AUGURI PER IL 2019 CON LA SPERANZA CHE FIORISCANO I DIGIUNI DELL'EGO - IDEA PROVOCATORIA NATA DALLO "SCIOPERO DELLA SCUOLA" DI GRETA THUNBERG
Se ci teniamo davvero al futuro di una civiltà in cui fare vivere dignitosamente i figli dei figli – l’invito che rivolgiamo alle persone di buona volontà è quello di prendere ad esempio lo “sciopero della scuola” di una piccola svedesina, Greta Thunberg, che è riuscita a parlare dalla tribuna della COP24; e perciò dedicare almeno un giorno alla settimana all’impegno per i problemi globali dell’umanità.
Ringraziamo Adriano Arlenghi, che è alla ricerca di un nuovo umanesimo (a.arlenghi@alice.it), per avere capito lo spirito della proposta e di averla fatta propria a Mortara, dove stanno programmando di andare al mercato ogni venerdì “per parlare di Greta. Del desiderio di Greta. Del discorso di Greta. Dell’invito di Greta”.
Buon 2019 da parte di Alfonso Navarra
portavoce dei Disarmisti esigenti
Care amiche ed amici,
una 15enne svedese, Greta Thunberg, ogni venerdì non entra a scuola per protestare davanti al Parlamento svedese.
Chiede agli eletti il rispetto degli impegni presi a Parigi sul clima: "lasciare i combustibili fossili nel sottosuolo, concentrarsi sull'eguaglianza".
Alla COP24 in Polonia ha parlato dal palco ufficiale della Conferenza ONU.
Discorso bellissimo, davanti a capi di Stato e di governo, da leader morale del mondo: sarebbe veramente una grande gioia per tutti se il Pianeta fosse salvato dai ragazzini, visto che noi anziani stiamo facendo cilecca!
Grazie alle contemporanee possibilità tecnologiche, lo possiamo vedere, il discorso di Greta, sottotitolato in italiano, a questa URL:
https://it-it.facebook.com/poterealpopolo.org/videos/greta-thunberg-alla-cop24/782673772087770/
Qualche passo del suo intervento, di rimprovero ai governanti, è addirittura - ritengo - da genio della comunicazione:
"Finché non inizierete a concentrarvi su ciò che deve essere fatto piuttosto che su ciò che è 'politicamente possibile', non c'è speranza.
Non possiamo risolvere una crisi senza trattarla come una crisi.
(...).
E se le soluzioni sono così difficili da trovare all'interno di questo sistema, forse dovremmo cambiare il sistema stesso.
Non siamo venuti qui per implorare i leader mondiali di occuparsene.
Ci avete ignorato in passato e ci ignorerete ancora.
Voi avete finito le scuse, e noi stiamo finendo il tempo.
Noi siamo venuti qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o meno.
IL VERO POTERE APPARTIENE AL POPOLO."
Noi vecchi attivisti ecopacifisti, reduci addirittura del '68, esultiamo sicuramente di fronte a questa chiarezza di idee e determinazione di propositi; e possiamo anche augurarci che l'anno nuovo veda molti giovani mobilitarsi seguendo l'esempio di Greta nel protestare contro chi sta rubando loro il futuro.
Ma forse Greta sollecita anche noi "stagionati", spesso troppo stanchi, disillusi, aggrappati più che all'ideale all'orticello praticato: impegniamoci per le cause essenziali, che mettono al centro il motto: "Prima l'Umanità, prima le persone!".
Greta ogni venerdì fa lo "sciopero della scuola", noi ogni venerdì potremmo fare, o in qualsiasi altro giorno scegliessimo, in modo analogo, lo "sciopero dell'ego".
Dovremmo certamente non dimenticare la nostra individualità, la nostra soggettività unica, ma concepirla come il se responsabile, come parte del tutto sociale e naturale cui appartiene.
Quindi potremmo abbandonare le preoccupazioni particolaristiche, quelle legate ai nostri interessi personali, e/o di categoria e/o di piccolo territorio, per NON FARE NULLA, proprio nulla, di orientato sul proprio ombelico, e semplicemente meditare sui grandi problemi che coinvolgono l'Umanità in quanto entità unitaria, frutto dell'evoluzione naturale e componente dell'ecosistema planetario.
Più che al prossimo che siamo, e ai prossimi con cui traffichiamo quotidianamente, pensando ai lontani, cioè ai figli dei figli dei figli, dovremmo ritrovare il piacere di sognare, di immaginare un mondo che vorremmo, migliore di quello che stiamo vivendo adesso, ma simile nelle possibilità positive che concretamente si propongono alla nostra esperienza.
Il giardino che ci è stato dato di custodire è, tutto sommato, bellissimo, e dobbiamo liberarlo da alcune erbacce per poterne godere pienamente!
Pensare, meditare, riflettere su come salvare la Madre Terra, un giorno programmaticamente alla settimana, invece di agitarci per la carriera, per il potere, per accumulare soldi e oggetti di consumo, sarebbe in realtà un agire profondo e di grande impatto per la preparazione di percorsi di lavoro futuri.
Come Greta che "salta" la scuola, noi potremmo "saltare" la nostra fabbrica, il nostro ufficio, il nostro negozio, il nostro campo, magari anche collettivamente, se siamo in grado di attivare relazioni intense e autentiche .
Potremmo starcene a casa o potremmo riunirci nelle grandi agorà dello spazio pubblico e religioso portandovi un nostro pensiero scritto su un cartello o su qualsiasi altro strumento di comunicazione.
Dovremmo rivolgere il nostro spirito e la nostra mente alle quattro spade di Damocle che minacciano la sopravvivenza di tutti (possiamo elencarle nell’ordine secondo il criterio di quanto attentano alla vita nella più ristretta unità di tempo): la deterrenza nucleare e le attività rivolte alla guerra, il cambiamento climatico e gli inquinamenti planetari, la diseguaglianza prodotta dalle economie dell'accumulazione parossistica e l'oppressione delle donne che viene esercitata insieme a quella di ogni diversità e minoranza.
Se è vero come è vero, ce lo ha ricordato di recente anche Vladimir Putin, che il rischio di guerra nucleare è reale ed altissimo, vale a dire che in un attimo potremmo essere ridotti tutti in cenere, allora non dovrebbe essere difficile concordare sulla priorità (che non significa esclusività) del disarmo nucleare e sulla necessità che, come primo passo, entri in vigore, magari in questo stesso 2019, il Trattato di proibizione delle armi nucleari.
Le quattro minacce globali sono le “erbacce infestanti” che, con maggiore impulso da questo 2019 in arrivo, dobbiamo augurarci di sradicare tutti insieme, noi il 90% dell'umanità che ha interesse a sopravvivere e a vivere con dignità, nell'eguaglianza delle differenze, nella fratellanza e sorellanza, nel rispetto degli altri animali e della natura, nella libertà dei miti e dei tranquilli che conoscono il senso del limite e non la sfrenatezza di chi ha fame insaziabile di profitto e sete inestinguibile di potenza.
In questo momento, col pensiero rivolto alle piccole Grete dei quattro angoli del Pianeta mi sovvengono le parole e le note di una canzone di Mikis Theodorakis, "Il ragazzo che sorride", colonna sonora della trasmissione televisiva Europa Giovani, brano che amavo molto nel periodo 68ino della mia gioventù, quando noi, i figli di chi aveva conosciuto gli orrori della seconda guerra mondiale, si credeva in tanti ad un mondo "peace and love" che ci avrebbe accolto dietro l'angolo:
ragazzo che sorridi
non avverrà mai più
che resti senza sole
la nostra gioventù
il mondo di domani
confini non avrà
ed una mano bianca
la nera stringerà
spezzati cuore mio
ma solo per amore
spezzati cuore mio
ma solo per pietà
fratello abbracciami chiunque
sia abbracciami
se sete un giorno avrai la mia acqua
ti darò
Qui di seguito anche un mio bilancio (di Alfonso Navarra) sulle conclusioni della COP24, nella quale l'intervento della piccola Greta ha decisamente spiccato.
COP24, una intesa al ribasso (ma di questi tempi si può forse tirare un sospiro di sollievo). L’Italia candidata ad ospitare la COP26
In Polonia si è tenuta una conferenza poco ambiziosa e di compromesso, ma poteva andare peggio. Ancora pochi i fondi stanziati per la lotta al cambiamento climatico e paesi produttori di petrolio impegnati nel boicottaggio. Del resto, il fatto che la COP24 si sia tenuta proprio in Polonia (che ricava dal carbone l’80 per cento della sua energia), nella regione carbonifera della Slesia, non era di buon auspicio. Clima, disarmo, pace, giustizia sociale, conversione ecologica sono temi sempre più interconnessi. L’Italia, rappresentata dal ministro Sergio Costa, si è schierata in campo internazionale con i più “ambiziosi”, candidandosi per la COP26.
A Parigi la COP21 si era presa un giorno in più per varare l’accordo globale sul clima (il 12 dicembre 2015). Non desti scandalo dunque se alla COP24 di Katowice i governi hanno prolungato i negoziati al Palazzo dello Spodek fino al 15 dicembre (dovevano concludersi il 14) per le regole di attuazione di quello storico accordo.
L’impegno di Parigi è mantenuto nel “Rulebook”, che dovrà essere messo in pratica nel 2020 (forse alla COP26 che terremo in Italia: il ministro dell’ambiente Costa ha candidato il nostro Paese ad ospitarla).
Si tratta in particolare dei criteri con cui misurare le emissioni di anidride carbonica (CO2) e valutare le misure per contrastare il cambiamento climatico dei singoli paesi.
Questa uniformità dei criteri di stima è indispensabile per procedere alla revisione degli impegni nazionali “autodeterminati” nel taglio della CO2 – i cosiddetti NDCs (Nationally Determined Contributions) – che dovrà essere decisa, appunto, nel 2020. Si dovrebbe passare in quella sede dalle quote volontarie alle quote obbligatorie, una volta preso atto che le prime sono insufficienti: vedi ultimo rapporto dell’IPCC citato più avanti.
Negli USA la base del paese “’c’è”
Alla conferenza hanno partecipato i rappresentanti di 196 paesi, compresi gli Stati Uniti “ufficiali”, nonostante il presidente Donald Trump li abbia ritirati dall’accordo di Parigi: perché la decisione sia effettiva infatti bisognerà aspettare il 2020.
Gli americani erano presenti anche con “We are still in”, il movimento guidato dallo Stato della California: la coalizione sostiene che la base del Paese è ancora dentro l’accordo e, nelle sue punte più avanzate, mette in relazione il contrasto alla minaccia climatica con quella alla minaccia nucleare, supportando addirittura il Trattato di proibizione delle armi nucleari.
(Per saperne di più: https://sognandocalifornia.webnode.it/ a cura dei Disarmisti esigenti, in collaborazione con WILPF Italia e Accademia Kronos).
Uno dei punti più controversi che ha ritardato i lavori è stato ovviamente quello dei soldi: come i paesi più ricchi aiuteranno quelli in via di sviluppo nella transizione energetica (ed anche nelle emergenze climatiche che andranno ad aumentare). Attivare il Green Climate Fund istituito a Parigi è decisivo: gli Stati più ricchi si erano impegnati a versare 100 miliardi di dollari entro il 2020. Ad oggi però il sito web del Fondo evidenzia solo investimenti di 4,6 miliardi di dollari in 93 progetti.
Servono tagli drastici delle emissioni
Ma il principale contrasto emerso ha riguardato l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite, che si occupa di analizzare scientificamente l’andamento del clima e di produrre modelli sulla sua evoluzione. Nel rapporto l’IPCC ha confermato che un aumento medio della temperatura globale di almeno 1,5°C sui livelli preindustriali è ormai inevitabile – avverrà nei prossimi 12 anni – e che per tenersi entro i 3°C di aumento complessivo sarà necessario tagliare le emissioni di anidride carbonica del 45 per cento (almeno) entro il 2035 per arrivare al 100% entro il 2050. In mancanza di azioni radicali, la temperatura media aumenterà oltre i 2 °C portando a eventi climatici più estremi e cambiando il clima di intere aree geografiche, con conseguenze drammatiche per milioni di persone.
Gli obiettivi di Parigi potranno essere raggiunti se si rinuncerà alla produzione e al consumo dei fossili, se si adotteranno nuove tecnologie low carbon, se si effettueranno nuovi investimenti per la “rivoluzione rinnovabile” in ogni settore dell’economia e della società.
Il boicottaggio dei paesi petroliferi
Nonostante il rapporto dell’IPCC fosse stato commissionato dalla COP21, i delegati alla conferenza di Arabia Saudita, Kuwait, Russia e Stati Uniti (tutti paesi produttori di petrolio) si sono opposti all’adozione delle sue conclusioni da parte della COP24: per questo la conferenza ha ufficialmente riconosciuto il fatto che l’IPCC abbia realizzato un importante studio, senza riconoscerne le conclusioni. Alla squadra dei “boicottatori” della consapevolezza e delle azioni climatiche possiamo aggiungere anche il Brasile di Bolsonaro.
Del resto, il fatto che la COP24 si sia tenuta proprio in Polonia, nella regione carbonifera della Slesia, non era di buon auspicio: il Paese che ricava dal carbone l’80 per cento della sua energia, non vuole abbandonare la peggiore delle fonti fossili; questo è stato affermato esplicitamente in apertura della conferenza dal presidente polacco Andrzei Duda.
Alla conclusione dei lavori lo stesso soggetto si è lasciato fotografare mentre balla allegro sui tavoli dell’assemblea: cosa avrà mai da festeggiare in modo così entusiastico?
Il Rulebook è stato redatto in modo da garantire maggiore flessibilità nella messa in pratica delle regole in modo da poterle rispettare più facilmente.
Gli imbrogli di Bolsonaro
Il Brasile aveva bloccato il processo decisionale su questo tema proponendo un sistema di mercato delle emissioni (cioè di compra vendita tra paesi delle proprie quote di emissioni) che secondo alcuni avrebbe permesso a certi paesi di “imbrogliare”. La decisione sul tema è stata rimandata al 2019 e così i lavori sono potuti proseguire.
Rispetto a Parigi, il ruolo dell’Europa si è fatto meno deciso e trainante e forse riflette anche la necessità di maturare approfondimenti sul tema della “giusta transizione”, come sta drammaticamente ponendo in rilievo la rivolta contro le ecotasse dei Gilet gialli in Francia.
Il problema, in sintesi, è come gestire la conversione energetica verso le rinnovabili non penalizzando in modo eccessivo i lavoratori dei settori fossili che dovranno essere chiusi ed i consumatori poveri di benzina: tutela ambientale e giustizia sociale devono andare di pari passo, altrimenti non otterremo né l’una né l’altra.
L’Italia, rappresentata dal ministro Sergio Costa, si è schierata in campo internazionale con i più “ambiziosi” ma si deve osservare che questo non corrisponde ad un impegno vero nel cambiamento interno.
Costa ha promesso che consulterà la Coalizione Clima quando varerà il Piano Clima Energia (ero nella delegazione che lo ha incontrato il 27 novembre scorso) ma quanto ha già prodotto, ad esempio il decreto sulle rinnovabili, ricalca quella strategia della “centralità del gas” che proponevano i predecessori. Il sottosegretario Crippa ha annunciato che l’Italia rivedrà al ribasso gli impegni europei al 2030.
Dobbiamo anche citare in modo negativo le scelte sulla TAP e sulle trivellazioni, che non possono essere compensate dal rinvio della decisione sulla TAV: possiamo già affermare che la sostanza delle promesse fatte in campagna elettorale dal M5S è stata tradita e non è il caso di chiedere nelle manifestazioni il futuro rispetto degli impegni quando questi per la parte preminente in termini di significato sociale e simbolico sono già stati violati.
In aumento il pericolo di guerra nucleare
Un bilancio finale della COP24? È stata una conferenza poco ambiziosa e di compromesso. Ma, con i tempi che corrono (e la presidenza Trump a giudizio di chi scrive rappresenta un sintomo grave) ci si può forse accontentare di conclusioni sicuramente insufficienti, ma nella cornice delle possibilità realistiche. Ovviamente chi scrive abita in Italia e non è il presidente delle Maldive, Hilda Heine, che ha commentato, giustamente dal suo punto di vista: «Voi ci avete condannato all’estinzione».
Mi riferisco ai “tempi che corrono” perché, con Luigi Mosca, con cui ho scritto insieme “La follia del nucleare” (Mimesis edizioni 2018, altro coautore è Mario Agostinelli, mentre la prefazione è di Alex Zanotelli), sono sempre più convinto che, ad esempio, il pericolo della guerra nucleare sia in aumento. Non va sottovalutato il fatto che il Trattato sugli euromissili (quello stipulato nel 1987 grazie anche alle lotte di Comiso) stia saltando e che da parte russa si risponda facendo intendere che si stanno mobilitando Cruise in Venezuela…
La sfida climatica è vitale per la sopravvivenza dell’umanità ed è intrecciata con la sfida nucleare (anche se gli ambientalisti ne sono poco consapevoli). Per risolvere il nodo serve uno spirito di cooperazione globale nel portare avanti le conquiste “sulla carta” del diritto internazionale: anche per questo la lotta climatica deve proporsi come lotta per il disarmo e la pace e la lotta per la pace non può fare a meno della conversione ecologica.
“Rendere la transizione equa, giusta, inclusiva”
Alla COP24 la società civile ha fatto sentire la sua voce con iniziative e manifestazioni per fare inserire i diritti umani nelle linee guida finali. I vulnerabili, infatti, purtroppo restano ancora poco tutelati: il documento non include i temi dei diritti umani, della sicurezza alimentare, dell’uguaglianza di genere. Ma la voce più forte è stata forse quella di una ragazza di 15 anni
La società civile internazionale – le attiviste e gli attivisti, gli studenti, le ONG, gli avvocati, i leader delle comunità indigene – era presente dentro il Palazzo con Osservatori accreditati, fuori con i suoi presidi e le sue mobilitazioni; e ed è stata propulsiva nel promuovere un elemento primordiale della consapevolezza più generale necessaria: il nodo dei diritti umani.
Iniziative e manifestazioni varie – nei corridoi della conferenza e in città – hanno fatto pressione sui governi per fare inserire i diritti umani nel Rulebook evitando che potesse permanere il loro relegamento nel preambolo dell’Accordo di Parigi.
I diritti dimenticati
Nelle linee guida adottate “sembrano mancare elementi essenziali per rendere la transizione equa, giusta, inclusiva e per dare risposte ai più vulnerabili che purtroppo restano ancora poco tutelati”. È stato questo il commento della Réseau Action Climat, che raccoglie decine di associazioni ambientaliste secondo cui il documento non include i temi dei diritti umani, della sicurezza alimentare, dell’uguaglianza di genere.
Ma, a proposito di mancanze, anche in questa componente del movimento risulta però assente il concetto di “diritto alla sopravvivenza dell’Umanità”, strettamente collegato al “diritto alla pace” (e quindi a disarmo nucleare e smilitarizzazione), tema inquadrato al momento solo dai Disarmisti esigenti e dai loro partner più stretti: la WILPF Italia in primis.
Questo si evince chiaramente nella lettura del “Diario di Giovanna Pagani” (vai su: http://www.disarmistiesigenti.org/il-diario-di-giovanna-pagani-da-katowice/) cui rimandiamo per avere un quadro più dettagliato della mobilitazione di base a Katowice, con l’ottica particolare della “pace femminista in azione”.
Greta Thunberg: la promuoviamo o la bocciamo?
A conclusione del mio “pezzo”, due forti momenti simbolici in cui questa mobilitazione si è espressa.
Il primo è il corteo per il clima, con migliaia di partecipanti, svoltosi l’8 dicembre per le strade di Katowice, che ha coinvolto, oltre che gli attivisti polacchi dell’ecologia, network sociali provenienti da tutto il mondo.
Il secondo è l’intervento, svolto dal palco ufficiale della Conferenza, della 15enne svedese Greta Thunberg.
La ragazzina dall’agosto 2018 salta ogni venerdì la frequenza scolastica per andare a protestare con cartelli davanti al Parlamento di Stoccolma: esige dalle istituzioni svedesi che rispettino gli impegni presi a Parigi sul clima.
Ecco quanto ha spiegato con piglio risoluto e ultimativo ai governanti di tutto il mondo la nostra piccola contestatrice (si può vedere il suo intervento in video con sottotitoli in italiano):
“Lasciamo i fossili nel sottosuolo e concentriamoci sull’uguaglianza”
«Ciò che speriamo di ottenere da questa conferenza è che prenda atto che siamo di fronte a una minaccia esistenziale: si sta rubando il futuro a noi giovani mettendo a rischio la sopravvivenza del Pianeta. Dobbiamo muoverci subito facendo ciò che è giusto (e non ciò che politicamente è conveniente) per fermare le emissioni e cercare di salvare ciò che possiamo. Dobbiamo lasciare i fossili nel sottosuolo e concentrarci sull’eguaglianza. Noi gente comune siamo qui per fare sapere a voi politici che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no. Il vero potere appartiene al popolo. Grazie».
Che dite, la promuoviamo questa tenera e irriverente Greta per la maturità che sta dimostrando, e quindi la indichiamo come esempio; oppure la bocciamo per le assenze a scuola deplorando la sua indisciplina e la presunzione di occuparsi di “cose più grandi lei”?
Sarei interessato a conoscere il parere motivato dei lettori!
Per approfondire le informazioni sulla COP24, si consigliano il sito dell’UNFCCC e quello ufficiale dell’evento: https://unfccc.int/katowice
Per contatti: Alfonso Navarra, cell. 340-07368719 – alfionouke@gmail.com
- Alfonso Navarra, "redattore sociale", ci tiene a ricordare che la svolta decisiva della sua vita avvenne nel 1978 quando fu assassinato Peppino Impastato, suo collega di università a Palermo e compagno di lotte politiche: bisognava proseguire la resistenza alla mafia in quanto sistema di potere e continuare a battersi per "rivoluzionare" la società, ma optando non per la lotta armata (come fecero allora molti 68ini accaniti), bensì per la cultura, la strategia ed il metodo della nonviolenza. Si unì allora alla Lega Obiettori di Coscienza ed alla Lega per il Disarmo Unilaterale di cui è tuttora animatore instancabile facendo oggi confluire la loro tradizione culturale e valoriale nell'esperienza dei "Disarmisti esigenti", di cui è attualmente portavoce. Impegnato in numerose organizzazioni ecopacifiste (si possono citare Accademia Kronos, Energia Felice, WILPF Italia), per il tramite di esse, in quanto facenti parte della rete ICAN (Campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari), può intestarsi una piccola "quota" del Premio Nobel per la Pace 2017. È direttore del periodico telematico "Il Sole di Parigi" e, da "storico" obiettore di coscienza ed "avanzo di galera" per motivi politici di resistenza umana ("il posto giusto per gli uomini giusti in un sistema ingiusto"), sforna saggi antinucleari e per il disarmo e la pace "verde"