto molte armi, ma è altrettanto vero che spesso esse sono obsolete. A essere onesti, più di un Paese ha colto l’occasione per fare pulizia nei suoi arsenali inviando a Kiev le armi più vecchie per ricomprarne nuove e più performanti. (…)  (L’ipotesi che la guerra continui all’infinito non regge). Gli europei hanno dato il massimo di quello che avevano, gli americani tutto quello che potevano dare per indebolirsi di fronte al rischio più grosso, la Cina. (…) (La Russia non ha vinto). Putin, non dimentichiamolo, voleva far cadere Zelensky e disarmare il paese. Per “denazificarlo”, secondo le sue parole, che tradotto significava metterlo sotto l’orbita di Mosca. (…) Gli ucraini hanno dimostrato di essere tutt’altro che un paese finto. Hanno costretto Putin e il resto del mondo a riconoscerli come uno Stato vero e sono diventati un punto di riferimento per un’area geopolitica importante. (…) Partire dal 2014 non vuol dire cedere territorio, vuol dire essere diventato un interlocutore vero per l’ingombrante vicino. Se gli accordi di Minsk sono falliti è anche perché l’Ucraina è stata considerata da Mosca solo un pedone della Nato e non uno Stato con il quale fare i conti da pari a pari. (…)”.

(Si vada su: https://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/russia-ucraina-la-guerra-potrebbe-essere-alla-fine-perch%C3%A9-sul-campo-kiev-non-ha-sfondato-parla-politi-nato-foundation/ar-AA1f4r2c?ocid=msedgdhp&pc=U531&cvid=99c1345b470a4251947a4a1adb220599&ei=13)

 

Il punto sulla situazione militare

Il generale Tricarico su ADN Kronos ritiene che il tempo lavori per Zelensky.

Le capacità militari di Zelensky aumentano in progressione mentre quelle russe si indeboliscono con pari gradualità. “(…) “Le forze speciali ucraine hanno raggiunto gli standard NATO” (…) (Si stanno irrobustendo) le armi a lunga gittata e alto potenziale quali i missili da crociera Storm Shadow forniti da sua Maestà britannica (…)  Oggi finalmente i piloti ucraini sono in grado di colpire con precisione obiettivi “induriti” e ben protetti anche a distanza considerevole. (…) Certamente la fornitura (…) degli F16 (segnerà una svolta essendo velivoli) praticamente capaci di svolgere ogni tipo di missione''.

(Si vada su: https://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/ucraina-gen-tricarico-il-tempo-lavora-per-zelensky/ar-AA1f5HQ8?ocid=msedgdhp&pc=U531&cvid=07e541b7ec944c518c4afedc10f65d79&ei=11)

Il Manifesto del 10 agosto a pagina 8 ha un articolo a firma Sabato Angieri.

Titolo: L’ultimo strano «incidente»: esplode una fabbrica a Mosca

Sottotitolo: Poco prima intercettati due droni sulla città. Scambio di accuse su attacchi a Zaporizhzhia

Segue trafiletto su “Duemila soldati polacchi al confine bielorusso”.

I combattimenti intorno la centrale nucleare vedono il solito scambio di accuse reciproche.

I media russi hanno scritto che Kiev avrebbe tentato di colpire «l’impianto di stoccaggio del combustibile nucleare esaurito» all’interno della centrale atomica di Energodar occupata dai russi fin dall’inizio del conflitto. Poco prima, tuttavia, diversi canali online avevano riferito di un drone ucraino in avvicinamento verso Energodar abbattuto dalla contraerea russa. Dall’altro lato delle trincee, il capo dell’amministrazione militare regionale della parte di Zaporizhzhia controllata dagli ucraini, Yuriy Malashko, ha accusato l’esercito russo di aver attaccato il suo distretto. Il presidente Zelensky ha riferito di tre morti. “

Fonti governative di Varsavia hanno riferito dei soldati polacchi spediti al confine con la Bielorussia.

Le tensioni nell’area del cosiddetto «corridoio di Suwalki» (la triplice frontiera tra Bielorussia, Polonia e Lituania) hanno riacceso i riflettori su questa piccola porzione di mondo che dal territorio di Minsk porta a Kaliningrad, l’exclave russa sul Mar Baltico. La settimana scorsa le voci sullo spostamento di alcune centinaia di mercenari della Wagner verso il confine aveva provocato vive proteste da parte polacca. “

 Il punto sulla situazione diplomatica

L’ultimo summit, quello di Gedda in Arabia Saudita, tenutosi il 5 e 6 agosto 2023, ha raccolto 40 Paesi, Cina compresa, e – pur tra contrasti non trascurabili – ha registrato l’impegno di tutti gli Stati a far partire colloqui di pace all’insegna dall’integrità del territorio ucraino, nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite. L’interpretazione data di essa è la centralità nel diritto internazionale del principio di sovranità statale.

A Gedda è stata portata la proposta di pace redatta da Zelensky che include il ritiro delle truppe russe da tutta l’Ucraina, un tribunale internazionale per perseguire i crimini di guerra russi e garanzie di sicurezza internazionali per il Paese. La prossima scadenza da attenzionare sarà l’incontro di Putin e di Erdogan in Turchia entro la fine del mese di agosto.

Sul Fatto Quotidiano in prima pagina c’è un rimando a un articolo di Michela Iaccarino a pagina 8: “VERSO IL COP28 A BALI. Il Papa rilancia: “Ora un vertice Putin-Zelensky"

Titolo dell’articolo della Iaccarino: Francesco non si arrende:“Incontro Putin-Zelensky”

Sottotitolo: CON LA MEDIAZIONE DEGLI EMIRATI ARABI Bergoglio ha chiesto di organizzare il faccia a faccia al vertice sul clima di novembre. “Leader della terra ascoltateci”

Papa Francesco chiede aiuto agli sceicchi per organizzare l’incontro impossibile e far sedere allo stesso tavolo i due presidenti di guerra: Putin e Zelensky. (…)  UNA CONFERENZA di pace mondiale potrebbe essere organizzata negli stessi giorni del ventottesimo summit della Cop28, la conferenza internazionale sul clima che si terrà a novembre prossimo e avrà luogo, per la prima volta, a Dubai, nel Golfo Persico.

(Washington addirittura sarebbe d’accordo - ndr). Biden – scrive un quotidiano libanese in lingua francese - L’Orient-Le Jour - (…)  si è detto pronto a fornire ogni sostegno per l’iniziativa di Abu Dhabi. Non abbandona l’ipotesi di un negoziato per mettere fine al conflitto neppure Pechino, scrive l’agenzia statale russa Tass (...)

Dietro le quinte, di concordo con le capitali europee, continua il lavorio del cardinale Parolin e del cardinale Zuppi (che dopo Kiev, Mosca, Washington, visiterà Pechino). (…)

Di queste indiscrezioni del quotidiano libanese riferisce anche il Sole 24 Ore a pagina 10 in un trafiletto dal titolo: “Gli emirati tentano la mediazione”

Su richiesta di Papa Francesco, il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Muhammad ben Zayed, proverà a organizzare un incontro tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky durante la Cop28, la conferenza Onu sul clima, prevista a Dubai a fine anno. (…) Il presidente americano Joe Biden, prosegue il resoconto de L’Orient-Le Jour, sarebbe «al corrente dell’iniziativa e l’ha accolta con favore, dicendosi pronto a fornire tutto il sostegno necessario perché l’incontro raggiunga i suoi obiettivi».

Per Giuseppe Sarcina, sul Corriere della Sera a pagina 10, la formula più promettente non sta in iniziative a latere, è quella pianificata del vertice di Gedda.

Titolo dell’articolo: Oltre la Nato e il G7. Serve replicare il formato saudita per trovare una via d’uscita

La formula di Gedda appare oggi come quella più promettente. Per la prima volta si sono confrontati ad alto livello, in modo riservato e quindi senza remore, gli sponsor più convinti di Zelensky, cioè Stati Uniti ed europei (Italia compresa), i fiancheggiatori di Putin, come la Cina, più un nutrito gruppo di Paesi non ostili al Cremlino, come Brasile, India, Sudafrica (componenti del cosiddetto Brics insieme a Cina e Russia). Tutti hanno riconosciuto come sia irrinunciabile il principio dell’integrità e della sovranità nazionale. (...)

La novità, importante, è che l’iniziativa saudita amplia e consolida un metodo, «un processo» come dicono i diplomatici, che era iniziato nel giugno scorso a Copenaghen (...) . Ci vorrà ancora del tempo: probabilmente il «gruppo di Gedda» potrebbe già riunirsi a margine dell’Assemblea generale dell’Onu, a settembre. L’ostacolo più alto resta sempre lo stesso: convincere i russi a ritirarsi. Fonti americane pensano che per cominciare a trattare basterebbe tornare alla situazione del 2014. Quindi con la Crimea nelle mani di Mosca, ma con uno status da decidere al tavolo della politica e non con le armi”.

 

Notizie sulle mobilitazioni ecopacifiste

Il Manifesto del 10 agosto a pagina 8 ha un articolo di Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento.

Titolo: Linea dura con il leader pacifista Sheliazhenko

Dopo il blitz condotto dai Servizi speciali ucraini che sono entrati a casa di Yurii (Sheliazhenko) sfondando la porta per una meticolosa perquisizione, ora il procuratore ha chiesto per lui gli arresti domiciliari ed il sequestro del computer, del telefono e dei documenti prelevati. (…)  L’accusa di «giustificare la guerra di aggressione russa» si basa su alcuni documenti resi pubblici dallo stesso Sheliazhenko, che li aveva mandati direttamente anche all’ufficio del presidente Zelensky, nei quali il Movimento pacifista ucraino prende posizione contro la mobilitazione obbligatoria e a favore dell'obiezione di coscienza. (…) IL DOCUMENTO INCRIMINATO è l’Agenda di pace per l’Ucraina e per il mondo, che lo stesso Yurii lesse il 2 ottobre delle scorso anno sotto la statua di Gandhi, nel giardino botanico di Kiev, alla presenza di una delegazione italiana della carovana Stop The War Now (…) A favore di Yurii si sta muovendo una vasta rete internazionale di solidarietà coordinata dalla Object War Campaign delle ONG pacifiste, e in Italia si regista anche la presa di posizione di Giovanni Ricchiuti, vescovo e presidente di Pax Christi (...) La Campagna italiana di obiezione alla guerra, promossa dal Movimento nonviolento, ha rafforzato i legami con il Movimento pacifista ucraino fin dal primo giorno della guerra, sostenendo finanziariamente le necessità organizzative e di comunicazione, e - proprio su richiesta di Yurii - soprattuto le spese legali per la difesa degli obiettori di coscienza.(…)  L’incriminazione del volto noto del pacifismo ucraino sarebbe l’ennesimo colpo all’immagine di paese europeo che il governo di Kiev vuole accreditare all’estero. Se ci sarà rinvio a giudizio bisognerà pretendere un processo giusto, e c’è la disponibilità dell’avvocato Nicola Canestrini a garantire un osservatorio per il rispetto dei diritti dell’imputato; la Campagna di Obiezione alla guerra si assumerà le spese legali.”

Marinella Correggia, scrivendo sulla situazione in Niger sulla stessa pagina, cita una iniziativa di Peacelink.

Occhiello: DOPO LA SCADENZA DELL’ULTIMATUM. PER I PAESI PIÙ INTERVENTISTI SI COMPLICA IL FRONTE INTERNO

Titolo: Niger, nuovo vertice ma tempi duri per la «coalizione dei volenterosi»

Tornano a riunirsi oggi a Abuja, Nigeria, i leader della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao), dopo la scadenza dell’ultimatum imposto ai militari che hanno preso il potere in Niger lo scorso 26 luglio. Ma sono tempi duri per la «coalizione dei volenterosi» (a voler usare la terminologia di George E. Bush e Tony Blair nel 2003), formata dai quattro governi - Nigeria, Costa d'Avorio, Senegal, Benin - pronti a fornire soldati per un intervento armato. (…)  La minaccia stessa dell'uso della forza è illegale per il diritto internazionale, visto che il Niger non ha attaccato nessuno Stato, ricorda l'associazione italiana Peacelink in una lettera aperta inviata alle ambasciate in Italia dei paesi della Cedeao per chiedere di respingere ogni idea di intervento militare, il quale oltretutto sarebbe una manna per i gruppi terroristici, frutto avvelenato della guerra Nato in Libia".