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Il documento base di cui discutiamo, prodotto del vertice NATO di Madrid, si trova al seguente link:  Concetto strategico

NATO 2022: IL CONCETTO STRATEGICO

SUL SITO DEI DISARMISTI ESIGENTI DOCUMENTO COMPLETO IN INGLESE E PASSI ESTRATTI DAL DOCUMENTO TRADOTTI IN ITALIANO FOCALIZZATI SUL RUOLO DELLA DETERRENZA NUCLEARE.

Il Concetto strategico della NATO definisce le sfide alla sicurezza che l'Alleanza deve affrontare e delinea i compiti politici e militari che la NATO svolgerà per affrontarle.

Anche l'esame di queste informazioni è materia dell'incontro online sul TPNW a cinque anni dalla sua adozione.
A cui si può partecipare andando al link: meet.google.com/pgj-yeuo-pqp

IL CONCETTO STRATEGICO DELLA NATO

Il concetto strategico 2022 è stato adottato al vertice di Madrid del 29-30 giugno 2022.

Dalla premessa che "finché esisteranno le armi nucleari la NATO resterà una alleanza nucleare", deriva il principale assetto strategico della medesima organizzazione militare: "la posizione di deterrenza e difesa della NATO si basa su un'appropriata combinazione di capacità di difesa nucleare, convenzionale e missilistica, integrate da capacità spaziali e informatiche".

Riportiamo le parti del documento che si riferiscono alla deterrenza nucleare

Nella parte sui compiti principali della NATO troviamo scritto:
20. Sebbene la NATO sia un'Alleanza difensiva, nessuno dovrebbe dubitare della nostra forza e determinazione a difendere ogni centimetro del territorio alleato, preservare la sovranità e l'integrità territoriale di tutti gli alleati e prevalere contro qualsiasi aggressore. In un ambiente di concorrenza strategica, rafforzeremo la nostra consapevolezza globale e raggiungeremo per scoraggiare, difendere, contestare e negare in tutti i domini e le direzioni, in linea con il nostro approccio a 360 gradi. La posizione di deterrenza e difesa della NATO si basa su un'appropriata combinazione di capacità di difesa nucleare, convenzionale e missilistica, integrate da capacità spaziali e informatiche. È difensivo, proporzionato e pienamente in linea con i nostri impegni internazionali. Impiegheremo strumenti militari e non militari in modo proporzionato, coerente e integrato per rispondere a tutte le minacce alla nostra sicurezza nel modo, nei tempi e nell'ambito di nostra scelta.
Lo scopo fondamentale della capacità nucleare della NATO è preservare la pace, prevenire la coercizione e scoraggiare l'aggressione. Le armi nucleari sono uniche. Le circostanze in cui la NATO potrebbe dover utilizzare armi nucleari sono estremamente remote. Qualsiasi impiego di armi nucleari contro la NATO altererebbe fondamentalmente la natura di un conflitto. L'Alleanza ha le capacità e la determinazione per imporre costi a un avversario che sarebbero inaccettabili e supererebbero di gran lunga i benefici che qualsiasi avversario potrebbe sperare di ottenere impiegandole.
29. Le forze nucleari strategiche dell'Alleanza, in particolare quelle degli Stati Uniti, sono la garanzia suprema della sicurezza dell'Alleanza. Le forze nucleari strategiche indipendenti del Regno Unito e della Francia hanno un proprio ruolo deterrente e contribuiscono in modo significativo alla sicurezza generale dell'Alleanza. I centri decisionali separati di questi alleati contribuiscono alla deterrenza complicando i calcoli dei potenziali avversari. La posizione di deterrenza nucleare della NATO si basa anche sulle armi nucleari degli Stati Uniti dispiegate in Europa e sui contributi degli alleati interessati. I contributi nazionali di velivoli a doppia capacità alla missione di deterrenza nucleare della NATO rimangono centrali in questo sforzo.
30. La NATO adotterà tutte le misure necessarie per garantire la credibilità, l'efficacia, la sicurezza e la protezione della missione di deterrenza nucleare. L'Alleanza si impegna a garantire maggiore integrazione e coerenza delle capacità e delle attività in tutti i domini e lo spettro del conflitto, pur riaffermando il ruolo unico e distinto di
deterrenza nucleare. La NATO continuerà a mantenere una deterrenza credibile, a rafforzarsi le sue comunicazioni strategiche, migliorare l'efficacia delle sue esercitazioni e ridurre i rischi strategici.
31. Continueremo a investire nella nostra difesa contro le minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari. Miglioreremo le nostre politiche, piani, formazione ed esercitazioni e valuteremo le nostre capacità per garantire che questi requisiti siano integrati nel nostro atteggiamento di deterrenza e difesa.
32. La stabilità strategica, ottenuta attraverso una deterrenza e una difesa efficaci, il controllo degli armamenti e il disarmo, e un dialogo politico significativo e reciproco restano essenziali per la nostra sicurezza. Il controllo degli armamenti, il disarmo e la non proliferazione contribuiscono fortemente agli obiettivi dell'Alleanza. Gli sforzi degli alleati in materia di controllo degli armamenti, disarmo e non proliferazione mirano a ridurre i rischi e migliorare la sicurezza, la trasparenza, la verifica e la conformità. Perseguiremo tutti gli elementi della riduzione strategica del rischio, inclusa la promozione del rafforzamento della fiducia e della prevedibilità attraverso il dialogo, una maggiore comprensione e l'istituzione di efficaci strumenti di prevenzione e gestione delle crisi.
Questi sforzi terranno conto dell'ambiente di sicurezza prevalente e della sicurezza di tutti gli alleati e integreranno la posizione di deterrenza e difesa dell'Alleanza. Utilizzeremo la NATO come piattaforma per discussioni approfondite e strette consultazioni sugli sforzi per il controllo degli armamenti.
33. Il Trattato di non proliferazione nucleare è il baluardo essenziale contro la diffusione delle armi nucleari e rimaniamo fermamente impegnati per la sua piena attuazione, compreso l'articolo VI. L'obiettivo della NATO è creare l'ambiente di sicurezza per un mondo senza armi nucleari, coerentemente con gli obiettivi del Trattato di non proliferazione.

 

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Articolo su Transform Italia di Ada Donno (WILPF Italia) sul controvertice svoltosi a Madrid

Pace a 360° – Transform! Italia (transform-italia.it)

Pace a 360°

di Ada Donno

Un Vertice per la Pace, convocato a Madrid il 24, 25 e 26 giugno da una piattaforma unitaria e internazionale di organizzazioni, movimenti e reti sociali che difendono la pace e si oppongono alla guerra e alla NATO, ha preceduto di pochi giorni il 30° Summit militarista dell’Alleanza Atlantica convocato nella capitale spagnola e ufficialmente annunciato come occasione di rilancio dell’Alleanza Atlantica quale forza militare globale, in grado di intervenire a 360° e con capacità offensive, moltiplicate di otto volte rispetto a quelle attuali, contro chiunque ne ostacoli l’espansione e osi resistere al predominio occidentale sul mondo.

I soggetti organizzatori del vertice – spagnoli ed internazionali – coprivano uno spettro politico ampio: tra i firmatari del documento di convocazione del controvertice figurano organizzazioni politiche della sinistra e della società civile, da Isquierda Unida al Partito Sinistra Europea, a Transform Europe, all’Asamblea de los Pueblos, al Foro di São Paulo e numerosissimi altri. Un fitto programma di panel e workshop ha impegnato centinaia di partecipanti nelle due giornate del 24 e 25 giugno.

Rilevante la presenza e la parola delle donne nell’agenda, dalla sessione plenaria di apertura fino ai panel in cui si è discusso di “militarismo e patriarcato, il mostro dalle due teste”, di “unità delle donne nella lotta contro l’imperialismo” e di “unità delle donne nei conflitti e nei processi di pace”.

Ci tengo a sottolineare che la nostra partecipazione dall’Italia, per quanto esigua nel numero, non era però occasionale, bensì inserita nella continuità di un lungo percorso di costruzione di relazioni internazionali attraverso il Gruppo Femm Società della cura, la rete delle Case delle Donne, la FDIM Europa (in posizione di rilievo fra i soggetti convocanti) e la WILPF.

Aggiungo inoltre che, a latere del Vertice per la pace, il 24 giugno abbiamo tenuto (in modalità ibrida con base nella sede di Madrid della Fondazione Rosa Luxemburg) una riunione europea in preparazione dell’Assemblea Femminista del prossimo Forum europeo che si terrà ad Atene in ottobre.

Al di là di immancabili differenze nella lettura e nella narrazione, che non hanno potuto evitare che si producessero due distinte dichiarazioni finali, ciò che conta è la convergenza nella manifestazione unitaria dei 30mila che ha percorso, combattiva e colorata, le strade di Madrid da Atocha a Plaza de España, intorno alla comune parola d’ordine: No ai signori della guerra riuniti nel Vertice NATO, Pace a 360°.

Il Vertice per la pace si è posto, come dicevo, come alternativo al Summit NATO del 29-30 giugno che, come preannunciato, ha pesantemente riconfigurato il ruolo offensivo dell’Alleanza Atlantica. Nella dichiarazione finale dei capi di governo riuniti nel vertice, caduto ogni infingimento, il “nuovo concetto di sicurezza” riconfigura la NATO quale forza militare globale pronta ad intervenire, ormai fuori da qualsiasi mandato delle Nazioni Unite, ovunque nel mondo contro chiunque ne ostacoli la proiezione di potenza a 360°.

La visione di “Nato globale” articolata per la prima volta nel vertice del 2006, ora è divenuta una strategia in base alla quale l’Alleanza Atlantica, sotto il comando degli Stati Uniti, si attribuisce senza più circospezione il ruolo di gendarme del mondo, applicando un aleatorio quanto provocatorio schema di ripolarizzazione degli schieramenti mondiali: da una parte i buoni, chi sta nella NATO e con la NATO, dall’altra i cattivi, quelli che non ne accettano la supremazia e quindi sono nominati “nemici”. In testa la Russia, definita “minaccia immediata”, e a seguire la Cina, definita “minaccia a lungo termine” perché si porrebbe come “sfida ai valori e interessi dell’Occidente”.

Dichiarazioni di una pericolosità e gravità inaudita, anche perché questa NATO così riconfigurata si prepara a sostenere il ruolo attraverso un riarmo forsennato, dall’Atlantico al Pacifico.

Chiaro che gran parte della discussione nel controvertice si dovesse concentrare – com’è avvenuto – sulla prefigurazione di un modello di sicurezza globale alternativa, demilitarizzata e comune, basata sul ripristino della legalità internazionale rappresentata dalla Carta delle Nazioni Unite, sullo smantellamento ecologico degli armamenti di distruzione di massa, su una drastica riduzione delle spese militari e sulla prospettiva di una nuova “era geopolitica” senza imperi egemonici né gendarmi. Un nuovo ordine mondiale multipolare e multicentrico – si è detto – basato non sullo scontro tra potenze ma sulla responsabilità condivisa verso la vita e i viventi nel pianeta.

Mi preme, a questo punto, fare poche considerazioni, che riguardano il nostro che fare. La prima è che questa sciagura non ci cade addosso inaspettata. Nel seminario femminista internazionale su “Cura e incuria” del 23 e 24 ottobre 2021, abbiamo molto ragionato sui pericoli incombenti del militarismo e del riarmo, sulla pericolosa riproposizione delle logiche della guerra fredda – l’invenzione del nemico – e della contrapposizione occidente/oriente e nord/sud fino alla formula, che sembrava cancellata dalla storia, dello “scontro di civiltà”. Invece non sono fantasmi del passato, bensì lavori in corso, a cui i signori della guerra si dedicano alacremente, capaci di vanificare ogni faticosa costruzione alternativa, compresa quella delle donne in questi ultimi due anni che abbiamo chiamato “paradigma della cura”.

Ci sembrava che la pandemia avesse aperto gli occhi di molte e molti sulla necessità di assumere la cura come paradigma politico: cura non solo rimedio alla malattia – dicevamo nel nostro seminario – ma come fondamento delle relazioni umane e dei rapporti degli umani con tutto il vivente. Nell’idea che noi donne possiamo avere parola decisiva per questo salto di paradigma, dalle guerre per il profitto alla cura del pianeta, ci abbiamo creduto. E ci crediamo ancora.

Tuttavia abbiamo visto come l’emergenza della pandemia sia stata gestita ancora una volta all’insegna del profitto e dell’approfittarsi. Poi è stata la guerra in Ucraina (che abbiamo sentito perché più vicina delle decine di altre guerre in corso), e con essa il rinnovato furore atlantista, a farci fare un salto indietro nella nostra narrazione.

Che fare, dunque. Intanto capire che pace e sicurezza sono incompatibili con ciò che è stato deciso e sottoscritto dai governi della NATO a Madrid, vale a dire prepararsi alla guerra per non perdere l’egemonia sul mondo: ogni tipo di guerra, non esclusa quella nucleare, fuori da ogni legalità internazionale. Questo hanno detto in sostanza i governi riuniti a Madrid.

E poi capire che quanto è stato deciso e sottoscritto dai governi riuniti a Madrid ci riguarda da vicino: il riarmo su larga scala, con la Germania che nei prossimi cinque anni spenderà 100 miliardi di euro in armamenti; il nazionalismo francese e britannico che non saranno da meno; i problemi fino a ieri impensabili, riguardanti l’approvvigionamento di cibo, di energia e di materie prime, il colossale debito pubblico che si sta accumulando. Tutte cose che graveranno sulla parte più vulnerabile della popolazione dell’Europa.

È vero che certe dinamiche non sono immediatamente decifrabili per la maggior parte della gente, tanto più che nella dichiarazione della NATO sono presentate con termini apparentemente innocenti come Nuovo Concetto strategico, Sicurezza allargata, Nuovo Ordine basato su Regole, Resilienza e altri come Sviluppo tecnologico e Digitalizzazione. E perfino facendo mostra di sensibilità verso i grandi temi che ci stanno a cuore, come il Cambiamento climatico e i Diritti delle donne.

Intanto, diciamo parole chiare su qualsiasi discorso di “gender equality” nella NATO. No grazie, essere cooptate ai vertici di una organizzazione guerrafondaia non c’entra nulla col femminismo. Come non c’entra la cooptazione ai vertici di banche e istituzioni finanziarie che gettano nella indigenza più nera la grande maggioranza delle persone.

Poi diciamo che la vera sicurezza umana non può che essere fondata su una pace duratura a 360°, sulla condivisione di risorse e tecnologie, sulla giustizia sociale e ambientale, sulla transizione verso l’azzeramento degli arsenali militari. Questo abbiamo detto nel controvertice di Madrid. Da qui ripartiamo.

Ada Donno, Vicepresidente di FDIM Europa (Federazione Democratica Internazionale Donne)

 

 

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Articolo tratto da FORMICHE.NET

Ecco il nuovo Strategic concept della Nato (formiche.net)

Ecco il nuovo Strategic concept della Nato

Di Marco Battaglia

La Nato, riunita a Madrid, ha rilasciato il suo Concetto strategico. Nel documento vengono tracciate le linee-guida che indirizzeranno l’agire dell’Alleanza nel prossimo decennio. La Russia è naturalmente in cima alla lista di priorità, definita “la principale minaccia alla sicurezza euro-atlantica”, tuttavia sono molte le sfide che attendono la Nato nel futuro, dalla Cina, al terrorismo, fino al cambiamento climatico

Al vertice di Madrid, i capi di Stato e di governo della Nato hanno approvato il nuovo Concetto strategico, che definisce le priorità, i compiti e gli approcci dell’Alleanza per il prossimo decennio. Il Concetto descrive l’ambiente di sicurezza che l’Alleanza deve affrontare, riafferma i suoi valori ed enuncia lo scopo principale della Nato di garantire la difesa collettiva. Inoltre, ribadisce quelli che sono i tre compiti fondamentali della Nato: deterrenza e difesa, prevenzione e gestione delle crisi e sicurezza cooperativa. Com’era stato più volte preannunciato, il nuovo documento definisce la Russia come la “minaccia più significativa e diretta” alla sicurezza degli Alleati, mentre affronta per la prima volta il tema della Cina e delle sfide che Pechino pone alla “sicurezza, gli interessi e i valori degli Alleati”. Il documento, inoltre, inserisce per la prima volta il cambiamento climatico tre le “sfide fondamentali del nostro tempo”.

Il Concetto strategico viene aggiornato all’incirca ogni dieci anni – la versione precedente è stata adottata al vertice di Lisbona nel 2010 – ed è uno dei documenti più importanti della Nato, secondo solo al Trattato. Oltre a riaffermare i suoi valori, il testo permette all’Alleanza di fornire una valutazione collettiva delle sfide alla propria sicurezza e guida le attività politiche e militari dell’Alleanza per il decennio successivo. Il nuovo documento lanciato a Madrid riconosce che il mondo è cambiato radicalmente rispetto al precedente Strategic concept: “l’ambiente di sicurezza è diventato più conteso e imprevedibile”, e di fronte alle sfide e alle opportunità che l’Alleanza si troverà ad affrontare, indica quali mosse dovranno essere messe in campo per continuare ad adattarsi in un mondo più pericoloso e competitivo.

L’ambiente strategico

“L’area euro-atlantica non è in pace”. È così che il documento inizia a descrivere l’ambiente strategico dell’area euro-atlantica, la cui sicurezza è minata dalla concorrenza e dall’instabilità dilagante. L’invasione russa dell’Ucraina “ha infranto la pace in Europa” e ha violato le norme e i principi che hanno contribuito a creare un ordine di sicurezza europeo stabile. Secondo la Nato, ora Mosca rappresenta “la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli alleati e alla pace e alla stabilità” nell’area euro-atlantica.

La sfida di Pechino

Il documento riporta anche l’approccio della Nato nei confronti della Cina, le cui “ambizioni dichiarate e le politiche coercitive sfidano i nostri interessi, la nostra sicurezza e i nostri valori”. Pertanto, il Concetto strategico invita gli alleati a “lavorare insieme per affrontare le sfide sistemiche” poste dalla Cina. Tuttavia, il testo rimane aperto a un impegno costruttivo con Pechino, al fine di “salvaguardare gli interessi di sicurezza e di costruire una trasparenza reciproca”. Ciò che preoccupa veramente l’Alleanza Atlantica, infatti, è che Mosca e Pechino stiano “sviluppando una partnership strategica” e siano “in prima linea in una spinta autoritaria contro l’ordine internazionale basato sulle regole”, una sfida che deve essere necessariamente raccolta e affrontata anche dalla Nato.

Le altre minacce

Secondo la Nato, inoltre, permangono tutte le instabilità che hanno caratterizzato lo scenario globale fino ad oggi. “Il terrorismo rimane una minaccia persistente ed è la minaccia asimmetrica più diretta alla sicurezza dei nostri cittadini”. L’Alleanza, inoltre, dovrà affrontare anche tutta una serie di altre minacce e sfide globali e interconnesse, “tra cui il cambiamento climatico, le tecnologie emergenti e dirompenti e l’erosione dell’architettura di controllo degli armamenti, disarmo e non proliferazione”, che insieme intaccano la stabilità e la sicurezza degli alleati e del mondo intero.

La difesa collettiva

Di fronte a tutte queste minacce e sfide, gli alleati della Nato hanno ribadito che “l’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico è il fondamento della difesa alleata”. Anche se il meccanismo per la sua invocazione rimane lo stesso, con il Consiglio del Nord Atlantico che può decidere di invocarlo in risposta ad un attacco, nuove minacce si aggiungono alle possibili cause di attivazione: attività informatiche ostili, operazioni aggressive verso, da e all’interno dello spazio e operazioni ibride contro gli alleati che potrebbero raggiungere il livello di attacco armato. Secondo il nuovo Concetto strategico, tutte queste situazioni potrebbero portare il Consiglio a invocare l’Articolo 5.

I tre compiti fondamentali della Nato

Anche in un mondo che cambia, la Nato conferma i suoi tre compiti fondamentali di deterrenza e difesa, prevenzione e gestione delle crisi e sicurezza cooperativa. Questi sono “complementari ed essenziali per garantire la difesa e la sicurezza di tutti gli alleati”. Garantire la resilienza nazionale e collettiva, rafforzare il vantaggio tecnologico dell’Alleanza e integrare pienamente il cambiamento climatico, la sicurezza umana e l’agenda Donne, Pace e Sicurezza “sono tutti elementi che fanno parte dell’adempimento del compito dell’Alleanza”.

La porta è aperta

Inoltre, l’Alleanza ha ribadito nel documento che il dialogo politico e la cooperazione con i partner esterni alla Nato saranno rafforzati, come ha dimostrato la partecipazione al vertice di Paesi dell’Indo-Pacifico e del Nord Africa. “La Nato lavora con le nazioni e le organizzazioni che condividono i suoi valori e interessi, per sostenere l’ordine internazionale basato sulle regole”, recita il documento, che sottolinea come, tra queste, l’Unione europea sia un “partner unico ed essenziale per la Nato”. Inoltre, l’allargamento a Finlandia e Svezia “è stato un successo storico” e “la porta dell’Alleanza rimane aperta alle democrazie europee che vogliono contribuire alla sicurezza e alla difesa collettiva”.

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Articoli tratti dal Manifesto quotidiano - 1 luglio 2022

Sfida sistemica? Xi non ci sta «È la Nato la vera minaccia» | il manifesto

Sfida sistemica? Xi non ci sta «È la Nato la vera minaccia»

CINA/USA. Mentre cresce la tensione tra Oriente e Occidente, il presidente va a Hong Kong per incoronare il nuovo governatore, quel John Lee che guidò la repressione delle proteste

Un divorzio e delle nozze d’argento. Mentre la Nato mette nel mirino la Cina e amplia il solco tra Pechino e occidente, Xi Jinping celebra il 25esimo anniversario della “riconquista” di Hong Kong.

IL COMPROMESSO raggiunto tra le diverse anime dei membri della Nato ha prodotto questa formula in riferimento alla Repubblica Popolare: sfida sistemica. Il nuovo concetto strategico partorito durante il summit di Madrid non definisce Pechino una «minaccia diretta» come fa con la Russia, ma chiarisce che la Cina rappresenta una fonte di preoccupazione. Il segretario generale Jens Stoltenberg non si è risparmiato un parallelo diretto: «La Russia e la Cina continuano a perseguire vantaggi politici nei nostri vicini meridionali con la leva economica e un approccio ibrido». Emmanuel Macron, esponente dell’ala più morbida, si è affrettato a chiarire che la Nato «non è un’alleanza contro la Cina, ma dobbiamo tenere conto delle sfide sistemiche che pone la crescita della potenza cinese» e «della contestazione all’ordine internazionale che viene dal partenariato tra Cina e Russia».

NON ABBASTANZA per Pechino, che ormai considera Nato e G7 come organizzazioni e piattaforme irrimediabilmente anti cinesi. Il governo della Repubblica Popolare ha risposto in maniera dura, ribaltando la prospettiva. «È la Nato la sfida sistemica alla pace e alla stabilità nel mondo», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian. «Afferma di essere un’organizzazione difensiva e regionale ma lancia guerre ovunque, uccidendo civili innocenti», ha aggiunto. Secondo Pechino, il nuovo concetto strategico della Nato «infanga la politica estera della Cina».

La stessa narrativa utilizzata per descrivere quanto accaduto in Ucraina. Sarebbero proprio la Nato e i suoi alter ego come Quad e Aukus, espandendosi in Europa orientale e in Asia-Pacifico, a fomentare il confronto. La stessa replica che era stata riservata nei giorni scorsi al comunicato finale del G7 tedesco. Anche l’ambasciatore cinese presso le Nazioni Unite ha respinto la concezione della Nato come l’ennesimo capitolo di un «copione», una mentalità «ormai datata da guerra fredda». Sui media di Stato, invece, si definisce l’organizzazione come un «veleno» e non un «antidoto» alla crisi di sicurezza europea.

MENTRE LA NATO aggiornava la sua concezione strategica, Xi Jinping usciva invece per la prima volta dal territorio della Cina continentale dall’inizio della pandemia di coronavirus. Il presidente cinese è arrivato ieri a Hong Kong (prima volta dal 2017), dove oggi prende parte alle cerimonie per il 25esimo anniversario dell’handover, cioè la restituzione dell’ex colonia britannica dal Regno Unito alla Repubblica Popolare. Xi è arrivato, a bordo di un treno speciale, insieme alla first lady Peng Liyuan. Le misure di sicurezza sono imponenti, anche a livello sanitario. I circa tremila tra ospiti e funzionari coinvolti nella visita del presidente sono stati messi in quarantena negli ultimi due giorni. Gli unici spostamenti consentiti sono quelli tra gli uffici amministrativi e le camere d’hotel.

A TRE ANNI di distanza dalle maxi proteste, la “questione” Hong Kong è stata pressoché risolta. La legge sulla sicurezza nazionale e la riforma elettorale “patriottica” hanno di fatto cancellato l’opposizione politica sia a livello politico sia sotto il profilo movimentista. Qualsiasi forma di attivismo è nel mirino. Tanto basta a Xi per dire che Hong Kong è «rinata dalle ceneri» e per incensare il modello “un paese, due sistemi”, che ha «assicurato prosperità e stabilità a lungo termine».

Lo stesso modello che Pechino continua a “offrire” a Taiwan. Complimenti anche per Carrie Lam, che secondo il presidente cinese «ha unito le persone di ogni ceto sociale per fermare la violenza e il caos e ha combattuto con tutte le sue forze». A Lam subentra John Lee, ex responsabile della sicurezza che ha guidato la repressione delle proteste (titolo che gli è valso le sanzioni degli Usa) e da oggi ufficialmente capo dell’esecutivo locale. Lee ha vinto le elezioni di maggio come unico candidato e il 99,2% dei voti. Con l’avvento di Lee, considerato una figura ben più decisa rispetto a Lam, gli attivisti temono che qualsiasi residuo di autonomia venga cancellato definitivamente.

SE LA NATO ha intenzione di mettere (più o meno direttamente) radici anche nel suo vicinato, la Cina mostra di aver rimarginato la ferita di Hong Kong e lancia un messaggio chiaro: non ha nessuna intenzione di rivivere il secolo delle umiliazioni.

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Più soldi e più soldati: è la nuova Nato, non in guerra ma neanche in pace | il manifesto

Più soldi e più soldati: è la nuova Nato, non in guerra ma neanche in pace

MADRID. Si è chiuso il vertice dell'Alleanza Atlantica

Come vincere la guerra senza farla? È la risposta a questa domanda d’emergenza che il vertice Nato chiuso ieri a Madrid – 40 anni dopo l’entrata della Spagna nell’Alleanza, che allora aveva suscitato molta contestazione – ha cercato di definire, camminando su un crinale sottile

TRAVOLTI dall’attualità, come già al G7 appena concluso a Elmau in Baviera, i paesi Nato hanno avuto una sola risposta: «investire nella Nato» per far fronte alla guerra riapparsa in Europa. Anche se, ha frenato Emmanuel Macron, «la Nato non è in guerra» ma «il continente europeo non è più in pace» e «la Russia porta da sola la responsabilità di questa guerra e delle conseguenze gravi che impone al mondo intero». Per l’Ucraina c’è l’assicurazione che l’aiuto durerà «fino a quando sarà necessario», anche se il paese non è membro Nato.

PIÙ SOLDI, dunque, per le armi: un aumento del budget «considerevole» ha detto il segretario della Nato, Jens Stoltenberg. Boris Johnson ha affermato che l’investimento nella Difesa britannica salirà al 2,5% del pil nel 2030, l’ospite Pedro Sanchez ha assicurato che la Spagna porterà al 2% la spesa militare a causa del «cambiamento tettonico» causato dalla guerra in Ucraina, la Germania ha già portato a 100 miliardi la spesa militare (calcolata fuori dal budget dello stato). Joe Biden ha annunciato altre armi all’Ucraina per 800 milioni, per rafforzare la difesa aerea, e si è impegnato a vendere dei caccia F-16 alla indisciplinata Turchia, che ottiene quello che vuole mercanteggiando la rinuncia al veto sull’ingresso di due ex paesi neutrali, Svezia e Finlandia, con l’arrivo di nuove armi e la testa dei rifugiati curdi e dei dissidenti politici fuggiti in quei paesi, per ora una lista di 33 nomi.

PER LA VENDITA di F-16 alla Turchia ci vuole l’accordo del Congresso, ma Biden è fiducioso di «poterlo ottenere». Erdogan fa pesare anche il ruolo che può avere per sbloccare i cargo di cereali nel Mar Nero, il cui blocco è minaccia alla sicurezza alimentare mondiale. Intanto, Svezia e Finlandia hanno firmato un memorandum che impegna sulla «cooperazione nella lotta al terrorismo». Macron però ricorda: «Non spetta alla Nato definire chi è terrorista e chi non lo è».

PIÙ SOLDATI: 300mila uomini in più sul fronte orientale per agguerrire la difesa terrestre, marittima e aerea. Per Italia e Germania ci sarà un sistema di difesa aereo, per la Spagna due cacciatorpediniere nel porto di Rota. In Polonia è già stata inaugurata una base permanente, un posto di comando avanzato che avrà 10mila uomini. Aumenta la presenza Nato in Romania e nei Baltici. La Germania e la Spagna si preparano a fornire dei carri Leopard all’Ucraina, dopo i Caesar francesi e la profusione di armi anglosassoni.

La Nato ha presentato lo Strategic Concept, il nuovo piano a lungo termine dell’Alleanza, che non era stato rivisto dal 2010. Allora, la Nato si era illusa su una possibile «partnership strategica con la Russia». Oggi la Russia è «la più importante e la più diretta sfida» per la Nato. Che per la prima volta cita nel documento finale anche la Cina, considerata «una sfida» per «interessi, sicurezza, valori» occidentali, che si «impegna a minare l’ordine internazionale». La Nato, a questo stadio, vuole evitare che il riavvicinamento Russia-Cina sia inevitabile.

IL NUOVO Strategic Concept deve tener conto dell’evoluzione recente della difesa europea, lo Strategic Compass varato a marzo, un obiettivo di rafforzamento per far fronte al rischio di un disimpegno Usa, che malgrado il dispiegamento ora in aumento in Europa a causa della guerra in Ucraina, guarda prima di tutto alla Cina. Ancora ieri Biden ha insistito sulla «sfida sistemica» rappresentata da Pechino. Il documento finale Nato afferma che Nato e Ue hanno «ruoli complementari, coerenti e che si rafforzano mutualmente» e insiste sul «valore» della difesa europea «più forte e più capace» per «contribuire positivamente alla sicurezza globale e transatlantica».

LA NATO infine ha firmato ieri una partnership con Tunisia e Mauritania per la lotta al terrorismo (islamico). Invece, la Spagna non ha ottenuto la garanzia Nato sull’applicazione dell’articolo 5 (la norma “attacchi uno, attacchi tutti”) per Ceuta e Melilla. E alla Georgia è stato detto che dovrà aspettare per diventare membro Nato (come per la Ue).

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Articoli tratti dall'agenzia stampa PRESSENZA

Un articolo di Gianmarco Pisa pubblicato il 30 giugno 2022 su Pressenza

rinvenibile al link:

Il nuovo concetto strategico della NATO è una rinnovata minaccia alla pace (pressenza.com)

Il nuovo concetto strategico della NATO è una rinnovata minaccia alla pace

 

Approvato dai capi di stato e di governo dei Paesi membri in occasione del vertice di Madrid, lo scorso 29 giugno, il nuovo concetto strategico della NATO punta a definire la nuova strategia e le rinnovate priorità di cui intende dotarsi l’Alleanza Atlantica, nel contesto di un rinnovato quadro strategico segnato da nuovi rischi e sfide diversificate. Secondo le indicazioni fornite dall’organizzazione, non senza enfasi, «il concetto descrive l’ambiente di sicurezza che l’Alleanza è chiamata ad affrontare; riafferma i nostri valori ed esplicita lo scopo-chiave della NATO, quello di garantire la nostra difesa collettiva. Stabilisce, inoltre, i tre compiti fondamentali della NATO: deterrenza e difesa; prevenzione e gestione delle crisi; sicurezza cooperativa».

Una potente macchina da guerra

Tuttavia, sebbene la NATO continui a definirsi un’organizzazione militare di carattere difensivo, tutt’altro è il quadro che emerge alla lettura del nuovo concetto strategico: ne emerge infatti il concetto strategico di una potente macchina da guerra, con un’articolazione estesa a tutti gli ambiti, capace di dispiegare la sua proiezione ben oltre la sfera euro-atlantica e di puntare i più diversi e lontani contesti geografici e strategici. Cosa c’è scritto infatti nel documento? Sin dalla premessa si pone in evidenza che lo scopo strategico della difesa collettiva viene impostato «su un approccio a 360 gradi» sia in termini di articolazione delle capacità militari in tutti gli ambiti di proiezione, sia in termini di spaccati e contesti di impegno. Si tratta di una capacità militare non puramente difensiva, ma posta a servizio degli obiettivi politici delle potenze occidentali, tanto è vero che «garantire la nostra resilienza nazionale e collettiva è fondamentale per tutti i nostri compiti principali e sostiene i nostri sforzi per salvaguardare le nostre nazioni, società e valori condivisi».

Nel merito, nella sezione dedicata alle finalità e ai principi, l’ordine di priorità è chiaramente definito: «Libertà individuale, diritti umani, democrazia e stato di diritto», mentre nel contesto strategico, si indicano subito i nuovi “nemici”: «La Federazione Russa è la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli Alleati e alla pace e stabilità nell’area euro-atlantica», al punto che «non possiamo considerare la Russia nostro partner». Inoltre «le ambizioni dichiarate e le politiche coercitive della Cina costituiscono una sfida per i nostri interessi, la nostra sicurezza e i nostri valori», e in particolare «l’approfondimento del partenariato strategico tra Cina e Russia e i loro tentativi … per minare l’ordine internazionale … sono contrari ai nostri valori e interessi». Non manca, chiaramente, il riferimento al terrorismo, in tutte le sue forme e manifestazioni, come «la minaccia asimmetrica più diretta alla sicurezza dei nostri cittadini e alla pace e alla prosperità internazionale», nonché il riferimento sempre più incisivo al cyberspazio come campo di conflitto strategico per il presente e il futuro: «attori maligni cercano di degradare la nostra infrastruttura critica, interferire con i nostri servizi governativi, estrarre informazioni, rubare la proprietà intellettuale e ostacolare le nostre attività militari».

Che la NATO, di fronte a questo scenario, si strutturi come vera e propria macchina per la guerra mondiale, potenzialmente in tutti gli ambiti e in tutti i contesti, è messo in luce in diversi punti della sezione dedicata ai compiti principali: «In un ambiente di competizione strategica, rafforzeremo la nostra consapevolezza globale al fine di scoraggiare, difendere, contrastare e interdire in tutti i domini e in tutte le direzioni, in linea con il nostro approccio a 360 gradi. La posizione di deterrenza e difesa della NATO si basa su una appropriata combinazione di capacità di difesa nucleare, convenzionale e missilistica, integrate da capacità spaziali e da capacità informatiche». E se non fosse sufficientemente chiaro, questa capacità è posta al servizio di una rinnovata strategia di “guerra preventiva”, già enucleata in precedenti documenti strategici: «Rafforzeremo in modo significativo la nostra posizione di deterrenza e di difesa per impedire a qualsiasi potenziale avversario ogni possibile opportunità di aggressione». Senza escludere, elemento di grave allarme, il ricorso al nucleare: «Le circostanze in cui la NATO potrebbe dover utilizzare armi nucleari sono estremamente remote. […] L’Alleanza ha le capacità e la determinazione per imporre a un avversario costi che sarebbero inaccettabili e che supererebbero di gran lunga i benefici che qualsiasi avversario potrebbe sperare di ottenere».

Un attore, anche nucleare, della “guerra globale”: nella sezione dedicata alla prevenzione e gestione delle crisi, infatti, si confermano «le risorse, le capacità, l’addestramento e le disposizioni di comando e controllo per dispiegare e sostenere operazioni militari e civili di gestione delle crisi, stabilizzazione e antiterrorismo, anche a distanza strategica». Rafforzando poco più avanti il concetto, con l’impegno ad aumentare gli sforzi «per anticipare e prevenire crisi e conflitti [al fine di] contribuire alla stabilità e alla sicurezza degli Alleati». L’integrazione e la proiezione militare euro-atlantica portano con sé anche una più consistente integrazione e complementarità tra UE e NATO: «L’Unione Europea è un partner unico ed essenziale per la NATO. Gli alleati della NATO e i membri dell’UE condividono gli stessi valori. La NATO e l’UE svolgono ruoli complementari, coerenti e che si rafforzano a vicenda nel sostenere la pace e la sicurezza internazionali». L’integrazione militare UE – NATO è del resto confermata anche in documenti UE a partire dalla c.d. «Bussola strategica».

Una strategia globale

Il dispiegamento di questa strategia diventa così a tutti gli effetti globale. In base al punto 45, infatti, «i Balcani occidentali e la regione del Mar Nero sono di importanza strategica per l’Alleanza. […] Lavoreremo con i partner per affrontare le minacce e le sfide alla sicurezza nelle regioni di interesse strategico per l’Alleanza, compresi il Medio Oriente, il Nord Africa e le regioni del Sahel. L’Indo-Pacifico è importante per la NATO, dato che gli sviluppi in quella regione possono influenzare direttamente la sicurezza euro-atlantica. Rafforzeremo il dialogo e la cooperazione con i partner nuovi ed esistenti nell’Indo-Pacifico per affrontare le sfide inter-regionali e gli interessi di sicurezza condivisi».

Un impegno strategico a 360 gradi, come recita il documento, che richiede non solo una crescente militarizzazione ma anche un considerevole incremento nella spesa militare: «Un aumento delle spese per la difesa nazionale e il finanziamento comune della NATO commisurato alle sfide di un ordine di sicurezza più conflittuale». Sono elementi di grave preoccupazione, che configurano sempre più la NATO come strumento militare di una rinnovata visione da “guerra fredda”, una minaccia potenzialmente dispiegata sul mondo intero, contro cui mantenere alte attenzione e mobilitazione.

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A Madrid contro la NATO (pressenza.com)

A Madrid contro la NATO

A pochi giorni dal vertice NATO a Madrid e per dare una specie di benvenuto, i giorni 24 e 25 giugno si è svolto il “Vertice per la Pace. NO NATO” nell’auditorium Marcelino Camacho a Madrid, preludio della manifestazione contro la NATO e le guerre, che avverrà domenica 26 e di cui vi terremo informati.

Pressenza ha partecipato a due tavole rotonde e qui condividiamo con voi solo alcuni appunti, dato che è impossibile riassumere tutto quanto è stato discusso.

La prima tavola rotonda dedicata a “NATO, forze armate e spese militari” è stata inaugurata da Juan Carlos Rois, che fa indagini sulle spese militari spagnole e su cosa si investe. Ci ha spiegato che, sebbene il Ministero della Difesa dichiari una spesa di 10 miliardi di euro, ci sono molti costi diffusi, dovuti ad altri ministeri e istituzioni, e si arriva a toccare i 39 miliardi di euro. È più del triplo: da circa lo 0,9% del PIL a più del 3%. Sono spese insostenibili e non necessarie, ma sono intoccabili per i vari partiti che si sono alternati al governo. Chi ama i dettagli e i numeri può controllare le fonti di queste affermazioni nei grafici pubblicati su alternativasnoviolentas.org

Poi la parola è passata a Quique Sánchez (IPB, Ufficio Internazionale per la Pace) che ha snocciolato i vari aspetti delle spese militari che alimentano le tensioni, facendo sì che i Paesi vicini o rivali si sentono minacciati. Non si potrà mai arrivare alla pace aumentando la quantità di armi, perché queste prima o poi sfociano in guerre. Si giustificano le spese per la difesa con lo scopo di evitare invasioni del proprio territorio, ma l’acquisto e i preparativi sono chiaramente offensivi. Le spese militari dirottano risorse dalle necessità vere, come salute e istruzione. La NATO ha un bilancio militare 17 volte più grande della Russia, e il Regno Unito da solo ha un bilancio simile a quello della Cina, per cui le spese sono difficilmente giustificabili con una potenziale minaccia da parte di ipotetici nemici.

Gemma Amorós, del Centre Delàs, ci ha spiegato dettagliatamente come il funzionamento interno della NATO prosciuga le risorse economiche in disposizioni quali le numerosissime esigenze di standardizzazione dell’equipaggiamento, in ricerca e sviluppo, in esercitazioni militari continue, ecc. Ci ha anche raccontato che la Spagna ha partecipato a 42 operazioni militari collegate a invasioni controverse della NATO (Afghanistan, Iraq, ecc.) e alle diverse basi americane o di uso congiunto con la NATO, che servono da apripista per l’ingerenza degli Stati Uniti.

La seconda tavola rotonda a cui abbiamo assistito, dedicata a “Le nuove menzogne della vecchia NATO con l’Ucraina nello sfondo”, è stata aperta da Ainhoa Ruíz, che ha presentato il documento pubblicato recentemente dal Centre Delàs: “NATO, costruire l’insicurezza globale”. Ha esposto alcune interessanti idee del documento. Per esempio, dalla caduta del muro di Berlino sono stati costruiti 51 muri attorno al mondo della NATO. Questo è il mondo del capitalismo liberale, in cui le persone non hanno guadagnato libertà di circolazione tra Paesi, a differenza dei capitali che viaggiano senza contese. Ha parlato del concetto di sicurezza umana, non quella concepita militarmente, ma nel senso di avere tutte le necessità primarie soddisfatte; e dell’estensione del concetto di violenza, oltre all’atto fisico, a diversi campi dell’attività umana. Infine, ha raccontato come la NATO fa tabula rasa ovunque arriva, com’è successo in Iraq, Afghanistan o Libia; da questo punto di vista, chiedere l’intervento della NATO in Ucraina per risolvere le cose non può essere una buona idea.

Carlos Taibo, professore di Scienze Politiche e specialista dei Paesi dell’est Europa, ha denunciato l’invasione dell’Ucraina e ha detto che è necessario chiarire che pure la NATO ha una responsabilità parziale nella creazione delle condizioni che hanno portato al conflitto. Questo aspetto è importante, ma impossibile da esporre pubblicamente a causa della censura imperante sui mezzi di disinformazione. Ci ha spiegato che, dalla dissoluzione dell’URSS, ci sono state opportunità chiare di integrazione della Federazione Russa con l’Europa occidentale, ma i diversi incontri falliti dagli Stati Uniti e dai Paesi della NATO hanno creato in qualche modo la figura di Putin che ha poi invaso l’Ucraina. Questo conflitto ha enormemente rafforzato la NATO, un fatto che preannuncia maggiore ingerenza e conflitti. Carlos ha avvertito dell’ascesa di un eco-fascismo in lotta per le risorse naturali e che stima ci sia “gente di troppo” sul nostro pianeta.

Infine, la giornalista Olga Rodríguez, corrispondente per vari conflitti in giro per il mondo, ci ha trasmesso la realtà del contatto con le vittime e con i disastri di guerra. Ci ha parlato di come, nelle frontiere dove oggi si accolgono i rifugiati ucraini, ieri si maltrattavano disumanamente le vittime delle guerre NATO nel Medio Oriente. Ha elencato svariate incoerenze della NATO e dell’Europa, attualmente debilitata e più dipendente dagli Stati Uniti, e che ora cerca risorse in nazioni come l’Egitto, l’Arabia Saudita o Israele, dove i diritti umani chiaramente non sono rispettati. Ha raccontato che la NATO ha messo in atto una politica di provocazione per espandersi verso l’Ucraina; che il discorso guerrafondaio prende il volo incoraggiando a mantenere ed esacerbare la guerra in Ucraina, e persino a portare lo stesso modello a Taiwan per estendere il conflitto alla Cina.

Ecco, si sono trattati molti argomenti, ma non vogliamo bombardarvi con tante idee, cari lettori che siete arrivati in fondo a questo articolo. Vogliamo solo riportare alcune idee che Olga Rodríguez ci ha raccontato: tra le vittime dei conflitti ha incontrato persone analfabete con una comprensione della geopolitica migliore di molti di noi, dato che ne portavano i segni sulla pelle. Noi diamo voce alla sua richiesta finale: speriamo che un giorno possa smettere di essere una corrispondente di guerra per trasformarsi in una giornalista di pace.

Traduzione dallo spagnolo di Mariasole Cailotto. Revisione di Thomas Schmid.

 

 

Dichiarazione e Piano di azione di Vienna : Panoramica a cura di ICAN
23 giugno 2022

QUI IL LINK AL TESTO UFFICIALE DELLA DICHIARAZIONE

QUI IL LINK AL TESTO UFFICIALE DEL PIANO DI AZIONE

Il seguente documento informativo a cura di ICAN fornisce una panoramica della Dichiarazione di Vienna e delle azioni chiave concordate alla prima riunione degli Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, due documenti adottati il 23 giugno 2022.

 

La Dichiarazione di Vienna

- Gli Stati parti hanno espresso il loro allarme e sgomento per le minacce di utilizzare armi nucleari, e hanno condannato inequivocabilmente “ogni e qualsiasi minaccia nucleare, sia essa esplicita o implicita e indipendentemente dalle circostanze”.
- Affermando che il TPNW è più che mai necessario in queste circostanze, gli stati parti hanno deciso di “andare avanti con la sua attuazione, con l'obiettivo di andare oltre lo stigmatizzare e delegittimare le armi nucleari per costruire costantemente una solida e globale norma imperativa nei loro confronti”.
- La Dichiarazione ha ribadito la base umanitaria del trattato e il fondamento morale, etica e gli imperativi di sicurezza che hanno ispirato e motivato la sua creazione e che ora guidano e devono continuare a guidarne l'attuazione.
- Gli Stati parti hanno deciso di procedere con l'attuazione di tutti gli aspetti del trattato, compresi gli obblighi positivi volti a riparare i danni causati dall'uso con i test delle armi nucleari.
- Hanno anche riaffermato la complementarietà del trattato con il regime internazionale di disarmo e non proliferazione, compreso il regime del Trattato non proliferazione nucleare(NPT), e si sono impegnati a continuare a sostenere il TNP e tutte le misure che possono contribuire efficacemente al disarmo nucleare.
- La Dichiarazione ha concluso che “Di fronte ai rischi catastrofici posti dalle armi nucleari e nell'interesse della sopravvivenza stessa dell'umanità ... non ci fermeremo fino a che l'ultimo stato non abbia ha aderito al Trattato, l'ultima testata sia stata smantellata e distrutta e le armi nucleari siano state completamente eliminate dalla Terra”.

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IL PIANO DI AZIONE

Ottenere che più paesi aderiscano  al TPNW

Universalizzazione, (articolo 12), Azioni 1-14
- Gli Stati si impegnano a fare dell'universalizzazione una priorità, anche attraverso:
- Condurre visite diplomatiche con altri paesi che non hanno ancora aderito
(Azione 3);
- Nominare un rappresentante del governo (punto di contatto) responsabile di questo lavoro in 60 giorni (Azione 6)

- Evidenziare l'importanza del TPNW nelle dichiarazioni alle Nazioni Unite e ottenere
che più paesi aderiranno alle risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite a sostegno del Trattato (Azioni 8 e 9)
- Coordinamento con tutti i partner pertinenti, compreso l'ICAN (Azione 13)

ELIMINARE LE ARMI NUCLEARI

Verso l'eliminazione delle armi nucleari (articolo 4), Azioni 15-18
- Gli Stati hanno convenuto di fissare un termine di 10 anni per l'eliminazione delle armi nucleari quando Stati dotati di armi nucleari si uniscono al TPNW e 90 giorni per la rimozione delle armi dagli Stati ospiti quando aderiscono al Trattato.
- Gli Stati hanno convenuto di proseguire la discussione sulla designazione dell'organismo che sarà responsabile della verifica del disarmo nucleare (Azione 15)

AIUTARE LA GENTE E I TERRITORI FERITI DALLE ARMI NUCLEARI

Assistenza alle vittime, bonifiche ambientali e internazionali
cooperazione e assistenza, (articoli 6 e 7), Azioni 19-32
- Tutti gli stati hanno concordato misure per creare un quadro per l'attuazione, tra cui:
- Consultare attentamente le comunità colpite in tutte le fasi e impegnarsi con i civili
società e sistema delle Nazioni Unite (Azioni 19 e 24)
- Istituire un rappresentante del governo (punto focale) responsabile di questo lavoro entro 3 mesi e adottare eventuali leggi nazionali per attuarla (azioni 21 e 22)
- Garantire i principi di accessibilità, inclusività, non discriminazione
per tutto; nonché trasparenza e considerare un formato di rendicontazione (Azioni
25 e 28)
- Esaminare come istituire un fondo fiduciario internazionale per finanziare questo lavoro (Azione 29)
- Gli Stati che si considerano colpiti dall'uso e dai test di armi nucleari hanno concordato di:
- Iniziare a rivedere l'impatto dell'uso delle armi nucleari nel loro paese entro la seconda riunione MSP (Azione 30)
- Sviluppare un piano nazionale per iniziare ad aiutare coloro che sono colpiti dall'uso delle armi nucleari e dei test per risanare l'ambiente entro il secondo incontro (Azione 31)
- Anche altri stati hanno deciso di fornire supporto, anche finanziario e tecnico, agli stati che si considerano colpiti (Azione 32)

INCLUSIONE DELLA SOCIETA' CIVILE E DELLE COMUNITA' PARTICOLARMENTE COLPITE

Principi di inclusività e cooperazione tra gli stakeholder nel
attuazione del Trattato, Azioni 39-42
- Oltre ai riferimenti all'inclusione nei documenti di esito, c'è una
sezione specifica di azioni per garantire che questo lavoro sia inclusivo e trasparente, comprendente le seguenti azioni:

Cooperare a stretto contatto con le Nazioni Unite, il Comitato Internazionale della  Croce Rossa, la campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari, il mondo accademico, le comunità colpite e altre organizzazioni della società civile (Azione 40)
- Facilitare la partecipazione attiva delle parti interessate e tenere conto
dei diversi bisogni delle persone nelle comunità colpite e delle popolazioni indigene e garantire una forte titolarità da parte di tutti gli Stati Parte (Azione 41)

APPROCCIO PROGRESSIVO DI GENERE AL DISARMO

Attuazione delle disposizioni di genere del TPNW, Azioni 47-50
- Il Piano d'azione di Vienna impegna gli stati a volgere il loro impegno per l'equità di genere, anche da parte di:
- Nominare un punto focale di genere per coordinare l'attuazione del genere
nelle disposizioni (Azione 48)
- Sviluppare linee guida per garantire un'assistenza sensibile all'età e al genere per coloro che sono stati danneggiati dall'uso e dai test delle armi nucleari e integrare le prospettive di genere in cooperazione e assistenza internazionale (azioni 49 e 50)

SOSTENERE IL LAVORO

Decisione sull'istituzione di una struttura intersessione per l'attuazione del trattato e aspetti aggiuntivi del sostegno in questo senso, Azioni 43-45
- Gli Stati hanno convenuto di istituire gruppi di lavoro informali per portare avanti queste azioni e un comitato per coordinarli, comprendente la società civile; e di riunirsi almeno una volta ogni trimestre.
- I gruppi di lavoro informali includono:
- Uno sull'universalizzazione, copresieduto da Sud Africa e Malesia;
- Uno sull'assistenza alle vittime, bonifiche ambientali; cooperazione internazionale
e assistenza, copresieduto da Kazakistan e Kiribati;
- E uno sull'attuazione dell'articolo 4, in particolare i lavori relativi alla futura designazione di (a) autorità internazionali competenti, copresiedute da
Messico e Nuova Zelanda.

 

Giovedì 23  giugno 2022 – sesta  puntata del Diario da Vienna  a cura di Alfonso Navarra, portavoce dei disarmisti esigenti

Il diario si trova con tutte le sue puntate sul sito dei Disarmisti esigenti al seguente link:  http://www.disarmistiesigenti.org/2022/06/18/andiarionuclearbanweekvienna/

Ricordo sempre che, oltre al modesto diario che propone il sottoscritto, per un resoconto completo e approfondito delle giornate, è bene dare un'occhiata al Reaching Critical Will's Nuclear Ban Daily (si vada su: https://reachingcriticalwill.org/disarmament-fora/nuclear-weapon-ban/1msp/reports). Oppure, per un riepilogo video, è possibile vedere MSP-TV (si vada su: https://vienna.icanw.org/live).

Rinvio anche al dialogo online che intratterremo domenica 26 giugno, dalle ore 18:00 alle ore 20:00, con l'iniziativa  "Tutto quello che avreste voluto sapere su Vienna-TPNW"  .

Ci si collega alla piattaforma google meet al seguente link: 

meet.google.com/ore-zyih-xwi 

Su radio radicale si trova l'intervista rilasciata, il 25 giugno 2022, da Alfonso Navarra ad Andrea Billau, al seguente link: 

Resoconto di Alfonso Navarra sulla Conferenza Onu di Vienna su Trattato di proibizione delle armi nucleari (25.06.2022) (radioradicale.it)

IL PERCORSO DELLA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI OGGI CONCLUDE UNA TAPPA IMPORTANTE 

La conferenza di Vienna termina con una dichiarazione di impegno per un mondo libero dalle armi nucleari. La sintesi del presidente austriaco include un piano d’azione per implementare il TPNW. Appuntamento a New York nel 2023 sotto la presidenza del Messico per la seconda revisione del Trattato (2MSP)

L'incontro a Vienna degli Stati parti del Trattato di proibizione delle armi nucleari è, sostanzialmente, filato liscio e si è concluso oggi alle 16:45, in anticipo sulla scaletta, con l'approvazione di una DICHIARAZIONE e con la sintesi del presidente austriaco della Conferenza ONU Alexander Kmennt, che ha  incluso il PIANO DI AZIONE per l'implementazione del Trattato.  

La Dichiarazione di Vienna - IL NOSTRO IMPEGNO PER UN MONDO LIBERO DALLE ARMI NUCLEARI -  si conclude con un chiaro proposito da parte dei 65 Stati ratificanti il TPNW:  "Di fronte ai rischi catastrofici posti dalle armi nucleari e nell'interesse della sopravvivenza stessa dell'umanità... Non ci fermeremo finché l'ultimo Stato non avrà aderito al Trattato, l'ultima testata non sia stata smantellata e distrutta e le armi nucleari non siano state completamente eliminate dalla Terra".

Su : http://www.disarmistiesigenti.org/2022/06/23/panoramicadocvienna1msp/ ‎

si trova la traduzione in italiano della panoramica dei due documenti, effettuata da ICAN.

QUI IL LINK AL TESTO UFFICIALE ONU DELLA DICHIARAZIONE

QUI IL LINK AL TESTO UFFICIALE ONU DEL PIANO DI AZIONE

La conferenza ONU, che si è svolta presso l'Austria Centre allo stesso Building della IAEA (l'Agenzia atomica), ha visto una presenza ed un ruolo molto importante della società civile, rete ICAN in testa, di cui Disarmisti esigenti e WILPF italia sono membri. 

Ogni mattina all'aula 291 (ore 9:00) ICAN ci si è incontrati per coordinare il lavoro della giornata e massimizzare il potere di parola delle ONG dal palco della conferenza.

Avremmo potuto forse fare molto di più, noi spezzone di una ampia delegazione italiana (6 persone, ma RIPD e Senzatomica erano in nove, non so se includenti il MIR) ma in piccolo abbiamo lavorato per i punti sollevati nei working paper che abbiamo proposto: complementarità di TPNW e TNP da favorire anche con una maggiore flessibilità di ingresso, riferimento più preciso alle mininukes (il problema è stato considerato nei documenti finali), la denuclearizzazione del Golfo di Trieste come applicazione della strategia dei disarmi unilaterali, la possibilità di intraprendere vie legali contro l'illegalità delle armi nucleari (si veda studio commissionato da ABBASSO LA GUERRA e altre associazioni a IALANA ITALIA). 

La conferenza si è riconvocata a New York nel 2023, dal 27 novembre al 1 dicembre, sotto la presidenza del Messico (a cui seguirà l'anno dopo la presidenza del Kazakistan). Le ultime parole di Kemmt per la chiusura sono state proprio: QUE VIVA MEXICO!

Noi, Disarmisti esigenti, proseguiremo con le info e con i commenti. Prestateci attenzione perché potete stare sicuri che i media italiani per lo più ignoreranno l'evento ed il suo significato; e se se ne occuperanno non lo faranno certamente con il nostro approccio culturale della "terrestrità" che si sforza di cogliere l'interdipendenza tra minaccia nucleare, minacia ecologico-climatica e minaccia dell'ineguaglianza sociale.

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Si possono  trovare le dichiarazioni nazionali a 1MSP ai seguenti due siti:

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Mercoledì 22 giugno 2022 - quinta puntata del Diario da Vienna a cura di Alfonso Navarra

APERTO UN POSSIBILE DIALOGO TRA PAESI NATO E IL PERCORSO DEL TPNW, CHE SI CONSIDERA COMPLEMENTARE RISPETTO AL TNP

L'intervento della Germania stamattina: siamo qui come osservatori perché condividiamo la preoccupazione che non ci sono progressi verso il disarmo nucleare"

Estratto del mio pezzo odierno.

Alla conferenza di Vienna, prima parte denominata "Segmento di Alto Livello", si susseguono le dichiarazioni degli Stati (alla fine del dibattito generale se ne conteranno 70) e gli interventi della società civile.

L'agenda ufficiale dell'incontro - l'elezione del Presidente (l'ambasciatore austriaco Kmentt), l'ordine del giorno, il regolamento interno e l'elenco delle ONG non accreditate ECOSOC (i Disarmisti esigenti sono tra queste) si sono svolte finora  senza problemi.

Va tenuto presente che tutti i paesi possono partecipare alla riunione fino alla chiusura; quindi, non l'invito proveniente dalla dirigenza ICAN è quello di non smettere di spingere affinché i governi refrattari si presentino anche all'ultimo minuto. Ma per l'Italia con Draghi e Di Maio, questo sforzo francamente pare fatica sprecata! Il nostro governo non ha il coraggio di chiarire la sua posizione a livello internazionale, a differenza di Germania, Belgio e Paesi Bassi, anche essi Paesi NATO, e Paesi della condivisione nucleare NATO.

Oltre al modesto diario che propone il sottoscritto, per un resoconto completo delle giornate, è bene dare un'occhiata al Reaching Critical Will's Nuclear Ban Daily (si vada su: https://reachingcriticalwill.org/disarmament-fora/nuclear-weapon-ban/1msp/reports). Oppure, per un riepilogo video, è possibile vedere MSP-TV (si vada su: https://vienna.icanw.org/live).

L'ordine del giorno della conferenza, approvato ieri, dà bene l'idea dei problemi in discussione e quindi del suo scopo.

Ogni mattina alle 9:00 ICAN riunisce i delegati della società civile per concordare le mosse e gli interventi da portare avanti nel corso dei lavori della conferenza.

Stamattina sono di particolare interesse gli interventi dei Paesi NATO e neutrali presenti come "osservatori".

Il punto distintivo dell'intervento, per conto del governo tedesco, dell'ambasciatore Bohn, rispetto agli USA e alle altre potenze nucleari è però il riconoscimento di un possibile contributo positivo da parte del TPNW, che la NATO esclude.

"Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari vieta, tra le altre cose, il dispiegamento, il possesso e il transito, lo stoccaggio e lo stazionamento di armi nucleari.

Questi ampi divieti creano un conflitto di interessi tra il TPNW e le responsabilità che gli alleati NATO hanno assunto. Per questo motivo né la Germania né altri membri NATO hanno aderito al TPNW.

Tuttavia, il governo federale condivide la preoccupazione degli Stati parti del TPNW per la mancanza di progressi nel settore del disarmo nucleare".

Bohn conferma che il governo federale, (in dissonanza con le posizioni ufficiali della NATO, questo lo sottolinea il sottoscritto), "proseguirà il dialogo con gli Stati parti del TPNW sulla questione di come si possano compiere ulteriori progressi in materia di disarmo nucleare nell'attuale contesto di sicurezza".

Gira e rigira, tutto l'ordine (o il disordine, forse è un termine più acconcio per descrivere la situazione) nucleare internazionale in via di evoluzione, ruota intorno al nodo della possibile complementarietà del rapporto tra TPNW e TNP. Che significa che i due sistemi giuridici (e magari in futuro) organizzativi sono "complementari"?

Una risposta tenta di darla una proposta, elaborata da Irlanda e Tailandia, per rendere compatibili e complementari TNP e TPNW alla luce della implementazione (e dell'allargamento ad altri Stati, inclusi gli Stati NATO) del secondo.

Questo documento parte dalla premessa che: "In assenza di un quadro giuridicamente vincolante e vista la lentezza ritmo di attuazione degli impegni concordati in materia di disarmo del TNP, i negoziati e l'adozione del Trattato di proibizione sono uno sforzo da parte degli Stati non dotati di armi nucleari di progredire verso la piena attuazione dell'articolo VI del Trattato di non proliferazione. Questo è, dopotutto, un obbligo per tutti gli Stati parti del Trattato di non proliferazione.
Lungi dall'intaccare il Trattato di non proliferazione, l'insieme completo di divieti previsti dal Trattato di proibizione danno concreta espressione al “misure efficaci” per il disarmo nucleare previste nel Trattato di Non Proliferazione".

Da questa premessa nascono le raccomandazioni di Irlanda e Tailandia, in realtà facilitatori di un dibattito collettivo, alla Conferenza degli Stati parti del TPNW.

A questo punto possiamo porre una domanda: se riteniamo compatibile e complementare il TPNW con il TNP, perché non lo dovrebbero essere altrettanto la campagna ICAN e la campagna per il NO first use?

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Alla conferenza di Vienna, prima parte denominata "Segmento di Alto Livello", si susseguono le dichiarazioni degli Stati (alla fine del dibattito generale se ne conteranno 70) e gli interventi della società civile. Queste dichiarazioni sono tutte del medesimo tenore. Si concentrano sulla crescente necessità di questo trattato come risposta alle minacce di utilizzare armi nucleari ed evidenziano il loro apprezzamento per i nuovi stati parti del TPNW: le ultime adesioni portano i ratificanti da 62 a 65.

L'agenda ufficiale dell'incontro - l'elezione del Presidente (l'ambasciatore austriaco Kmentt), l'ordine del giorno, il regolamento interno e l'elenco delle ONG non accreditate ECOSOC (i Disarmisti esigenti sono tra queste) si sono svolte senza problemi.

Per quanto riguarda la società civile, ecco alcune aggiunte rispetto a quanto resocontato ieri.  Etica Responsible Investments ha rilasciato una dichiarazione a nome di 37 investitori, che rappresentano 230 miliardi di euro di asset in gestione. Sono intervenuti i sindaci di Hiroshima e Nagasaki, così come Merle Spellerberg, membro del Bundestag tedesco, quando ha presentato i parlamentari per il TPNW e l'esito della loro discussione.

Va tenuto presente che  tutti i paesi possono partecipare alla riunione fino alla chiusura, quindi non l'invito proveniente dalla dirigenza ICAN è quello di non smettere di spingere affinché i governi refrattari si presentino anche all'ultimo minuto. Ma per l'Italia con Draghi e Di Maio, questo sforzo francamente pare fatica sprecata!  Non c'è il coraggio di venire a chiarire la propria posizione davanti alla comunità internazionale, a differenza di Germania, Belgio e Paesi Bassi, altri Paesi NATO. E Paesi della condivisione nucleare NATO.

Sembrano lontani i tempi in cui, nel 2017, sia il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che il sottosegretario Manlio Di Stefano, allora entrambi all'opposizione, misero le loro firme, insieme ad altri 244 parlamentari, un record a livello mondiale,

“C’è rammarico per la decisione presa dal governo che perde l’occasione di poter discutere al tavolo, con rappresentanti di Paesi e società civile provenienti da tutto il mondo, il tema del disarmo nucleare reso sempre più urgente dal conflitto in Ucraina" sottolineano Rete Italiana Pace e Disarmo e Senzatomica.

Francesco Vignarca e Daniele Santi sono anche essi tra i delegati ICAN che circolano nelle sale dell'Austria Centre, building M, lo stesso della IAEA.

La dichiarazione di "Etica Responsable Investiment" è rinvenibile al seguente link:

https://divest.icanw.org/investors_address_1msp

Al seguente link si dà notizia del lancio dei "Parlamentari per il TPNW"

https://www.icanw.org/parliamentarians_for_tpnw_launched

Oltre al modesto diario che propone il sottoscritto, per un resoconto completo delle giornate, è bene dare un'occhiata al Reaching Critical Will's Nuclear Ban Daily (si vada su: https://reachingcriticalwill.org/disarmament-fora/nuclear-weapon-ban/1msp/reports ). Oppure, per un riepilogo video, è possibile vedere MSP-TV (si vada su: https://vienna.icanw.org/live).

Andiamo ora sull'ordine del giorno della conferenza, approvato ieri, che dà bene l'idea dei problemi in discussione e quindi del suo scopo.

1. Apertura della Riunione.
2. Elezione degli incarichi ufficiali:
(a) Elezione del Presidente;
(b) Elezione di altri funzionari.
3. Introduzione del Presidente.
4. Sessione di apertura ad alto livello: discorso del Segretario generale delle Nazioni Unite e indirizzi di funzionari di alto livello.
5. Adozione dell'ordine del giorno.
6. Adozione del regolamento interno.
7. Conferma del Segretario Generale dell'Assemblea.
8. Organizzazione del lavoro.
9. Credenziali dei rappresentanti all'Assemblea:
(a) Nomina dei membri del Comitato Credenziali;
(b) Relazione del Comitato delle Credenziali.
10. Scambio di opinioni generale.
11. Esame dello status e del funzionamento del Trattato e di altre questioni
importanti per il raggiungimento degli obiettivi e delle finalità del trattato:
(a) Dichiarazioni riguardanti la proprietà, il possesso o il controllo delle armi nucleari (articolo 2);
(b) Universalità (articolo 12);
(c) Termini per la rimozione dallo stato operativo e la distruzione di armi nucleari e altri ordigni esplosivi nucleari e la loro rimozione dai territori nazionali (articolo 4);
(d) Autorità internazionale competente, compresa la verifica (articolo 4);
(e) Assistenza alle vittime, bonifiche ambientali e internazionali cooperazione e assistenza (articoli 6 e 7);

(f) Misure nazionali di attuazione (articolo 5);
(g) Altre questioni importanti per il raggiungimento degli obiettivi e delle finalità del
Trattato, come ad esempio:
io. Istituzionalizzare la consulenza scientifica e tecnica per l'efficace attuazione del Trattato;
ii. Struttura intersessione per l'attuazione del Trattato;
iii. Complementarietà del TPNW  con l'esistente regime di disarmo e non proliferazione.
12. Questioni finanziarie.
13. Preparativi per la seconda Riunione degli Stati Parte.
14. Altre questioni.
15. Esame e adozione del documento finale dell'Assemblea.
16. Chiusura dell'Assemblea

Ogni mattina alle 9:00 ICAN riunisce i delegati della società civile per concordare le mosse e gli interventi da portare avanti nel corso dei lavori della conferenza.

Stamattina sono di particolare interesse gli interventi dei Paesi NATO e neutrali presenti come "osservatori". I Paesi NATO che hanno preso la parola hanno rafforzato la loro condanna della minaccia russa di utilizzare armi nucleari durante l'aggressione militare dell'Ucraina.

Susy Snyder del board di ICAN osserva con una qualche ironia:

"È sempre bello vedere gli Stati (soprattutto quelli con armi nucleari nelle proprie politiche di sicurezza o sul proprio territorio) parlare dell'irresponsabilità e del pericolo in cui si trova il mondo quando un paese minaccia di usare armi nucleari. In modo schiacciante, gli stati osservatori si sono finora impegnati in modo costruttivo nelle discussioni, cercando modi per sostenere i principi umanitari nel trattato, compresa l'assistenza alle vittime e il risanamento ambientale, e suggerendo che questi temi dovrebbero essere trasferiti anche al TNP".

L'ambasciatore di Germania Rüdiger Bohn è intervenuto a Vienna  ribadendo che l'obiettivo di Berlino rimane "un mondo libero dalle armi nucleari". E fino a qui siamo nella normale retorica NATO, cui si conformano tutti gli Stati membri dell'Alleanza. Bohn ha ribadito che, nonostante l'aggressione russa dell'Ucraina, "sono necessarie deterrenza e difesa credibili per salvaguardare la nostra sicurezza in Europa", allo stesso tempo, "il governo federale è impegnato nell'obiettivo di un mondo senza armi nucleari e quindi anche una Germania senza armi nucleari". Sulla via verso questo obiettivo la Germania e tutta la comunità degli Stati avrebbero "urgente bisogno di un nuovo slancio per il disarmo nucleare. Il governo federale intende assumere un ruolo guida in questo settore".

Bohn ha sottolineato, come fanno tutti i membri NATO, che il pilastro su cui costruire il disarmo resta sempre il TNP.

"Per la Germania, il quadro centrale per l'azione nel campo del disarmo nucleare e della non proliferazione rimane il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), a cui hanno aderito quasi tutti i paesi del mondo. Nel contesto dell'iniziativa di Stoccolma, la Germania, in collaborazione con i partner, ha sviluppato proposte concrete per rafforzare il TNP e quindi ha aperto un modo per rendere il mondo più sicuro dalle armi nucleari".

Il punto distintivo rispetto agli USA e alle altre potenze nucleari è però il riconoscimento di un possibile contributo positivo da parte del TPNW, che la NATO esclude.

"Un altro forum di scambio sull' obiettivo comune di un mondo più sicuro dalle armi nucleari è l'incontro degli Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW), cui ora la Germania sta presenziando in qualità di Stato osservatore.  

Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari vieta, tra le altre cose, il dispiegamento, il possesso e il transito, lo stoccaggio e lo stazionamento di armi nucleari.

Questi ampi divieti creano un conflitto di interessi tra il TPNW e le responsabilità che gli alleati NATO hanno assunto. Per questo motivo né la Germania né altri membri NATO hanno aderito al TPNW.

Tuttavia, il governo federale condivide la preoccupazione degli Stati parti del TPNW per la mancanza di progressi nel settore del disarmo nucleare".

Bohn conferma che il governo federale, (in dissonanza con le posizioni ufficiali della NATO, questo lo sottolinea il sottoscritto),  "proseguirà il dialogo con gli Stati parti del TPNW sulla questione di come si possano compiere ulteriori progressi in materia di disarmo nucleare nell'attuale contesto di sicurezza".

L'ordine del giorno è continuato, con una discussione su modi e mezzi per convincere altri a partecipare al trattato, la strada considerata da ICAN verso l'universalizzazione. Indonesia e Costa Rica hanno fatto riferimento al working paper presentato a questa conferenza. Stati come la Malesia, che sono pronti a collaborare con il CICR, i Centri regionali per il disarmo delle Nazioni Unite e altri e terranno in seguito una tavola rotonda regionale sull'universalizzazione quest'anno.

Più tardi nel pomeriggio sono stati discussi gli articoli 6 e 7 del trattato sul risanamento ambientale e l'assistenza alle vittime. Guardando il piano a lungo termine per questi problemi. Gli interventi di Léna Normand e Hinemouera Cross dell'Associazione 193 (Polinesia francese) hanno fatto esplodere nella sala un fragoroso applauso e il presidente li ha ringraziati non solo per il loro intervento, ma per aver testimoniato gli orribili impatti a lungo termine delle armi nucleari su la loro patria e la loro salute.

Per illustrare questi impatti dei test e le comunità di resistenza in tutto il mondo, ICAN ha lanciato una mappa dei test nucleari per aiutare le persone a conoscere i test nucleari, le comunità colpite e l'attivismo per la giustizia.

La sessione si è conclusa con qualche minuto di anticipo e domani la bozza di dichiarazione sarà fatta circolare per la discussione e (incrociando le dita) l'adozione! Quando sarà bene messa a punto, ICAN farà circolare alcuni punti di discussione da utilizzare per la sensibilizzazione della stampa locale.

Ripensando all'intervento dell'ambasciatore tedesco, ecco quanto mi viene da osservare. Gira e rigira, tutto l'ordine (o il disordine, forse è un termine più acconcio per descrivere la situazione) nucleare internazionale in via di evoluzione, ruota intorno al nodo della possibile complementarietà del rapporto tra TPNW e TNP. Che significa che i due sistemi giuridici (e magari in futuro) organizzativi sono "complementari"?

Nel preambolo del TNPW troviamo riaffermato che "esiste l'obbligo di perseguire in buona fede e concludere negoziati che conducano al disarmo nucleare in tutti i suoi aspetti sotto un controllo internazionale rigoroso ed efficace". E ribadito inoltre che "l'attuazione completa ed efficace del Trattato di NonProliferazione delle armi nucleari, che costituisce la pietra angolare del disarmo nucleare e del regime di non proliferazione, ha un ruolo fondamentale per promuovere la pace e la sicurezza internazionali".

Quindi per lo stesso TPNW la pietra angolare del disarmo nucleare è il TNP. Esiste poi uno specifico articolo 18 dedicato ai rapporti con gli altri accordi che recita:

"L'attuazione del presente Trattato non pregiudica gli obblighi assunti dagli Stati Parti per quanto riguarda gli accordi internazionali esistenti di cui sono parte, laddove tali obblighi siano coerenti con il trattato".

L'articolo 4 del TNPW è strategico perché intitolato e indirizzato "Verso la totale eliminazione delle armi nucleari". L'articolo in questione recita che "Ciascuno Stato Parte che dopo il 7 luglio 2017 abbia detenuto, posseduto o controllato armi nucleari o altri dispositivi esplosivi nucleari e abbia eliminato il programma relativo alle armi nucleari, compresa l'eliminazione o la conversione irreversibile di tutte le strutture correlate alle armi nucleari prima dell'entrata in vigore di questo Trattato per tale Stato Parte, coopererà con l'autorità internazionale competente designata ai sensi del paragrafo 6 del presente articolo per verificare l'eliminazione irreversibile del proprio programma relativo alle armi nucleari". (...)

Al secondo comma troviamo scritto che : "Ciascuno Stato Parte che, in deroga all'articolo 1, lettera a), detiene, possiede o controlla qualsiasi arma nucleare o altri dispositivi esplosivi nucleari, deve immediatamente rimuoverli dallo stato operativo e distruggerli non appena possibile, ma non oltre un termine da determinare durante la prima Riunione degli Stati Parte, in conformità a un piano giuridicamente vincolante e con scadenza per l'eliminazione verificata e irreversibile del programma sulle armi nucleari di tale Stato Parte, compresa l'eliminazione o la conversione irreversibile di tutte le strutture connesse con le armi nucleari". (...)

Al comma tre leggiamo: "Uno Stato Parte cui si applica il paragrafo 2, deve concludere un accordo di salvaguardia con l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica sufficiente a fornire garanzia credibile della non deviazione del materiale nucleare dichiarato da attività nucleari pacifiche, e dell'assenza di materiale nucleare o attività non dichiarate nello Stato nel suo complesso". (...)

Abbiamo una proposta, elaborata da Irlanda e Tailandia, per rendere compatibili e complementari TNP e TPNW alla luce della implementazione (e dell'allargamento ad altri Stati, inclusi gli Stati NATO) del secondo.

Questo documento parte dalla premessa che: "In assenza di un quadro  giuridicamente vincolante e vista la lentezza ritmo di attuazione degli impegni concordati in materia di disarmo del TNP, i negoziati e l'adozione del Trattato di proibizione sono uno sforzo da parte degli Stati non dotati di armi nucleari di progredire verso la piena attuazione dell'articolo VI del Trattato di non proliferazione. Questo è, dopo tutto, un obbligo per tutti gli Stati parti del Trattato di non proliferazione.
Lungi dall'intaccare il Trattato di non proliferazione, l'insieme completo di
i divieti previsti dal Trattato di proibizione danno concreta espressione al
“misure efficaci” per il disarmo nucleare previste nel Trattato di Non Proliferazione".
La conclusione è quindi che "le disposizioni del Trattato di proibizione sono pienamente coerenti con e complementari al Trattato di non proliferazione" e questo punto è stato sempre sottolineato dagli Stati aderenti al TNPW nelle sessioni di revisione del TNP.  Questo sarebbe motivato dal fatto che "inquadrando le armi nucleari attraverso il Trattato di proibizione, i suoi Stati parti hanno creato un quadro giuridico che può aiutare ad attuare l'articolo VI del Trattato di non proliferazione e raggiungere un mondo libero dalle armi nucleari – un obiettivo che tutti Gli Stati parti del Trattato di non proliferazione, compresi gli Stati dotati di armi nucleari, hanno pubblicamente dichiarato come loro obiettivo. Il Trattato di proibizione sostiene anche il obiettivi di non proliferazione del Trattato di non proliferazione. Attraverso il suo focus sulle conseguenze umanitarie e i rischi inerenti alle armi nucleari, il bando serve a sottolineare e rafforzare il tabù contro l'acquisizione delle armi nucleari".

Da questa premessa nascono le raccomandazioni di Irlanda e Tailandia, in realtà facilitatori di un dibattito collettivo, alla Conferenza degli Stati parti del TPNW, che di seguito riportiamo.

"La complementarità tra Trattato di proibizione e non proliferazione Trattato è già accettata dagli Stati parti del Trattato di proibizione. Tuttavia, il continuare a sottolineare e sensibilizzare rispetto a questa complementarietà tra gli Stati non parti, in maniera fattuale, potrebbe aiutare a perseguire gli obiettivi universalizzazione ai sensi dell'articolo 12 del Trattato di proibizione. In questa  prospettiva, dovrebbe essere data considerazione alle seguenti eventuali raccomandazioni per la prima Riunione di Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari:
(a) Gli Stati parti potrebbero, come parte dei documenti finali del loro primo
meeting, includere un linguaggio specifico per riconoscere la compatibilità di, e
complementarità tra il Trattato di proibizione e il Trattato di non proliferazione;
(b) I documenti finali della conferenza potrebbero anche riconoscere che il futuro lavoro del Trattato di proibizione, compresa la designazione del autorità internazionale competente, dovrebbero essere condotte in modo da basarsi sulla complementarità esistente con l'attuale disarmo nucleare e regime di non proliferazione;
(c) Gli Stati parti del Trattato di proibizione sono incoraggiati a sottolineare il
complementarità del trattato con il disarmo e la non proliferazione esistenti, anche alle riunioni preparatorie della conferenza e le Conferenze di Riesame delle Parti del Trattato di Non Proliferazione, e con iniziative e raggruppamenti pertinenti relativi al disarmo nucleare;
(d) La prima Riunione degli Stati Parte al Trattato di Proibizione dovrebbe
prendere in considerazione la nomina di un facilitatore informale per esplorare ulteriormente e articolare i possibili ambiti di tangibile cooperazione tra il Trattato di Divieto e il Trattato di non proliferazione durante il periodo interesessionale;
(e) Il Trattato di proibizione dovrebbe cooperare con altri organismi internazionali,
come l'AIEA e la Commissione preparatoria per l'Organizzazione del Trattato per la messa al bando globale degli esperimenti nucleari, al fine di rafforzare la cooperazione, anche nei settori dei controlli e delle verifiche nucleari. Tale cooperazione dovrebbe rafforzare il complementarità tra il Trattato di Divieto, il Trattato di Non Proliferazione e l'articolo del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari;
(f) Gli Stati parti del Trattato di proibizione dovrebbero continuare a collaborare
su progetti di sensibilizzazione al fine di sensibilizzare non solo i Governi, ma
anche tra la società civile, il mondo accademico, i parlamentari e il pubblico in generale, compresi organizzazioni giovanili, per evidenziare la complementarità tra il Trattato di proibizione e l'attuale regime di disarmo e non proliferazione, compresi i trattati sulle  zone libere da armi nucleari".

A questo punto possiamo porre una domanda: se, in ambito pacifista e "proibizionista" (in riferimento all'abolizione delle armi nucleari), riteniamo compatibile il TPNW con il TNP, perché non lo dovrebbero essere altrettanto la campagna ICAN e la campagna per il NO first use?

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Martedì 21 giugno 2022 - quarta puntata del Diario da Vienna a cura di Alfonso Navarra

INIZIA A VIENNA LA CONFERENZA DI REVISIONE DEL TRATTATO DI PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

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Oggi, alle ore 10:00, è stata inaugurata dal presidente austriaco- l'Ambasciatore Alexander Kmentt, ministro degli esteri in carica - la prima riunione degli Stati Parti (MSP) del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW).

Ci sono all'Austria Center (settore M, nello stesso edificio che ospita l'IAEA, l'agenzia per l'energia atomica), parlamentari (ho intravisto Laura Boldrini), sostenitori, esperti di politica, attivisti, creativi, funzionari delle Nazioni Unite e molti altri partecipanti della società civile e dei governi. Decisivo il ruolo di ICAN che con Beatrice Fihn, direttrice esecutiva della Rete, ha preso la parola subito dopo il segretario generale dell'ONU Guterres ed il presidente della Croce Rossa, Peter Mauer. L'intervento di Beatrice: "L'adozione di questo TNPW è frutto del ruolo chiave della società civile. Lavoreremo con i governi per implementare e universalizzare il Trattato" è stato concordato in una assemblea mattutina di ICAN che si è svolta alle ore 9:00.

I quattro interventi iniziali hanno inaugurato quello che è denominato l'"High-Level Segment" di 1MSP (la sigla di questa conferenza ONU).

Sono lì, ad 1 MSP, tutte le persone e gli attivisti che hanno riempito l'aula, tra le quali la nostra delegazione di Disarmisti esigenti e WILPF Italia, per discutere i progressi del trattato, lo stato del disarmo e della non proliferazione e pianificare il futuro dell'abolizione giuridica che deve evolvere in eliminazione effettiva degli ordigni.

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In questa importante conferenza, gli Stati parti discuteranno le azioni necessarie per attuare gli obblighi previsti dal Trattato, comprese le azioni volte ad assistere le vittime dell'uso e dei test di armi nucleari, a risanare gli ambienti contaminati e soprattutto ad universalizzare il Trattato.

In questo senso, ad avviso dello scrivente, il vero nodo è se l'incontro coglierà il problema di una maggiore flessibilità in entrata del TPNW (era la proposta del nostro working paper che non siamo riusciti a pubblicare per motivi formali) e riuscirà a fissare una scadenza per l'eliminazione delle armi nucleari per gli Stati dotati di armi atomiche che decidessero di aderire al Trattato.

Nel momento in cui scrivo, sono in corso numerosi interventi, che alternano i delegati degli Stati ed esponenti della società civile. Quale esempio di un discorso svolto dalla seconda categoria di partecipanti, riporto sotto l' intervento del presidente del CICR, Peter Mauer.

Lo ritengo molto interessante perché batte sul punto che ritengo cruciale: trovare un modo di impattare sul Trattato di non proliferazione esplorando la complementarietà dei due strumenti, TNP e TPNW.

La posizione dei disarmisti esigenti è che il TPNW deve essere riconosciuto in sede di TNP come una forma di attuazione dell'articolo VI di questo ultimo; quindi bisogna andare ben oltre il terreno proposto dalla Croce Rossa, cioè "la fornitura di assistenza alle vittime e la bonifica dell'ambiente naturale influenzato dall'uso o dalla sperimentazione di armi nucleari"...

Per questo riconoscimento da parte del TNP occorrerebbe, per una parte, la volontà di procurarselo; per l'altra, che gli Stati non nucleari battessero le scarpe sui tavoli del TNP per ottenere quel rispetto dalle potenze nucleari che ancora non è loro accordato. Almeno così mi sembra. Ma voi che leggete, cosa ne dite?

Per ulteriori informazioni sulla prima riunione degli Stati parte, tornerò con una altra nota stasera; e comunque un consiglio è consultare il sito web della conferenza

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Peter Maurer: "La continua esistenza di armi nucleari è una delle più grandi minacce per l'umanità" | CICR (icrc.org)

Prima riunione degli Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari

Vienna, 21 – 23 giugno 2022

Eccellenze, Signore e Signori,

Oggi è un momento storico.

Ci siamo riuniti qui per mettere in atto il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) e per plasmare il futuro del disarmo nucleare.

Un decennio fa, questo poteva sembrare illusorio. Oggi, una proibizione globale, inequivocabile e completa delle armi nucleari – le armi più catastrofiche mai create – è una realtà.

Dobbiamo questa realtà agli sforzi instancabili di molti:

  • Gli Stati, che con convinzione e determinazione, hanno preso iniziative per portare avanti negoziati multilaterali significativi, sapendo che, a causa della vastità dell'impatto catastrofico delle armi nucleari, le preoccupazioni umanitarie dovevano venire prima di tutto.
  • Società Nazionali della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, che, insieme al CICR, non hanno cessato di chiedere l'abolizione delle armi nucleari da quando le prime bombe atomiche sono state fatte esplodere a Hiroshima e Nagasaki.
  • Organizzazioni della società civile audaci e ambiziose, che nel corso degli anni hanno contribuito a costruire l'impulso e lo slancio che hanno portato all'adozione del TPNW.
  • E il coraggio incrollabile e la speranza dei sopravvissuti all'uso e ai test delle armi nucleari, che hanno guidato i nostri sforzi fin dall'inizio e che non smettono mai di ispirarci. Dobbiamo loro questo trattato.

La continua esistenza di armi nucleari è una delle più grandi minacce per l'umanità. Il loro uso avrebbe conseguenze umanitarie catastrofiche, in grado di mettere in pericolo la sopravvivenza stessa del nostro pianeta. I rischi di tale uso sono in crescita, sia in termini di probabilità che di entità degli effetti.

In un momento in cui, sullo sfondo del conflitto in Ucraina, le teorie della deterrenza nucleare sembrano riacquistare vigore e apparente legittimità, è fondamentale rifocalizzare il dibattito su ciò che un uso di armi nucleari – anche una cosiddetta arma nucleare "tattica" a basso rendimento – significherebbe per civili e combattenti, e per l'ambiente naturale da cui tutti dipendiamo.

Se un'arma nucleare dovesse esplodere all'interno o nei pressi di un'area popolata, nessuno Stato o organismo internazionale potrebbe affrontare adeguatamente l'emergenza umanitaria immediata né le conseguenze a lungo termine, né fornire assistenza sufficiente alle vittime.

Perché è così importante concentrarsi sulle conseguenze delle armi nucleari? Perché sono il punto di riferimento rispetto al quale deve essere giudicata l'accettabilità morale, etica e legale di un'arma e devono essere valutate le teorie della deterrenza.

Infatti, mentre lo scopo dichiarato della deterrenza nucleare è quello di mantenere la sicurezza nazionale e regionale, l'esistenza di armi nucleari pone gravi rischi per la sicurezza umana – tra cui la salute individuale e collettiva, il benessere, la sicurezza ambientale e alimentare, così come il clima.

Sono le catastrofiche conseguenze umanitarie delle armi nucleari – sulla salute umana, sull'ambiente, sulle generazioni future – che rendono queste armi disumane, immorali e – dall'entrata in vigore del TPNW – anche illegali secondo il diritto internazionale convenzionale.

Alla luce di queste conseguenze, secondo il CICR, è estremamente dubbio che le armi nucleari possano mai essere utilizzate in conformità con le regole e i principi del DIU.

Inoltre, qualsiasi uso di armi nucleari sarebbe ripugnante per i principi dell'umanità e i dettami della coscienza pubblica. Qualsiasi minaccia di usare armi nucleari è, secondo il CICR, altrettanto ripugnante, perché implica la possibilità di utilizzarle effettivamente.

Il disarmo nucleare è un imperativo umanitario e legale urgente.

La proibizione globale delle armi nucleari mediante il TPNW è un passo cruciale verso la loro eliminazione, che è una responsabilità vitale della comunità internazionale nel suo complesso. In attesa di ciò, è necessario adottare con urgenza misure efficaci di riduzione dei rischi. Questa è in primo luogo la responsabilità degli Stati dotati di armi nucleari e dei loro alleati.

Eccellenze, Signore e Signori,

Ora è il momento non delle parole, ma dei fatti.

La prima riunione degli Stati parti è una pietra miliare importante per il successo del trattato. Stabilirà un quadro per l'effettiva attuazione e la progressiva universalizzazione del TPNW e sottolineerà il significativo valore aggiunto del trattato all'interno della più ampia architettura di disarmo nucleare e non proliferazione. Invierà un chiaro segnale che il trattato è uno strumento credibile in grado di avere un impatto reale.

A tal fine, è importante trovare un equilibrio tra ambizione e realismo.

Il CICR ha presentato un documento di lavoro con raccomandazioni concrete agli Stati Parti sull'attuazione del trattato e sull'esito di questo incontro, che vi incoraggio vivamente a considerare.

Anche la cooperazione e l'assistenza con gli Stati al di fuori del TPNW possono contribuire in modo significativo all'effettiva attuazione del trattato. È pertanto importante sviluppare sinergie, anche nel contesto del trattato di non proliferazione, ed esplorare la complementarità dei due strumenti, in particolare per quanto riguarda la fornitura di assistenza alle vittime e la bonifica dell'ambiente naturale influenzato dall'uso o dalla sperimentazione di armi nucleari.

Il CICR, e il più ampio Movimento della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, continueranno a lavorare instancabilmente per rafforzare l'adesione al TPNW e la sua attuazione, e per promuovere il disarmo nucleare, fino a quando l'obiettivo di un mondo libero dalle armi nucleari diventerà realtà.

Vi auguro un incontro di grande successo.

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LA RIUNIONE PARALLELA DI YOUTH FOR TNPW

Sempre oggi 21 giugno all'Austria Centre si tiene il primo MSP giovanile che si affianca  al meeting principale degli Stati sul Trattato sulla proibizione delle armi nucleari: per una giornata di workshop, conferenze, advocacy e pianificazione per il futuro.

La Youth MSP riunisce più di 130 giovani provenienti da tutto il mondo con la passione per il disarmo nucleare e la non proliferazione. I delegati di Youth for TPNW portano esperienza in advocacy, politica, creatività, campagne, legge e tanti altri campi.

Info al link: https://youthfortpnw.net/youthmsp2022/

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Risorse importanti relative a 1MSP sul sito ufficiale delle Nazioni Unite

Trattato sulla proibizione delle armi nucleari – Riunione degli Stati parti

Documenti

Note informative

TPNW/MSP/2022/INF/1 Informazioni per gli Stati parti, gli Stati osservatori e le organizzazioni intergovernative
TPNW/MSP/2022/INF/1/Rev.1 Informazioni per gli Stati parti, gli Stati osservatori e le organizzazioni intergovernative
TPNW/MSP/2022/INF/2 Informazioni per la partecipazione delle organizzazioni non governative
TPNW/MSP/2022/INF/2/Rev.1 Informazioni per la partecipazione delle organizzazioni non governative
TPNW/MSP/2022/INF/3 Progetto di programma di lavoro

Documenti ufficiali

TPNW/MSP/2022/1 Ordine del giorno provvisorio
TPNW/MSP/2022/2 Rapporto finanziario (avanzato inedito)
TPNW/MSP/2022/L.1 Regolamento interno provvisorio

Documenti di lavoro

TPNW/MSP/2022/WP.1 Designazione di un'autorità/autorità internazionali competenti: documento di lavoro presentato dai co-facilitatori, Brasile e Messico
TPNW/MSP/2022/WP.2 Rendere operative le disposizioni di genere del Trattato sulla
proibizione delle armi nucleari: documento di lavoro presentato da Cile, Irlanda, Messico e dall'Istituto delle Nazioni Unite per la ricerca sul disarmo
TPNW/MSP/2022/WP.3 Complementarità con l'attuale regime di disarmo e non proliferazione: documento di lavoro presentato da Irlanda e Thailandia in qualità di co-facilitatori
TPNW/MSP/2022/WP.4 Documento di lavoro presentato dal Comitato Internazionale della Croce Rossa
TPNW/MSP/2022/WP.5 Attuazione degli articoli 6 e 7: documento di lavoro presentato da Kazakistan e Kiribati in qualità di co-facilitatori
TPNW/MSP/2022/WP.6 Istituzionalizzazione della consulenza scientifica e tecnica per l'effettiva attuazione del trattato sulla proibizione delle armi nucleari: documento di lavoro presentato dal Presidente designato
TPNW/MSP/2022/WP.7 Attuazione dell'articolo 12 del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari: universalizzazione: documento di lavoro presentato dai co-facilitatori, Austria, Costa Rica e Indonesia
TPNW/MSP/2022/WP.8 Struttura intersessionale per l'attuazione del trattato: documento di lavoro presentato dal Presidente designato

Documenti per sale conferenze

TPNW/MSP/2022/CRP.1-4 Questi documenti della sala conferenze non sono stati resi disponibili pubblicamente.
TPNW/MSP/2022/CRP.5 Bozza di elenco dei partecipanti

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DAL SITO UFFICIALE DELLA CONFERENZA

Presidente designato della prima riunione di revisione del TPNW

Alexander Kmentt è direttore del Dipartimento per il disarmo, il controllo degli armamenti e la non proliferazione del ministero degli Esteri austriaco e presidente della prima riunione degli Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) del giugno 2022.

Dal 2016 al 2019, Alexander Kmentt è stato ambasciatore e rappresentante permanente presso il Comitato politico e di sicurezza dell'UE. Ha lavorato a lungo sulle questioni del disarmo, anche alla Conferenza sul disarmo e al CTBTO di Vienna. È uno degli architetti dell'iniziativa sull'impatto umanitario delle armi nucleari e del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW). È stato responsabile della Conferenza di Vienna del 2014 sull'impatto umanitario delle armi nucleari per la quale ha ideato l'Impegno umanitario. Questo impegno ha raccolto il sostegno di 135 Stati e ha spianato la strada ai TPNW del 2017.

Durante un anno sabbatico nel 2019-20 come Senior Research Fellow presso il King's College di Londra, ha scritto il libro The Treaty Prohibiting Nuclear Weapons: How it was achieved and why it matters (Routledge 2020). È stato eletto "Persona per il controllo delle armi dell'anno 2014" dalla Arms Control Association con sede negli Stati Uniti. Alexander Kmentt ha conseguito una laurea in giurisprudenza austriaca e un MPhil in Relazioni Internazionali presso l'Università di Cambridge (Regno Unito).

Da questo link si ottiene la panoramica della conferenza sul TPNW:

Presidente designato - Luogo delle riunioni dell'UNODA

La panoramica è divisa nelle seguenti sezioni:

Documenti
Dichiarazioni
Informazioni sulla partecipazione
Informazione per la società civile
Media
Eventi collaterali
Mostre
Webcasting

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Lunedì 20 giugno 2022 - terza puntata del Diario da Vienna a cura di Alfonso Navarra

LA CONFERENZA SCIENTIFICA DI VIENNA SULL'IMPATTO UMANITARIO DELLE ARMI NUCLEARI DENUNCIA CHE LA DETERRENZA E' UNA MINACCIA PER TUTTA LA VITA TERRESTRE

La NUCLEAR BAN WEEK di Vienna è arrivata a metà del suo percorso, al terzo giorno, e si avvicina al suo culmine: la revisione del Trattato di proibizione delle armi nucleari operata dagli Stati parte denominata con sigla 1MSP.

Oggi si è svolta, come da programma, all'Austria Center, la Conferenza scientifica sull'impatto umanitario delle armi nucleari (in sigla: HINW22Vienna), organizzata dal governo austriaco.

Basandosi sulle precedenti conferenze di Oslo (marzo 2013), Nayarit (febbraio 2014) e Vienna (dicembre 2014) , l'HINW22Vienna ha fatto il punto sui risultati chiave di queste conferenze, e ha presenterà nuove ricerche nelle sue tre sessioni di lavoro:

  1. Fatti chiave su conseguenze e rischi umanitari  delle armi nucleari;
  2. impatto delle armi nucleari sulla gente e sul pianeta
  3. i rischi della deterrenza nucleare.

Su basi scientifiche, da essa è provenuta una chiara e documentata denuncia: una "deterrenza" da considerare immorale e illegale ma in costante sviluppo quantitativo e di innovazione tecnologica, pur con una capacità di controllo sempre più a rischio, è un'urgenza globale che manifesta le armi nucleari quali una minaccia per la vita umana e per tutta la vita terrestre.

Ricercatori come Mary Olson hanno parlato del fatto che le donne hanno il doppio delle probabilità degli uomini di sviluppare il cancro a causa dell'esposizione alle radiazioni ionizzanti. Moritz Kütt è stato preciso nel ricordare a tutti che non esiste una piccola arma nucleare e Michael Mills ha fornito una visione aggiornata sull'impatto climatico dell'uso delle armi nucleari.

Nella terza sessione possiamo considerare di particolare importanza gli interventi svolti dagli scienziati Hans Kristensen e Zia Mian. Quest'ultimo propone una complessità dell'approccio (l'arma nucleare è la punta dell'iceberg di un "sistema violento") sulla quale i Disarmisti esigenti sono particolarmente sensibili.

La sintesi finale del presidente della Conferenza si trova al seguente link:

https://www.bmeia.gv.at/fileadmin/user_upload/Zentrale/Aussenpolitik/Abruestung/HINW22/Chair_Summary.pdf

Ecco un estratto dei suoi punti chiave:

È impossibile affrontare adeguatamente l'immediata emergenza umanitaria e le conseguenze a lungo termine della esplosione di  armi nucleari. Ciò per cui non possiamo prepararci, ciò a cui non possiamo rispondere, dobbiamo assolutamente fare in modo di prevenire.

L'inverno nucleare probabilmente colpirebbe l'intero globo anche dopo uno scambio nucleare regionale limitato e  provocherebbe il risultato drammatico
del calo della temperatura  e della luce solare bloccata per anni prima della carenza di cibo e della fame mortale in molte parti del mondo.

Mentre procediamo nella ricerca sull'impatto delle armi nucleari, apprendiamo che le detonazioni di armi nucleari sono più vaste, provocherebbero conseguenze globali e persistenti più a lungo di quanto potessimo pensare prima.

I test nucleari atmosferici, sebbene condotti decenni fa, sono responsabili di gravi effetti sulla salute e di una lunga durata della degradazione ambientale. Nuove analisi e tecniche possono consentire una migliore mappatura della contaminazione radioattiva globale, ed anche delle ricadute locali  con importanti implicazioni per le comunità colpite.

I rischi di scoppio di armi nucleari per incidente o errore, non autorizzato o intenzionale, hanno raggiunto un livello senza precedenti a causa delle politiche, delle strategie e delle ragioni tecnologiche.

La propagazione di un nucleare tattico più piccolo e meglio utilizzabile è sconcertante. Anche la detonazione di una singola cosiddetta piccola arma nucleare avrebbe effetti devastanti . Queste mininukes, inoltre, comportano un rischio molto elevato di escalation verso una guerra nucleare limitata o totale.

La minaccia dell'uso di armi nucleari dichiarata dai leader russi mostrano quanto sia reale questo rischio oggi e sottolinea la fragilità di un paradigma di sicurezza basato sulla Teoria della deterrenza nucleare. L'invasione russa dell'Ucraina sottolinea il fatto che le armi nucleari non prevengono grandi guerre, ma piuttosto incoraggiano gli stati dotati di armi nucleari a iniziare guerre.

La guerra tra stati armati nuclearmente non solo è possibile, ma è già successa più volte, ad es. nel Subcontinente indiano. Sappiamo che il conflitto nucleare non è un pericolo astratto, ma molto reale. Alla luce delle tensioni regionali e globali, esistono oggi diversi scenari plausibili in diversi parti del mondo per lo scatenamento di un conflitto nucleare.

Misure di riduzione del rischio sostanziali e non solo dichiarative sono certamente richieste a breve termine, ma solo  l'eliminazione delle armi nucleari offre una prevenzione efficace.

La teoria secondo cui la deterrenza nucleare può prevenire una guerra nucleare
è ulteriormente messa in dubbio dagli effetti del progresso tecnologico e dalla l'integrazione di nuove tecnologie nelle armi nucleari e nei sistemi e strutture decisionali  della deterrenza.

Entrambi i risultati sulle conseguenze umanitarie e sui rischi dell'uso e del possesso di armi nucleari sottolineano la necessità di mettere sempre  l'impatto umanitario catastrofico delle armi nucleari al centro del nostro lavoro fintanto che queste armi esistono. Perciò, questo approccio deve essere alla base di tutte le discussioni sulle armi nucleari.

Oggi dobbiamo registrare due fatti importanti:

1- gli Stati che hanno ratificato il TPNW raggiungono quota 65 dopo l'adesione di Capo Verde, Grenada, e Timor-Leste;

2 - agli osservatori di 1MSP si aggiungono Australia, Belgio e Olanda.

Durante la conferenza Patrizia Sterpetti, presidente di WILPF Italia, è riuscita a incontrare Sergio Monti, il rappresentante per l'Italia all'ONU di Vienna. Patrizia gli ha consegnato il libro sulla illegalità delle armi nucleari in Italia, lo studio IALANA commissionato da "Abbasso la guerra" e altre associazioni, tra le quali i Disarmisti esigenti. Ormai dovrebbe essere noto che il governo italiano ha deciso di presenziare solo all'incontro scientifico disertando invece quello politico-diplomatico che si aprirà, appunto, martedì 22 giugno.

Segnalo  questo link https://www.youtube.com/user/ICANinAction su cui è possibile vedere la registrazione dei principali eventi che si sono svolti durante il Forum delle ONG del 18-19 giugno.

Ricordo ancora che Il 18 e il 19 giugno abbiamo partecipato, la delegazione di Disarmisti esigenti e WILPF Italia, al Forum delle ONG organizzato da ICAN e il 19 sera alla conferenza "GIVE PEACE A CHANCE!" organizzata da ABFANG, IPB e WILPF http://abfang.org/peace-conference-vienna-june-19th/.

Che dire ancora? Bene, finalmente ci siamo. Inizia la prima Riunione degli Stati Parte del Trattato che bandisce le armi nucleari. Tutte le organizzazioni ICAN si aspettano che i governi che partecipano a questo incontro colgano l'opportunità per rispondere alle recenti minacce dell'uso di armi nucleari e all'aumento del rischio di conflitti nucleari.

Un consiglio per chi vuole dall'Italia la NUCLEAR BAN WEEK:  resta sintonizzato con gli aggiornamenti due volte al giorno su MSP-TV e vediamo cos'altro di positivo porterà questa settimana!

Questo il link:

https://vienna.icanw.org/msptv-by-ican?utm_campaign=3_ratifications_tpnw&utm_medium=email&utm_source=ican

 

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Domenica 19 giugno 2022 - seconda puntata del Diario a cura di Alfonso Navarra

SI CONCLUDE IL FORUM DI ICAN. PREVALE TRA I PARTECIPANTI IL SENSO DI AVERE IN TASCA IL VENTO IN POPPA DELLA STORIA. MA UNA MAGGIORE  CONSAPEVOLEZZA STRATEGICA NON GUASTEREBBE...

Buona Salute a tutt*, sono Alfonso Navarra, portavoce dei Disarmisti esigenti, tra le organizzazioni membre in Italia della rete ICAN (International to Abolish Nuclear Weapons), insignita nel 2017 del Premio Nobel per la Pace.

Da Vienna vi informo che abbiamo appena superato la prima tappa della "NUCLEAR BAN WEEK" con la due giorni del forum di ICAN. Le altre due tappe che stanno arrivando sono la conferenza scientifica del 20 giugno e gli Stati che si riuniscono per revisionare il Trattato di proibizione delle armi nucleari (in sigla: TPNW) dal 21 al 23 giugno (sigla della riunione ONU: 1MSP).

Beatrice Fihn, direttrice esecutiva di ICAN, ha concluso i lavori del Forum verso le 16:00 del 19 giugno ospitando sul palco il numeroso staff di volontari (circa 40 persone) che con le attività di servizio hanno supportato organizzativamente l'incontro.

Il suo commiato è stato una decisa esortazione, tra gli applausi e le grida di giubilo dei partecipanti, a rimboccarsi le maniche sostanzialmente sulle modalità di lavoro fin qui percorse.

Lo slogan è semplice e - ad avviso di chi scrive - rischia anche una declinazione semplicistica: "The ban is the plan". Si pensa cioé che il disarmo nucleare sarà la conseguenza della adesione progressiva degli Stati al TPNW. Siamo a quota 62 ratifiche, a poco a poco arriveremo a 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71, eccetera, insomma fino a includere, ratifica per ratifica, tutti i 193 Stati dell'ONU. Le potenze nucleari prima o poi firmeranno perché si convinceranno delle buone ragioni dei "proibizionisti" e saranno pressate dalla "stigmatizzazione" operata dall'opinione pubblica internazionale, mobilitata dai disarmisti e dai pacifisti.

Siamo stati oltre 600 attivisti qui a Vienna, con 50 eventi e oltre 100 relatori in due giorni: persone sopraffatte da un vortice di conversazioni settoriali più o meno approfondite, commoventi storie di sopravvissuti, serrati panel informativi.

La mattina l'introduzione era stata fatta dalla costaricana Elayne Whyte Gomez, che presiedeva i lavori della conferenza ONU che, il 7 luglio 2017, ha adottato il TPNW entrato poi in vigore il 22 gennaio del 2021, dopo la ratifica del 50esimo Stato.

Con Patrizia Sterpetti, la presidente di WILPF Italia, ho assistito questa domenica a due eventi, scegliendo tra altri tre che si svolgevano in contemporanea.

"Challenging Nuclearism and climate change", con Nyombi Morris e Hinamoeura Cross.

Subito dopo: "Impunity hides behind nuclear weapons" con Terrell Starr e Pavel Podvig.

Alle 14:30 ci siamo poi spostati di sala per seguire: "Sustain the momentum" con Allison Pytiak ed altre autorevoli personalità femministe.

Da questa discussione, Patrizia Sterpetti ed il sottoscritto, con Alessandro Capuzzo e con Fabio Sandri, siamo passati alla cerimonia finale con Beatrice Fihn, il momento festoso dei riconoscimenti allo staff e del saluto ai partecipanti.

Durante il grande festival avevamo potuto ascoltare in video il primo ministro della Nuova Zelanda e il ministro degli Esteri austriaco. Abbiamo ascoltato le testimonianze dei sopravvissuti ai test nucleari in Kazakistan, nelle Isole Marshall e in Nevada, così come i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki. Mentre tutto ciò era in corso, abbiamo saputo che altri Stati membri della NATO, Belgio e Paesi Bassi, hanno deciso di partecipare a 1MSP dal 21 giugno insieme a Germania e Norvegia. Anche l'Australia, un altro alleato nucleare degli Stati Uniti, parteciperà dopo le recenti elezioni che hanno portato a un nuovo primo ministro che è impegnato nel TPNW.

Per la partecipazione dell'Italia alla revisione del TPNW, invece, nessuna speranza si profila all'orizzonte. Anche se potremo registrare il contentino di una presenza ufficiale al convegno scientifico del 20 giugno, un incontro che però non comporta alcuna "compromissione" politica.

Domani, oltre 60 parlamentari di 30 paesi si incontreranno in preparazione per partecipare a 1MSP (la sigla della conferenza di revisione del TPNW) come osservatori non ufficiali dei loro paesi.

Nonostante, o forse a causa dell'invasione russa dell'Ucraina, la sensazione che prevale tra i delegati pacifisti a Vienna è sicuramente quella dello slancio storico che si muove verso l'abolizione delle armi nucleari.

E' stata messa a punto una notevole mole di pianificazione pratica e organizzazione per la prossima fase della campagna, che punta allo sfondamento del muro della NATO, forse sottovalutato nel suo spessore. Ciò significa, nelle indicazioni del Forum, lavorare più a stretto contatto con i parlamentari e le autorità locali, ma anche maggiori sforzi per disinvestire e lavorare con altri movimenti per ampliare le possibilità del movimento disarmista.

A me sembra che la formula del festival degli eventi sostituisca un dibattito assembleare che è sottovalutato e limitato sui problemi strategici che sfidano la campagna, con la guerra in Ucraina che invece è proprio lì a ricordarli. Probabilmente perché l'attivista tipico non si pone domande strategiche che identifica con l'astrattezza dei massimi sistemi: con stile anglosassone (anche se proveniente dall'Africa), misura il successo sui parametri quantitativi cui lo abituano modelli come la campagna contro le mine anti-uomo. La concretezza è avere un obiettivo semplice e chiaro e moltiplicare le adesioni su di esso: tutto il resto sarebbe bla bla politicista che non porta da nessuna parte.

Una parziale diversione, a mio avviso positiva, da questo abito mentale è stato invece l'evento "GIVE PEACE A CHANCE", organizzato, tra gli altri, dalla WILPF e svoltosi, subito dopo il Forum ICAN, dalle 18:00 alle 22:00, alla OGB Catamaran, sempre a Vienna.

Maggiori info su organizzatori e programma al link: http://abfang.org/termine/friedenskonferenz-19-6-2022/

L'evento, focalizzato sull'intreccio tra crisi ecologico-climatica e minaccia nucleare, ha mirato a mettere insieme temi ecologici e temi disarmisti. Come ha sottolineato la moderatrice, Katerina Anastasiou, di Transform Europe: "Il disarmo e la riconversione dell'industria bellica sono elementi essenziali della necessaria trasformazione verso un futuro eco-sociale. In questa prospettiva la cosa più importante è il bando definitivo delle armi nucleari".

Un contributo importante in apertura è stato "Voices for Peace from Ukraine and Russia". Un confronto in videoconferenza tra l'obiettore ucraino Yurii Sheliazenko e l'obiettore russo Oleg Boldrov.

Per la WILPF è intervenuta Heidi Meinzolt, ed hanno anche parlato esponenti dell'IPPNW, degli Amici della Terra, di World Beyond the War, dell'ITUC, delle IPB...

L'intervento della serata che ho trovato più interessante è stato quello di Rebecca Johnson, cofondatrice di ICAN, campista a Greenham Common, direttore dell'Acronym Institute for Disarmament Diplomacy. Tema: "The nuclear Weapon Ban Treaty: Opportunities and Next Step".

Ne riporto un momento significativo:

"Dai miei anni analisi della diplomazia del disarmo, mi sono convinta che l'immenso potere strutturale delle P5 (le cinque potenze nucleari al Consiglio di sicurezza dell'ONU) e le dinamiche del possesso nucleare da parte dei quattro stati dotati di armi nucleari al di fuori del TNP, erano tali che avevamo bisogno, per sbloccare la situazione, di un trattato di divieto netto e inequivocabile. Il trattato doveva avere chiari divieti sull'uso di armi nucleari e sulle principali attività che avrebbero permesso a chiunque di produrle, acquisirle e dispiegarle; e aveva bisogno di dichiarare l'obbligo di eliminare le armi nucleari con alcuni principi di base, percorsi legali e strutture evolutive adattabili per come ciò sarebbe stato fatto.

Questa strategia – andare dritti per un divieto delle armi nucleari ai sensi del diritto internazionale umanitario, negoziato in un forum che sarebbe stato aperto a tutti i governi ma bloccabile da nessuno (in altre parole, le regole dell'Assemblea Generale) – è stata una sfida per molte organizzazioni nei movimenti per la pace di vari paesi. È nato perché sempre più persone sentivano che il tempo stava per scadere.

In sostanza, questo essere diretti e radicali è stata la strategia rivoluzionaria basata sul trattato che ICAN ha portato avanti. Dietro le quinte, i membri del gruppo direttivo ICAN e un crescente nucleo di diplomatici e governi hanno messo in moto la strategia alla Conferenza di revisione del TNP del 2010. Dopo solo 7 anni alla conferenza di New York del luglio 2017 la nave è stata costruita, varata ed è vigorosamente salpata. La rotta è stata tracciata e non resta che tenere la barra dritta fino alla meta finale..."

L'elemento innovativo che caratterizza l'approccio di Rebecca è la consapevolezza che "il tempo stringe" e che, proprio in virtù di questa consapevolezza, occorre mobilitare i giovani sull'intreccio tra crisi nucleare e crisi climatica: per questo è stata tra le fondatrici di XR PEACE in Gran Bretagna.

"Avevo fatto parte del Consiglio del Bulletin of the Atomic Scientists dal 2001 al 2007, e così ho preso parte alle discussioni annuali su dove dovrebbero stare le lancette del "Doomsday Clock". Con l'aumento dei pericoli nucleari e la crescente consapevolezza della distruzione del clima come minaccia a livello di estinzione che richiede un'azione internazionale collettiva, chiaramente non abbiamo più il tempo di continuare ad assecondare gli stati dotati di armi nucleari che hanno bloccato la maggior parte, se non tutti, i passi pratici proposti nelle conferenze del Trattato di non proliferazione, ormai ridotte a tribune inconcludenti".

Rebecca ha individuato il prossimo fronte della avanzata del TPNW nella evaporazione della condivisione nucleare NATO:

"Essenzialmente, il principale ostacolo al disarmo nucleare è che il P5 è diventato presto dipendente dallo status internazionale, dal potere interno, dall'amplificazione della proiezione di forza (come la vedevano) e dai cosiddetti "diritti" che amavano credere che le armi nucleari conferissero. Le loro giustificazioni, e la sfilata delle loro armi, hanno giocato un ruolo importante nel guidare la proliferazione, così che ora ci sono nove nazioni dotate di armi nucleari e molti più rischi e pericoli nucleari.

La NATO è nata come un'alleanza militare guidata dagli Stati Uniti, ma non era inevitabile che dovesse essere anche un'alleanza nucleare. Nella Guerra Fredda, le politiche degli Stati Uniti hanno reso le armi nucleari una caratteristica centrale della NATO, ma questo non è mai stato fondamentale per lo scopo di sicurezza dell'alleanza, i cui membri sono stati a lungo divisi e in conflitto sulle armi nucleari e le loro dottrine e politiche per il dispiegamento e l'uso. Per le loro ragioni militari-industriali e nucleari-economiche, gli Stati Uniti e il Regno Unito sono i principali motori della NATO per essere una "alleanza nucleare". (La Francia dotata di armi nucleari usa diversi argomenti, basati sulla sua umiliante occupazione nella guerra del 1939-45.)

Il TPNW è stato legalmente inquadrato per consentire ai membri della NATO di aderire purché pongano fine ad attività proibite come lo stazionamento di armi nucleari. E recenti sondaggi di opinione mostrano un forte e crescente sostegno al trattato in molti paesi della NATO, compresi i cinque che "ospitano" armi nucleari statunitensi sul loro territorio: Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia".

Su una linea di approccio simile, la considerazione "strategica" di spazi aperti dai trattati internazionali, ha concluso la serata Alessandro Capuzzo, del movimento antinucleare di Trieste, in delegazione a Vienna con i Disarmisti esigenti.

Anche qui mi sembra importante lasciare ampio spazio al suo intervento, ricalcato sul working paper che ha indirizzato alla 1MSP di Vienna:

"Il Trattato sulla messa al bando delle armi nucleari, che la maggior parte dei paesi membri delle Nazioni Unite ha istituito in base pressione della Campagna Internazionale per l'Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN), di cui come Disarmisti esigenti siamo parte, può cambiare gli equilibri di potere tra stati nucleari e non, grazie a l'introduzione di una sostanziale trasparenza a vantaggio della società civile e dell'insieme Umanità.
In quanto cittadini del territorio che il Trattato di Pace del 1947 definì smilitarizzato e neutrali, siamo particolarmente felici e coinvolti nel percorso proibizionista.
Il Golfo di Trieste ospita, in contrasto con il Trattato di Pace, due porti militari di transito nucleare, Trieste in Italia e Koper-Capodistria in Slovenia. E la presenza stessa dei due centri urbani rende impossibile prevenire seriamente gli incidenti, che possono scaturire dai motori a  propulsione nucleare propulsione delle navi, dalla presenza a bordo di armi di distruzione di massa, e dalla possibilità di diventare un bersaglio nucleare.
Inoltre, il segreto imposto "per motivi di sicurezza" sulle notizie necessarie per una puntuale informazione, impedisce la valutazione del rischio in relazione ai pericoli esistenti; esso costringe le istituzioni a omettere parti importanti di informazioni e di conseguenza nasconde le situazioni di pericolo per la popolazione.
Pertanto, proponiamo alla Conferenza di Vienna per la revisione del TPNW l'avvio di casi studio sul rischio, e sulla mancanza di trasparenza in materia nucleare, da affidare alla Scuola di Prevenzione Nucleare dell'Agenzia Atomica (AIEA), presso il Centro Internazionale per la Fisica Teorica di Miramare a Trieste.
Interessanti casi di studio si potrebbero intraprendere anche per i dodici porti nucleari militari italiani (oltre a Trieste, Venezia, Brindisi, Taranto, Augusta, Castellammare di Stabia, Napoli, Gaeta, Livorno, La Spezia, La Maddalena e Cagliari) e per le basi aeree nucleari terrestri di Aviano e Ghedi. E chiediamo - sempre ispirandosi al Trattato per la messa al bando delle armi nucleari - una ripresa dei colloqui per la denuclearizzazione del Mare Mediterraneo, che coinvolga il nostro Golfo: teniamo sempre presente che esso è legalmente vincolato dal Trattato di Pace con l'Italia dopo la seconda guerra mondiale, alla Demilitarizzazione e alla  Neutralità. Oggi, a cinque anni dalla sua approvazione, il Trattato è finalmente entrato in vigore e siamo, popolo della pace, a Vienna per esaminarne il contenuto e l'attuazione. Invitiamo gli Stati firmatari a considerare la proposta, e la sua fattibilità, resa possibile dai due Trattati citati nel Documento di lavoro del 2017: il divieto nucleare o TPNW e il Trattato di pace del 1947 con l'Italia.
Un invito particolare è rivolto agli Stati iscritti nel Trattato di Pace con l'Italia,
per il diritto di utilizzo del Porto Franco Internazionale di Trieste: Austria, Cechia, Francia, Great Gran Bretagna, Italia, Polonia, Slovacchia, Stati Uniti, Svizzera, Ungheria e tutti i paesi emersi dalla Jugoslavia e dall'Unione Sovietica.
Oltre a quanto menzionato, Australia, Belgio, Bielorussia, Brasile, Canada, Cina, Etiopia, sono coinvolti nel Trattato di pace con l'Italia anche Grecia, India, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Ucraina e Sud Africa".

A conclusione di questa mia seconda puntata del diario da Vienna, tornando ad aspetti più immediatamente logistici ed operativi, ricordo che oggi parteciperò in qualità di giornalista accreditato da "IL SOLE DI PARIGI" alla Conferenza di Vienna del 2022 sull'impatto umanitario delle armi nucleari (HINW22Vienna), che si svolgerà presso l'Austria Center.

La conferenza riunirà rappresentanti statali, organizzazioni internazionali, comunità scientifica, sopravvissuti e società civile per discutere ed esplorare ricerche consolidate e nuove sulle conseguenze umanitarie e sui rischi delle armi nucleari.

Vi sarà la partecipazione del coordinamento ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons)  https://vienna.icanw.org/humanitarian-impact-conference

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Sabato 18 giugno 2022

INIZIA IL FORUM DI ICAN. BEATRICE FIHN: "LANCEREMO UN PIANO PER LA FINE DELLE ARMI NUCLEARI"

Salute a tutti, sono Alfonso Navarra, portavoce dei Disarmisti esigenti. Obiettivo Vienna, la "Nuclear Ban Week", sono partito in treno venerdì 17 giugno dalla Stazione di Lambrate a Milano (ore 21:25) e, dopo un viaggio con imprevisti e ritardi, con lo scompartimento pieno zeppo di ucraini riluttanti a parlare della guerra, sono arrivato nella capitale austriaca alle ore 10:15,.

Il ritardo del treno mi ha fatto mancare l'apertura del Forum Internazionale di ICAN sulla messa al bando delle armi nucleari. Patrizia Sterpetti, presidente di WILPF Italia, invece era già arrivata ieri, ed ha potuto presenziare, con le altre delegate WILPF, all'apertura dei lavori (ore 9:00, Aula der Wissenshafen, 27a): lei potrà essere più precisa nel descrivere questa parte dei lavori.

Alessandro Capuzzo, responsabile della denuclearizzazione del Golfo di Trieste, è giunto anche esso  in mattinata avanzata, con un volo da Palermo.

Ci incontriamo, Alessandro e io, alle 15:00, davanti all'appartamento messoci a disposizione di un attivista austriaco per darci la possibilità di soggiornare durante questa "Settimana di iniziative antinucleari", che prevede anche un convegno scientifico (il 20 giugno), oltre alla vera e propria Conferenza degli Stati firmatari del TPNW, dal 21 al 23 giugno.

Chi non ha potuto sobbarcarsi le spese e la fatica del viaggio, potrà comunque partecipare a distanza al forum di ICAN caratterizzato da un (forse troppo) nutrito programma di discussioni.

Potete registrarvi gratuitamente qui https://vienna.icanw.org/registration e connettervi al mondo per la messa al bando delle armi nucleari!

*Qui potete trovare il programma dettagliato : https://vienna.icanw.org/program

Le centinaia di partecipanti al Forum di Vienna sono stati accolti dal saluto di Beatrice Fihn, direttrice dell’International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN). 

Nel suo discorso Beatrice ha sottolineato come l'organizzazione abbia lavorato duramente  per rendere il Forum e gli eventi della settimana il più inclusivi possibile.

"Questo significa - informa Beatrice - che siamo in grado di trasmettere in streaming due delle tappe per tutta la durata del Forum.

È un'opportunità davvero entusiasmante e invitiamo tutti a collegarsi in diretta su vienna.icanw.org/live.

Naturalmente, non tutti avranno la possibilità di seguire tutte le numerose sessioni in programma nei prossimi due giorni (o addirittura durante tutta la Settimana per la messa al bando del nucleare). Siamo quindi lieti di comunicarvi che la nostra "MSP TV" vi offrirà un riassunto, i punti salienti e gli approfondimenti di tutta la Settimana per la messa al bando del nucleare. Inizieremo domenica sera per concludere il Forum e poi saremo in diretta due volte al giorno (09:30 e 17:30 CEST) per tutto il resto della settimana. I dettagli su come accedere a MSP-TV arriveranno presto!

Questa settimana è incentrata sull'obiettivo di avvicinarci a un mondo privo di armi nucleari. Dall'energia e dal coinvolgimento delle persone al Forum, alla responsabilizzazione dei decisori politici con informazioni sulla conferenza sugli impatti umanitari, e infine alla presa del bando e alla sua trasformazione in un piano per la fine delle armi nucleari".

Un dato importante è che abbiamo avuto fresca fresca la conferma, comunicata dal sottosegretario Benedetto Della Vedova, che il governo italiano non parteciperà ai lavori, neanche in veste di osservatore, alla Conferenza degli Stati parti del Trattato per la proibizione delle armi nucleari.

Dobbiamo quindi deplorare il fatto che il nostro Paese non sarà tra i circa cento governi che parteciperanno agli incontri di Vienna, dove è prevista anche la presenza di Stati non firmatari del Trattato come Svezia, Finlandia e Svizzera e anche alleati Nato, alla pari dell'Italia, come Germania e Norvegia. Il Ministero degli Esteri, secondo quanto riferisce la Rete Italiana Pace e Disarmo,  ha però confermato che il rappresentante italiano presso le Nazioni Unite di Vienna parteciperà alla Conferenza sugli impatti umanitari delle armi nucleari in programma lunedì 20 giugno, appena prima della Conferenza degli Stati Parti, ed organizzata dal governo austriaco.

Con Alessandro Capuzzo, più appartati, abbiamo ridiscusso lungamente il senso del contributo dei Disarmisti esigenti a questo Forum e alla Nuclear Ban Week. Abbiamo confermato il nostro intento di puntare sull'evento collegato: "GIVE PEACE A CHANCE", che si terrà il 19 giugno (dalle ore 18:00 alle ore 22:00), e di cui Alessandro sarà tra i relatori.

Cercheremo, assistendo alle discussioni, di capire fino a che punto  sta maturando, nel percorso del bando all'interno delle sue varie componenti, una consapevolezza strategica che vada oltre il marketing sociale che affligge tante campagne di successo, ma che toccano aspetti di importanza relativa, non un problema decisivo per la stessa sopravvivenza dell'umanità.

È molto importante che si adotti un approccio olistico ed in questa prospettiva il coinvolgimento dei movimenti ambientali che stanno svegliando le giovani generazioni: anche per questo ci sembra utile concentrare le nostre scarse energie e mezzi di influenza sull'evento citato, proprio in quanto ripone le chance della pace nell'occuparsi della crisi climatica ed ecologica.
 
Consapevolezza strategica è tentare pragmaticamente tutte le strade che promettono risultati utili, atti unilaterali anche locali di denuclearizzazione, a livello europeo ma anche di aree con caratteristiche storiche particolari (ad esempio il golfo di Trieste).
La via legale di cui tenta di porre le basi l'iniziativa promossa da "Abbasso la guerra" (con altre 21 associazioni, tra le quali i Disarmisti esigenti) - lo studio sulla illegalità delle armi nucleari commissionato ad IALIANA ITALIA - può essere una ulteriore strada da perseguire.
E speriamo infine che a livello degli stati si affermi uno spirito di rivolta all'ordine nucleare costituito che possa condizionare i lavori del  Trattato di non proliferazione. Il problema, infatti, non è solo e tanto un accrescimento numerico lineare degli Stati che aderiscono al TPNW, ma quello di fare pesare quanto già simbolicamente costituiscono all'interno proprio delle sessioni del TNP.
Infine le considerazioni che ci sollecitano le conseguenze che sempre più vediamo dipanarsi con la guerra che ha come epicentro l'Ucraina.
Oggi possiamo affermare su basi scientifiche che l'attività militare, ovunque e comunque effettuata, come documenterà anche "GIVE PEACE A CHANCE", aggrava e avvicina la catastrofe che al momento è alla moviola, ma incede inesorabilmente: il riscaldamento climatico. Non ha più, tale attività, di cui il nucleare rappresenta il culmine estremo,  giustificazioni morali. Il motivo dovrebbe essere evidente: porta più vittime sui gruppi umani che non c'entrano nulla con il conflitto che si sta affrontando su un teatro localizzato.
Ragioniamo un momento su un paragone oggi molto menzionato. Sono entrati a casa tua e i malviventi hanno preso in ostaggio tua figlia. Tu hai il diritto di difenderti ma non di fare saltare in aria l'intero condominio minacciando di fare esplodere la bombola del gas. Il pianeta Terra paragoniamolo a un condomino con le tubature rotte pieno di fughe di gas. La priorità dei condomini deve essere il risolvere insieme questo problema, i litigi per qualsiasi altro motivo vengono dopo.
Un mio vecchio amico antimilitarista, con cui mi è capitato intavolare delle discussioni, mi ha ribattuto che per lui la libertà viene prima della vita come criterio etico su cui decidere i comportamenti. Questo credo sia un ragionamento che, soprattutto oggi, si può fare solo se riferito a scelte individuali: a volte devo essere costretto a sacrificare la mia vita se voglio salvare la libertà e la vita degli altri che lottano contro le dittature per i diritti. Molti partigiani hanno saputo resistere alle torture dei nazisti che volevano sapere nome e ubicazione dei compagni. Ma a livello universale prendendo l'umanità come un insieme bisogna invece riconoscere che in cima a tutto deve essere posta la continuazione della vita. In un pianeta morto non esiste libertà e nemmeno speranza di libertà. In qualsiasi condizione dobbiamo riuscire a tenere accesa questa fiaccola, perché Sansone può morire con tutti i filistei ma non ha senso che muoia uccidendo tutti gli abitanti della Terra e il Creato che Dio ha affidato in custodia all'umanità. Questi ragionamenti non possono essere elusi nel momento in cui è la scienza ufficiale, ribadiamolo ancora, che ci avverte del rischio di collasso ecologico imminente. Un rischio che guarda caso ad esempio a Glasgow è stato riconosciuto sia dal rappresentante russo che da quello ucraino- e da quello statunitense- e che retoricamente vedremo riproposto da tutti i governi alla prossima conferenza sul clima in Egitto...
Intanto siamo a Vienna- noi Disarmisti esigenti- con altre 600 organizzazioni della società civile - per revisionare e fare appunto pesare nell'ordine internazionale il trattato di proibizione delle armi nucleari. Il disarmo nucleare dobbiamo proporlo come terreno di cooperazione unitario e non come arma di guerra contro chicchessia. La nonviolenza è il cammino che dobbiamo imparare a percorrere, la nonviolenza è efficace (dopo Gandhi non possiamo più negarlo) , e la nonviolenza efficace sono i progressi nel diritto internazionale comune. Questo oggi mi sento di doverlo affermare con la testimonianza dell'esempio e con scelte politiche conseguenti, nei confronti di ogni popolo della nostra madre comune Terra. Per le forme armate di resistenza a questa o quella oppressione forse il massimo di flessibilità lo si può adottare valutando quali sono i rischi di una eventuale escalation nucleare. Ma è bene che anche il palestinese valuti che se non si risolve il problema ecologico globale la Palestina è destinata a finire sotto acqua. Diceva Marx che la lotta di classe può anche finire con la rovina comune delle classi che si confrontano. Ed oggi nella pletora dei movimenti di liberazione nazionale siamo pieni di milizie armate mafiose, in collegamento con potenze straniere. Mi viene in mente l'Africa come triste esempio di questa situazione. Il crinale apocalittico della storia che stiamo vivendo dovrebbe portarci a privilegiare i problemi comuni che affliggono l'umanità e a mettere in secondo piano il resto: lo diceva già l'appello Russell-Einstein. Ma probabilmente salteremo tutti in aria perché qualsiasi disputa sui confini ci sembrerà ancora e sempre più importante e urgente...

Gentili amiche ed amici della stampa e dei media,

vi informiamo, se ancora non ne avete avuto notizia, che a Vienna si terrà dal 21 al 23 giugno 2022 la prima conferenza di revisione del Trattato di proibizione delle armi nucleari - TNPW (si noti bene: il TPNW va distinto dal Trattato di non proliferazione - TNP).

La sigla dell'incontro è 1MSP (sta per: primo meeting degli Stati parti) ed esso sarà preceduta dal Forum di ICAN (18 e 19 giugno), la rete delle organizzazioni della società civile, circa 600 nel mondo, insignita dal Premio Nobel per la pace nel 2017.

E subito dopo l'1MSP sarà preparato anche da una conferenza scientifica il 20 giugno sull'impatto umanitario delle armi nucleari.

Riepilogando, a Vienna avranno luogo tre eventi a formare un’unica NUCLEAR BAN WEEK.

Il 18 e il 19 giugno la rete ICAN riunirà il suo Forum.

Il 20 giugno l’Austria ospiterà una conferenza scientifica sull’impatto umanitario delle armi nucleari.

La prima sessione ufficiale di revisione del Trattato di proibizione delle armi nucleari, finora ratificato da 62 Stati e firmato da 86,  si svolgerà presso l’Austria Center dal 21 al 23 giugno.

A causa delle minacce nucleari della Russia in connessione con la sua invasione dell'Ucraina, e dei rischi di escalation della guerra con epicentro il Paese ex sovietico, le armi nucleari sono state in cima all'agenda internazionale questa primavera e hanno ottenuto molta copertura da parte dei media. Riteniamo quindi che gli eventi di Vienna siano un'eccellente opportunità per tutti le testate e i giornalisti per approfondire la qualità della copertura finora offerta per focalizzare meglio il pericolo costituito dalla deterrenza nucleare in sé.

ICAN a livello centrale ha messo insieme un dossier rivolto ai media che tutti voi potete utilizzare come base per il vostro lavoro informativo.

Dal punto di vista di ICAN si pensa che i seguenti due campi siano da sottolineare:

· La conferenza umanitaria è un'occasione unica per i giornalisti per ascoltare fatti e conoscenze di esperti sulle conseguenze delle armi nucleari in un momento in cui la minaccia di dover effettivamente affrontare tali conseguenze è in aumento. La conferenza mostrerà anche come i governi siano impreparati ad affrontare le possibili crisi nucleari e le loro conseguenze. Questa dovrebbe essere un'informazione essenziale da acquisire per qualsiasi giornalista che scrive di armi nucleari nel momento attuale.

· L'1MSP è il primo incontro multilaterale sulle armi nucleari dall'inizio della guerra e sarà l'incontro in cui ci aspettiamo che gli Stati condannino le minacce della Russia, diano il loro contributo per uscire dalla crisi bellica e facciano un piano su come procedere con il disarmo nucleare. La previsione è che parteciperanno circa 100 stati, inclusi alcuni stati della NATO (Germania, Norvegia, forse anche Danimarca e Irlanda), con lo status di "osservatori". Menzioniamo, con lo stesso status, anche Svizzera, Finlandia e Svezia, Paesi europei "neutrali" (gli ultimi due però si sono appena candidati per entrare nell'Alleanza atlantica). Da parte di ICAN  l'aspettativa è che una forte dichiarazione politica venga negoziata dalla maggioranza dei governi nel mondo per contrastare la crescente dipendenza dalle armi nucleari da parte degli Stati nuclearmente armati.

L'Italia non è tra gli Stati che hanno ratificato o firmato ma è da segnalare una recente risoluzione fatta approvare - 18 maggio 2022 - dalla Camera dei deputati, in commissione Esteri, che invita il nostro governo ad un "avvicinamento ai contenuti pratici e concreti proposti dal Trattato" . Nella parte dispositiva della Risoluzione si impegna infatti il Governo “a continuare a valutare(...), compatibilmente con (...) gli obblighi assunti in sede di Alleanza atlantica e con l’orientamento degli altri Alleati, possibili azioni di avvicinamento ai contenuti del Trattato TPNW, in particolare per quanto riguarda azioni di «Assistenza alle vittime e risanamento ambientale», considerando la grande tradizione umanitaria dell’Italia e come previsto dall’articolo VI dello stesso Trattato”.

Il documento è a prima firma Laura Boldrini ma è sottoscritto anche dai Deputati Delrio, De Micheli, Fassino, La Marca, Palazzotto, Quartapelle Procopio, Ehm, Migliore, Emiliozzi.

Alla camera un DDL di ratifica del TPNW è già stato presentato e si sta lavorando per presentarne uno al Senato, possibilmente con un numero significativo e trasversale di firmatari.

Noi, care amiche ed amici dei media, vi incoraggiamo a partecipare di persona al meeting di Vienna registrandovi per l'accredito stampa. Poiché le conferenze saranno trasmesse in live streaming, potete anche richiederci di inviarvi il link per collegarvi alla diretta dei lavori.

I delegati di ICAN dai vari Paesi sono anche disponibili a farvi da informatori e commentatori, se la vostra testata lo ritiene opportuno. Ovviamente il loro sarà un punto di vista ecopacifista, vale a dire convinto che, nell'interesse della sopravvivenza della nostra specie, il nucleare debba diventare il prossimo tabù della civilizzazione umana!

Tra i delegati ICAN dall'Italia  vi segnaliamo i seguenti nominativi:

Alfonso Navarra dei Disarmisti esigenti - alfiononuke@gmail.com (cell. 340-0736871)  

Alessandro Capuzzo della delegazione dei Disarmisti esigenti - compax@inwind.it

Patrizia Sterpetti di WILPF Italia - patty.sterpetti@gmail.com


Nuclear Ban Week Vienna

18 – 23 June 2022

Background information for media a cura di ICAN

2 Place de Cornavin - 1201, Genève, Switzerland 

+41 22 788 20 63 - icanw.org

Le armi nucleari sono tornate in cima all'agenda internazionale. L'invasione russa dell'Ucraina e le minacce di utilizzare armi nucleari hanno risvegliato i timori di una guerra nucleare e portato le terribili conseguenze dell'uso delle armi nucleari alla ribalta della coscienza pubblica. I presupposti decennali sulla sicurezza e la deterrenza sono stati ribaltati dall'oggi al domani, poiché la Russia usa le sue armi nucleari non per scoraggiare ma per costringere e intimidire: per facilitare l'aggressione e fornire una copertura per i crimini di guerra e le violazioni dei diritti umani.
Ora è più chiaro che mai che la sicurezza è impossibile finché esistono armi nucleari e i rischi di una catastrofe nucleare sono in aumento. I nove stati dotati di armi nucleari possiedono tra loro oltre 12.000 armi nucleari, molte in allerta e pronte per essere lanciate in pochi minuti. Il mondo ha urgente bisogno di un piano realistico e pratico per sbarazzarsi di queste armi. La Settimana del bando nucleare riunirà i governi, le organizzazioni internazionali e la società civile a Vienna dal 18 al 23 giugno per una serie di incontri ed eventi volti proprio a questo scopo.

21-23 June. Meeting of States Parties to the Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons, at the United Nations in Vienna. 

Il 21 e 23 giugno i governi si riuniranno per la prima riunione degli Stati parti del Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW), entrato in vigore il 22 gennaio 2021. Decideranno come portare avanti la missione del trattato, ora più urgente che mai: l'eliminazione totale delle armi nucleari nel mondo. In quanto prima conferenza intergovernativa sulle armi nucleari dall'inizio della crisi ucraina, l'incontro guiderà la risposta internazionale all'aumento del rischio di conflitti e catastrofi nucleari.
Si prevede che oltre 100 governi parteciperanno a questo incontro:

- per adottare una dichiarazione politica che risponda alle recenti minacce di utilizzo di armi nucleari e all'aumento del rischio di conflitti nucleari;

- per sviluppare procedure che forniscano assistenza alle vittime dell'uso o della sperimentazione di armi nucleari e consentano il risanamento ambientale;

- per decidere sugli aspetti chiave dell'attuazione del TPNW, comprese le scadenze per la distruzione delle armi nucleari da parte degli Stati dotati di armi nucleari che aderiscono al trattato;

- per espandere e rafforzare gli sforzi per aumentare l'adesione al trattato di fronte alle crescenti minacce di sviluppo e di uso delle armi nucleari.

Link

What’s in it for journalists?

Prima conferenza delle Nazioni Unite in cui forse 100 governi risponderanno direttamente alle minacce della Russia di utilizzare in guerra armi nucleari.
Accesso a ministri e alti funzionari dei paesi che guidano lo sforzo per fermare la minaccia delle armi nucleari, di fronte all'aspra opposizione degli Stati dotati di armi nucleari e dei loro alleati.
Prospettive sulle armi nucleari e sulla sicurezza da Stati al di fuori dell'Europa/NATO: Asia, Africa e America Latina.
Un'occasione per vedere un nuovo trattato audace e ambizioso che prende vita nonostante la feroce resistenza dei paesi più potenti del mondo.

Maggiori INFO sul Meeting degli Stati Parti: https://vienna.icanw.org/msp

L'accreditamento dei media sarà gestito dal Servizio d'informazione delle Nazioni Unite di Vienna (UNIS). I requisiti standard sono disponibili al seguente link: https://www.unvienna.org/unvienna/en/2nd/media-accreditation.html;  e le informazioni sui media e la registrazione delle Nazioni Unite per 1MSP possono essere trovate al link: https://meetings.unoda.org/section/tpnw-msp-1-2022_press-releases_19899/

20 June: International Conference on the humanitarian impacts of nuclear weapons, at the United Nations in Vienna.

Le minacce nucleari della Russia hanno portato a discussioni e speculazioni sulla possibilità che armi nucleari vengano utilizzate nel conflitto in Ucraina. Una tendenza preoccupante è il numero crescente di analisti militari e politici, sia in Russia che nei paesi della NATO, che cercano di normalizzare le minacce relative all'uso delle armi nucleari e di minimizzare l'impatto umanitario di qualsiasi loro utilizzo.

Questa conferenza fornirà ai governi e alla comunità internazionale un'analisi scientifica su quali sarebbero gli effetti della detonazione di armi nucleari in una regione densamente popolata come l'Europa. Quante persone sarebbero state uccise e ferite? I servizi medici e di pronto intervento potrebbero farcela? Fino a che punto si diffonderebbero gli effetti? Che dire del panico di massa e dei movimenti delle persone? Quali sarebbero gli effetti sanitari, economici e ambientali a lungo termine?
Il governo austriaco sta organizzando una conferenza sull'impatto umanitario delle armi nucleari il 20 giugno, in cui i principali esperti scientifici, medici e ambientali, operatori umanitari, analisti politici e sopravvissuti al nucleare affronteranno queste domande. Basandosi sul lavoro delle rivoluzionarie conferenze sull'impatto umanitario nel 2013 e nel 2014, i partecipanti svilupperanno le basi fattuali e scientifiche per un'azione globale verso l'eliminazione delle armi nucleari.

What’s in it for journalists?  

Accesso a fatti, cifre e dati per illustrare cosa significherebbe in realtà la retorica dei leader politici e militari sulle armi nucleari.
Contatto con i massimi esperti scientifici e tecnici sugli effetti delle armi nucleari.
Storie di prima mano di sopravvissuti all'uso e alla sperimentazione di armi nucleari.

Maggiori INFO sulla conferenza scientifica: https://vienna.icanw.org/humanitarian-impact-conference

Registratione per gli operatori dei media: bmeia.gv.at

Maggiori INFO sull'impatto umanitario delle armi nucleari: https://www.icanw.org/catastrophic_harm

20 June, Parliamentarian conference on banning nuclear weapons, at the United Nations in Vienna.

I parlamentari di tutto il mondo hanno svolto un ruolo cruciale nel convincere i governi ad agire sul disarmo nucleare e sono stati determinanti nella creazione del TPNW. Alla conferenza parlamentare dell'ICAN del 20 giugno, ospitata congiuntamente dal parlamento austriaco, i parlamentari di 15 paesi si incontreranno per discutere idee e strategie e pianificare i loro prossimi passi per convincere i governi a unirsi al TPNW e compiere veri progressi sul disarmo nucleare.

What’s in it for journalists?  

Prospettive politiche dei legislatori negli Stati dotati di armi nucleari e negli Stati nelle alleanze nucleari sulla necessità di cambiare la politica sulle armi nucleari.
Approfondimento sui meccanismi per costruire la volontà politica e influenzare la politica del governo.
Maggiori informazioni sulla conferenza: https://vienna.icanw.org/parliamentarian-conference

18-19 June, ICAN Civil Society Conference on building a larger movement against nuclear weapons, Aula der Wissenschaften.

Il Forum ICAN NuclearBan del 18-19 giugno riunirà una vasta gamma di competenze, idee ed energie della società civile provenienti da tutte le regioni del mondo: attivisti, scienziati, analisti, esperti medici e legali, accademici e sopravvissuti della Bomba. Pianificheranno le azioni nazionali, regionali e globali necessarie per portare avanti l'attuazione del TPNW ed eliminare le armi nucleari, in Russia e nel mondo. L'azione al NuclearBan Forum si svolgerà in quattro fasi distinte e sarà caratterizzata da una serie di workshop, relatori, pannelli e dialoghi interattivi.

 

What’s in it for journalists?  

Prospettive e analisi sulle questioni nucleari che forniscono un netto contrasto con la narrativa dei governi dotati di armi nucleari e sfidano idee ampiamente accettate sulla sicurezza.
Accesso a un'ampia gamma di attivisti ben informati, stimolanti e provocatori da tutto il mondo.
Un'occasione per vedere come funziona una coalizione della società civile globale vincitrice del premio Nobel nel definire, perseguire e raggiungere i suoi obiettivi.
Poter contattare giovani attivisti voci per il disarmo nucleare

Maggiori informazioni sul Forum: https://vienna.icanw.org/forum
Registrazione media per il Forum: https://vienna.icanw.org/press-and-media
Maggiori informazioni su ICAN: https://www.icanw.org/the_campaign

Contattare ICAN: press@icanw.org

L'ACCREDITAMENTO DELLA STAMPA

LETTERA DALLA BMEIA HINW22 (CONFERENZA NAZIONI UNITE SULL'IMPATTO UMANITARIO DELLE ARMI NUCLEARI) - 13 GIUGNO 2022

Caro Alfonso Navarra,
Siamo lieti di confermare il vostro accredito per la Conferenza di Vienna del 2022 sull'impatto umanitario delle armi nucleari (HINW22 Vienna).

Non vediamo l'ora di darvi il benvenuto alla conferenza del 20 giugno 2022 presso l'Austria Center Vienna (ACV).

La registrazione dei media inizierà alle 08:30. Per accedere ai locali e ritirare il badge, assicurati di portare con te una tessera stampa valida o l'originale della lettera di incarico della società di comunicazione commissionante e un documento fotografico ufficiale (carta d'identità, passaporto, patente di guida) insieme al tuo biglietto ( vedi allegato). Il biglietto non è trasferibile.

I dettagli sull'agenda aggiornata, le linee guida COVID-19, la domanda di visto e le informazioni pratiche sono disponibili sul sito web della conferenza www.hinw22vienna.at. Assicurati di controllarlo regolarmente per le attuali linee guida COVID-19. Assicurati anche di verificare se è necessario richiedere un visto per entrare in Austria.

In caso di ulteriori domande, contattare pk-anmeldungen@bmeia.gv.at.

Ministero Federale per gli Affari Europei e Internazionali
Minoritenplatz 8, 1010 Vienna

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L'ACCREDITAMENTO DELLE DELEGAZIONI

LETTERA DALLA UNODA (UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE PER IL DISARMO) - 13 GIUGNO 2022

Registrazione delle ONG: prima riunione degli Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari

Lettera indirizzata da diane.barnes@un.org a alfiononuke@gmail.com :

Alfonso Navarra ONG (Organizzazioni non governative) - TPNW

ID registrante: 477

13-giugno-2022

Gentile Alfonso Navarra,

Questa lettera è per confermare che la tua registrazione è stata approvata per partecipare alla prima Riunione degli Stati Parte del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW). Il Meeting si svolgerà nella sala "D" dell'Austria Center Vienna dal 21 giugno 2022, ore 10:00 (Europa/Vienna) al 23 giugno 2022, ore 19:00 (Europa/Vienna).

Potresti presentare questa lettera se devi richiedere un visto. Tutte le spese per il viaggio, inclusi visti, alloggio e trasporto, sono a carico dei partecipanti. Le Nazioni Unite non addebitano tasse e bolli per la partecipazione alla prima Riunione degli Stati Parte.

Dopo la chiusura delle iscrizioni il 14 giugno, riceverai una seconda e-mail in cui ti verrà chiesto di inviare una fotografia, necessaria per il rilascio di un pass conferenza prestampato e che ridurrà quindi i tempi necessari per il rilascio di un pass di accesso.

I tesserini di identificazione saranno rilasciati al Gate One del Vienna International Centre. I rappresentanti delle organizzazioni non governative (ONG) che hanno caricato la loro foto in anticipo potranno ritirare il loro pass nell'area contrassegnata "Tesserini prestampati per conferenze" (“Pre-printed conference passes”).

I rappresentanti che non hanno caricato la loro foto in anticipo potranno ritirare il loro pass presso l'Ufficio Pass. Entrambi i posti si trovano a destra dopo l'ingresso al Gate One. I rappresentanti delle ONG potranno ritirare i loro pass il ​​20 giugno dalle 8:00 alle 15:30. I tesserini possono continuare a essere ritirati fino al termine della Riunione degli Stati Parte del 23 giugno. L'Ufficio Passi sarà aperto dalle 8:00 alle 15:30. dal lunedì al venerdì. I partecipanti avranno bisogno del passaporto per ritirare il pass.

L'ingresso nella sede sarà effettuato attraverso un tunnel di collegamento dal Centro Internazionale di Vienna. Dopo l'ingresso al Vienna International Centre, è possibile accedere all'Austria Center Vienna attraverso l'edificio "M".

per qualsiasi informazione aggiuntiva e pratica relativa alla partecipazione alla prima Riunione degli Stati Parte assicurati di controllare il sito web dell'evento all'indirizzo

https://meetings.unoda.org/meeting/tpnw-msp-1-2022/ .

In caso di domande, contattaci all'indirizzo

unoda-web@un.org.

 

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REGISTRAZIONE CONFERENZA: CARICARE LA FOTO

UNOV/UNODC Conference Registration

Conference
Title First Meeting of States Parties to the Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons
Date 21 Jun 2022 - 23 Jun 2022
Participant
First Name Alfonso
Middle Name
Last Name NAVARRA
Organization International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN)
Note: Corrections on the participant’s official data (if any) should be sent to Pass Office at the following email address: passoffice@unvienna.org
Picture
To speed up the registration process please upload your picture. Your conference badge will be prepared in advance.
Important notice: The deadline for the picture upload is 20/06/2022 15:00 (Vienna time). After this date, the photo taken in the Pass Office located in Vienna International Centre will be used for printing the conference badge.

Instructions:
1. Use the "Browse..." button to select your picture on your PC, in jpeg format (a passport photo type).
2. Click on the "Upload" button.
3. The uploaded image will be shown in the "Uploaded picture".
4. To send the picture click on "Submit" button.
  

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TENETEVI PRONTI PER LA NUCLEAR BAN WEEK!

Christina Hawley scrive agli attivisti ICAN il 16 giugno del 2022

Not everyone is able to join us in Vienna, but we’ve been working hard to make the Forum, and the events throughout the week, as inclusive as possible. That’s why we’re sending this overview today about what’s coming and how and when you’ll be able to connect -- even if you can’t join us in person.

Nuclear Ban Forum (18-19 June)

All events from the Main Stage and the Vienna Hub will be broadcast. When you register to join, you’ll get the links to engage in the conversation from wherever you are. There is a lot on the program – from impacted communities, to risk analysis, deterrence discussions, regional approaches and more. If you want to join the conversation, we will be sharing the sli.do details via email to those who register as online participants!

HINW22Vienna (20 June) 

The 2022 Vienna Conference on the Humanitarian Impact of Nuclear Weapons will be livestreamed. You’ll be able to watch the discussions online through a link that will be posted on the HINW website.

1MSP (21-23 June)

The UN in Vienna will livestream the public sessions of the conference, you can connect through our portal here.

MSP-TV: Don’t have time to watch the 1MSP play out minute-by-minute? No problem, ICAN has you covered! We’ll be streaming MSP-TV to provide you a summary, highlights and insights from everything at the Nuclear Ban Week. We’ll kick off Sunday night to wrap up the Forum and then will be live twice a day (09:30 and 17:30 CEST) for the rest of the week. Details on how to access MSP-TV are coming soon!

Content: If you want to get up-to-speed on what will be covered during the 1MSP, read our new backgrounder  here and check out an overview of ICAN policy recommendations in our paper here.

Side events/NGO working papers: You can also check out the UN’s 1MSP website, which lists side events and published NGO working papers (click on the “Documentation” tab on the left and scroll down to “NGO working papers” which is under the “Correspondence” section).

NGO statements: Finally, if you’re wondering about whether and how NGOs can address the 1MSP, we are in touch with Austria to clarify the length and number of dedicated speaking slots for NGOs. We will share more information as soon as we have it, but we know that given the short duration of the meeting and the large number of NGOs, speaking availability will be fairly limited. As the civil society focal point, we’ll be coordinating the NGO statements and will with partners and other accredited organizations to achieve a balance of voices that ensures civil society’s key messages, concerns and recommendations are heard.

This week is the week we’ve been waiting for since the Treaty entered into force. We’re really excited to see many of you soon and to keep everyone connected in this amazing campaign.

Ready, steady, let’s go ICAN!

Christina Hawley  - Civil Society Coordinator

International Campaign to Abolish Nuclear Weapons

icanw.org

Your event ICAN Nuclear Ban Forum is coming up soon!

Saturday at 9:00 AM
Organized by ICAN Austria

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Questions about this event?

About this event

date
Saturday, June 18, 2022 at 9:00 AM - Sunday, June 19, 2022 at 6:00 PM (CEST)
date Vienna - Aula der Wissenschaften
Wollzeile 27a
A-1010 Vienna
Austria
date
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Salute, care amiche e cari amici!

Siamo molto entusiasti di incontrarvi a Vienna! Mancano solo dieci giorni al nostro incontro al Nuclear Ban Forum. Ecco cosa dovete sapere:

Il programma

Ci sono così tante persone straordinarie che si incontrano all'"Aula der Wissenschaften". Il programma si estenderà su quattro fasi su tre piani e si svolgerà continuamente durante i due giorni. Ciò significa che è ora di iniziare a pensare a quali sessioni partecipare.

Volete ascoltare le ultime notizie dall'Ucraina? Vuoi parlare con gli artisti dietro Amnesia Atómica? Volete fare un tuffo profondo nelle questioni intersezionali di razza, colonialismo e armi nucleari? Queste sono solo alcune delle tante sessioni che si svolgono, oltre a un'esperienza VR unica "On the Morning You Wake" e la possibilità di vedere il film "The Vow From Hiroshima".

Esplorate il Programma

Durante i due giorni del Nuclear Ban Forum avremo anche la possibilità di ascoltare coloro che hanno vissuto i bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, così come coloro le cui vite sono state alterate per sempre dalla follia dei test nucleari.

La sede

L'Aula der Wissenschaften si trova nel cuore di Vienna ed è facilmente raggiungibile in metropolitana e autobus. Il locale si sviluppa su tre piani ed è completamente accessibile. Oltre alle attività su tutti i livelli e all'esperienza VR, c'è molto spazio per incontrarsi e ritrovarsi con amici e colleghi e pianificare la fine delle armi nucleari.

Sabato mattina le porte aprono alle 8:00, quindi assicuratevi di passare a ritirare i vostri badge.

Volete portare i vostri bambini?

È fantastico! I bambini sono i benvenuti e, per facilitare un po' i genitori, abbiamo anche un servizio di assistenza all'infanzia (3-12 anni) in loco.

Non vediamo l'ora di vedervi presto,

Susi Snyder - ICAN

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IL PROGRAMMA DEL NUCLEAR BAN FORUM

18 Giugno

PALCO PRINCIPALE

FORUM DI ICAN

Decidere il nostro destino

18 Giugno

 

PALCO PRINCIPALE

QUESTO è ciò che sono le armi nucleari

18 Giugno

 

PALCO PRINCIPALE

FORUM DI ICAN

La realtà del rischio

18 Giugno

PALCO PRINCIPALE

FORUM DI ICAN

Terrore e impunità: armi nucleari e invasione dell'Ucraina

18 Giugno

PALCO PRINCIPALE

FORUM DI ICAN

Colonialismo di livello militare

18 Giugno

PALCO PRINCIPALE

FORUM DI ICAN

Un po' scoraggiato

18 Giugno

PALCO PRINCIPALE

FORUM DI ICAN

Dibattito sulla deterrenza, la discussione

19 Giugno

PALCO PRINCIPALE

FORUM DI ICAN

Una lettera d'amore al diritto internazionale

19 Giugno

PALCO PRINCIPALE

FORUM DI ICAN

Costruire la giustizia attraverso la legge

19 Giugno

PALCO PRINCIPALE

FORUM DI ICAN

Il Ban è il piano

19 Giugno

PALCO PRINCIPALE

FORUM DI ICAN

| del Forum ICAN Il divieto è il piano- ed è per questo che

19 Giugno

PALCO PRINCIPALE

MSP

Riunione Degli Stati Parti

19 Giugno

PALCO PRINCIPALE

FORUM DI ICAN

Cogli l'attimo, cambia il mondo

19 Giugno

PALCO PRINCIPALE

FORUM DI ICAN

Cogli l'attimo, sostieni lo slancio

18 Giugno

MUNICIPIO

FORUM DI ICAN

ICAN Coinvolgi i media

18 Giugno

VIENNA HUB

FORUM DI ICAN

Il viaggio di un sopravvissuto

18 Giugno

VIENNA HUB

FORUM DI ICAN

Il voto di Hiroshima

19 Giugno

SALA COLLOQUI

FORUM DI ICAN

Finanziare il futuro, non la bomba

18 Giugno

SALA COLLOQUI

FORUM DI ICAN

Quando la condivisione non si preoccupa? Armi nucleari statunitensi in Europa

19 Giugno

SALA COLLOQUI

FORUM DI ICAN

Incontra l'Hibakusha

19 Giugno

MUNICIPIO

FORUM DI ICAN

ICAN Cambia la narrativa

19 Giugno

SALA COLLOQUI

FORUM DI ICAN

Parlamentari in azione

19 Giugno

VIENNA HUB

FORUM DI ICAN

In diretta dal South Australia, Hiroshima e Nagasaki

19 Giugno

MUNICIPIO

FORUM DI ICAN

La mia storia è più della mia foto

19 Giugno

PALCO PRINCIPALE

FORUM DI ICAN

Forum mondiale dei sopravvissuti al nucleare

18 Giugno

VIENNA HUB

FORUM DI ICAN

Denuclearizzazione nel nord-est asiatico

18 Giugno

SALA COLLOQUI

FORUM DI ICAN

Genere, femminismo e disarmo nucleare

19 Giugno

SALA COLLOQUI

FORUM DI ICAN

| del Forum ICAN Nuove vie chiare per il Pacifico

18 Giugno

VIENNA HUB

FORUM DI ICAN

| del Forum ICAN TPNW in azione - Assistenza alle vittime e bonifica ambientale

18 Giugno

MUNICIPIO

FORUM DI ICAN

Come convincere il tuo paese ad aderire al TPNW

18 Giugno

SALA COLLOQUI

FORUM DI ICAN

Un'eredità contaminante genera resistenza attraverso le generazioni

18 Giugno

SALA COLLOQUI

FORUM DI ICAN

TPNW - Sostenibilità Nexus

19 Giugno

VIENNA HUB

FORUM DI ICAN

Preparazione per l'MSP

19 Giugno

VIENNA HUB

FORUM DI ICAN

L'impunità si nasconde dietro le armi nucleari

19 Giugno

PALCO PRINCIPALE

FORUM DI ICAN

Un viaggio verso casa

18 Giugno

SALA COLLOQUI

FORUM DI ICAN

Amnesia Atomica, usare l'arte per muovere le menti

19 Giugno

MUNICIPIO

FORUM DI ICAN

Armi nucleari? No grazie!

19 Giugno

MUNICIPIO

FORUM DI ICAN

I sostenitori del mondo accademico

19 Giugno

VIENNA HUB

FORUM DI ICAN

La resistenza non è inutile: sfidare il nuclearismo e il cambiamento climatico

18 Giugno

MUNICIPIO

FORUM DI ICAN

ICAN ottiene il supporto della mia città

18 Giugno

VIENNA HUB

FORUM DI ICAN

Applicare il TPNW al mondo oggi

18 Giugno

VIENNA HUB

FORUM DI ICAN

L'inverno nucleare si sta avvicinando, forse dal fianco orientale

18 Giugno

MUNICIPIO

FORUM DI ICAN

ICAN Sposta i soldi

 

LA TERRESTRITA' AL FESTIVAL DEL LIBRO PER LA PACE (EIRENE FEST dal 2 al 5 giugno 2022)

Memoria e futuro

CASA UMANISTA  via dei Latini, 12, Roma

La costruzione della Rete per l’Educazione alla Terrestrità

Terrestrità e nonviolenza al posto dei cannoni: per il coordinamento e la convergenza delle lotte ecopacifiste

Di Alfonso Navarra – portavoce dei Disarmisti esigenti (30-05-2022)

La “terrestrità”, esposta sinteticamente in “Memoria e futuro” (Mimesis edizioni, 2021, a cura di Alfonso Navarra, Laura Tussi e Fabrizio Cracolici), è la base culturale più coerente per suffragare il “ripudio della guerra”: l’atteggiamento pacifista in sintonia con la Costituzione, espresso, con consenso sorprendentemente maggioritario, stando ai sondaggi, in modo forse ingenuo dal popolo italiano e, stando alle loro manifestazioni, in modo più consapevole, ma culturalmente datato, dalle numerose organizzazioni ecopacifiste, nelle loro varie componenti più o meno storiche.

Lo slogan da lanciare è “dalla parte della Terra, contro la guerra”, intendendo con questo secondo termine “guerra” non solo il combattimento armato con epicentro Ucraina, ma la cinquantina e più di conflitti armati in corso sul globo: in questo momento, secondo Papa Francesco (che citerò spesso), fanno una “guerra mondiale a pezzetti” con la tendenza disgraziatamente ad accorparsi.

Dalla parte della Terra”, significa non essere dalla parte degli imperialismi e dei militarismi nazionalistici, che con le attività militari la aggrediscono e la violentano (la distruzione è inquinamento!); ma dalla parte dell’unico sistema vivente di cui la specie umana è parte organica: la terrestrità, appunto, che afferma, allo stesso modo dei popoli originari, una verità difficilmente contestabile: noi esseri umani siamo figlie e figli della Natura, ad essa inestricabilmente e indissolubilmente legati, come le foglie degli alberi di una grande foresta.

Non siamo i padroni dei diversi ecosistemi locali, uniti nell’unico ecosistema globale: siamo i precari custodi di essi grazie alla particolare responsabilità che ci deriva dal nostro grado speciale di intelligenza, frutto dell’evoluzione.

Le nostre organizzazioni politiche, gli Stati, non sono, ripetiamolo e precisiamolo da ecopacifisti conseguenti, i proprietari degli ecosistemi ma sono legittimi e legittimati in quanto li custodiscono e li tutelano, garantendo la prosperità dei popoli entro la dignità fissata dai diritti umani universali. La sovranità, quindi, non è un valore assoluto ma va relativizzata in funzione della capacità di garantire i diritti della Natura, dell’unica umanità, ed infine i diritti delle persone nelle loro varie dinamiche sociali.

Questo è lo sviluppo che dovrebbe essere garantito da una “Costituente della Terra”, preparata dalla crescita coordinata ed armonizzata del diritto internazionale attuale: una ONU che sempre di più deve rappresentare l’affermazione della forza del diritto sul diritto della forza.

La “terrestrità” ci porta allora a riconoscere più facilmente che la guerra (= le guerre), oggi deve diventare tabù, come ad esempio lo sono già oggi l’incesto o la schiavitù: qualcosa di inconcepibile, un crimine abominevole, che provoca l’automatico allontanamento dal consorzio umano di chi lo pratica. Non solo chi comincia, ma anche chi combatte una guerra ha sempre torto, quale che siano le sue ragioni, incluse le ragioni difensive, vere o presunte. Potevano esserci dei dubbi ieri, quando si poteva contare su una certa razionalità delle conquiste militari; ma nel mondo di oggi, con la potenza tecnologica che fa parlare di antropocene e con l’interdipendenza a tutti i livelli creata dalla globalizzazione, tutte le indecisioni su questo punto andrebbero dismesse.

Chi ricorre alla guerra ha sempre torto per due ragioni fondamentali. Il primo motivo è che si aggredisce comunque la Terra, la si ferisce, la si violenta, determinando danni ingenti (e non più relativamente trascurabili) che colpiscono la vita in quanto tale, quale sistema complesso e interdipendente di equilibri tra specie, e le vite di comunità umane e di persone che nulla hanno a che vedere con la controversia specifica per la quale si pon mano alle bombe.

Il secondo motivo è che, se si hanno ragioni da accampare, soprusi da respingere, violenze da rintuzzare, torti da vendicare, eccetera, oggi, dopo l’esperienza storica del XX secolo, dopo Gandhi e le rivoluzioni dell’Est europeo che hanno abbattuto senza armi il “socialismo reale”, si può essere ragionevolmente sicuri nell’efficacia della nonviolenza: il metodo funziona per fare valere i propri diritti in un arco di tempo non infinito ma accettabile, anche se non immediato. La bacchetta magica che risolve tutto e subito è il mito massimo di chi si affida al sogno, sempre deluso, del colpo di spada violento che spezza un nodo nel momento stesso che crea mille problemi ancora più gravi di quelli che crede di annichilire con l’impeto della forza.

Guardiamo al primo punto relativamente al caso Ucraina e domandiamoci: chi è l’aggressore e chi è l’aggredito? Certo, Putin ha ordinato l’invasione il 24 febbraio, ma il contesto che l’ha preceduta era anche caratterizzato, come ha ricordato il Papa, “dall’abbaiare della NATO ai confini della Russia”. Ma non è questo il punto su cui attardarsi e perdersi. Ogni giorno, per questa guerra nell’est europeo, leggiamo di raffinerie fatte esplodere, di depositi di carburante distrutti, di impianti chimici fatti saltare in aria. Ogni giorno ci riferisce di incidenti in impianti industriali che in periodo normale occuperebbero le prime pagine dei giornali sotto il titolone di “catastrofe”. Allora, in un contesto in cui, secondo l’IPCC nel suo sesto rapporto, abbiamo tre anni per invertire la rotta che gli accordi di Parigi sul clima, firmati all’unanimità dagli Stati, ci chiudono, per non superare gli 1,5° C di aumento della temperatura globale, possiamo tollerare un inquinamento da CO2 che ci manda in vacca (ci si scusi il francesismo) quegli stessi accordi scatenando effetti distruttivi per centinaia di milioni di morti, nella migliore delle ipotesi?

Chi è l’aggressore e chi è l’aggredito? Cerchiamo di dare una risposta sulla base dei fatti veramente rilevanti che non chiuda gli occhi davanti alla realtà! Qui non si sta scherzando come chi discetta sulla “russicità” o “ucrainicità” di questo o quel pezzo di territorio: continuare a sparare, a bombardare, a creare incidenti magari in centrali nucleari, potrebbe risvegliare il Generale Permafrost, con l’immissione di 1.600 miliardi di tonnellate di Co2 nell’atmosfera, il doppio di quella che ha aggiunto l’umanità dall’età industriale. Saremmo allora davvero tutti fritti in senso letterale!

Di qui la risposta più seria e fondata: aggressore è chiunque, per qualsiasi motivo, pratica la guerra (le guerre) in qualsiasi modo e in qualsiasi forma, inclusa quella economica; aggredito è chiunque subisce gli effetti, diretti e indiretti della guerra (delle guerre) per il loro impatto ecologico globale e locale; oppure per le conseguenze energetico-economiche (la fame, il freddo, la disoccupazione); oppure per i fenomeni migratori derivanti, eccetera, eccetera…

Aggressori sono i combattenti, chi spara per primo e chi risponde per secondo con le armi; aggrediti e bombardati siamo tutti noi, gli estranei al fronte, ma coinvolti dalle crisi ecologico-climatiche, energetico-economiche, sociali-culturali (i giacimenti di odio che si vanno coltivando).

La terrestrità ci dice questo: oggi nessun conflitto umano va messo in primo piano rispetto al compito prioritario, e diciamo anche esclusivo per i prossimi decenni, che la società umana globale ha di fare la pace con la Natura, di cessare la guerra portata avanti con i modelli di crescita che aggravano le emergenze del clima, della biodiversità e dell’inquinamento, di cooperare, e non di competere, per un futuro sostenibile che garantisca opportunità di vita dignitosa per tutte e tutti. Lasciamo perdere ogni bega di confine per Stati esistenti e/o sognati: in questo momento è peggio di un delitto occuparsene, è di una stupidità che rasenta l’assurdo. Consideriamo un grande dono per l’umanità intera l’interpretazione del principio di autodeterminazione dei popoli che dà la lotta della popolazione Kurda nel Rojava: ci permette di rifiutare la trappola del ricatto nazionalista-statalista, che ci condurrà dritti dritti verso il precipizio.

La pace con la Natura oggi è anche condizione della pace tra gli esseri umani: lo slogan “non c’è pace senza giustizia”, va ribaltato in “non c’è giustizia senza pace”. Anche e soprattutto perché possiamo costruire la giustizia nella pace attraverso strumenti di resistenza e di lotta pacifici, nonviolenti!

Oltre tre mesi sono passati da quando è suonato il gong per il secondo round della guerra in Ucraina (il primo era stato aperto nel 2014), e morte e distruzione si sta intensificando proprio grazie a chi alimenta gli eserciti in campo da ambedue le parti belligeranti.

Per tutto quello che mi sono sforzato di spiegare, è da ritenersi da tutti i punti di vista una tragica illusione credere che si tratti di un atto etico e di giustizia inviare nuove armi all’esercito ucraino con l’obiettivo, in verità più proclamato che perseguito da parte delle nostre élites governanti, di “fermare l’aggressione di Putin”.  L’aggressione da fermare è la guerra in sé di cui noi siamo già vittime in varie forme, mentre l’umanità intera e la Natura lo saranno sempre di più, se non blocchiamo – prima è meglio è - l’escalation in corso.

In questo senso, ricorrendo alla nutrita cassetta degli attrezzi della nonviolenza, delle obiezioni, delle disobbedienze, dei boicottaggi, nella cui potenza possiamo confidare, abbiamo parecchio che possiamo fare e supportare, per di più mettendo in rilievo un approccio di solidarietà con il popolo più debole e immediatamente martoriato e massacrato nel contesto conflittuale:

  • La resa militare, non quella civile, è quella che proponiamo agli ucraini, preoccupati per le vite di quella popolazione mandate inutilmente allo sbaraglio. Anche nel Paese occupato dall’invasore più numeroso e più armato, fossero gli stessi Stati Uniti ben più potenti della Russia, si può attuare la DIFESA POPOLARE NONVIOLENTA, sistematizzata teoricamente da Ebert, Galtung, Sharp (e in Italia Drago, L’Abate, Salio, Soccio). Come abbiamo già accennato, molti esempi storici dimostrano che si possono esercitare mille forme di non-collaborazione di massa, disobbedienza civile, tecniche di boicottaggio delle catene di comando oppressive che possono essere disarticolate in mille modi, rendendo costosa e impraticabile l’occupazione;
  • Inviare corpi civili di pace a Kiev e creare una ambasciata di pace in loco (ed anche a Mosca): su questo punto possiamo ricordare che il MEAN (Movimento Europeo di Azione Nonviolenta) sta organizzando per l’11 luglio una manifestazione di massa di migliaia di civili europei in Ucraina, che si realizzerà se avrà almeno 5.000 partecipanti (per ulteriori informazioni projectmean.it). Ma ci sono state anche le iniziative di “Un ponte per…” che ha coinvolto la “Società della cura”. E altri progetti di Carovane Comiso-Kiev, Comiso-Mosca, bollono in pentola, dalla Sicilia, nella cucina del pacifismo italiano;
  • Un GIORNALISMO DI PACE potrebbe fare da supporto a tali progetti: si dovrebbero stringere accordi tra giornalisti europei e giornalisti russi per realizzare reportages comuni su quanto accade in Ucraina, allo scopo di creare una verità condivisa, e non la propaganda spacciata attualmente per resoconti fattuali sui due lati della barricata;
  • Rifiuto della cultura del nemico costruendo RETI DI SOLIDARIETA’ DAL BASSO: gemellaggi tra associazioni culturali, sportive, Scuole, Università europee e loro omologhe ucraine e russe e creazione o evidenziazione di esperienze di amicizia ad ogni livello tra ucraini e russi. Riti e preghiere comuni tra ebrei, islamici e cristiani cattolici e ortodossi
  • Appoggio degli obiettori ma anche dei disertori ucraini e russi. E degli obiettori e disertori di tutti gli eserciti. Perché dobbiamo sempre distinguere le popolazioni dagli Stati che li governano. Il problema non sono i russi come popolo (anche se all’80% si riconoscono in Putin) ma lo Stato russo con la sua ideologia militarista e nazionalista. Il popolo russo dobbiamo trasformarlo da “nemico” in “amico”. Per quanto riguarda l’Ucraina, la solidarietà va data alla popolazione residente, non allo Stato governato dagli oligarchi o agli Stati fantoccio del Donbass. Chi sta pagando in modo più diretto ed evidente il prezzo della guerra è la popolazione residente in Ucraina; e – repetita iuvant -  è un bene per essa (oltre che per noi) che lo scontro armato si fermi subito. E che noi si agisca in tal senso ostacolando dal basso ed in ogni modo pacifico possibile i governi che mandano le armi agli eserciti belligeranti. La guerra, che, non mi stancherò mai di ripeterlo,  è contro tutti noi, non si ferma mandando le armi, e i soldi per le armi. La guerra finisce quando i soldati smettono di spararsi l’un l’altro e possibilmente si spogliano della divisa. Una misura che dobbiamo imporre contro questa guerra è il riconoscimento dello status di rifugiati a tutti i militari disertori, di tutti gli eserciti. Un esercito è meglio che sia prosciugato dalle diserzioni piuttosto che dissanguato dalle bombe: diventa un esercito che non fa la guerra.

Ora vengo alla seconda parte del discorso.

Si può “collegare fine del mese e fine del mondo” con la conversione della spesa pubblica da produzioni di morte (militari-nucleari-fossili) in investimenti per la conversione ecologica ed il welfare verde. Proponiamo, noi Disarmisti esigenti, questa “convergenza” per le lotte dei movimenti alternativi all’interno della comunità nazionale

Le strategie sopra menzionate avrebbero bloccato immediatamente la macchina militare di Putin, una volta scatenata? Sicuramente no, ma avrebbero evitato ciò che la resistenza armata ha prodotto: le migliaia di morti e feriti, gli stupri, le torture e le violenze di ogni tipo, milioni di profughi, rovina di città ridotte in macerie, catastrofi ambientali, rischio di guerra nucleare totale o parziale, prospettive di collasso finanziario, di recessione e crisi alimentare mondiale. Per gli anni, probabilmente i decenni che verranno, oltre a tutto quello che è da ricostruire, si dovrà fare i conti con un’eredità di odio reciproco tra russi e ucraini (erano quasi fratelli gemelli!), che si spera non abbia bisogno di secoli per un superamento riconciliativo.

Per fare estinguere la pratica della guerra e assicurare un futuro alla Storia ovviamente abbiamo il nostro da fare soprattutto sviluppando strategie e lotte disarmiste nei contesti in cui la nostra azione ha effetti più diretti in quanto si basa sul nostro appartenere a specifiche comunità. L’Opposizione alle politiche di riarmo dell’Italia e dell’Europa (aumento delle spese militari, invio di truppe, spedizione di aiuti militari) può registrare un nuovo impulso riattivando le campagne sulle obiezioni di coscienza. C’è da studiare ed attivare un coordinamento tra obiezione alle spese militari, obiezione al servizio militare e obiezione bellica. La pressione sul governo italiano dovrebbe ostacolare l’allargamento della NATO (è una disdetta la candidatura di Finlandia e Svezia) ed ottenerne la denuclearizzazione come grimaldello per il suo scioglimento in quanto Patto militare contrario alla sostanza dello Statuto dell’ONU. In questo senso la campagna ICAN per la proibizione delle armi nucleari, in collegamento con la campagna per il “NO FIRST USE”, può svolgere un ruolo fondamentale.

Nel 50ennale del riconoscimento della 772/72, che apre la strada al servizio civile nazionale come forma di difesa civile non violenta, la sperimentazione di un modello di difesa sociale nonviolenta in Italia può trovare il suo riferimento nell’approvazione di un riferimento istituzionale dotato di piena indipendenza dal Ministero della difesa e dal Ministero degli Esteri. Per lo scrivente un eventuale Ministero della pace dovrebbe, infatti, essere collegato non con la politica estera e militare nazionale ma con la missione dell’ONU di “evitare il flagello della guerra” e con gli organismi ad essa preposti. Questo riferimento istituzionale potrebbe anche coordinare l’elaborazione e la diffusione di una cultura di pace (a partire dalla preparazione di chi insegna a scuola e dalla ricerca universitaria, storiografica, antropologica etc.) e della conoscenza delle tecniche nonviolente di gestione dei conflitti.

Nel rifiuto della guerra economica condotta attraverso le sanzioni energetiche (il NO ad esse andrebbe inserito nelle piattaforme degli scioperi sindacali contro la guerra), si possono comunque promuovere campagne di risparmio energetico e di promozione delle energie rinnovabili. L’obiettivo di un modello energetico rinnovabile al cento per cento è intrinseco a società strutturalmente pacifiche basate su stili di vita ecosostenibili. Ma deve passare attraverso una “giusta transizione”, per ridurre al minimo i sacrifici da parte di lavoratori e consumatori dei ceti popolari. Politiche di ecologia sociale andrebbero comunque armonizzate con politiche contro le disuguaglianze economiche e di genere.

Per entrare in dialogo con il popolo che vogliamo risvegliare lo slogan che dobbiamo tenere presente è “collegare la fine del mese con la fine del mondo”. Dovrebbe essere chiaro che il conto in particolare della guerra in Ucraina verrà fatto pagare ad una società già allo stremo anche per come è stata gestita la crisi pandemica. In Italia una parte sempre più consistente del corpo sociale vive alla giornata e circa l’8 per cento della popolazione vive già in stato di povertà: ben cinque milioni di persone. La percentuale è destinata presto ad impennarsi di fronte a una situazione di crisi strutturale già operante: nel suo sviluppo andranno a braccetto il carovita con la contrazione dei redditi dovuta alla recessione (licenziamenti, cassa integrazione, precarizzazione generalizzata e blocco dei contratti sindacali). Se a questo aggiungiamo la fine del blocco degli sfratti ed il taglio di tutti i servizi pubblici, a livello nazionale e locale, abbiamo il quadro di un autunno-inverno in cui milioni di persone sono a rischio di finire in mutande se non addirittura in mezzo a una strada!

Il “cambiamento del sistema” non deve essere la scusa per un massimalismo astratto e puramente retorico, ma la bussola sulla quale impostare e orientare vertenze concrete per sostituire, alla guerra contro i poveri interni attualmente praticata, la soluzione strutturale della povertà, con raccordi internazionalisti (ad esempio il rapporto tra gli immigrati e i Paesi d’origine).

Salari e piena occupazione

Un momento di crisi e di impoverimento generale può trasformarsi nell’opportunità di innestare l’apertura di spazi alternativi al modello economico dominante se, non in alternativa con le lotte sindacali e politiche, avvia pratiche di mutualismo autogestito e conflittuale. Per metterlo in piedi non basta la buona volontà di individui o anche singoli collettivi impegnati nel mutuo aiuto: occorrono coordinamenti nazionali con chiarezza di intenti sulle strategie da adottare per andare oltre la mitigazione temporanea delle sofferenze sociali raccordandosi, appunto, con vertenze per trasformazioni sistemiche del welfare.

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EIRENEFEST:  PRIMO FESTIVAL DEL LIBRO PER LA PACE E LA NONVIOLENZA

A Roma, Quartiere San Lorenzo dal 2 al 5 giugno 2022.

Quattro giorni con 130 eventi in programma, tra presentazioni di libri, conferenze, workshop, musica, performance teatrali e mostre fotografiche, a cura delle 70 associazioni realtà editoriali coinvolte. Gli eventi si svolgeranno al Giardino del Verano e all’interno delle sedi delle istituzioni e delle associazioni nel quartiere San Lorenzo.

L'obiettivo del Festival Eirenefest (Eirene era la dea della pace) è approfondire e condividere le tematiche della pace, della nonviolenza, del disarmodella salvaguardia del Pianetadell'educazione alla nonviolenzadel Mediterraneo e accoglienza migranti.

Fra i 200 ospiti nazionali e internazionali che interverranno nei quattro giorni del Festival: il portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury; l’attivista per il cambiamento ecologico nonviolento Vandava Shiva; l’ex deputata e Segretaria Generale della Fondazione RUTGiovanna Martelli; lo scrittore ed ex segretario della FIGC, Pietro Folena, il missionario, Alex Zanotelli; la fondatrice della prima Università al mondo per la nonviolenza in Libano - AUNOHR, Ogarit Younan;  l'antropologa e formatrice sulla nonviolenza belga, Pat Patfoort; il fondatore dell'associazione Mondo Senza Guerre e Senza ViolenzaRafael de la Rubia.

Sabato 4 giugno alle 21:00 Jacopo Fo metterà in scena"Sesso Zen Remix", dedicato all’Associazione Nazionale Vittime dell’Uranio Impoverito - Giardino del Verano Spazio Berha Kinnsky Von Sutter.

Tutti gli eventi del festival, interamente autofinanziato, sono gratuiti. Per offrire un sostegno economico : www.eirenefest.it/autofinanziamento

Programma e tutte le informazioni sul sito: www.eirenefest.it/ e https://fb.me/e/22Fao5790

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Una proposta per riconciliare l'umanità con il mondo

di Raffaele K. Salinari da Il Manifesto del 6 luglio 2022

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Giovedi 7 luglio 2022

Il variegato mondo del pacifismo italiano di fronte alla guerra in Ucraina. Articolo di Emanuele Giordana su Il Manifesto quotidiano.

La guerra e l’impervia strada della pace | il manifesto

In Italia in questo momento ci sono almeno quattro fronti del movimento per la pace che guarda all’Ucraina. Danno il segno di una vitalità eccezionale così come, purtroppo e in onore a un vecchio mantra che sembra una condanna, del fatto che il movimento fatica a trovare una voce sola nonostante la strada sia comune. Tutti la pensano infatti e a grandi linee allo stesso modo: dialogo, no alle armi, non violenza, pressione sui governi, società civile.

Ma ognuno va un po’ per la sua strada. Proveremo a darne conto pur con tutti i limiti di una conoscenza, tanto è vasto questo movimento assai poco raccontato, per forza di cose limitata e forse anche lacunosa.
L’aspetto forse più interessante sembra quello che riguarda la coalizione StoptheWarNow, nata grazie soprattutto alla spinta dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, nota anche per il suo impegno all’estero come “Operazione Colomba”. In pochissimo tempo la sigla ha agglutinato formazioni assai diverse: grandi e piccole, prettamente umanitarie, sindacali, laiche e cattoliche. La coalizione ha già organizzato due carovane a Leopoli e a Odessa trasportando tonnellate di generi di prima necessità e spesso riportando in Italia persone (nell’ordine delle centinaia) con fragilità. Ha aperto una base a Odessa e pianifica di aprirne altre due fisse a Kiev e Leopoli in modo da strutturare un lavoro di costruzione di relazioni al momento ai suoi inizi. Una terza carovana è prevista per fine agosto. Al suo interno si muovono progetti diversi come, per esempio, quello che Un ponte per sta costruendo con le realtà associative ucraine di Kiev o l’adesione alla manifestazione nazionale indetta da Europe for Peace per il 23 luglio per una conferenza internazionale di Pace .

Una seconda iniziativa si chiama Mean e Angelo Moretti e Marco Bentivogli l’hanno spiegata così su Repubblica: “è nato un ponte di dialogo straordinario ed inedito tra la cittadinanza attiva italiana e quella ucraina” da cui è nato il progetto di un “Movimento Europeo di Azione nonviolenta” con l’obiettivo di collegare le società civili europee, ucraine e russe. L’idea è di un’azione “corale e civica” che si trasformerà l’11 luglio in un’andata “in massa a Kiev” così che “i leader della società civile italiana ed ucraina prenderanno parola insieme per parlare della pace possibile”. E ancora: “La costruzione della pace è un valore da coltivare ogni giorno… La pace non è una bandiera di posizionamento. Non può essere strumentale”. Discorsi sacrosanti – forse un po’ enfatici – anche se il numero dei marciatori previsto si è realisticamente ridotto dai 5mila iniziali a un più saggio “limite di 150 attivisti, come la legge marziale prevede” (e anche la capienza dei rifugi anti aerei). Quel che stupisce è che non si sia stabilito un legame con StoptheWarNow, se non altro per essere stata la prima iniziativa e soprattutto per aver raccolto nella sua variegata coalizione, a oggi, 176 associazioni. Hai ormai un’esperienza importante di cui far tesoro. C’è stato uno scambio di lettere ma alla fine nessun accordo.

C’è un’altra assenza molto rilevante nella coalizione StoptheWarNow ed è quella della Tavola della Pace o, per dirla in altri termini, del coordinamento della Marcia Perugia Assisi, di cui tutti conosciamo numeri e importanza. Assenza pesante e forse difficile da capire per chi marcia tutti gli anni da Perugia ad Assisi. Ed è proprio a questo popolo di “cani sciolti”, che non fanno parte di nessuna associazione, organizzazione, chiesa o sindacato, che resta da dedicare il finale di questa breve sintesi. Nel seguire le carovane e in diversi incontri in giro per l’Italia sulla guerra, non solo abbiamo registrato un desiderio (specie tra giovani e giovanissimi) di partecipare “fisicamente” ad azioni concrete, ma abbiamo toccato con mano più di una realtà, fatta magari di quattro ragazzi che, affittato un pulmino e riempitolo di pasta e pelati, son partiti per Kiev. Con grande entusiasmo (come ai tempi della guerra nei Balcani) e racimolando fondi qui e là e spesso anche mettendosi in rete con i propri Comuni. Ma senza guida o un’agenda che vada oltre la solidarietà umanitaria. Senza, insomma, un percorso politico che richiede tempo, ricerca, organizzazione.

Facciamo nostro il commento di una grande testimone del pacifismo italiano: “Il movimento per la pace è la parte migliore della società italiana – dice Lisa Clark – ma se non si parte assieme, non si costruisce nulla”.

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Domenica  29 maggio 2022

Le notizie principali apparse sui quotidiani del giorno

Escalation missilistica. Dopo il sistema a lungo raggio promesso dagli Usa a Kiev, la Russia testa una nuova arma ipersonica, lo Zircon che ha colpito un bersaglio situato a una distanza di circa 1.000 km.

Donbass allo stremo sotto i colpi dell’artiglieria russa, Severodonetsk, dove si concentrano gli attacchi di Mosca, prossima alla resa. Le truppe ucraine potrebbero ritirarsi perché rischiano l'accerchiamento. Anche Kherson più a Sud è stata conquistata dalle forze russe

Emergenza grano: Macron e Scholz chiamano Putin, che promette l’accesso al porto di Odessa in cambio di meno sanzioni. L'UE pensa a una missione navale nonostante il "rischio estremo" di uno scontro con la Marina russa. Il primo problema da affrontare sarebbe lo sminamento dei porti. Chi dovrebbe occuparsene? Ci sono 20 milioni di tonnellate bloccate che possono innescare una crisi alimentare globale

Putin può prendersi il 45% del neon. L'Occidente rischia di soffrire una grave carenza di chip e 5G. L'avanzata a Sud consegna alla Russia gli impianti per produrre il gas, fondamentale per i semiconduttori. Il polo di Odessa, se conquistato, può rivelarsi decisivo per tagliare fuori USA ed Europa dalla corsa tecnologica a favore della Cina. 

In Italia la proposta di Salvini di andare a Mosca per parlare con Putin diventa un caso. Di Maio lo gela: "Con il presidente russo ci parla Draghi". Critica pure la Meloni. Il leader della Lega ora tentenna. 

La Cina all'assalto di realtà tecnologiche e industriali italiane: la nostra tecnologia le fa gola per acquisire il dominio dei cieli con droni militari ed elicotteri.   

Trump prenota la rivincita alle presidenziali USA alleandosi con la "lobby del grilletto". Ricevute donanzioni record per 119 milioni di dollari

COMMENTO DI ALFONSO GIANNI SU IL MANIFESTO DEL 29 MAGGIO 2022

L’economia di guerra non è più una metafora

CRISI UCRAINA. L'Italia hub mondiale della produzione bellica. Nel 2021 record dell’export di armi: oltre 4,7 miliardi di euro. In campo la fusione Fincantieri e Leonardo. L’«occasione» ucraìna

Se c’è ancora qualcuno che si domanda per quale ragione il cosiddetto piano italiano per la pace sia stato accolto dalle parti in causa e nell’ambito internazionale con reazioni oscillanti fra il disinteresse e il rifiuto, può forse trovare una risposta più plausibile in quel che accade in queste ore.

L’artiglieria pesante italiana è entrata in azione del Donbass. Si tratta dei cannoni FH70, esito di un progetto tedesco, inglese e italiano, capaci di sparare tre colpi al minuto centrando obiettivi situati a 25 chilometri di distanza. Fanno parte delle armi letali che il nostro esercito ha consegnato alle forze armate ucraine in attuazione dei tre decreti interministeriali del governo Draghi su cui, essendo secretati, il Parlamento italiano non ha potuto mettere lingua. È evidente che la credibilità di un piano di pace, al di là dei punti in esso contenuti, è minata alle fondamenta dal sempre maggiore coinvolgimento, attuato senza dichiararlo, del nostro paese nella guerra in atto fra Russia e Ucraina.

Le armi italiane si aggiungono a una dotazione bellica alimentata da tempo in particolare da americani e inglesi. Esattamente un mese dopo l’invasione russa, si è tenuta a Roma una riunione, passata quasi sotto silenzio, dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise) che risponde direttamente al Presidente del Consiglio ed ha il compito di ricercare e fornire ogni informazione su quanto si muove fuori del territorio nazionale, a protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell’Italia.

Nella riunione si sottolineava come i russi avessero incontrato difficoltà impreviste anche per il vantaggio ucraino negli armamenti, dal momento che per ogni tank russo vi sarebbero 11 armi anticarro in dotazione agli ucraini. Infatti, parlando agli inizi di maggio ai lavoratori della Lockeed Martin – protagonista 50 anni fa di un famoso scandalo nelle relazioni con l’Italia – Biden era andato sul pesante, celebrando la produzione dei missili anticarro Javelin, di cui 5.500 inviati in Ucraina, e commentando perfino che i genitori ucraini chiamavano i neonati Javelin e Javelina – una esaltazione del complesso militare industriale Usa denunciato nella storia dal presidente Eishenower come «nemico della democrazia».

Davanti al nuovo pacchetto di aiuti di 40 miliardi di dollari a favore dell’Ucraina, il New York Times il 19 maggio si interrogava seriamente se l’obiettivo di Biden non fosse in realtà quello di destabilizzare e mortificare la Russia piuttosto che salvare gli ucraini. E il vecchio Kissinger ammoniva quanto tale obiettivo fosse sciagurato, dati i rischi concreti di una guerra nucleare. Ma la spinta bellicista e riarmista ha oramai invaso l’Europa. Lo abbiamo visto nelle scelte del nuovo governo tedesco in aperta controtendenza con quelle praticate nel dopoguerra da quel paese.

Lo vediamo nitidamente anche da noi. Il pregevole lavoro degli analisti della Rete italiana Pace e Disarmo ha condotto a significative correzioni del Rapporto annuale al Parlamento sull’export di armi, mettendo in luce che nel 2021 si è verificato il record storico di esportazioni effettive e definitive di materiale bellico (oltre 4,7 miliardi di euro) rimanendo alte le nuove autorizzazioni (per 4,6 miliardi). In totale gli Stati del mondo verso cui sono state autorizzate nel 2021 vendite italiane di armamenti sono stati ben 92. Il nostro paese si presenta come un hub della produzione militare, tanto per quantità che per qualità distruttiva. Progetti in sé non nuovi traggono alimento da questa rinnovata spinta alla produzione di armi.

Riappare il tormentone di una fusione fra Leonardo e Fincantieri. Così sono state intese le parole di Giorgetti, ministro dello sviluppo economico, durante la sua recente visita alla Fincantieri di Monfalcone, dove ha avanzato l’ipotesi di costruire «un polo militare italiano». Il governo è azionista di riferimento sia di Leonardo (partecipata dal Mef al 30%) che di Fincantieri (che Cdp industria controlla con il 71.32%). La sua è dunque la voce del padrone. Ma non ha finora trovato consensi tra gli Ad delle due imprese e neppure nel mercato. La reazione negativa di Profumo, Ad di Leonardo, ha subito fatto risalire le quotazioni azionarie dell’azienda, proponendo in alternativa di fare di Leonardo il polo di aggregazione per un gruppo europeo dell’elettronica della Difesa.

Altri centri finanziari si sono dichiarati contrari alla fusione. Ma l’ipotesi resta in campo, più forte che nel passato, in un curioso braccio di ferro tra politica e finanza. Infatti Giorgetti ribadisce che la domanda di difesa in Europa crescerà e quindi l’Italia deve mostrarsi all’altezza. Come a dire che non abbiamo ancora dato il peggio di noi stessi.

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da LA VERITA' DEL 29 MAGGIO 2022

Putin può prendersi il 45% del neon - di Claudio Antonelli

(...) E' ormai chiaro che l'obiettivo russo (in Ucraina - ndr) sarebbe di prendersi l'intera linea costiera e salire a Nord verso il fiune Dniepr, là dove sono presenti gli altri poli siderurgici (...). Il vero bottino non sarebbe però nell'acciaio da essi prodotto ma nei suoi gas di scarto (...). Tra i sottoprodotti dell'acciaio abbiamo, soprattutto negli impianti vecchi, il celebre neon, (...) che poi viene venduto ai maggiori consumatori: i produttori di chip. (...) Ed è qui che si sviluppa la guerra nella guerra. Il mercato del neon oggi vale soltanto 45 milioni di dollari, ma è destinato a crescere del 30% all'anno nel prossimo decennio. Soprattutto è un mercato strategico. (...) Se la Russia dovesse prendersi Odessa con gli impianti di neon già trattato diventerebbe per prima cosa ago della bilancia nel prezzo di questo materiale; in seconda istanza bloccherebbe la produzione di semiconduttori e di microchip negli USA; e in terza istanza - una volta rimesse in funzione le acciaierie - potrebbe dirottare il neon verso la Cina, (...) che punta a una supremazia militare nei settori del futuro. Dalla cybersecurity alla intelligenza artificiale, passando dal 5G e il 6G (...) E' chiaro quindi che attorno a Odessa si combatte la guerra del futuro e della supremazia tecnologica. Da un lato l'Occidente e dall'altro l'Asia, la Russia e la dittatura cinese...

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Dal Corriere della Sera del 29 maggio 2022

 RIPARTE IL MOTORE FRANCO-TEDESCO di Danilo Taino

Al World Economic Forum di Davos, George Soros è stato duro parlando di Angela Merkel e della eredità che l'ex cancelliere ha lasciato all'Europa. (...)

L'ex finanziere e attivista dei diritti civili ha però esplicitato una realtà (...): ha detto che l'economia tedesca è di fronte alla necessità di riorentarsi per ridurre la subordinazione ai paesi antidemocratici. (...) Detto in altri termini, il modello di crescita tedesco, così di successo negli scorsi anni, è arrivato drammaticamente alla fine di fronte all'invasione dell'Ucraina. (...) La svolta è un problema enorme per il cancelliere Olaf Scholz, anche perché non tutta l'élite tedesca ne è entusiasta (...).

Se negli scorsi 16 anni la leadership di Berlino, per quanto riluttante, è stata una conseguenza dei successi economici del Paese, ora Scholz sarà difficilmente in grado di svolgere un ruolo trascinante e unificante nel continente. (...) Il motore franco-tedesco, che a lungo ha mosso la UE, era già indebolito da anni: ora avrà uno dei due cilindri quasi bloccato. Proprio mentre l'altro cilindro, del quale Soros non ha parlato, sembra andare per i fatti suoi. Emmanuel Macron non è un leader che in Europa unisce, anzi. (...) La sua proposta di creare una Comunità politica europea - in sostanza una entità a corona attorno alla UE nella quale parcheggiare l'Ucraina e i Paesi in attesa (lunga) di accedere a Bruxelles - è vista a Est come una doccia fredda sulle speranze di Kiev (...). L'idea per la quale "stiamo vivendo la morte cerebrale della NATO, ha suscitato dubbi sulla saggezza dei suoi giudizi, visto il protagonismo attuale della Alleanza, e sospetti di vizio antiamericano. (...) Lo stesso obiettivo di "non umiliare Putin" solleva la domanda se con ciò Macron intenda che il capo del Cremlino non deve andarsene dall'Ucraina a mani vuote. (...) Ieri Macron e Scholz hanno telefonato a Putin assieme (...), hanno ricevuto le solite risposte/disponibilità generiche di quando telefonavano separatamente. (...) La rilevanza dei Paesi UE più vicini all'Ucraina è destinata ad aumentare nei palazzi di Bruxelles (...) perché saranno in prima linea nella relazione con la Russia, indipendemente da come finirà l'invasione dell'Ucraina. (...) La Germania disorientata, la Francia sempre più "francese", l'Est e il Nord europei in gran movimento, l'Italia con Draghi ma anche con un quadro politico che vacilla. La guerra di Putin ci ha uniti nell'obiettivo di respingerlo ma ha anche cambiato i rapporti e la conversazione nella UE. Gli anni sotto il segno di Angela Merkel sono davvero un'epoca finita. Forse dovremmo dircelo.

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Giovedi 26 maggio 2022

Le notizie principali apparse sui quotidiani del giorno

Donbass accerchiato e Kiev si lamenta della NATO. Acquisizione semplificata della cittadinanza nei territori occupati, il decreto di Putin scatena le ire di Kiev: "Violata nostra sovranità"

Svezia- Finlandia, la visita ad Erdogan non strappa il SI all'entrata nella NATO

Zelensky dice che ci verranno 600 miliardi per la ricostruzione dell'Ucraina e che i soldi dovranno essere presi alla Russia (legalmente però non è semplice).

L'UE minaccia punizioni a chi viola le sanzioni contro la Russia. Intanto resta sospeso il sesto pacchetto di misure. L'Ungheria continua a opporsi. Si tenta l'unità europea sugli  acquisti

Mosca sostiene di non avere mai ricevuto formalmente il piano di pace di Di Maio. 

Sui corridoi per il grano c'è una apertura della Russia, condizionata al ritiro di parte delle sanzioni. Ma l'Ucraina si indigna: "Nessun negoziato, pensate ai bimbi morti" 

Speculazione in corso sul grano. Il problema dei cereali non è solo la guerra, ma il boom dei prezzi. Causato dalle mosse di quattro multinazionali mondiali (e tre sono USA)

COMMENTO DI ALBERTO NEGRI SU IL MANIFESTO DEL 26 MAGGIO 2022:

"UN PIANO DI PACE BUTTATO NELLA BUCA DELLE LETTERE"

CRISI UCRAINA. Depositato all’Onu da un poco convinto ministro Di Maio senza spiegarlo, il piano italiano sull’Ucraina è contraddetto e «non letto» a Est come a Ovest. Peccato perché sarebbe una buona cosa da sostenere, in linea con la nostra Costituzione e con l’opinione pubblica del Paese. L’unica in cui non si parla di missili e cannoni

Che ci sia ognun lo dice ove sia nessun lo sa. L’amore degli amanti del Metastasio è come il piano di pace italiano per l’Ucraina: chi l’ha visto? È stato «depositato» alle Nazioni unite.

Ma come se il Palazzo di Vetro fosse una buca delle lettere, senza spiegarlo a nessuno, quasi scappando via da qualche cosa di cui non dico vergognarsi ma non essere troppo coinvolti, il piano italiano, impallinato da Est e Ovest, sembra che non l’abbia letto nessuno.

Peccato perché sarebbe una buona cosa da sostenere, in linea con la nostra Costituzione e con l’opinione pubblica del Paese. In più è anche l’unica iniziativa, al momento, in cui non si parla di missili e cannoni.

UN PECCATO se l’occasione venisse sprecata. Presentato la scorsa settimana al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres dal ministro degli esteri Luigi Di Maio a nome del governo Draghi, consiste per quanto è dato sapere in quattro punti.

1 – Cessate il fuoco con il conseguente smantellamento della linea del fronte in Ucraina.

2 -Status internazionale dell’Ucraina. Contempla la neutralità del Paese basata su una «garanzia» internazionale e prevede un futuro ingresso nell’Unione europea.

3 -Il destino delle zone contese, Crimea e Donbass, che godrebbero di una piena autonomia, a patto però che Kiev conservi la sovranità sull’intero territorio nazionale.

4- Garanzie sull’equilibrio internazionale. Il piano propone un accordo multilaterale sulla pace e sulla sicurezza in Europa. Con alcune priorità: disarmo e controllo degli armamenti, prevenzione dei conflitti. Per quanto riguarda l’esercito russo si dovranno stabilire i termini del ritiro dal suolo ucraino con parallelo smantellamento delle sanzioni a Mosca.

«IL PIANO, di cui ho letto una sintesi, delinea una nuova Helsinki», commenta il generale Salvatore Farina, ex capo di stato maggiore, comandante in Bosnia e Kosovo, oggi docente di peacekeeping al corso di laurea (l’unico in Italia) in Scienza della Pace dell’Università Lateranense.

«Certo se ogni giorno dobbiamo sentire affermazioni roboanti dai leader occidentali come “l’Ucraina deve assolutamente vincere”, è difficile coltivare speranze”». Eppure Farina davanti al pubblico di studenti della Lateranense è in un certo senso ottimista: «Nelle prossime settimane è probabile una svolta e se i russi assumeranno qualche posizione di vantaggio, consolidando l’obiettivo minimo del Donbas e Mariupol, potrebbero anche negoziare».

Ma come mai il piano di pace italiano non piace? Forse non è stato «comunicato» nel modo giusto. «Da Roma non ci hanno inviato nulla, ma da quello che leggiamo sui media le proposte italiane sono talmente distaccate dalla realtà che in linea di principio è difficile che possano essere prese sul serio», ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, facendo eco alle parole de vice presidente del Consiglio di sicurezza russo ed ex presidente russo, Dmitri Medvedev.

INSOMMA I RUSSI questo piano non l’hanno letto o non gli è stato recapitato? Più o meno le stesse reazioni, con toni ovviamente diversi, le hanno avute gli ucraini.

«Qualsiasi tentativo internazionale di riportare la pace sul territorio ucraino e in Europa è benvenuto», ha detto il ministro degli Esteri ucraino Kuleba. Il quale però ha aggiunto: «Bene l’iniziativa italiana ma l’integrità territoriale dell’Ucraina va rispettata». E si vede che questo benedetto piano Kuleba non l’ha letto perché si parla di conservare la sovranità ucraina anche su eventuali territori autonomi.

Ma peggio va con gli alleati (presunti) dell’Italia. La portavoce del governo di Berlino, Christiane Hoffmann, afferma di non conoscerlo ancora e che comunque «spetta all’Ucraina decidere se il piano sia accettabile». Insomma pure i tedeschi non ne sanno nulla o dicono di non averlo visto. Sembra quasi incredibile – e comunque assai improvvisato – che su un’iniziativa del genere la diplomazia italiana non abbia consultato anche i suoi partner o per lo meno provveduto a recapitare il documento.

L’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, è apparso persino piccato: «Abbiamo preso nota del piano di pace dell’Italia…ma dal punto di vista europeo tutto questo deve passare dall’immediata cessazione dell’aggressione e dal ritiro senza condizioni dell’esercito russo». Una porta in faccia al negoziato.

MA FORSE neppure noi ci crediamo. Lo stesso Di Maio afferma che «il piano di pace italiano è ancora un lavoro embrionale, ci vorrà tempo. Noi abbiamo delineato un percorso che parte da un gruppo di facilitazione internazionale e ha l’ambizione di arrivare a una nuova Helsinki». Mah..

L’impressione è che si tratti di un’iniziativa arruffona – visto che secondo il ministro è «embrionale» – messa in piedi dal governo Draghi per tenere buoni alleati di governo come M5S, Lega e Forza Italia, contrari spesso solo a parole all’invio massiccio di armi ora pesanti e che vorrebbero un’azione diplomatica con Mosca. Dall’altra c’è anche la protesta di quel poco di sinistra pacifista che rimane.

L’IMPRESSIONE soprattutto, è che il piano sia stato elaborato all’interno della Farnesina e che la sua esistenza sia stata resa pubblica – in maniera maldestra – senza consultare le parti in conflitto né gli alleati. Eppure, anche nell’estrema sintesi che abbiamo dato del piano. non pare che sia tutta acqua sporca da buttare insieme al bambino.

Ma ci vuole determinazione e pazienza per sostenerlo, anche soltanto per arrivare a una tregua su una linea di cessate il fuoco dove, dice il generale Farina, «le truppe russe resteranno per anni». Che il governo italiano dovesse frequentare un corso di Scienza della Pace? Magari fa bene.

 

 

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Mercoledi 25 maggio 2022

Le notizie principali apparse sui quotidiani del giorno

L'offensiva russa stringe il cerchio attorno alle città del Donbass. Tutti e due i contendenti con il fiato corto. Si prevede una estate di guerra

A Severodonetsk colpito un impianto chimico 

Cresce l'allarme per il grano bloccato. Rischio di battaglia navale. Londra progetta di mandare una flotta militare nel Mar Nero per scortarlo. Ma serve l'ok di Putin ed Erdogan

L'Ucraina alla carica nel Forum di Davos: "Dateci armi più potenti". Ma Zelensky appare addirittura possibilista  nel suo "realismo" rispetto all'oltranzismo dei suoi. 

Piano di pace italiano, primo No da mosca. Medvedev boccia la proposta. Di Maio: è solo allo stato embrionale . Kissinger sdogana l'idea che Kiev ceda qualcosa in cambio della pace

Sanzioni: l'Ungheria non toglie il veto all'embargo al petrolio russo. Per la commissione UE l'intesa è lontana. Il vertice dei capi di Stato è in programma il prossimo 30 e 31 maggio 

La UE  lavora per un riarmo di cui l'Italia sarebbe ruota di scorta

QUAD: nessuna condanna di Mosca. Biden ribadisce il sostegno a Taiwan

Il Corsera vuole l'inciucio PD - FdI nell'interesse di Kiev

 

 

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Martedi 24 maggio 2022

Le notizie principali apparse sui quotidiani del giorno

La partita militare per il Donbass si gioca sulla sorte di Severodonetsk assediata dai russi.

Zelensky apre il forum di Davos, dove esplode il tema della crisi del grano, con la richiesta di più armi e soldi.

Mosca: «Studiamo il piano italiano per la pace».

Si dimette il diplomatico russo all’Onu Bondarev: «Mi vergogno del mio Paese»

Biden gela Pechino. «Pronti a intervenire per Taiwan».

MOSCA ACCELERA L'OFFENSIVA MILITARE NEL DONBASS: LA PRIORITA' ADESSO E' SEVERODONETSK

Si profila una nuova Mariupol? Sembra di no, perché la posizione geografica di Severodonetsk è meno difendibile di quella di Mariupol.

Secondo il governo di Kiev, ogni giorno, per l’Ucraina, sul fronte est possono morire sui 100 soldati.

IL FORUM DI DAVOS SI OCCUPA DI UCRAINA. IL RAPPORTO DI OXFAM SULLA DISUGUAGLIANZA

Zelensky ha inaugurato ieri (23 maggio) il Word Economic Forum di Davos, il primo appuntamento in presenza dopo la parentesi del Covid.
Gli sconvolgimenti geopolitici e le conseguenze sull’economia hanno concentrato l’attenzione dei circa 2.200 invitati, tra cui una quarantina di capi di stato e di governo accanto ai dirigenti dell’economia mondiale (ma del G20 c’è solo il cancelliere Olaf Scholz).

Una prima decisione è la convocazione a luglio, a Lugano, di una conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina. Zelensky valuta ad almeno 500 miliardi di dollari il costo della ricostruzione e appoggia l’idea della Ue di congelare gli averi russi per finanziare parte dei bisogni.

Il tema del Forum quest’anno è Restoring Trust, ritrovare la fiducia: il mondo è entrato in una fase post-neoliberista, è meno aperto, più frammentato, è in corso una de-mondializzazione che tende a costituirsi in grosse aree potenzialmente rivali. Come ricostruire la «fiducia» con la crisi climatica, che condiziona tutti i settori e che richiederebbe una collaborazione mondiale, mentre crescono protezionismo e tensioni? La guerra sta sregolando produzione e scambi.

Al centro dell’attenzione c’è la crisi alimentare, che ha cause molteplici, climatiche ed economiche, aggravata dal blocco dei cereali ucraini da parte dei russi nel Mar Nero, che ha già portato a un aumento dei prezzi del 30% negli ultimi mesi (e contemporaneamente a un aumento dei profitti nell’agroalimentare del 45%). L’aggressione all’Ucraina da parte della Russia sregola l’export di due grandi produttori mondiali. Ma anche altri paesi, presi dal panico per la minaccia di carestie, hanno bloccato l’export: ultima l’India per il grano, prima l’Indonesia per l’olio di palma, ma anche Ungheria, Serbia, paesi caucasici, Argentina per la carne, Iran per le patate, la Cina per i fertilizzanti, c’è una corsa pericolosa al protezionismo, anche solo parziale, che secondo la Fao non fa che aggravare la minaccia di crisi alimentare.

Tutti gli esperti mondiali, dalla Fao al Pam (Programma alimentare mondiale) sottolineano che non c’è una penuria globale di prodotti alimentari, ma che la minaccia di carestia proviene da distorsioni nella distribuzione, dalle spinte protezioniste alle diseguaglianze mondiali e all’eccessiva concentrazione nella produzione e nel controllo del commercio.

LA RUSSIA RIGETTA SULL'OCCIDENTE LA CRISI DEL GRANO.

LA CATASTROFE globale della “crisi del grano” scatenata dalla guerra in discussione proprio al forum economico viene evocata ieri da Peskov, che citato da Reuters addossa le responsabilità della crisi all’Occidente: Mosca «è sempre stata un’esportatrice di grano affidabile. Non siamo noi la fonte del problema». «La Russia – gli fa eco su Twitter il diplomatico Mikhail Ulyanov, rilanciando il ricatto sulle sanzioni – si aspetta un raccolto di grano da record nel 2022. Siamo pronti a offrire l’export di 25 milioni di tonnellate di grano… Cosa offriranno gli Stati uniti?».

Intanto la Lituania propone la formazione una «coalizione di volenterosi» – una «missione umanitaria e non militare» in cui la Nato non dovrebbe giocare alcun ruolo – che scorti le navi nel Mar Nero al di là del blocco russo per prelevare il grano fermo nei silos ucraini. Sempre la Lituania, insieme a Slovacchia, Estonia e Lettonia, manderà oggi una lettera al ministero delle Finanze Ue che esorta a impiegare i beni congelati agli oligarchi per contribuire alla ricostruzione dell’Ucraina.

Ieri Oxfam ha ricordato nel rapporto Profiting from Pain, che con la pandemia del Covid ogni 30 ore c’è stato un nuovo miliardario nel mondo e ogni 33 ore un milione di poveri in più. La strada per evitare una grave crisi alimentare passa per un aumento delle produzioni locali, per una maggiore diversificazione e minore concentrazione degli scambi internazionali: il mercato mondiale è dominato da 4 produzioni (zucchero, farina, mais, riso), da pochi paesi esportatori (24 paesi al mondo dipendono enormemente da Russia e Ucraina, Libano e Egitto all’80%, l’Eritrea al 100%), ci sono 4 multinazionali dominanti (Abcd: Archer Daniels Midland, Bunge, Cargill, Louis Dreyfus).

MOSCA STUDIA IL PIANO ITALIANO PER LA PACE

Cessate il fuoco immediato, smilitarizzazione del fronte, neutralità dell'Ucraina con garanzie di sicurezza, colloqui per risolvere la questione dello status di Crimea e Donbass, un nuovo patto di sicurezza europea e internazionale. Sono questi i quattro punti principali del piano di pace per tentare di risolvere il conflitto tra Russia e Ucraina, presentato dall'Italia questa settimana al segretario generale dell'Onu Antonio Guterres.

Dopo il silenzio iniziale, è arrivata una prima risposta da Mosca. La Russia «sta valutando» il piano presentato da Roma, dice il viceministro degli Esteri Andrei Rudenko.
L'Alto rappresentante per la Politica Estera dell'Unione Europea Josep Borrell ha subordinato qualsiasi ipotesi di accordo al «ritiro incondizionato della Russia».

Una sponda per la proposta di Di Maio è invece arrivata negli scorsi giorni dalla Francia, con fonti della presidenza francese dell'Ue a Bruxelles che hanno sottolineato: «C'è coordinamento tra Francia e Italia per arrivare a un cessate il fuoco, i due paesi sono in contatto».

Il nodo - appositamente lasciato sul vago nel testo presentato dall'Italia - è lo status dei cosiddetti «territori contesi» del Donbass e della Crimea, annessa dalla Russia nel 2014. La proposta italiana prevede che a contribuire a una trattativa sui confini e la sovranità territoriale delle due regioni cuore del conflitto sia una commissione internazionale. Secondo lo schema studiato dalla Farnesina, infatti, a supervisionare tutti i processi per arrivare a un accordo dovrebbe essere il Gruppo Internazionale di Facilitazione, a cui spetterebbe il compito di garantire imparzialità e sicurezza alle trattative di pace. Precisano da ambienti della Farnesina: «Ogni trattativa di pace dovrà essere approvata e decisa dall'Ucraina, che in questo caso è il paese che è stato invaso dalla Russia, quindi le decisioni sui termini di una futura pace devono essere prese da Kiev».

Il fronte europeo continua però a essere freddo in merito all’ingresso di Kiev nella Ue: «Dobbiamo essere onesti, se diciamo che l’Ucraina entrerà nell’Unione in sei mesi, un anno o due, sarebbe una bugia», ha detto in un’intervista il segretario francese degli affari europei Clément Beaune. «Ci vorranno probabilmente 15 o 20 anni». Ma nessuno si tira indietro sull’invio di armi: a un incontro “virtuale” per coordinare gli aiuti militari a Kiev 20 paesi (fra cui Italia, Grecia, Norvegia e Polonia) hanno concordato – ha detto il segretario della Difesa Usa Lloyd Austin – nuovi «pacchetti» di armamenti da destinare all’Ucraina.

LE DIMISSIONI DI BONDAREV, AMBASCIATORE RUSSO ALL'ONU

Boris Bondarev, il diplomatico russo con più anzianità alle Nazioni unite a Ginevra, nella lettera con cui ieri ha rassegnato le dimissioni, scrive: «Non mi sono mai vergognato tanto del mio Paese».

BIDEN E' PRONTO A INTERVENIRE CONTRO LA CINA SE SI PRENDESSE TAIWAN

Ora sappiamo che forse gli Stati uniti interverrebbero militarmente in caso di aggressione a Taiwan. O quantomeno questo è il messaggio che vuole dare Joe Biden, intervenuto durante la conferenza stampa congiunta col premier giapponese Fumio Kishida.
I rapporti tra Washington e Taipei si basano sulla celeberrima «ambiguità strategica» per la quale gli Usa si impegnano a tutelare la difesa taiwanese (per esempio attraverso la vendita di armi) senza stabilire l’obbligo di intervento diretto in caso di conflitto. Anche se da sempre l’impegno di Washington è quello di tutelare lo status quo. Quello status quo che da qualche tempo entrambe le potenze coinvolte in questo gioco a scacchi vedono minacciato dalle manovre o dalle parole del rivale. SECONDO LA CNN, gli alti funzionari sarebbero stati «colti alla sprovvista» dalla dichiarazione di Biden. Ma pare ormai limitativo bollare le sue uscite come «gaffe». Anche perché questa volta il messaggio è stato lanciato dal Giappone, il paese più deciso non solo nel seguire gli Usa ma anche a costruire un’architettura asiatica alternativa a quella cinese.

Ma Taiwan incassa al contempo la delusione (per ragioni geopolitiche) dell’esclusione dall’Indo-Pacific Economic Framework, al quale hanno aderito in 12. Oltre a Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda ci sono tutti i paesi dell’Asean tranne Cambogia, Laos (quelli più “filo cinesi”) e il Myanmar dei generali.

IL COMMENTO SU IL MANIFESTO DEL PATTO INDO-PACIFICO

Guido Moltedo

Patto indo-pacifico, le sorti incrociate di Biden, Xi e Putin
BIDEN IN GIAPPONE E COREA DEL SUD. Al via in Asia il mercato comune di 13 Paesi che gli Usa vogliono in chiave anti-cinese. Il presidente americano la spara grossa: avverte Pechino sulla sovranità di Taiwan

Gli Usa pronti a «intervenire militarmente» in difesa di Taiwan, se attaccata dalla Cina. Sarà la sua proverbiale inclinazione ai passi falsi. O sarà la vecchiaia, come spesso lo stuzzica il suo coetaneo Trump. Forse, più semplicemente, si tratta della sperimentata tecnica di spararla grossa per poi affidare all’ufficio stampa il compito di stemperare, smussare, spiegare.

No, la linea della politica americana nei confronti di Pechino – “One China” – non è cambiata. L’obiettivo, alla fine, è lanciare all’interlocutore/avversario il messaggio che si desidera fargli pervenire, anche se successivamente depotenziato dagli assistenti. Astuzie da politico stagionato a cui Joe Biden fa spesso ricorso. Troppo spesso, lasciando così intravvedere un disegno di politica internazionale non ben definito, se non confuso, dettato soprattutto dall’esigenza di prendere le distanze – se di progetto si trattava – da quello del suo predecessore e, probabilmente, di nuovo suo sfidante nelle prossime presidenziali.

SE SULLA MISSIONE di Joe Biden in Asia domina la sua affermazione muscolare su Taiwan, con il prevedibile carico di reazioni irritate delle autorità cinesi, il suo obiettivo principale è la costruzione di un “blocco” economico asiatico-pacifico, una sorta di mercato comune con la partecipazione di tredici nazioni, con gli Usa in posizione centrale.

In parte è la riedizione della Trans-Pacific Partnership (TPP) avviata da Barack Obama, che Donald Trump cancellò nel corso della prima settimana della sua presidenza, per concentrare il grosso della sua politica nella regione in un dialogo velleitario con la Corea del nord, in chiave anticinese.

Biden non immagina tuttavia una continuità con il TPP, al quale pure lavorò come vice di Obama, per il semplice fatto che fu molto contestato sia negli Usa e nel Partito democratico sia tra i partner asiatici. Resta lo stesso obiettivo, che è quello di strutturare una forte presenza politica americana nella regione asiatico-pacifica, incentrata sul commercio, con una dichiarata aspirazione a contrapporsi alla superpotenza cinese nella sua stessa area di influenza e di proiezione.

L’avvertimento pesante su Taiwan – quindi non una frase “scappata” ma voluta – sottolinea che l’operazione è sì di carattere economico ma è sostenuta da una forza militare operativa che la Cina non possiede.

È la medesima “tecnica” usata nei confronti della Federazione Russa, con l’escalation degli improperi rivolti a Putin stesso, anche se le forze militari americane non sono formalmente presenti sul terreno e se, ai massimi livelli militari, il titolare della difesa Austin parla con il omologo Shoigu e il generale Milley con il suo omologo Gerasimov, due fatti enormi, curiosamente sottovalutati dai media.

IN ENTRAMBI I TEATRI, quello cinese e quello russo, Biden si muove volendo dare l’impressione – proprio con le sue minacce che possono perfino sembrare gaffe – di potersi concedere il lusso di fare il bullo. Perché dispone d’informazioni specifiche sulla situazione ai vertici sia di Mosca sia di Pechino, secondo le quali le leadership di Putin e di Xi sono vulnerabili? Così si dice a Washington. Delle difficoltà di Putin si sa, meno di quelle di Xi, che sono considerevoli. Il controllo della Cina, sotto attacco di Covid, si rivela sempre più problematico, con una repressione che sembra riportare il paese ai tempi della rivoluzione culturale (intesa non nella sua accezione e portata “rivoluzionaria” ma piuttosto nelle sue manifestazioni duramente repressive).

BIDEN VEDE DUNQUE in questo momento due finestre di opportunità per l’America, per ridisegnare il mondo a suo favore, occasioni impensabili al momento del suo insediamento alla Casa bianca. Sembra un’epoca remota quando, due anni fa, a Davos – ricorda l’agenzia Bloomberg – un terzo dei partecipanti miliardari erano tycoon russi e “feste a base vodka e caviale sponsorizzate dai russi erano note per la partecipazione di gruppi di giovani senza accredito fatte passare per traduttrici”. Quest’anno l’ospite d’onore del Forum è Volodymir Zelenskyy.

Il fatto è che lo stesso Biden è in una condizione non troppo dissimile da quella di Putin e Xi per poter davvero approfittare della loro debolezza. A parte i sondaggi drammatici, lo stesso varo dell’Indo-Pacific Economic Framework (Ipef), l’intesa annunciata in questi giorni con i paesi asiatici e pacifici, presenta una serie notevole di complessità d’attuazione e di ostacoli, il primo dei quali riguarda la natura stessa dell’operazione.

I PARTNER VORREBBERO maggiore accesso nel mercato americano, ma questo non piace agli elettori di Biden, non solo a quelli di Trump. Inoltre gli asiatici sono contrari a una sua configurazione in chiave anticinese. «Non desideriamo vedere l’Ipef come meramente uno strumento per contenere altri paesi», ha detto al NYT il ministro indonesiano Lufti. Nei confronti della Cina, d’altra parte, sono gli stessi Usa a tenere un atteggiamento a dir poco ambivalente, se Biden, a Tokyo, ha confidato di voler rimuovere alcune tariffe imposte da Trump a beni cinesi, che, secondo il segretario al tesoro Janet Yellen, fanno più male che bene ai consumatori e alle imprese americane.

E sì, Biden, Putin, Xi, i loro destini sono più interdipendenti di quanto ciascuno di loro vorrebbe ammettere e simili tra loro rispetto alla reale possibilità per ognuno di lucrare sulla disgrazia degli altri due.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA FONDAZIONE DEGLI ARCHI  ORGANIZZA A COMISO, DAL 9 ALL'11 MAGGIO 2022, LA MARCIA DEL SOLE COMISO-NISCEMI.

I DISARMISTI ESIGENTI ADERISCONO INSIEME AI COMUNI DEL RAGUSANO, ALLA DIOCESI DI RAGUSA, ALLA FONDAZIONE BUFALINO, ALLA FONDAZIONE SCIASCIA, ALLA PAGODA PER LA PACE

La città di Comiso è un simbolo del movimento pacifista mondiale e in questo periodo storico caratterizzato dal conflitto russo-ucraino, con la NATO coinvolta, a pochi giorni dal quarantesimo anniversario della marcia contro l’istallazione dei missili Cruise, la Fondazione degli Archi organizza la  “MARCIA DEL SOLE” che si svolgerà dal 9 all'11 maggio da Comiso a Niscemi.

Raccolta dagli organizzatori la nostra idea di due carovane della pace: da Comiso a Kiev e da Comiso a Mosca (per le quali è in preparazione l'appello).

Raccolta anche l'esigenza di riaprire RADIO IRENE (con un programma intitolato: RAGGIO IRENE).

 

marcia - comiso - niscemi

Qui di seguito il comunicato e il manifesto degli organizzatori; e in fondo la lettera di adesione dei Disarmisti esigenti.

COMISO - A piedi e in marcia. Per gridare la pace, per chiedere la pace, affinché la guerra finisca, quella in corso tra Ucraina e Russia, così come tutte le guerre attuali nel mondo. Torna da domani lunedì 9 maggio alle ore 15,45 dal Santuario Immacolata di Comiso per giungere in serata al Castello dei Biscari di Acate, “La marcia del sole_La marcia dei Conigli” con la carovana della pace e la fiaccolata. Si proseguirà poi martedì 10 maggio per continuare a camminare da Acate fino al bosco di San Pietro e poi ancora mercoledì 11 per raggiungere il Santuario di Santa Maria del Bosco a Niscemi. Tre giorni di cammino, tre giorni senza sosta, per 18 chilometri, per chiedere il disarmo nel mondo, contro tutte le guerre. L’idea, promossa dalla Fondazione degli Archi e dall’Antica Trasversale Sicula, prosegue un percorso di attività pacifiste avviate nei mesi scorsi e che si pone l’obiettivo di anticipare i focolai che potrebbero, come tutte le guerre preventive, infiammare e divampare irreversibilmente il globo. Come le tante guerre, già scoppiate sulla terra in questo nuovo millennio, ma lontane dall’Europa, ad eccezione di questa odierna insostenibile aggressione perpetrata dalla Russia alla sorella Ucraina e dell’altra sferrata, nella guerra del Kosovo, appellata ipocritamente come giusta, con lo stesso assurdo orrore, di quella odierna. “Vogliamo far scoppiare la pace, prima che scoppi l’ultima guerra mondiale nel cuore dell‘Europa – spiega Salvatore Schembari, ideatore de La marcia del sole – Il nostro manifesto e l’appello che viene rivolto a tutti gli uomini di buona volontà, vuole invogliare i politici a fermarsi e a ritrovare i valori della fratellanza, ma chiediamo anche al nostro Sommo Pontefice di fare leva sul potere della Misericordia Divina e rilanciare storicamente l’esempio che si impose in India dal 12 marzo al 5 aprile 1930 “La marcia del sale” (Salt Satyagraha o Salt March) di Gandhi, con una iniziativa simile a quella voluta dal grande spirito del Mahatma. Ricalchiamo i passi di quella marcia, chiamiamo a farlo con poesia e spirito religioso tutta l’umanità, camminando con due immense carovane della Pace, con le mani alzate in preghiera al cielo, al Padre Nostro, verso Kiev e verso Mosca in direzione inversa alla guerra, in accordo con la volontà dell’Immacolata Concezione Regina della pace, con fede spropositata capace di trasformare e sommuovere le popolazioni della Russia e dell’Ucraina, in fulgido strumento di pace universale, lasciando che divampino da soli, consumati dalla loro stessa rovente natura, coloro che ora sgozzano con inaudita ferocia ancora gli agnelli. Ecco il nostro auspicio che il Papa venga a Comiso, in accordo con la volontà del Padre Nostro, a benedire questa fulminea fiduciosa corsa verso il disarmo totale”. Hanno aderito i Comuni di Comiso, Acate, Caltagirone, Vittoria, Niscemi, Caltanisetta, Racalmuto, San Cataldo, Libero Consorzio Comunale di Ragusa, Diocesi di Ragusa, Pagoda della Pace, Fondazione Bufalino, Fondazione Sciascia, Disarmisti Esigenti, Lega per il disarmo universale, Wilpf, Kronos Pro Natura, Zeme, movimento civico Le Spighe di San Cataldo.

Ecco il manifesto redatto da Totò Schembari, presidente della Fondazione Bufalino e promotore, con Alfonso Navarra, di Radio Irene ai tempi della resistenza contro la base dei missili Cruise.

La marcia del sole_ La marcia dei Conigli - Carovana della Pace&Fiaccolata

Dalla Sicilia «Isola Nuda», storia di boschi, di mandorli fioriti, d’ulivi, di vigne, d’orti e seminati, campo di grano del mediterraneo, dalla città universale della Pace, da El Homs, «fulmini di bellissima intelligenza» guizzeranno su tutta l’Europa. Dalla Marcia del Sole, in direzione inversa alla guerra, per le strade di Comiso e Niscemi, un raggio Irene e un’onda di Pace si orienteranno doppiamente a risanare la ferita d’oggi, inflitta ferocemente ancora a popoli inermi, agli agnelli figli di Dio, con l’ennesimo scoppio di una guerra (ora forse finale) e a consolare quel sangue già versato nelle terre gemelle di Russia e Ucraina, nel secolo scorso, quando furono trucidati milioni e milioni e milioni di contadini.

Da Comiso dal giorno dello smantellamento della base missilistica nucleare (convertita in aeroporto della condivisione europea Pio La Torre, cambiamento radicale sostenuto per primo da Alexander Langer) bisogna tentare di ritrovare la felicità dei papaveri rossi, che resusciteranno, ancora insieme al frumento, come un continuo oro di stelle a venire, nel Carmelo, nel giardino di Dio.

La MARCIA DEL SOLE_ La Marcia dei Co>Ni>g>li (acronimo da declinare in cammino così: ampio Raggio Irene in marcia da Comiso a Niscemi – a piedi, in bici o in carovane – in direzione inversa alla “g” di guerra, verso la “g”di Gesù, di Gandhi e simili, matrici di Spirito che liberano dal male, per educare per sempre alla pace e alla non violenza, per disarmare il mondo dagli ordigni nucleari e da qualsiasi arma letale).

La marcia già inaugurata il 9 agosto del 2021, svoltasi in tre tappe della durata di tre giorni dal 9 all’11 di ogni mese, ha l’obiettivo di tessere una rete di vigilanza mistica e politica in armonia con la fioritura di un ramo di mandorlo e la realizzazione biblica della misericordia sulla terra (vedi il prezioso ed illuminante passo da meditare e introiettare come verbo, per sempre, nel libro di Geremia:

– E avvenne parola del Signore a me – «Geremia che cosa vedi?». E io: «vedo un ramo di mandorlo» Il signore soggiunse: «hai visto bene, poiché Io vigilo sulla mia parola per realizzarla».

Inoltre sempre ogni mese, subito dopo il pellegrinaggio, verrà associata la figurazione pittorica di “Un assolo per la Pace”

Per mantenere alta la tensione in direzione inversa alla guerra, noi continueremo a camminare ogni mese da Comiso a Niscemi declinando, nello stesso mese, una nuova lingua parlata e scritta da artisti, poeti, scrittori, musicisti e intellettuali, nell’ambito di un’assoluta e singolare declinazione della Pace come meditazioni, parole, azioni e fatti. E ancor di più, sempre ogni mese, subito dopo il pellegrinaggio, verrà associato “Un assolo per la Pace” di un’artista con un’opera d’arte realizzata appositamente sul tema della pace, esposta alla Galleria degli Archi di Comiso, già ampiamente accolto dall’Osservatore Romano, con l’articolo apparso il 27 aprile del 2022 dedicato all’Assolo per la Pace di Fabio Salafia intitolato Nuovo giorno. Felici per averci ricordato, a 40 anni di distanza, dell’innata vocazione all’arte della nostra città, come portafortuna e scrigno necessario all’attualità della pace, oggi più che mai, e di averci colorati così: «Comiso e l’arte della pace. Non missili ma pennelli».

Non dimentichiamo le parole del vangelo che qui parafrasiamo poeticamente:

«Ecco ti metto le mie parole sulla tua bocca»

Si consacra di nuovo /oggi, adesso, di sabato /nella piccola sinagoga /di Gesù a Nàzaret. /Ancora dal rotolo /del profeta Isaia /viene l'annuncio, /passo dopo passo, /il lieto messaggio /dice le stesse cose: – che ormai la porta che si aprì non si è chiusa più al cuore –

La compassione del Samaritano /ha il volto del figlio dell'Uomo, /la sua misericordia attraversa /gli invisibili testimoni della storia: /la vedova in Sarepta di Sidone / Il lebbroso risanato, Naaman, il Siro, Amali tutti i colori, /custodisci il vedanta, il buddista, /Il musulmano, il cristiano stesso...

8 maggio 2022

 

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DA COMISO A NISCEMI SI MARCERA' PER LA PACE DAL 9 ALL'11 MAGGIO
ADESIONE DEI DISARMISTI ESIGENTI CON COMUNICATO DEL PORTAVOCE ALFONSO NAVARRA
L'iniziativa, voluta dalla Fondazione degli Archi,  è denominata MARCIA DEL SOLE - MARCIA DEI CONIGLI ed intende protestare contro le guerre per proporre una alternativa nonviolenta.
E' dall'agosto 2021 che ogni mese si è in cammino da Comiso, luogo simbolo del movimento pacifista mondiale, con l'obiettivo di spargere semi per una cultura di pace.
Nella impostazione della manifestazione, si prende spunto dal ricordo del 4 aprile 1982, quando la cittadina siciliana ospitò una mobilitazione massiccia a livello nazionale (e internazionale) per l'opposizione all'installazione degli euromissili.
Una via a nuovi simboli di vita, uno spiraglio nel buio che la guerra in Ucraina ha datto calare sull'Umanità.
Le tappe previste sono 3.
Il 9 maggio si parte da Comiso e si va ad Acate.
Partenza ore 15:45 dalla Chiesa dell'Immacolata. Si arriva alle 19:45 al Castello dei Principi di Biscari di Acate.
Il 10 maggio da Acate a Santo Pietro.
L'11 maggio da Bosco Santo Pietro a Niscemi.
Si parte alle 9:00 da Bosco Santo Pietro e si arriva a Niscemi alle 13:00, Santuario di Santa Maria del Bosco.
L'Osservatore Romano ne ha parlato il 27 aprile 2022 con un articolo intitolato: "NON MISSILI MA PENNELLI".
"Comiso, decisa a proseguire quella che è diventata la missione di una comunità, ha scelto la strada della bellezza, del messaggio incorrotto".
La lotta nonviolenta, influenzando i pensieri e le decisioni dei potenti, 35 anni fa si è liberata dei missili.
Noi, disarmisti esigenti, aderiamo nella speranza che una nuova grande mobilitazione raccolga il testimone di quello spirito e dia forza a coloro che vogliono dare voce alla volontà maggioritaria del popolo italiano riassumibile in tre punti.
1- Non farci trascinare nella guerra con riarmi e sostegno ai belligeranti, pur nella consapevolezza che occorre distinguere tra aggressore e aggredito; ed anche che, come dice il Papa, "l'abbiaiare della NATO ai confini della Russia può avere facilitato l'invasione";
2- Non attivare una guerra economica attraverso una spirale di sanzioni e controsanzioni: occorre cooperare per la conversione energetica globale in senso ecologico;
3- Sostenere un governo che proponga subito l'Europa come mediatrice per un cessate il fuoco immediato, senza condizioni, base per l' avvio successivo di seri negoziati di pace, con lo spirito del win-win che nasce solo se ogni parte in causa è disposta a una qualche rinuncia.
Abbiamo sentito gli organizzatori della manifestazione.
Concordiamo che può essere ripresa la vecchia Radio Irene, funzionante all'epoca della resistenza ai missili, con un programma: "RAGGIO IRENE".
E pensiamo che da Comiso può partire l'iniziative di due carovane contro la guerra: una diretta a Kiev, l'altra a Mosca.
In questo momento critico, ogni tentativo può essere la scintilla perché scoppi la pace, e Comiso qualche titolo per parlare di riconciliazione nonviolenta ed essere ascoltata ce l'ha, in quanto esempio vincente di una lotta nonviolenta che ha aperto la strada, con gli accordi tra Reagan e Gorbachev del 1987, al più grande disarmo nucleare della storia .
Elaboreremo un appello in questo senso per far sì che dalla idea di passi alla realizzazione concreta...
Alfonso Navarra - portavoce dei Disarmisti esigenti
(gcon un accordo di massima di  LOC- LDU- WILPF Italia - Kronos Pro Natura)

 

TPNW: prima conferenza di revisione

 

La prima riunione degli Stati parti del Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) si svolgerà presso l'Austria Center di Vienna, in Austria, dal 21 al 23 giugno 2022.

Il presidente designato della riunione è l'austriaco Alexander Kmentt.

In questa riunione inaugurale, gli Stati parti del TPNW si riuniranno per impegnarsi in azioni concrete per attuare gli obblighi previsti dal Trattato, tra cui fornire assistenza alle vittime dell'uso e dei test di armi nucleari, iniziare a rimediare agli ambienti contaminati (articolo 6) e universalizzare il trattato (articolo 12). Sarà anche un'opportunità per gli Stati di discutere alcuni dei dettagli tecnici del trattato, come la fissazione di una scadenza per l'eliminazione delle armi nucleari per gli Stati dotati di armi nucleari che aderiscono (articolo 4).

Altri Stati non parti del Trattato, così come le agenzie competenti delle Nazioni Unite, altre organizzazioni o istituzioni internazionali, organizzazioni regionali, il Comitato Internazionale della Croce Rossa, la Federazione Internazionale delle Società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa e le organizzazioni non governative, sono invitati a partecipare alla Riunione in qualità di osservatori.

Il 20 giugno 2022 l'Austria ospiterà una conferenza internazionale sull'impatto umanitario delle armi nucleari.

(Originariamente prevista per gennaio 2022, la riunione degli Stati parti è stata rinviata a causa della pandemia di COVID-19).

Documenti

Partecipazione della società civile

Ai sensi dell'articolo 8 del Trattato, "le organizzazioni non governative competenti sono invitate a partecipare alle riunioni degli Stati Parti [...] come osservatori". In qualità di coordinatore ufficiale della società civile della PSM, ICAN fornirà informazioni a tutte le organizzazioni non governative interessate sui preparativi, la registrazione, la partecipazione delle ONG e altre attività della società civile intorno alla riunione. Per ricevere informazioni su come la tua organizzazione può partecipare all'MSP, iscriviti qui utilizzando questo modulo.

Aggiornamento 27 aprile 2022:

L'ONU ha condiviso una copia avanzata della sua nota informativa sulle modalità di partecipazione della società civile al 1MSP qui.

Per partecipare al 1MSP sarà necessario completare un processo in due fasi:

1. Richiesta di accreditamento della propria organizzazione della società civile

Per richiedere l'accreditamento nell'ambito della propria organizzazione, si prega di andare qui per inviare il modulo di richiesta di accreditamento direttamente al Segretariato delle Nazioni Unite entro e non oltre il 20 maggio 2022. È inoltre necessario inviare una richiesta di accreditamento scritta separata a Diane Barnes sulla carta intestata ufficiale della propria organizzazione, elencando i nomi completi e i titoli dei rappresentanti che parteciperanno.

Per le istruzioni complete, consultare la sezione IV della nota informativa delle Nazioni Unite, disponibile qui. Le Nazioni Unite invieranno un'e-mail alle organizzazioni della società civile entro il 30 maggio 2022 per informarle se la loro richiesta di accreditamento è stata approvata o meno. Le organizzazioni con status consultivo ECOSOC saranno accreditate. L'ONU valuterà le richieste di tutte le altre organizzazioni della società civile in base allo scopo e alle attività dell'organizzazione in relazione al lavoro della PSM.

Partner ICAN: per far parte della delegazione
ICANICAN sarà un'organizzazione accreditata della società civile presso il 1MSP. Tutti i partner ICAN sono invitati a partecipare al 1MSP come parte della delegazione ICAN. I partner che non hanno lo status consultivo ECOSOC sono particolarmente incoraggiati ad aderire come il modo migliore per garantire l'accreditamento. Se desideri unirti alla delegazione di ICAN, fai domanda qui.

2. Registrazione online dei singoli partecipanti

Dopo che la richiesta di accreditamento della tua organizzazione è stata approvata, dovrai registrare i singoli rappresentanti della tua organizzazione che parteciperanno al 1MSP tramite il sistema Indico online delle Nazioni Unite. Ogni partecipante deve creare il proprio profilo e gli verrà chiesto di fornire (a) la lettera di richiesta di accreditamento, incluso il nome del partecipante, e (b) la nazionalità del passaporto e l'indirizzo e-mail. La registrazione online sarà disponibile dal 30 maggio al 14 giugno 2022.

 

Eventi collaterali

Le organizzazioni non governative avranno una sala conferenze riservata al loro uso presso le Nazioni Unite a Vienna in tutta la PSM. I dettagli su quale camera saranno confermati in un secondo momento. Gli eventi collaterali possono essere organizzati in questa sala senza la sponsorizzazione di uno stato membro delle Nazioni Unite. Se stai pensando di organizzare un evento collaterale, invia un'e-mail a Christina Hawley al tpnw-1msp@icanw.org il prima possibile e non oltre il 6 maggio 2022 con una breve descrizione dell'attività proposta.

Forum della società civile

ICAN organizzerà una conferenza della società civile il 18-19 giugno 2022, insieme a una serie di eventi a Vienna per le ONG che partecipano alla PSM e per il pubblico. Il programma e le iscrizioni a questo evento si apriranno il 9 maggio 2022.

 

A causa delle preoccupazioni per la salute pubblica legate alla pandemia globale di COVID-19, i dettagli relativi alla partecipazione alla PSM non sono ancora chiari. Aggiorneremo questa pagina con ulteriori informazioni non appena sarà disponibile.

Manifestazione a Bruxelles il 27 marzo 2022 collegata in Italia con il presidio del 26 marzo a Milano (piazzale Stazione di Porta Genova, dalle ore 14:00 alle ore 16:00): Disarmisti esigenti & partners per l'Europa di pace contro l'Europa di guerra 

Domenica 27 marzo incontro su Zoom al seguente link: 

https://us02web.zoom.us/j/86160241758?pwd=dGxWRGxsUXZPWlhORnJJUUlyazAvZz09 

ID: 861 6024 1758
Password: 2022

La presa di posizione è stata pubblicata, il 22 marzo 2023, sul quotidiano Il MANIFESTO al seguente link:

A Bruxelles l’Europa di pace contro l’Europa di guerra

A Bruxelles l’Europa di pace contro l’Europa di guerra

Appello. L’ecopacifismo si prepari per contrastare e fare cessare, nella lunga durata, la guerra economica globale

Primi firmatari: 

Andrea Bulgarini, Nina Cabero, Marco Giorgini

Tre vertici a Bruxelles per un’unica linea dettata dagli USA

Gli stessi giorni, contemporaneamente, il 24 e il 25 marzo, insieme al vertice del G7, si tengono a Bruxelles sia il summit NATO che il Consiglio UE. In tutti gli incontri sarà presente in persona il presidente USA Joe Biden. La domanda che sorge spontanea è: chi darà la linea a chi? La NATO alla UE (Biden a Scholz e Macron) o la UE alla NATO (i leaders europei all’America)? La risposta è semplice, se si guarda a quanto sta avvenendo nei Palazzi e nei parlamenti europei, dove ci si allinea al nuovo muro contro l’Est e si votano bilanci militari al 2% del PIL. 

L’invasione russa dell’Ucraina strumentalizzata per il rilancio del riarmo, del nucleare, dei combustibili fossili. In nome di una diversificazione urgente dal valore strategico

La linea la daranno gli USA per il tramite della NATO. Lo faranno approfittando della crisi ucraina, da lungo tempo in essere, diventata oggi guerra grazie all’ingiustificabile e imperdonabile colpo di testa di Putin (l’aggressione militare all’Ucraina va condannata senza se e senza ma). Scontro armato sul terreno della ex-Repubblica sovietica tra esercito russo e esercito ucraino (per disgrazia della popolazione civile, assistito dalle armi NATO, incluse quelle italiane) ma anche e soprattutto guerra economica globale che gli USA stanno dichiarando alla Cina. Ma attaccano per l’intanto il “nemico” russo con sanzioni mal concepite che rischiano di risultare più distruttive per chi le impone, in particolare per l’Europa. È paradossale che il clima di guerra sia usato per giustificare una corsa verso le fonti fossili di energia (gas, petrolio e carbone) ed il rilancio del nucleare cosiddetto civile invece di accelerare la conversione energetica rinnovabile, a parole da tutti perseguita.

A Bruxelles il 27 marzo l’alternativa ecopacifista

Veramente vogliamo ancora rischiare la guerra nucleare, esplicitamente minacciata, per una contesa su dove devono essere situati i confini tra l’impero americano (inclusivo del blocco atlantico) e il nuovo impero russo sognato da Putin? 

Oltre alle citate scadenze del 24 e 25 marzo, il 27, sempre a Bruxelles, la società civile belga, con alla testa le organizzazioni ecopacifiste e con l’obiettivo di fermare la guerra, mobilita “l’Europa per la pace” in una manifestazione cui saremo collegati dall’Italia, dalla Germania e dalla Francia, per cominciare ad incardinare una “alternativa programmatica” che vogliamo sempre più definita e concreta.

Le parole d’ordine del Coordinamento antinucleare e disarmista europeo

Stiamo costruendo un “coordinamento antinucleare e disarmista europeo” e vorremmo presentare con i nostri amici belgi i nostri obiettivi e la nostra strategia di pace in una sede istituzionale del Parlamento europeo, quando le normative anticovid lo consentiranno. Puntiamo in esso a costruire un ponte nonviolento tra i “nemici”.

Le nostre parole d’ordine sono le seguenti:

  • FERMIAMO IL CONFLITTO MILITARE IN UCRAINA CON L’UNIONE DEI MOVIMENTI ECOPACIFISTI EUROPEI (RUSSI E UCRAINI INCLUSI)!
  • FERMIAMO LA GUERRA ECONOMICA ED ENERGETICA CHE STA MONTANDO A LIVELLO GLOBALE!
  • CHIUDIAMO IN TUTTA EUROPA I REATTORI NUCLEARI E GLI IMPIANTI NUCLEARI! ALTRO CHE TASSONOMIA PER FINANZIARLI! 
  • ESIGIAMO IL DISARMO, A PARTIRE DALLE ARMI NUCLEARI GIA’ PROIBITE DA UN TRATTATO ONU! 
  • LAVORIAMO INSIEME PER IL MODELLO ENERGETICO RINNOVABILE: LA PACE CON LA NATURA SARA’ LA STRADA PER CONSOLIDARE LA PACE TRA GLI ESSERI UMANI!

Le tre partite per l’unico campionato dell’Europa di pace

La nostra strategia la denominiamo, per intenderci, “tre partite per un unico campionato sul destino dell’Europa”: la partita locale dei piani energia e clima (PNIEC); la partita europea del rifiuto della tassonomia UE pro nucleare e pro gas (si decide con un voto del Parlamento europeo a luglio); la partita globale della denuclearizzazione come strada concreta per ottenere lo scioglimento dei patti militari e la fuoriuscita dalla logica degli Stati-potenza (in essa si gioca anche la neutralità attiva dell’Europa).

Neutralità attiva: per fermare la guerra l’Europa istituzionale deve proporsi come mediatrice, non come cobelligerante dietro le quinte 

Volere la pace e perseguirla significa, a partire dai rapporti di forza dati, muoversi per fare entrare in campo, esercitando la pressione dal basso, soggetti istituzionali che abbiano reale potere decisionale, con l’abilità di supportare negoziati che si mantengano entro i binari del diritto internazionale e dei suoi organismi. Dobbiamo continuare a lavorare per un ruolo da protagonista dell’Unione Europea nel mediare tra USA e Russia (e anche la Cina), in autonomia (la “neutralità attiva”), per conseguire la pace, un obiettivo già iscritto nei Trattati di Roma. 

Rifiutare il conflitto militare locale (di breve periodo) e la guerra economica globale (di lungo periodo).

Per la pace duratura serve una collaborazione economica finalizzata alla conversione ecologica, alla transizione verso le energie rinnovabili. Se questo è vero, componente essenziale di tale strategia è oggi lavorare per fermare quel conflitto economico (il gioco delle sanzioni e delle controsanzioni) che rappresenta un altro modo di “fare la guerra con altri mezzi”: anche la guerra contro gli ecosistemi. Lo scontro militare in Ucraina cesserà molto probabilmente in tempi brevi e temiamo che, spariti i bombardamenti dagli schermi televisivi, molti dei “pacifisti intermittenti” (Luciana Castellina è autrice della definizione) se ne torneranno alle usate lotte di piccolo cabotaggio. La guerra economica globale, molto più impattante e mortifera (per la FAO, ad esempio, circa 250 milioni di nuovi denutriti), sicuramente è di medio e lungo termine: noi promettiamo di essere sempre lì a contrastarla, contro la fame e la povertà di cui è apportatrice, nello spirito della durata cui siamo abituati con le nostre organizzazioni centenarie di riferimento: l’IFOR, la WRI, la WILPF. Saremo sempre ad organizzare, a combattere in modo nonviolento, ad ammonire ed esortare i popoli di tutto il mondo: invece di assecondare élites sfruttatrici e ammazzarci a colpi di sanzioni disarmiamo e attuiamo insieme gli accordi di Parigi sul clima (che oltretutto abbiamo tutti sottoscritto); e diamoci una mano per portare avanti l’Agenda ONU per lo sviluppo sostenibile!

L’orizzonte della “pace con la Natura” è indispensabile per superare il crinale apocalittico della Storia che stiamo attraversando

Per la realizzazione di tali obiettivi “complessi” e “intersezionali”, comuni a tutte e tutti, occorre connettere e coordinare le risorse organizzative e politiche di base, con una impostazione culturale e di approccio ai problemi che superi molti schemi otto-novecenteschi.

La chiara visione della “pace con la Natura”, individuata come decisiva priorità politica e culturale, è, a nostro avviso, la molla che può rendere attraente e vincente un ecopacifismo nonviolento all’altezza delle sfide vitali del XXI secolo: forse l’unica bussola per evitare il baratro del collasso ecologico, ormai alle porte e con aspetti irreversibili secondo la Scienza ufficiale.