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Peppino Impastato, “il 68ino rivoluzionario”, che pagò con la vita le sue denunce per radio contro la mafia

9 maggio 1978: sono trascorsi 43 anni da quando la mafia uccise Peppino Impastato,  militante politico siciliano che pagò con la vita le sue denunce pubbliche contro il sistema di potere di Cosa nostra a Cinisi e nel palermitano. Le indagini sulla morte di Impastato furono subito depistate: si voleva far credere che Peppino fosse un terrorista suicida, saltato in aria mentre stava maneggiando l’esplosivo sui binari della Palermo-Trapani. Ci sono voluti 23 anni perché Peppino venisse riconosciuto come vittima di mafia. Nel 2002 si arrivò, finalmente, a condannare all'ergastolo, come mandante dell'omicidio, il boss don Tano Badalamenti.

Peppino Impastato

Peppino era nato in una famiglia mafiosa di Cinisi, un piccolo paese alle porte di Palermo. Lo zio, Cesare Manzella, ne era il capomafia.

Nonostante tutto, Peppino "il ribelle" decise fin da subito di andare controcorrente non seguire le orme della famiglia. Fondò Radio Aut, un'emittente radiofonica dalla quale trasmetteva quotidianamente denunciando affari sporchi e deridendo don Tano Badalamenti, il boss di Cinisi che ne decretò la sua morte.

Cinque giorni prima di essere ucciso, Peppino Impastato aveva tenuto il suo ultimo comizio pubblico. Si era candidato come consigliere comunale nelle liste di Democrazia proletaria. La sue elezione avvenne ugualmente, nonostante qualche giorno prima, il 9 maggio '78, la mafia lo avesse fatto saltare in aria sui binari della ferrovia di Cinisi. I suoi resti furono trovati il giorno dopo dai suoi amici. Erano sparsi per 300 metri.

Ci sono voluti 23 anni perché Peppino venisse riconosciuto come vittima di mafia, nell'indifferenza di un paese che non parlava, non vedeva, non sentiva. Erano in pochi a denunciare gli interessi della mafia di Cinisi alla fine degli anni Settanta: le infiltrazioni per la costruzione dell'aeroporto di Palermo, le speculazioni edilizie, il traffico di droga con i cugini d'America.

Le indagini sulla morte di Impastato furono subito depistate e per ben due volte, nel 1984 e nel 1992, furono addirittura archiviate. Solamente nel 1995, grazie alla determinazione della madre di Peppino, Felicia Bartolotta, si aprì un nuovo processo nel quale il boss di Cinisi Gaetano Badalamenti fu condannato per aver commissionato l'omicidio del giovane attivista.

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Qui di seguito il dossier su Peppino Impastato preparato dal Centro per la Nonviolenza di Viterbo, coordinato da Peppe Sini

 

IN MEMORIA DI PEPPINO IMPASTATO

Il 9 maggio 1978 la mafia assassinava Peppino Impastato.
Ma i suoi compagni non ne accettarono la morte e vollero tenerlo vivo rivendicandone e proseguendone la lotta, le idee, la testimonianza, e smascherarono e sconfissero il tentativo dei poteri dominanti di assassinarlo per la seconda volta con un depistaggio osceno ed infame.
Non riuscirono a resuscitarlo, poiche' questo non e' possibile, ma a tenerlo vivo si'. E cosi' Peppino Impastato e' ancora vivo, e ancora lotta insieme a noi ogni volta che le oppresse e gli oppressi insorgono nonviolentemente contro i poteri criminali, contro il regime della rapina e della corruzione, contro la violenza mafiosa e fascista e schiavista e razzista e stragista e maschilista che ancora opprime e devasta l'umanita' e il mondo.
Ogni volta che una persona o un movimento lotta per la liberazione di tutte le persone, li' e' Peppino Impastato che vive ancora.
Ogni volta che una persona o un movimento lotta in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani, li' e' Peppino Impastato che vive ancora.
Ogni volta che una persona condivide il suo pane con un'altra persona e s'adopera affinche' nessuno debba piu' avere fame e paura, affinche' nessuno sia piu' vittima dell'ingiustizia, affinche' nessuno sia piu' calpestato, affinche' tutto il bene e tutti i beni siano condivisi fra tutte le persone, li' e' Peppino Impastato che vive ancora.
Ogni volta che tu resisti alla menzogna e all'oppressione, al disordine costituito, alla dittatura della violenza, con te c'e' Peppino Impastato che vive ancora.
In questo 9 maggio 2021 noi lo ricordiamo ancora, e nelle nostre necessarie lotte nonviolente qui e adesso lo sentiamo vivo, lo teniamo in vita, lotta insieme a noi.
*
Cosi' anche nel ricordo di Peppino Impastato ancora una volta ripetiamo che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Occorre opporsi a tutti i poteri criminali.
Occorre opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta nonviolenta per la comune liberazione, per la comune salvezza, per il bene comune dell'umanita', per la difesa di quest'unico mondo vivente di cui tutte e tutti siamo parte e custodi.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Una minima notizia su Peppino Impastato
Giuseppe Impastato, nato nel 1948, militante della nuova sinistra di Cinisi (Pa), straordinaria figura della lotta contro la mafia, di quel nitido e rigoroso impegno antimafia che Umberto Santino defini' "l'antimafia difficile"; fu assassinato dalla mafia il 9 maggio 1978. Tra le raccolte di scritti di Peppino Impastato: Lunga e' la notte. Poesie, scritti, documenti, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2002, 2008. Tra le opere su Peppino Impastato: Umberto Santino (a cura di), L'assassinio e il depistaggio, Centro Impastato, Palermo 1998; Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995; Felicia Bartolotta Impastato, La mafia in casa mia, La Luna, Palermo 1986; Claudio Fava, Cinque delitti imperfetti, Mondadori, Milano 1994; AA. VV., Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Editori Riuniti, Roma 2001, 2006 (pubblicazione della relazione della commissione parlamentare antimafia presentata da Giovanni Russo Spena; con contributi di Giuseppe Lumia, Nichi Vendola, Michele Figurelli, Gianfranco Donadio, Enzo Ciconte, Antonio Maruccia, Umberto Santino); Marco Tullio Giordana, Claudio Fava, Monica Zapelli, I cento passi, Feltrinelli, Milano 2001 (sceneggiatura del film omonimo); Umberto Santino (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato. Le sentenze di condanna dei mandanti del delitto Vito Palazzolo e Gaetano Badalamenti, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2008; Giovanni Impastato e Franco Vassia, Resistere a mafiopoli. La storia di mio fratello Peppino Impastato, Stampa Alternativa, Viterbo 2009.
Naturalmente sono fondamentali le molte altre ottime pubblicazioni del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato"; per contatti: Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, sito: www.centroimpastato.it
Ugualmente fondamentale l'attivita' dell'"Associazione casa memoria Felicia e Peppino Impastato"; per contatti: corso Umberto I 220, 90045 Cinisi (Pa), sito: www.peppinoimpastato.com
Si vedano anche almeno i libri dedicati a Felicia Bartolotta Impastato, la madre di Giuseppe Impastato che lo ha sostenuto nella sua lotta, lotta che ha proseguito dopo l'uccisione del figlio; e' deceduta nel dicembre 2004. Opere di Felicia Bartolotta Impastato: La mafia in casa mia, intervista di Anna Puglisi e Umberto Santino, La Luna, Palermo 1987. Tra le opere su Felicia Bartolotta Impastato: Anna Puglisi e Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2005; Cfr. anche il profilo scritto da Anna Puglisi per l'Enciclopedia delle donne e ripubblicato anche in "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 311.
Fondamentali sono anche le opere di Umberto Santino, presidente del "Centro Impastato" di Palermo, e tra esse cfr. almeno: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000, 2010; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007; (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 2008; Breve storia della mafia e dell'antimafia, Di Girolamo Editore, Trapani 2008; Le colombe sulla rocca, Di Girolamo Editore, Trapani 2010; L'altra Sicilia, Di Girolamo Editore, Trapani 2010; Don Vito a Gomorra, Editori Riuniti, Roma 2011; La mafia come soggetto politico, Di Girolamo Editore, Trapani 2013; Dalla parte di Pollicino, Di Girolamo Editore, Trapani 2015. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in cammino", da ultimo nel supplemento "Coi piedi per terra" nei nn. 421-425 del novembre 2010. Vari suoi testi sono nel sito del Centro Impastato: www.centroimpastato.com cui si rinvia.
Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Viterbo, 9 maggio 2021

 

 

 

 

"Memoria e futuro" in tutte le librerie (dal 6 maggio 2021) per costruire la Rete per l'educazione alla "terrestrità"  

Memoria e futuro

Il libro Memoria e futuro di Alfonso Navarra, Luigi Mosca, Laura Tussi, Fabrizio Cracolici, è frutto di un impegno collettivo, per la costruzione della Rete per l’educazione alla "terrestrità", portato avanti dai Disarmisti Esigenti.

Con i contributi di Vittorio Agnoletto, Mario Agostinelli, Moni Ovadia, Antonella Nappi, Alex Zanotelli e molti altri (Rocco Altieri, Pola Natali Cassola, Antonia Sani, Adriano Ciccioni, Gianfranco D’Adda, Mario Di Padova, Giuseppe Farinella, Renato Franchi, Agnese Ginocchio, Nadia Scardeoni, Oliviero Sorbini)

Con il saggio di Luigi Mosca: “Il lungo percorso dell’Umanità per uscire dalla barbarie”

Il libro Memoria e futuro, Mimesis Edizioni, è frutto di un lavoro collettivo portato avanti dai Disarmisti esigenti nati dall’appello “Esigete! Un disarmo nucleare totale” di Stéphane Hessel e Albert Jacquard e dai loro stretti collaboratori, membri di ICAN, la Campagna Internazionale per la messa al bando delle Armi Nucleari, Premio Nobel per la Pace nel 2017. Memoria e futuro è focalizzato sulla cultura della pace del XXI secolo e lancia la proposta di una Rete per l’Educazione alla Terrestrità (RET).

("Terrestrità" è quasi un neologismo ideato da Alfonso Navarra, il portavoce dei Disarmisti esigenti: ma molti aspetti del suo significato sono "antichi come le montagne"; ed oggi la maturità della parola si respira nell'aria).

La RET è basata sulla consapevolezza che l’Umanità è una sola e appartiene alla Terra, un sistema vivente unico e integrato, come afferma una fondamentale Carta fatta propria dall’UNESCO. L’orientamento verso una cittadinanza planetaria, organicamente pervasa di coscienza ecologica (la “terrestrità”, appunto), lavora per la strutturazione di un ordinamento internazionale, “al fine di assicurare la pace e la giustizia tra le Nazioni” (art. 11 della Costituzione italiana), che riconosca e tuteli i diritti dell’unica umanità e della Natura.

La RET, appoggiata al canale video Youtube “SIAMO TUTTI PREMI NOBEL PER LA PACE CON ICAN, include l’omonimo progetto “Memoria e futuro”, esposto in queste pagine nelle sue finalità, nei suoi obiettivi e nelle sue scadenze (progetto erede dell’esperienza dell’iniziativa “Per non dimenticare” di Nova Milanese e Bolzano).

Il libro è stato scritto nel periodo di attesa dell’entrata in vigore ufficiale, fissata al 22 gennaio 2021, del Trattato per la proibizione delle armi nucleari, il TPAN (TPNW in inglese), e si propone come strumento di lotta per una mobilitazione politica di base, considerata decisiva per un futuro di progresso dell’umanità, consapevole della necessità di un lavoro culturale di ampio e profondo respiro come adeguato retroterra.

Prezzo di copertina: 10 euro

Si può ordinare telefonando:

ad Alfonso Navarra – cell. 340-0736871 (e mail alfiononuke@gmail.com)

alla casa editrice Mimesis – Tel. 02- 2486.1657

INDICE

Presentazione di Alfonso Navarra, Luigi Mosca, Fabrizio Cracolici, Laura Tussi

PARTE PRIMA L’UTOPIA DI UNA POLITICA DI PACE

Alfonso Navarra e Moni Ovadia - Lettera aperta alle ragazze e ai ragazzi perché si sollevino contro la guerra pag. 17

Mario Agostinelli - Manca la firma dell’Italia al Trattato per la proibizione delle armi nucleari entrato in vigore pag. 25

Alex Zanotelli - Dobbiamo rivedere radicalmente i nostri stili di vita

Pag. 31

Vittorio Agnoletto - La difesa del corpo degli esseri umani e del corpo del pianeta

Pag. 37

Appello - Ricordiamo e onoriamo Petrov per sensibilizzare sul rischio di guerra nucleare

Pag. 43

PARTE SECONDA LA PROPOSTA CULTURALE DELLA TERRESTRITÀ E IL PROGETTO “MEMORIA E FUTURO”

Alfonso Navarra – Definizione di terrestrità

Pag. 55

Fabrizio Cracolici, Alfonso Navarra e Laura Tussi - La proposta del progetto “Memoria e futuro”

Pag. 73

PARTE TERZA LA TERRESTRITÀ COME ORIENTAMENTO DELLA FILOSOFIA SOCIALE, DELLA PEDAGOGIA, DELL’ETICA, DELL’ECONOMIA

Luigi Mosca - Il lungo percorso dell’umanità per uscire dalla barbarie. Una rilettura della storia umana

Pag. 83

Laura Tussi - Educazione alla terrestrità etica

Pag.133

Laura Tussi La nonviolenza efficace come strategia educativa

Pag. 143

Antonella Nappi - L’impegno delle donne per l’ecosistema e la salute

Pag. 149

Rocco Altieri - Ecologia, economia e la costruzione della pace

Pag. 155

Fabrizio Cracolici - Antifascismo sociale, nonviolenza e terrestrità

Pag. 161

Antonia Sani – L’educazione alla terrestrità e alla pace

Pag. 167

PARTE QUARTA DICHIARAZIONI DI ADESIONE ALLA RETE PER L’EDUCAZIONE ALLA TERRESTRITÀ

Giuseppe Farinella - La questione ecologica

Pag. 173

Agnese Ginocchio - Senza memoria non c̓è futuro

Pag. 173

Oliviero Sorbini - Un mondo senza nucleare è un passo verso il nuovo umanesimo della terrestrità

Pag. 177

Renato Franchi e Gianfranco D’Adda - “E tu dammi i tuoi occhi per volare ancora” ... Gli sguardi della terrestrità...

Pag. 179

Nadia Scardeoni Progetto UNESCO

Pag. 183

Adriano Ciccioni - Ban the Bomb

Pag. 187

Mario di Padova - Lega Obiettori di Coscienza (LOC)

Pag. 189

Pola Natali Cassola - Lega per il disarmo unilaterale (LDU)

Pag. 191

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DALLA PRESENTAZIONE DI ALFONSO NAVARRA, LUIGI MOSCA, FABRIZIO CRACOLICI, LAURA TUSSI

(...)

Il libro si propone come strumento di lotta di una mobilitazione politica di base, considerata decisiva per un futuro di progresso dell’Umanità, consapevole della necessità di un lavoro culturale adeguato come retroterra: un lavoro che affondi le sue radici nella memoria valorizzante l’esperienza della Resistenza, caratterizzata dal valore dell’amore per l’Umanità. L’identificazione della Resistenza con il punto di vista e il riscatto degli sfruttati e gli oppressi è la continuità da conservare e da integrare con il valore del rispetto verso il sistema complessivo della Vita.

Il libro ‘Memoria e Futuro’ si struttura in quattro parti:

1)  I commenti all’entrata in vigore del TPAN, manifestati dagli interventi di Alfonso Navarra e Moni Ovadia, Mario Agostinelli, Vittorio Agnoletto, e dagli appelli per tagliare e convertire le spese militari e per costituire i “Comitati Petrov”, in memoria dell’uomo che ha salvato il mondo da un olocausto nucleare. Il senso complessivo di questi interventi è quello di prospettare la traduzione dell’abolizione delle armi nucleari dal piano giuridico, attuale, a quello effettivo di decisione politica, da attuarsi prima che sia troppo tardi.

2)  La proposta culturale della RET, sulla base della spiegazione del concetto di terrestrità - un neologismo, ma che, come la nonviolenza, in un certo senso potrebbe essere considerato “antico come le montagne”- e della sua articolazione nel progetto Memoria e Futuro.

3)  La riflessione alla base della RET, con al centro il saggio di Luigi Mosca Il lungo percorso dell'Umanità per uscire dalla barbarie”, cerca di sviluppare un approccio globale di un futuro dell’Umanità, strutturato da una Governance Mondiale, senza più guerre, pacificato e basato sui valori di solidarietà e responsabilità, nel quadro di un ecosistema complessivo, quello appunto della ‘terrestrità’.   

Questa sezione inserisce gli interventi di Laura Tussi sull’etica e la pedagogia della terrestrità, di Antonella Nappi sul problema demografico mondiale, di Rocco Altieri, del Centro Gandhi di Pisa, su ecologia, economia e la costruzione della pace, di Fabrizio Cracolici che riflette su antifascismo sociale, nonviolenza e terrestrità.

4)  Dichiarazioni a sostegno alla RET, da parte di varie organizzazioni, che si propongono di promuoverla: WILPF Italia, Il Sole di Parigi, XR Pace, Ban the Bomb, l’Orchestrina del Suonatore Jones, LOC, LDU.

Possiamo considerare questo lavoro un manuale di lotta nonviolenta sul piano della cultura e una sollecitazione a contribuire attivamente al canale you tube: “Siamo tutti premi Nobel per la pace con ICAN”.

L’obiettivo è costruire, intorno a questo canale, un archivio video vivente della responsabilità planetaria che diventi patrimonio di una comunità di pensiero ed azione sempre più ampia e diffusa: una ricchezza registrata e testimoniata di pensieri e buone pratiche da consegnare ai settori più sensibili e risvegliati della nuova generazione. L’appello è che le ragazze e i ragazzi che oggi si mobilitano per il clima raccolgano la fiaccola di una lotta più complessiva per affermare la pace tra gli esseri umani insieme alla pace tra gli esseri umani e la Terra: garantendo il futuro, essi salveranno anche la memoria delle lotte per la libertà, la giustizia, la pace: il senso più autentico del passato.

« Il n'y a pas de grande réalisation qui n'ait été d'abord une utopie ». (« Non vi è grande realizzazione che non sia stata prima un’utopia »)

Autore anonimo

I Disarmisti Esigenti e WILPF Italia hanno lanciato una raccolta firme per chiedere il rispetto della volontà popolare sui referendum su nucleare e acqua pubblica vinti 10 anni fa (12 e 13 giugno 2011)
Qui di seguito il testo della petizione che si può firmare su
Referendum acqua e nucleare: rispetto della volontà popolare

10 ANNI DALLA VITTORIA DEI REFERENDUM SU ACQUA E NUCLEARE: CONVERGIAMO PER IL RISPETTO DELLA VOLONTA' POPOLARE

Il 12 e 13 giugno 2011 la maggioranza del popolo italiano ha votato contro il nucleare e contro la privatizzazione dell'acqua e dei servizi pubblici. 10 anni dopo, in piena pandemia, quella vittoria basata sulla difesa dei beni comuni e pubblici conserva e rafforza l'attualità di un impegno ad esigere il rispetto della volontà popolare.
Noi, espressioni del movimento antinucleare italiano, condividendo le rivendicazioni dei movimenti per l'acqua pubblica, per la nostra parte, esigiamo pertanto dal governo Draghi:
DIRETTRICE 1 LUNGO LA QUALE MUOVERSI): di completare, a livello nazionale, il recesso da ogni piano nucleare risolvendo nel modo più razionale possibile l'eredità radioattiva di una stagione infausta.
Questo significa:
a) ritirare le compagnie a partecipazione statale da ogni investimento e progetto nucleare;
b) non consentire più l'acquisto di elettricità da fonte nucleare (vedi esempio austriaco);
c) non finanziare la ricerca sulla fusione nucleare ed anche sul cosiddetto micronucleare concentrandola sulle rinnovabili;
d) gestire la bonifica delle centrali dismesse e la sistemazione delle scorie evitando conflitti di interessi (SOGIN in primo luogo) e con strategie democraticamente organizzate capaci di ridurre il danno e i rischi su popolazioni e territori
DIRETTRICE 2) di battersi contro il nucleare civile e militare in ogni sede europea e internazionale.
Questo significa:
a) ratificare il Trattato internazionale sulla proibizione delle armi nucleari e, sulla base di esso, recedere dalla condivisione nucleare NATO (no euromissili, no ammodernamento delle B-61, no attracco di portaerei e sommergibili nucleari nei porti italiani, no permanenza di basi nucleari NATO e USA sul territorio italiano);
b) rifiutare una "tassonomia" europea che inserisca la fonte nucleare tra le energie pulite;
c) premere affinché le politiche energetiche europee si indirizzino alla fuoriuscita dal nucleare;
d) anche nella COP26 il nucleare andrebbe compreso tra gli elementi climalteranti (tutte le emissioni derivanti dalle attività militari sarebbero da includere nel monitoraggio degli accordi di Parigi sul clima globale)
e) ritirarsi dall'accordo Euratom del 1957, che prevede statutariamente il sostegno all'energia nucleare.
Su questi obiettivi invitiamo a mobilitazioni convergenti in occasione dell'anniversario dei referendum: ribadiremo che la società ecologica della cura e della pace per la quale lavoriamo deve affermare come valore fondante della comunità un ordinamento giuridico orientato al costituzionalismo globale dei diritti dell'Umanità e della Natura.
Organizzatori:
Alfonso Navarra - Disarmisti esigenti  (info e contatti: 340-0736871 - www.disarmistiesigenti.org)
Patrizia Sterpetti - WILPF Italia (cell. 320-7825935)
Primi firmatari (firme personali con qualifica esprimente ambito di impegno politico/sociale):
Alex Zanotelli - missionario comboniano
Moni Ovadia - teatrante, ebreo contro
Mario Agostinelli - Laudato Si'
Marco Bersani - Convergenza per la Società della cura
Antonia Sani - WILPF Italia
Ennio Cabiddu - Sardegna pulita
Luigi Mosca - scienziato, Armes Nucleaires STOP
Antonio Mazzeo - campagna scuole smilitarizzate
Marco Palombo - attivista no war Roma
Marco Bertaglia, attivista di Extinction rebellion, formatore alla nonviolenza
Laura Tussi - Peacelink
Fabrizio Cracolici - Memoria e futuro
Francesco Lo Cascio - Rete ambasciate di pace
Giuseppe Farinella - Il Sole di Parigi
Olivier Tourquet - Pressenza
Alessandra Mecozzi - Fiom-CGIL
Elisabetta Donini - ricercatrice su Donne e scienza
Antonella Nappi - Donne, difendiamo la salute
Enrico Peyretti - MIR
Luciano Zambelli - Lega per il disarmo unilaterale
Celeste Grossi - pace, disarmo Arci Lombardia
Mario Salomone - Rete WEEC

Quella che segue, è la dichiarazione da noi sottoscritta  (ed eventualmente da altri che volessero aggiungersi), che sarà letta dal palco a Buchel durante la marcia di Pasqua (5 aprile 2021).  Riportato, in fondo alla pagina, anche l'appello per il "Digiuno di giustizia". E un contributo di Alex Zanotelli, tratto dal libro "Musica per Riace", su come mettere insieme lotta antinucleare e lotta per i diritti dei migranti.
 
7 APRILE: GIORNATA MONDIALE ONU DELLA SALUTE
NO EUROMISSILI - SI OSPEDALI - SOLIDARIETA' CON BUCHEL, LA NUOVA COMISO
IN DIALOGO CON PAPA FRANCESCO ("IL NUCLEARE E' IMMORALE!"), USCIAMO DALLA PANDEMIA DELLA GUERRA CONTRO LA NATURA (E QUINDI DELLE GUERRE FRATRICIDE TRA I GLI UMANI)
 
In occasione della Giornata mondiale della salute proclamata dall'ONU ribadiamo, in dialogo ideale con il Papa, quanto abbiamo già proposto con il nostro appello NO ARSENALI SI OSPEDALI (si vada online al link: https://www.petizioni.com/no_arsenali_si_ospedali): per "stare bene" in modo solido, razionale, universale, occorre convertire le spese militari in investimenti per la salute pubblica. La salute delle persone logicamente esige un ambiente risanato, nella prospettiva di una conversione ecologica dell'economia. In questa ottica, c'entra moltissimo, come recita il nostro appello, aderire al Trattato di proibizione delle armi nucleari, ritirarsi dalle guerre neocoloniali in cui siamo coinvolti come italiani ed europei, cessare il fuoco in tutti gli angoli del mondo! E c'entra sicuramente anche il "digiuno di giustizia", promosso da "Cantiere Casa Comune", che chiede, il 7 aprile, davanti al Parlamento italiano, contro le politiche migratorie razziste, nuove leggi in attuazione del diritto umano della libertà di circolazione. Dobbiamo mostrare concretamente più umanità e solidarietà con le vittime di questo Sistema, che è presidiato dall'arma atomica a difesa, con la minaccia dell'annientamento, del privilegio dei pochi super-ricchi e super-potenti.

Come ammoniscono gli ecopacifisti tedeschi che marciano il lunedì di Pasqua a Buchel, la "nuova Comiso" (perché pare sia stata scelta ad essere la prima ad ospitare le nuove atomiche americane B-61-12):

"CI serve un piano di pace! 
Nessun ulteriore riarmo della NATO! La guerra non è mai una soluzione!"
 (...)
L'unico modo per prevenire una guerra nucleare è abolire tutte le armi nucleari! Ecco perché chiediamo come gesto forte la firma del trattato sulla proibizione delle armi nucleari da parte del governo federale"...
Questi obiettivi degli ecopacifisti tedeschi sono i nostri obiettivi di attivisti sociali italiani (riferiti alla situazione italiana, in  particolare la ratifica del TPAN da parte dello Stato italiano) e li vogliamo manifestare il 7 aprile a Roma che ospita lo Stato del Vaticano. La Santa Sede, infatti, quale Stato riconosciuto dall'ONU è stato tra i primi a ratificare il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari, da poco entrato in vigore.
Siamo perciò ragionevolmente sicuri di poter trovare, in piena autonomia di posizioni laiche, ma attenti alle evoluzioni progressive in ogni ambito culturale, una forte voce alleata nella condanna di Papa Bergoglio ad ogni logica e pratica ("immorale!" oltre che illegale), di deterrenza...
Alex Zanotelli - missionario comboniano
Alfonso Navarra - Disarmisti esigenti 
Ennio Cabiddu - Sardegna pulita
Antonia Baraldi  Sani e Patrizia Sterpetti - WILPF Italia
Marco Palombo - attivista nonviolento contro le guerre
Mario Agostinelli - Laudato Si
Angelica Romano e Fabio Alberti - Un ponte Per 
Fabrizio Cracolici e Laura Tussi - PeaceLink
Silvano Tartarini - obiettore di coscienza alle spese militari
Vittorio Pallotti e Maurizio Sgarzi - Centro di Documentazione Manifesto pacifista internazionale
Oliviero Sorbini - Federazione Italiana media ambientali 
Mario Di Padova - Lega obiettori di coscienza   
Carla Biavati - IPRI-CCP 
Giuseppe Natale - ANPI Crescenzago 
Tiziano Cardosi - Fucina della nonviolenza
Valentina Ripa - Università di Salerno 
Paolo D'Arpini - Circolo vegetariano di Calcata
Gregorio Piccin - Rifondazione Comunista, responsabile dipartimento Pace
Sandra Cangemi - educatrice, Cooperativa sociale praticare il futuro
Amalia Navoni - Coordinamento Nord Sud
Daniele Barbieri - blogger
Cosimo Forleo, Per la scuola della Repubblica
Giorgio Poidomani e Laura Cibraro - attivisti Fridays for Future Milano 
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Volantino di Disarmisti esigenti e WILPF Italia per aderire con motivazioni specifiche a "FAME E SETE DI GIUSTIZIA" - Roma il 7 aprile 2021

(Papa Bergoglio tiene un'udienza generale in Vaticano  e l'idea è quella di avviare un dialogo con il Papa sulla pace e sul disarmo anche dalla tenda del Digiuno di Giustizia. Il presupposto è ovviamente l'adesione all'appello al Digiuno di giustizia lanciato dall'appello di Cantiere Casa Comune. Anche per motivi di rapporti con la questura è importante mettere bene in chiaro che l'iniziativa a Montecitorio è specificamente del Digiuno di giustizia...)

SOLIDARIETA’ CON I MIGRANTI: LE VITTIME DEL SISTEMA CHE, CON IL TERRORE ATOMICO E LA PRATICA DELLE GUERRE, DIFENDE I PRIVILEGI DEI SUPER-RICCHI E SUPER-POTENTI!

7 aprile: giornata mondiale ONU della salute. Questa pandemia non accenna a placarsi: è una "tempesta" nel mare procelloso cui ci ha condotto una rotta sbagliata, la competizione selvaggia all'accumulazione illimitata senza riguardo per gli equilibri naturali, perseguita e pilotata da una élite ristrettissima, che opprime e sfrutta le moltitudini di questo Pianeta.

In occasione di questa giornata della salute ribadiamo quanto abbiamo già proposto con il nostro appello NO ARSENALI SI OSPEDALI: per "stare bene" in modo solido, razionale, universale, occorre convertire le spese militari in investimenti per la salute pubblica. La salute delle persone logicamente esige un ambiente risanato, nella prospettiva di una conversione ecologica dell'economia. In questa ottica, c'entra moltissimo, come recita l’appello che abbiamo citato, aderire al Trattato di proibizione delle armi nucleari, ritirarsi dalle guerre neocoloniali in cui siamo coinvolti come italiani ed europei, cessare il fuoco in tutti gli angoli del mondo! E c'entra sicuramente anche il "digiuno di giustizia", promosso da "Cantiere Casa Comune", che chiede, contro le politiche migratorie razziste, nuove leggi in attuazione del diritto umano della libertà di circolazione. Dobbiamo mostrare concretamente più umanità e solidarietà con le vittime di questo Sistema, che è presidiato dall'arma atomica a difesa, con la minaccia dell'annientamento, del privilegio dei pochi super-ricchi e super-potenti.

 

Come hanno ammonito gli ecopacifisti tedeschi che hanno marciato il lunedì di Pasqua a Buchel, "la nuova Comiso" (perché è stata scelta ad essere la prima ad ospitare le nuove atomiche americane B-61-12):

"CI serve un piano di pace! Dobbiamo ratificare il Trattato di proibizione delle armi nucleari! E non accettare ulteriori riarmi della NATO! La guerra non è mai una soluzione!"

Questi obiettivi degli ecopacifisti tedeschi sono i nostri obiettivi di attiviste/i sociali italiane/i (riferiti alla situazione italiana, in particolare la ratifica del TPAN da parte dello Stato italiano) e li stiamo dichiarando anche questo 7 aprile da Roma, che ospita lo Stato del Vaticano, tra i primi a ratificare il Trattato. Con Papa Francesco che si prodiga a definire le armi nucleari “immorali” (oltre che “illegali”), mentre il governo Draghi, al pari dei precedenti, da questo orecchio non ci vuole proprio sentire!

Lo stiamo facendo da questa piazza Montecitorio, in appoggio, con le nostre specifiche motivazioni antinucleari e disarmiste, alla tenda del “Digiuno di giustiziapromossa dal missionario comboniano Alex Zanotelli (che condivide le nostre posizioni) e da Cantiere Casa Comune.

 DISARMISTI ESIGENTI 

WILPF ITALIA

Per informazioni sulle prossime iniziative ecopacifiste in programma:

Alfonso Navarra – alfiononuke@gmail.com  ----  Antonia Baraldi Sani - antonia.sani.baraldi@gmail.com

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Prima bozza di volantino redatta da Alfonso Navarra per aderire con motivazioni specifiche a "FAME E SETE DI GIUSTIZIA" - Roma il 7 aprile 2021 - Giornata ONU per la salute

in solidarietà con la marcia di Pasqua a Buchel e in dialogo ideale con l'antinucleare Papa Francesco

7 APRILE: GIORNATA MONDIALE ONU DELLA SALUTE
 
IN DIALOGO CON PAPA FRANCESCO ("IL NUCLEARE E' IMMORALE!"), USCIAMO DALLA PANDEMIA DELLA GUERRA CONTRO LA NATURA (E QUINDI DELLE GUERRE FRATRICIDE TRA I GLI UMANI)
 
NO EUROMISSILI - SI OSPEDALI - SOLIDARIETA' CON BUCHEL, LA NUOVA COMISO -
(UNA AGGIUNTA DI MOTIVAZIONI SPECIFICHE  AL DIGIUNO DI GIUSTIZIA) 
Questa pandemia non accenna a placarsi: è una "tempesta" nel mare procelloso cui ci ha condotto una rotta sbagliata, la competizione selvaggia all'accumulazione illimitata senza riguardo per gli equilibri naturali, perseguita e pilotata da una élite ristrettissima, che opprime e sfrutta le moltitudini di questo Pianeta.
La "tempesta", non la guerra, è le metafora usata da Papa Francesco quando connota il dramma - appunto questa pandemia - provocato dalla "violenza contro il Creato" esercitata dal sistema della potenza; e quando ci invita alla speranza che può nascere rinunciando alla "paralisi dell'egoismo" per vincere la "globalizzazione dell'indifferenza".
In occasione della Giornata mondiale della salute proclamata dall'ONU ribadiamo, in dialogo ideale con il Papa, quanto abbiamo già proposto, in autonomia laica di posizioni, con il nostro appello NO ARSENALI SI OSPEDALI (si vada online al link: https://www.petizioni.com/no_arsenali_si_ospedali): per "stare bene" in modo solido, razionale, universale, occorre convertire le spese militari in investimenti per la salute pubblica. La salute delle persone logicamente esige un ambiente risanato, nella prospettiva di una conversione ecologica dell'economia. In questa ottica, c'entra moltissimo, come recita il nostro appello, aderire al Trattato di proibizione delle armi nucleari, ritirarsi dalle guerre neocoloniali in cui siamo coinvolti come italiani ed europei, cessare il fuoco in tutti gli angoli del mondo! E c'entra sicuramente anche il "digiuno di giustizia", promosso da "Cantiere Casa Comune" (vedi appello riportato), che chiede, contro le politiche migratorie razziste, nuove leggi in attuazione del diritto umano della libertà di circolazione. Dobbiamo mostrare concretamente più umanità e solidarietà con le vittime di questo Sistema, che è presidiato dall'arma atomica a difesa, con la minaccia dell'annientamento, del privilegio dei pochi super-ricchi e super-potenti.

Come ammoniscono gli ecopacifisti tedeschi che marciano il lunedì di Pasqua a Buchel, "la nuova Comiso" (perché è stata scelta ad essere la prima ad ospitare le nuove atomiche americane B-61-12):

"CI serve un piano di pace!
Le potenze nucleari hanno iniziato un programma di armamento nucleare che vale miliardi. Ma come possono proteggerci le armi nucleari di distruzione di massa se il loro uso avrà conseguenze devastanti, se significa la distruzione della base di tutta la vita? Chi può effettivamente escludere un falso allarme, un errore del computer o un attacco informatico terroristico?
L'unico modo per prevenire una guerra nucleare è abolire tutte le armi nucleari! Ecco perché chiediamo come gesto forte la firma del trattato sulla proibizione delle armi nucleari da parte del governo federale:
- la firma del trattato sulla proibizione delle armi nucleari da parte del governo tedesco come un forte segnale ai partner della NATO!
- un'efficace iniziativa diplomatica di pace per facilitare le relazioni Est-Ovest!
- nessun ulteriore riarmo della NATO! La guerra non è mai una soluzione
!"
Questi obiettivi degli ecopacifisti tedeschi sono i nostri obiettivi di attivisti sociali italiani (riferiti alla situazione italiana, in particolare la ratifica del TPAN da parte dello Stato italiano) e li vogliamo manifestare il 7 aprile da Roma, che ospita lo Stato del Vaticano.  La Santa Sede, infatti, quale Stato riconosciuto dall'ONU è stato tra i primi a ratificare il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari, da poco entrato in vigore. Siamo quindi ragionevolmente sicuri di poter trovare,  da movimenti indipendenti ma attenti alle evoluzioni progressive in ogni ambito culturale, una forte voce alleata nella condanna di Papa Bergoglio ad ogni logica e pratica ("immorale!" oltre che illegale), di deterrenza.
Appuntamento alle 15 in Piazza Montecitorio, alla tenda del "Digiuno di giustizia" promossa dal missionario comboniano Alex Zanotelli e da Cantiere Casa Comune (mentre Papa Francesco tiene la sua udienza generale in Vaticano)
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“Fame e sete di Giustizia”. L’indignazione di padre Zanotelli e del Cantiere Casa Comune di fronte alle morti nel Mediterraneo (oltre 190 nel 2021)

Stiamo iniziando un tempo che i cristiani chiamano la Settimana Santa, con lo sguardo e il cuore rivolto al Crocifisso.
Su quel Crocifisso, all’entrata del Vaticano, Papa Francesco ha fatto mettere il salvagente di un migrante morto nel Mediterraneo per “ricordare a tutti l’impegno inderogabile di salvare ogni vita umana, un dovere morale che unisce credenti e non credenti.” Troppi cristiani, che nella settimana santa verseranno lacrime sul Crocifisso, non riescono a versarle sui crocifissi di oggi nel loro calvario sulla rotta sahariana, asiatica, balcanica, centroamericana per trovarsi poi davanti a muri e fili spinati eretti dalle nazioni ricche. Migliaia sono torturati e le donne violentate nei lager libici. Condannati a morte nel Mediterraneo, che è diventato il Mar ‘Nero’, il cimitero dei volti ‘scuri’.

Siamo indignati di fronte a queste morti nel Mediterraneo (oltre 190 da inizio anno, con una media di 3 al giorno!) che da anni continuano ininterrottamente. Molte navi delle ong bloccate nei porti dalla strategia cinica dei governi che si oppongono a progetti umanitari che salvano vite; dove migliaia arrivano da situazioni drammatiche nei loro paesi attraversando il deserto e approdando nei lager della Libia; spesso respinti dalla guardia costiera libica finanziata anche dall’Italia. La rotta Balcanica dove i profughi del campo di Lipa (Bosnia) vivono una situazione drammatica, costretti a sopravvivere nel gelo e nella neve, frutto amaro della politica migratoria italiana che respinge chi arriva a Trieste dalla Slovenia; la Slovenia li respinge nella Croazia e la Croazia in Bosnia; la rotta delle Isole greche di Lesbo e Chios dove vivono in situazioni disumane profughi provenienti dal Medio Oriente e dall’Asia proprio nei giorni in cui facciamo memoria dei 10 anni dallo scoppio dell’assurda guerra in Siria e dei 5 anni dai vergognosi accordi dell’Unione Europea con la Turchia (6 miliardi di euro!)

Davanti a questa immane tragedia, da ormai tre anni (2018), è stata promossa l’iniziativa del Digiuno di Giustizia in Solidarietà con i Migranti, che si ritrova ogni primo mercoledi del mese a digiunare davanti al Parlamento. Questa giornata di digiuno è per sottolineare la dimensione politica di questo atto, condiviso anche da parte di religiose/i nei monasteri, di cittadine/i nelle proprie abitazioni e da tanti gruppi che digiunano davanti alle Prefetture della propria città (Firenze, Varese, Verona, Bari…..)
Il Cantiere Casa Comune, per il persistere di queste politiche migratorie razziste, sia italiane che europee, rilancia a tutti il nostro impegno a fianco delle vittime di questo Sistema.
Invitiamo tutti, credenti e laici, comunità, associazioni, movimenti, a unirsi a noi per rispondere al grido di dolore di tanti fratelli e sorelle migranti sulle rotte mondiali che, dalle periferie del mondo, si muovono verso il sogno di una vita migliore, di giustizia e di dignità.

Chiediamo con determinazione nuove leggi in tema migratorio e di cittadinanza, in Italia e in Europa, capaci di eliminare ogni forma di discriminazione nei confronti dei migranti e dei giovani delle nuove generazioni. Dobbiamo mostrare concretamente più umanità e solidarietà con le vittime di questo Sistema!

Il Cantiere Casa Comune sostiene il Digiuno di Giustizia ogni primo mercoledì del mese e insieme, partendo da Lunedì 29 marzo 2021, inizio della Settimana Santa per i cristiani, lanciamo un digiuno a staffetta che vuole coinvolgere tutti e tutte. Ogni persona, comunità, associazione può iscriversi e partecipare come gesto radicale e nonviolento di difesa della vita e della dignità dei fratelli e sorelle migranti, in opposizione alla sazietà e all’indifferenza di un economia che uccide e di un mondo che non si lascia più toccare dal dolore e dalle lacrime vere degli ‘scarti’.

Digiuno di Giustizia in solidarietà con i migranti
Cantiere Casa Comune

Alex Zanotelli
Antonio Soffientini
Tarcisia Ciavarella
Mariapia Dal Zovo
Toni Scardamaglia
Daniele Moschetti
Filippo Ivardi Ganapini
Marco Colombo
Emilia Gaudio
Federico Sartori

Il Digiuno di Giustizia in solidarietà dei migranti e il Cantiere Casa Comune promuovono una Conferenza stampa per il lancio dell’iniziativa “Fame e Sete di Giustizia” – Digiuno di solidarietà con i migranti che, in seguito alle norme di contrasto alla diffusione del covid, avrà luogo online, domani venerdì 26 Marzo alle ore 12 su piattaforma Zoom (ID riunione: 832 7319 8797 Passcode: 525638)
Intervengono:
Cardinale Franco Montenegro, arcivescovo di Agrigento
Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano
Blessing Okoedion, presidente dell’Associazione Weavers of hope
Sonny Olumati, attivista del movimento #ItalianiSenzaCittadinanza
Marco Omizzolo, sociologo Eurispes e presidente di Tempi ModerniPer informazioni e adesioni scrivi a: info@cantierecasacomune.it oppure chiama alla segreteria del Cantiere Casa Comune: 045/ 8092390
Per informazioni su Digiuno di Giustizia in solidarietà con i migranti scrivi a: digiunodigiustizia@hotmail.com

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La solidarietà antinucleare si collega con la solidarietà a chi difende i diritti dei migranti. E lo spiega molto bene Alex Zanotelli in questo suo contributo al nostro saggio collettivo "Riace, Musica per l'Umanità".

Alex Zanotelli

Per un’utopia possibile

Ho gioito quando ICAN ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace, per il suo impegno contro le armi nucleari. Come credente nel Dio della vita, non posso che essere contrario a questi strumenti di morte che minacciano oggi l’umanità. Lo sono anche come missionario che ha toccato con mano la sofferenza degli impoveriti. Infatti le armi nucleari proteggono un sistema profondamente ingiusto, proteggono il 10% della popolazione mondiale che consuma da sola il 90% dei beni prodotti.

Penso sia significativo legare il Premio Nobel dato a ICAN per la campagna contro le armi nucleari e la campagna per dare il Premio Nobel a Domenico Lucano, sindaco di Riace, il paese dell’accoglienza.

L’umanità ha oggi davanti a sé due gravi minacce: la bomba atomica e il rifiuto dell’altro. Di fatto una guerra nucleare potrebbe mettere la parola fine all’umanità. Ma altrettanto le politiche di non accoglienza praticate dagli USA, dall’Australia, dall’Europa, dall’Italia porteranno gli uomini a sbranarsi vicendevolmente. Mentre l’abolizione delle armi nucleari e una nuova politica di accoglienza, come è stata fatta a Riace, permetterebbero all’umanità di rifiorire.

Per me è chiaro che il primo passo è quello dell’abolizione delle armi nucleari, perché servono a proteggere privilegi. Questa connessione l’aveva espressa così bene l’allora arcivescovo di Seattle (USA) Raymond Hunthausen:

La propaganda e un certo modo di vivere ci hanno vestiti di morte. Abbandonare il nostro controllo sulla distruzione globale ci dà l’impressione di rischiare tutto, ed è rischiare tutto, ma in una direzione opposta a quella in cui attualmente rischiamo tutto. Le armi nucleari proteggono i privilegi e lo sfruttamento. Rinunciare a esse significherebbe che dobbiamo abbandonare il nostro potere economico sugli altri popoli. La pace e la giustizia procedono insieme. Sulla strada che seguiamo attualmente, la nostra politica economica verso gli altri Paesi ha bisogno delle armi nucleari. Abbandonare queste armi significherebbe abbandonare qualcosa di più che i nostri strumenti di terrore globale; significherebbe abbandonare le ragioni di tale terrore: il nostro posto privilegiato in questo mondo.

Le armi atomiche servono a proteggere un sistema mondiale ingiusto che forza 3 miliardi di persone a vivere con due dollari al giorno e 821 milioni a patire la fame. Per cui gli impoveriti sono costretti a migrare.

Le migrazioni oggi non sono un’emergenza, sono strutturali a questo sistema. Il dramma è che il mondo ricco non vuole accogliere i migranti. Invece il sindaco di Riace, Domenico Lucano, ha accolto nel suo Comune, sulle colline della Calabria, i migranti, facendo rinascere così questo paese semiabbandonato. Lucano ha fatto rivivere Riace, mescolando calabresi e migranti che lavorano insieme, diventando un simbolo per l’Italia e l’Europa. È solo accogliendo le vittime di questo sistema mondiale ingiusto che la vecchia Europa può rifiorire. Riace ha dimostrato che un’umanità al plurale è possibile.

Per questo mi auguro che la campagna per il Premio Nobel per la Pace a Lucano abbia successo e che Riace diventi un esempio per tutti, dimostrando che le migrazioni non sono un problema, ma una risorsa per far rivivere questa vecchia Europa.

26 febbraio 2021

 

LA SOCIETA’ DELLA CURA – FUORI DALL’ECONOMIA DEL PROFITTO

 

IL LAVORO DI ELABORAZIONE DEL GRUPPO PACE-DISARMO-GIUSTIZIA GLOBALE

 

Un’Italia [e un’Europa] non allineata, smilitarizzata e impegnata per la giustizia globale – sintesi del lavoro gruppo Pace – disarmo – giustizia globale a cura di Fabio Alberti

La pandemia ha ulteriormente dimostrato che nessuno si salva da solo. Per uscire dalla crisi sanitaria, come da quella climatica, o delle migrazioni serve un mondo più solidale in cui sulla concorrenza tra le nazioni prevalga la collaborazione. Assistiamo invece alla diffusione di conflitti armati, al ripresentarsi di una nuova guerra fredda e di una nuova corsa agli armamenti. 

La crescita degli armamenti a livello globale e nazionale non comporta, come si vorrebbe far credere, un aumento della sicurezza, al contrario riduce la sicurezza umana e ambientale.  Il nostro esercito si dota di armi d'attacco non di difesa (caccia, portaerei ...). Sicurezza è vivere in pace con tutti i popoli, senza "nemici", con spirito di cooperazione. D’altra parte, la militarizzazione dei territori comporta anche una contrazione della democrazia.

Non basta quindi che il PNRR si occupi di problemi nazionali, ma deve essere inserito in una prospettiva ampia. Pensiamo quindi che nel PNRR, o a fianco del PNRR, debbano essere individuate le politiche estera, del commercio estero e della difesa coerenti con l’obiettivo della tutela e allargamento della pace.

Serve una nuova politica estera italiana e da parte di un’Europa più integrata, che, da una posizione di neutralità tra le grandi potenze, promuova attivamente la collaborazione tra i popoli, la soluzione politica dei conflitti, e persegua la giustizia internazionale a partire dall’abbattimento del divario economico tra i paesi del nord e del sud del mondo che costringe milioni di persone a lasciare il proprio paese.

Per questo occorrerà che le regole e i negoziati (Wto e Commissione europea) per la progressiva  liberalizzazione commerciale, vengano ripensati in dialogo con la società civile e i sindacati: la lezione della pandemia dimostra la necessità di vincolare l'impresa privata e l'iniziativa pubblica alla promozione dei diritti di persone e pianeta. L’Italia operi affinché l’Unione Europea, ma anche i Paesi membri, valutino in modo trasparente e partecipato gli impatti multidimensionali dei trattati commerciali e degli accordi sugli investimenti in trattativa e in essere. L'Unione deve sospendere e rinegoziare, i trattati e le preferenze commerciali e sugli investimenti che impediscono la conversione ecologica e la difesa dei diritti umani e democratici in Europa e nei paesi Partner, a partire dai Paesi Euro-Mediterranei – anche rivedendo gli iniqui accordi di associazione euromediterranei per renderli più equi nei confronti dei paesi della sponda sud -, paesi ACP (Africa Caraibi Pacifico), Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay), in un'ottica di cooperazione e lotta ai cambiamenti climatici.

Va difeso il principio di precauzione vigente in Europa (blocco produzioni e importazioni potenzialmente nocive), e impedita la capacità delle imprese di condizionare le politiche pubbliche, con una moratoria delle clausole e dei tribunali arbitrali inserite nei trattati commerciali e sugli investimenti (ISDS-ICS). A livello multilaterale va rivisto ruolo e funzionamento della Wto, per ricondurre buona parte delle sue competenze attuali sotto l'egida delle Nazioni Unite.

 

Per rendere credibile una politica per la pace occorre che l’Italia firmi subito il Trattato Internazionale per la Proibizione delle Armi Nucleari, liberandosi nel contempo degli ordigni presenti sul nostro territorio, ridefinisca sulla base del principio di neutralità alleanze e accordi militari e non aderisca alle sanzioni economiche unilaterali decise da singoli stati o gruppi di stati.

Occorre favorire la pace e i diritti umani anche riconoscendo lo Stato di Palestina e sostenendo le popolazioni in lotta per i diritti umani e sociali nei propri paesi, con particolare attenzione alla protezione dei Difensori dei diritti umani, anche istituendo una Autorità nazionale indipendente per la tutela dei diritti umani.

Coerentemente si dovranno ridimensionare drasticamente le missioni militari all’estero, mantenendo solo quelle effettivamente finalizzate a proteggere accordi di pace, - che dovrebbero comunque svolgersi sotto comando Onu sotto comando ONU, implementando gli art. 43-48 della Carta della Nazioni Unite - e cancellando in particolare quelle finalizzate al “controllo” delle migrazioni, sostituendole o trasformandole in missioni civili. I fondi risparmiati potranno essere utilizzati per potenziare la cooperazione e gli aiuti allo sviluppo.

In attuazione dell’imperativo dell’art. 11 della Costituzione occorre riorientare il Modello di Difesa verso l’esclusiva difesa del territorio nazionale, potenziando e finanziando inoltre gli strumenti di Difesa Civile Non-armata e Nonviolenta e il Servizio Civile Universale e ridurre la spesa militare, a partire da quella per armamenti offensivi come gli F35 e per sostenere basi militari estere sul nostro territorio, come a Taranto e Vicenza. Occorre quindi rispondere negativamente alle pretese Usa di aumento della spesa militare in ambito Nato.

Occorre fermare la vendita di armi a paesi in conflitto, come l’Arabia Saudita (alla quale la vendita è stata solo parzialmente revocata), o che non rispettano i diritti umani, come Turchia, Egitto e Israele, applicando la legge 185/90 nel suo spirito originario, anche nei confronti dei Paesi alleati, e avviare un processo assistito con finanziamenti pubblici di riconversione dell’industria degli armamenti, come ad esempio nel caso aperto della RWM (controllata italiana, con sede a Ghedi e stabilimento in Sardegna, della tedesca Rheinmetall), verso la produzione di tecnologie innovative ed avanzate per la transizione energetica ed ecologica. Coerentemente non si dovranno utilizzare i fondi del recovery fund per ampliare il settore armamenti come ad esempio il “Polo della difesa” di Torino.

Occorre infine un forte investimento nella formazione alla pace, alla nonviolenza e ai diritti umani, nelle scuole, dove invece va evitato che faccia proselitismo l’esercito, e nel servizio pubblico radiotelevisivo. Andrebbe inoltre istituita una giornata del ricordo delle vittime del colonialismo.

 

 

Dopo la recente disdetta del Trattato INF (Forze Nucleari Intermedie) siglato nel 1987

Ammodernamento delle atomiche tattiche USA in Europa e (possibile) ritorno degli euromissili – scheda a cura di Alfonso Navarra, Disarmisti esigenti

Milano 17 febbraio 2021

La politica nucleare della NATO è bene studiarla innanzitutto sul sito ufficiale dell’Alleanza: https://www.nato.int/

In particolare si segnalano i due articoli recenti in materia di “dissuasione nucleare”: “Nuclear deterrence today”, dell’8 giugno 2020 (https://www.nato.int/docu/review/articles/2020/06/08/nuclear-deterrence-today/index.html); e "European security without the INF Treaty", del 30 settembre 2019.

L’impianto fondamentale di tale politica è contenuto nel “Concetto strategico” in vigore – adottato nel vertice di Lisbona del 2010 (il testo tra le pubblicazioni NATO al seguente link: https://www.nato.int/cps/en/natohq/topics_82705.htm). La posizione che la NATO è una alleanza nucleare “finché esisteranno le armi nucleari” è stata sempre ribadita e sottolineata in questi anni dai governi membri in tutte le sedi internazionali ed è alla base del rigetto (praticamente un veto ad ad aderirvi), del nuovo Trattato di proibizione delle armi nucleari, adottato in una Conferenza ONU il 7 luglio 2017; ed entrato in vigore, dopo la 50esima ratifica (+90 giorni), il 22 gennaio 2021. La NATO, dopo più di 10 anni, sta ora andando verso un nuovo Concetto strategico, da approvare questo anno, e nulla fa pensare (si vedano gli articoli sopra citati) che il ruolo essenziale della deterrenza nucleare verrà abbandonato. Piuttosto verrà riformulato adattandolo alle nuove esigenze della “guerra cibernetica”, che verranno focalizzate con il nuovo Concetto strategico.

Le bombe nucleari USA per la condivisione nucleare NATO, oggi appartenenti alla categoria delle armi “tattiche”, ufficialmente in numero imprecisato (ed è bene rifarsi a questa condizione del segreto militare vigente, certa e dichiarata, ad esempio in risposte a precise interrogazioni parlamentari; e non a studi “dietrologici”, per quanto approfonditi e plausibili), sono attualmente presenti in sei basi europee: Kleine Brogel, (Belgio); Büchel, Germania; Volkel, Olanda; Incirlik, Turchia; Aviano e Ghedi (Italia).

(In “circostanze straordinarie”, testate nucleari possono anche essere trasportate a bordo dei natanti “strategici” della VI Flotta USA, con comando a Napoli, che attraccano nei porti ufficialmente “a rischio nucleare”. In Italia tali porti sono: Augusta, Brindisi, Cagliari, Castellammare di Stabia, Gaeta, La Spezia, Livorno, Napoli, Taranto, Trieste, Venezia. L’elenco è contenuto nella versione integrale documento della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile del luglio 1996 intitolato "Piano nazionale delle misure protettive contro le emergenze radiologiche").

Tali bombe nucleari tattiche, aviotrasportate e destinate ad essere eventualmente usate per un conflitto limitato al Vecchio Continente (la guerra nucleare “di teatro” prevede diverse tappe programmate di escalation), erano state dislocate a centinaia nel 1979, in piena guerra fredda, e sono rimaste a rappresentare l’impegno statunitense a difendere l’Europa dalla “minaccia russa” che, nell’ottica NATO, sarebbe subentrata a quella sovietica.

L’Italia è forse il paese più ingaggiato nella dimensione nucleare dell’Alleanza. La “condivisione nucleare”, è bene ricordarlo, è orientata sull’adozione di una dottrina di “first use” dell’arma atomica. Questa dottrina era stata elaborata in tempo di superiorità convenzionale sovietica nel teatro europeo ma non è stata dismessa dalla NATO, nonostante Joschka Fischer, allora ministro degli esteri della Germania, prima del vertice del 50ennale (1999) ne avesse proposto l’abolizione. (Si legga un articolo del New York Times del 24 novembre 1998 al seguente link: https://www.nytimes.com/1998/11/24/world/germany-irks-us-on-nato-atom-policy.html).

Il sistema per respingere ogni proposta di revisione della strategia nucleare NATO è quello di rifarsi al metodo dell’unanimità per le decisioni: poiché la NATO opera per consenso, tutti gli attuali 30 membri dovrebbero aderire a quello che viene considerato come un cambiamento di politica.

Torniamo alle basi atomiche in Italia. Se quella di Aviano è statunitense, quella di Ghedi è della nostra Aeronautica militare, dotata di cacciabombardieri Tornado IDS del 6º Stormo, che verranno prossimamente sostituiti dai nuovi F-35E Strike Eagle preparati appositamente per il trasporto delle B61. Anzi queste ultime verranno rimpiazzate entro un biennio dalle nuove B61-12, che saranno dotate di un impennaggio di coda per colpire con precisione l’obiettivo e potranno essere lanciate a distanza per evitare all’aereo il fuoco difensivo dalla zona attaccata.

Le nuove B- 61-12 sono state prefigurate sia per le esplosioni al suolo sia in aria con una potenza predeterminabile fra 0,3 e 50 kiloton, consentendo di colpire gli obiettivi con “minori danni collaterali e minore ricaduta radioattiva”, come riferito dagli analisti del Pentagono. La loro evoluzione tecnologica le rende dunque più facilmente utilizzabili aumentando quindi i rischi di un conflitto nucleare.

Per il programma di aggiornamento e potenziamento delle bombe nucleari tattiche B-61, il Pentagono ha previsto una spesa comprensiva tra gli 8 e i 9 miliardi di dollari. Esse potranno essere impiegate oltre che dai cacciabombardieri F-35 ed F-15, anche dagli F-16 e dai bombardieri strategici B-2 di US Air Force, nonché dai velivoli delle aeronautiche militari dei partner NATO. Sempre secondo la National Nuclear Security Administration, la produzione delle B61-12 sarà conclusa negli Stati Uniti d’America entro la fine del 2022. Ai test inaugurali in Nevada delle nuove testate tattiche erano presenti, tra gli altri, i cacciabombardieri F-35A del 32° Stormo dell’Aeronautica italiana di Amendola (Foggia) a conferma dell’intenzione dei vertici della Difesa italiana di assegnare ai costosissimi caccia di quinta generazione anche le funzioni di strike nucleare in ambito NATO.

Il 22 gennaio scorso, in occasione dell’entrata in vigore del Trattato internazionale che proibisce le armi nucleari (sigla TPAN, TPNW in inglese), il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio ha emesso una nota stampa in cui è stata ribadita la totale subordinazione del nostro paese alle strategie dell’Alleanza Atlantica.  “Pur nutrendo profondo rispetto per le motivazioni dei promotori del Trattato di proibizione delle armi nucleari e dei suoi sostenitori - ha affermato Di Maio - riteniamo che l’obiettivo di un mondo privo di armi nucleari possa essere realisticamente raggiunto solo attraverso un articolato percorso a tappe che tenga conto, oltre che delle considerazioni di carattere umanitario, anche delle esigenze di sicurezza nazionale e stabilità internazionale”.

Al contrario di quanto sostiene Di Maio, la posizione ecopacifista attribuisce le difficoltà dei percorsi di disarmo nucleare a livello internazionale in modo causalmente più diretto allo smantellamento del quadro di dispositivi legati al disarmo multilaterale dovuto alle scelte dell’Amministrazione Trump, con la dissoluzione di Trattati fondamentali come l’INF e il JCPOA e i ritardi sul New START”.

In particolare la disdetta dell’INF (Forze Nucleari Intermedie) potrebbe comportare il “ritorno degli euromissili”: i missili a medio raggio basati a terra, tra 550 e 5.500 Km, proprio quelli che le lotte di Comiso e europee fecero smantellare spingendo Reagan e Gorbachev a firmare lo storico accordo dell’8 dicembre 1987.

Questa categoria di armi nucleari degli anni ’80 comprendeva i missili balistici Pershing 2, schierati in Germania Occidentale, e i “Cruise” lanciati da terra, schierati in Gran Bretagna, Italia (Comiso, appunto), Germania Occidentale, Belgio e Olanda; l’Unione Sovietica si impegnava a eliminare i missili balistici SS-20, schierati sul proprio territorio.

A distanza di una trentina di anni, nel 2014, l’amministrazione Obama ha accusato la Russia di aver sperimentato un missile da crociera della categoria proibita dal Trattato, annunciando che “gli Stati uniti stanno considerando lo spiegamento in Europa di missili con base a terra”. Il piano Obama è stato confermato dalla amministrazione Trump: nell’anno fiscale 2018 il Congresso ha autorizzato il finanziamento di un programma di ricerca e sviluppo di un missile da crociera lanciato da terra da piattaforma mobile su strada. Il piano, con riflesso automatico, viene sostenuto dagli alleati europei della Nato.

Ora bisogna vedere se il nuovo presidente USA Joe Biden intende proseguire su questa strada della corsa agli armamenti nucleari. Le prime sue mosse parlando di un approccio più dialogico in materia di deterrenza (in campagna elettorale ha parlato di “deterrenza passiva”) e di architettura di controllo internazionale delle armi atomiche. Ad esempio pochi giorni fa il NEW START è stato da USA e Russia prorogato prima che tale trattato venisse a scadere. (Si veda Marina Catucci sul Manifesto del 5 febbraio 2021: “New Start, tra Biden e Putin torna il trattato sulle armi nucleari”. Si vada al link: https://ilmanifesto.it/new-start-tra-biden-e-putin-torna-il-trattato-sulle-armi-nucleare-e-stop-sostegno-usa-ai-sauditi/).

La nostra proposta ecopacifista

Il governo italiano e le forze politiche, rifiutando - in nome della nostra Costituzione pacifista - la “condivisione nucleare NATO” nei suoi presupposti dottrinali e nelle sue conseguenze operative, dovrebbero decidere di avviarsi verso la rimozione di queste basi nucleari e delle relative bombe, proprio per la sicurezza del nostro Paese e dell’Europa, operando in sintonia con le finalità non solo del Trattato di Non Proliferazione nucleare, ma anche e soprattutto del recente TPNW- Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons, a cui l’Italia non ha purtroppo aderito.

La NATO è stata dichiarata, alla vigilia del vertice del 70ennale svoltosi a Londra il 3-4 aprile 2019, “in stato di morte cerebrale” dal presidente francese Macron: in questo momento di crisi dell’Alleanza, che riflette la crescente divergenza di interessi economici e geopolitici tra USA ed Europa, un governo espressione dell’interesse di un blocco sociale popolare potrebbe trovare il coraggio di respingere i “concetti strategici” imperniati sull’uso delle armi nucleari; esigere la denuclearizzazione dell’Europa; e muovere autonomamente e unilateralmente a livello nazionale i passi conseguenti in questa direzione. Che poi il legame politico-militare transatlantico possa sopravvivere a questa scelta di denuclearizzazione non è possibile prevederlo: non disponiamo certamente della sfera di cristallo!

(si ringrazia Antonio Mazzeo per avere fornito la base del lavoro con un articolo che riferisce di una recente pubblicazione di uno studio di Kristensen da perte dell’Archivio Disarmo. Si vada su: https://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http%3A%2F%2Fwww.ildialogo.org%2Fnoguerra%2FDisarmoAtomico_1613152044.htm)

 

 

Scheda per “Rete Disarmo-Pace-Giustizia-Diritti”: NMD italiano 1991 - NATO - ONU Elio Pagani- 17.02.2021

Il NMD del 1991 e i suoi effetti

Nel 1991, “terminata” la 1^ Guerra del Golfo cui anche l'Italia partecipò con basi e bombardieri, in corrispondenza con l'introduzione del Nuovo concetto strategico del Pentagono, i Capi di Stato Maggiore della Difesa imposero al Parlamento, che mai lo discusse e lo approvò, il NMD Nuovo Modello di Difesa che introduceva le seguenti novità: - in spregio dell'art.11 della Costituzione, l'Italia si arrogava il diritto di intervenire militarmente ovunque nel mondo ritenesse violati i suoi diritti (e quelli dei Paesi industrializzati); - si superava il concetto dei confini fisici della Patria e si assumeva il concetto di confini elastici, estendibili ove necessario; - al concetto di Pace nella Giustizia (legato alla nostra Costituzione), si sostituiva il concetto di Pace nella Sicurezza; - veniva superata la distinzione tra “Tempo di Pace” e “Tempo di Guerra”, introducendo il concetto di “Tempo uniforme della Prevenzione Attiva”; - assunzione della “Industria della Difesa” come una delle colonne portanti della “Politica di Difesa e Sicurezza”. Il contenuto del NMD fu riversato in norme tra loro separate, tra le quali quella che sospese la Leva sostituendola con Forze Armate professionali e volontarie ( legge 23 agosto 2004, n. 226 ), la adozione di “Libri Bianchi della Difesa” ad esso informati (2002, 2015, 2016, 2017, 2018, 2020), l'acquisizione di capacità di proiezione bellica ben oltre i confini nazionali, la partecipazione a missioni militari italiane oltremare, a missioni multinazionali, a missioni all'estero in ambito ONU, NATO e UE, la partecipazione a guerre e bombardamenti (1999 sulla Ex-Jugoslavia, 2002 in Afghanistan, 2003 in Iraq, 2011 in Libia), ecc.. L'introduzione dei nuovi Concetti strategici mutò anche l'applicabilità di alcune leggi. Il caso più clamoroso è quello della L.185/90 per il controllo e la limitazione dell'export di armi. Questa Legge, approvata nel 1990, all'art. 1 prevede che le esportazioni di armi debbano essere coerenti con la Politica Estera e di difesa italiana. E' evidente che se questa è informata ai concetti del NMD sorge una contraddizione con altre norme presenti nella Legge che vietano la esportazione di armi a paesi in conflitto armato, che violano i diritti umani, ecc.. Se la nostra Politica Estera considera legittima la “difesa” armata dei nostri interessi (o dei nostri alleati) ovunque necessario, coerentemente consegna armamenti a Stati “amici”, che ci aiutano a difendere quegli interessi “minacciati” da altri soggetti. Così si spiega più facilmente il perchè vendiamo armi all'Arabia Saudita, ad Israele, all'Egitto, alla Turchia e così via. Questo non è ciò che volevano i legislatori, e soprattutto il “Movimento contro i mercanti di morte”, ma la legge è del 1990, il NMD del 1991. Così questa norma non è più sufficiente, come dimostrano anche gli esiti di vertenze che denunciavano talune esportazioni come lesive della Legge 185/90. Per bloccare l'export di bombe alla Arabia Saudita è stata necessaria una decisione politica. Occorre dunque puntare su un cambiamento della Politica Estera e di Difesa, chiedere di applicare la Legge non è sufficiente. A ragion di logica, non dovremmo neppure vendere armi agli USA o alla NATO che hanno fatto guerre (anche contro il volere ONU) e svolgono tuttora azioni militari “fuori area”.

La Trasformazione della NATO

Anche la NATO, infatti, non si può più definire “Alleanza difensiva”, poiché, in corrispondenza dei suoi bombardamenti contro la Ex-Jugoslavia, nell'aprile del 1999 introdusse formalmente il superamento dell'Art. 5 del suo Statuto, che obbligava i membri ad intervenire militarmente a difesa del membro aggredito. La NATO autolegittima così le “Operazioni fuori area”, in radicale contrasto col diritto internazionale vigente a partire dalle norme contenute nella Carta delle Nazioni Unite. Da allora la NATO si è autodefinita “Poliziotto del mondo” nonostante fosse solo un “Vigilante del Villaggio Globale”, a difesa di interessi di parte. Così facendo tende ad identificarsi con, e a sostituire di fatto, l'ONU, il quale sì, avrebbe anche compiti di Polizia Internazionale. Ciò è stato possibile grazie ad una situazione internazionale totalmente mutata determinatasi, tra il 1989 e il 1991: superamento del Muro di Berlino e della Guerra Fredda, dissoluzione del Patto di Varsavia (costituitosi, comunque 6 anni dopo la creazione della NATO) e della stessa Unione Sovietica. Gli USA, che sono sempre stati in posizione dominante (militarmente, politicamente e istituzionalmente) all'interno dell'Alleanza Atlantica, nel loro Nuovo Concetto strategico del 1991, si lessero come unica superpotenza rimasta e si proclamarono difensori della libertà e della democrazia nel “Nuovo ordine mondiale”, oltre che del loro “stile di vita”. Un'altra ragione è la netta superiorità militare della NATO, rispetto agli altri soggetti. La NATO è la più potente macchina bellica della Storia umana. Le sue spese militari (ovvero quelle dei suoi 30 membri) sono oltre 15 volte quelle della Russia e quasi 4 volte quelle della Cina (Elaborazioni da fonte SIPRI 2019). Le spese NATO più quelle dei suoi alleati pesano per oltre il 71% della spesa militare mondiale.

L'art. 11 della Costituzione

Così non è più sufficiente chiedere che sia applicato l'art.11 della Costituzione Italiana che nella prima parte, certo, ripudia la Guerra, ma che nella seconda “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”. E' evidente che un conto è cedere sovranità all'ONU, un altro è cederlo alla NATO, una Alleanza che ha assunto le caratteristiche di cui sopra e che tende a sostituirsi all'ONU stessa. Chi ritiene fondamentale essere nella NATO e condividere le sue dottrine, sostiene di rispettare l'art. 11, anche perchè quelle intraprese da e con la NATO sarebbero legittime operazioni di peace-keeping, peace-enforcing, peace-building, di polizia internazionale, missioni di pace, di esportazione della democrazia o operazioni necessitate dal rispetto del principio della “Responsabilità di proteggere”. La NATO, almeno dall'inizio del nuovo millennio sta operando per definire una (nuova) “divisione del lavoro militare” tra l’ONU e gli Stati, basata sulla distinzione tra “peace-keeping” (mantenimento della pace) e “use of force” (uso della forza). In questo modo all’ONU si assegna il compito ancillare di “assistere” gli stati nell’esercitare le loro capacità “muscolari”. Questo non potrebbe accadere perchè la sua seconda parte non deroga affatto alla prima, essendo la guerra ripudiata dalla Carta dell'Onu non meno che dalla nostra Carta costituzionale che nacque nello stesso contesto storico e ideale e che coincide in parte perfino sul piano letterale. Le parole «come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» del nostro articolo 11 sono infatti riprese dall'articolo 1 della Carta dell'ONU. E la sola eccezione da entrambe ammessa al divieto della guerra è la legittima difesa da un'aggressione in atto, prevista dall'art. 51 della Carta dell'Onu e dall'art. 52 della nostra Costituzione. Non solo: l'art.2, III comma della Carta dell'Onu vieta non soltanto «l'uso», ma anche «la minaccia» dell'uso della forza. Ma purtroppo accade. Di nuovo occorre puntare a una nuova Politica di Difesa, quella che fa a meno della NATO.

L'ONU e l'art. 43 della sua Carta

Occorre anche capire se vi sono ragioni intrinseche alla Carta ONU o alla sua applicazione che permettono di bypassare le norme che vietano la guerra. Gli articoli 1 e 2 della stessa esplicitano il divieto dell’uso della forza, l’obbligo di risolvere pacificamente i conflitti e il primato della competenza ONU in materia di pace e sicurezza. Il sistema di sicurezza collettiva, di cui al Capitolo VII della Carta, fa perno sugli artt. 39 e ss., incluso il ricorso alla forza esercitato direttamente dal Consiglio di sicurezza (art. 42). Questa categoria di azioni coercitive presuppone, però, l'operatività di alcune disposizioni che non hanno mai trovato attuazione anche perché non si è mai implementato l'art.43 che prevede la costituzione di una forza militare a disposizione delle NU in via permanente. Inoltre alla metà del decennio scorso, in ambito ONU sono stati stilati alcuni Rapporti con l'obiettivo di snaturare la logica pacificatrice della Carta: - contengono una arbitraria interpretazione (stravolgimento) dell’art. 51 che ammette solo la legittima difesa “successiva” ad un attacco e non “preventiva” in caso di minaccia; - sanciscono una libertà di azione anche unilaterale degli Stati nel caso ci sia un problema di “protettività” in situazioni in cui è in essere un genocidio o una pulizia etnica; - e coerentemente, non richiamano mai la necessità di implementare gli articoli 42 e 43 della Carta delle NU che sono gli strumenti per far rispettare i principi generali e gli obiettivi statutari enunciati negli articoli 1 e 2 della Carta. Allo stesso modo non si fa cenno alla necessità di abrogare lo scandaloso articolo transitorio (dal 1945) n° 106. L’articolo 43 prevede la costituzione di una forza militare a disposizione delle NU in via permanente. Per rendere questo possibile gli Stati dovrebbero conferire in tutto o in parte le proprie forze armate alle NU. L’articolo 42 prevede che l’ONU possa “intraprendere” e assumere il comando di un’operazione militare per fini che comunque non potranno mai essere di guerra (proscritta dalla Carta come “flagello”) ma di “polizia”, dunque per fini genuinamente umanitari e di giustizia: sono dunque esclusi i bombardamenti e la distruzione di quanto è necessario alla normale vita delle popolazioni. L'implementazione dell'art. 43 rende possibile quella autentica dell’articolo 42, perché mette l’ONU nella condizione di esercitare autorità e poteri autenticamente “sopranazionali”, senza dover delegare altri. Allo stesso modo, in questi rapporti, non si fa cenno alla necessità di abrogare lo scandaloso articolo transitorio (dal 1945) n° 106 che, in attesa della implementazione dell'art. 43, consente azioni militari alle potenze del Consiglio di Sicurezza. In questo modo gli Stati più potenti avanzeranno sempre, con congrua pressione, ”buoni argomenti”, per guadagnarsi “autorizzazioni” o “approvazioni” delle NU, magari strappando Risoluzioni quanto più possibile generiche e ambigue: insomma il timbro NU sul fatto incombente o compiuto. Così, accanto ad operazioni militari esplicitamente non autorizzate (Ex Jugoslavia 1999, Iraq 2003) USA e NATO ne fanno altre grazie a risoluzioni generiche o silenzi ONU (Iraq 1991, Afghanistan 2001 e 2003, Libia 2011, ecc.) Questi Rapporti chiedevano di consentire agli Stati di usare la forza a scopi di ‘pre-emption’, ‘prevention’ e ‘protection’, non più soltanto per autotutela successiva ad attacco armato. Ciò comporta che gli stessi Stati si riapproprino in pieno dell’antico, nefasto “ius ad bellum” che proprio la Carta delle Nazioni Unite aveva loro sottratto. Nei Rapporti del 2004 gli autori proposero anche di cancellare l’intero articolo 47, che dispone per l’istituzione di un Comitato di Stato Maggiore ONU col compito di “1. (…) consigliare e coadiuvare il Consiglio di Sicurezza in tutte le questioni riguardanti le esigenze militari del Consiglio per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, l’impiego e il comando delle forze poste a sua disposizione, la disciplina degli armamenti e l’eventuale disarmo (…).” 3. Il Comitato di Stato Maggiore ha, alle dipendenze del Consiglio di Sicurezza, la responsabilità della direzione strategica di tutte le forze armate messe a disposizione del Consiglio (…)” E’ fin troppo evidente che la proposta di abrogare questo articolo è intesa a castrare definitivamente l’ONU dei suoi attributi di autorità e comando “sopranazionali”, essa è quindi perfettamente strumentale all’intento di demolire il sistema di sicurezza collettiva quale concepito dalla Carta delle NU. Occorre anche qui chiedere sia implementata una nuova linea di Politica Estera e di Difesa: accanto alla richiesta di ridurre le spese militari, si deve chiedere l'implementazione della Carta delle NU, in particolare gli articoli 43 e 47, e l'eliminazione dell'art. 106; nonché si deve chiedere al Governo italiano (e agli altri) di conferire le proprie FF.AA. all'ONU. Queste 3 cose si possono fare subito, mantenendo anche la pressione per democratizzare l’ONU e far progredire l’”ONU dei popoli”, che ha tempi più lunghi.

 

Eserciti, guerre, ambiente e salute: un aspetto centrale trascurato sia dagli ambientalisti che dai pacifisti - a cura di Angelo Baracca

 

Vi è un aspetto centrale delle guerre e delle attività e le produzioni militari che sorprendentemente è trascurato tanto dagli ambientalisti come dai pacifisti. Ovviamente, vengono condannate le devastazioni e le morti provocate dalle guerre, denunciati gli sprechi delle spese e delle produzioni militari, ma raramente si porta l'attenzione, e la denuncia, sull'entità degli impatti di queste attività sull'ambiente, gli sprechi energetici, le emissioni climalteranti, nonché gli effetti collegati ai danni alla salute.

Il tema, se lo si affronta, è molto complesso, i dati disponibili sono carenti. Di seguito pochi cenni per introdurre al problema, e qualche riferimento per approfondire.

E’ stato stimato che il 20% di tutto il degrado ambientale nel mondo è dovuto agli eserciti e alle relative attività militari.

Il solo Pentagono è valutato il 35o consumatore di petrolio al mondo in una graduatoria che include 210 compagnie e Stati: brucia per le sue attività dirette 350.000 barili di petrolio al giorno, fornisce carburante a più di 28.000 veicoli blindati, migliaia di elicotteri, centinaia di aerei da combattimento e bombardieri e vaste flotte di navi militari (con l’eccezione di 80 sommergibili e portaerei che diffondono … inquinamento radioattivo). Secondo il docente di storia delle idee Barry Sanders l’esercito USA, con tutti i mezzi e le operazioni, contribuirebbe da solo ad almeno il 5% delle emissioni di gas serra mondiali.

In tutti gli accordi sul clima, da quello di Kyoto all'Accordo di Parigi, gli USA vengono esonerati dal conteggiare le emissioni del Pentagono e delle attività militari sul clima.

Non si reperiscono dati sull'impatto delle attività dell'Esercito italiano: fa sorridere il progetto "Caserme Verdi". Da anni sono noti (ma i procedimenti giudiziari sono insabbiati) i danni alla salute umana e degli animali, e ovviamente all’ambiente, dei poligoni di tiro in Sardegna, regione che detiene il record di servitù militari in Italia.

Non scordiamo l’uranio depleto, i cui effetti hanno colpito anche i soldati italiani che servirono all’estero: i decessi sono quasi 400. Ovviamente poco si sa sull’aumento di tumori e malattie a danno delle popolazioni vittime degli indiscriminati attacchi militari, e che non hanno canali per ricorrere alla giustizia o ottenere risarcimenti (il Tribunale per la ex Jugoslavia archiviò le denunce contro la NATO). Nella sola Guerra del Golfo del 1991 l’esercito USA esplose 300 tonnellate, disperdendo complessivamente fra 170 e 1.700 tonnellate del metallo tossico e radioattivo, e non ha mai dichiarato le località colpite. Le bonifiche sono praticamente impossibili. La contaminazione è valutata 50 volte maggiore che nei Balcani, ancora oggi i bambini giocano con i reperti (ricordiamo che l’uranio impiega 24.000 anni per dimezzarsi!) ed accusano l’insorgenza di tumori ed altre malattie, e gli effetti si proiettano sugli embrioni e i feti.

Ma l’impatto delle attività militari e delle guerre sull’ambiente e sul clima va ben oltre le emissioni di gas serra. Le attività militari sono responsabili di molte forme di inquinamento e danni alla salute delle popolazioni: dai metalli pesanti per finire all’uranio impoverito, e anche al torio per la sperimentazione di razzi nei poligoni di tiro. Basti ricordare il micidiale agente Orange smodatamente utilizzato dagli USA nella guerra del Vietnam, il quale ancora oggi protrae i suoi effetti devastanti. Non meno grave è l’occupazione di territori sottratti a coltivazioni o altre attività umane utili, e che invece rimangono gravemente e permanentemente contaminati dalle attività militari: il militarismo dei disastri!

Ma a parte l’inquinamento e l’emissione di gas serra, che fine fanno gli armamenti non usati un guerra e diventati obsoleti? Non sono certo “riciclabili” o riutilizzabili in una futura economia circolare: le attività e le produzioni militari spezzano in un modo assolutamente irreversibile, e purtroppo inarrestabile, qualsiasi ciclo naturale. Un esempio eloquente sono i cimiteri di sommergibili nucleari ereditati dalla Guerra Fredda. La crescente produzione di armamenti sempre più sofisticati contenenti materiali tecnologici avanzati lascerà altre eredità ingestibili.

L'esistenza degli armamenti nucleari poi mantiene incombente la minaccia di una guerra nucleare, volontaria o per errore, che, oltre alle vittime dirette e indirette causate dalle radiazioni ionizzanti, genererebbe un cosiddetto “inverno nucleare”, con conseguente collasso dell'agricoltura ed altri sconvolgimenti radicali, carestie, epidemie. Il Bollettino degli Scienziati atomici ci allerta che il richi0 di una guerra nucleare è il più altro dal 1945.

 

Per approfondire

► Neta Crawford, “Pentagon Fuel Use, Climate Change, and the Costs of War”, Boston University, 12 giugno 2019, https://watson.brown.edu/costsofwar/files/cow/imce/papers/2019/Pentagon%20Fuel%20Use,%20Climate%20Change%20and%20the%20Costs%20of%20War%20Final.pdf.

► Rossana De Simone, “Militarismo e cambiamenti climatici, The Elephant in the Room”, Peacelink, 31 ottobre 2019, https://www.peacelink.it/disarmo/a/46982.html.

► Elena Bruess e Joe Snell, “War and the environment: The disturbing and under-researched legacy of depleted uranium weapons”, Bulletin of the Atomic Scientists, https://thebulletin.org/2020/07/war-and-the-environment/.

► Gregorio Piccin, "Vittine dell'uranio impoverito, «Ministero della Difesa responsabile», Manifesto, 1 dicembre 2020,  https://ilmanifesto.it/vittime-delluranio-impoverito-ministero-della-difesa-responsabile/.

► Walter Falgio, “Sardegna: l’invasione militare e chi si oppone”, Bottega del Barbieri, 11 maggio 2020, http://www.labottegadelbarbieri.org/sardegna-linvasione-militare-e-chi-si-oppone/.

► Alessandro Pascolini, "Ancora a 100 secondi dalla fine", Pressenza, 30 gennaio 2021, https://www.pressenza.com/it/2021/01/ancora-a-100-secondi-dalla-fine/.

SCHEDA SARDEGNA  A CURA DI ENNIO CABIDDU

LA SARDEGNA, IN TERMINI DI PRESENZA MILITARE, CONTRIBUISCE PER  OLTRE IL 60 % DEL TOTALE NAZIONALE PUR RAPPRESENTANDO SOLO IL 2% DELLA POPOLAZIONE ITALIANA

SI POTREBBE QUASI DIRE CHE LA SARDEGNA E' UNA ENORME BASE MILITARE CHE TOLLERA LA PRESENZA DELLA POPOLAZIONE CIVILE

I NUMERI PARLANO CHIARO

GLI ETTARI DI TERRITORIO SOTTO VINCOLO DI SERVITU' MILITARE SONO PIU’ DI 35.000

IN OCCASIONE DELLE ESERCITAZIONI VIENE INTERDETTO ALLA NAVIGAZIONE, ALLA PESCA E ALLA SOSTA UNO SPECCHIO DI MARE DI OLTRE 20.000 CHILOMETRI QUADRATI, UNA SUPERFICIE PARI QUASI A QUELLA DELL'INTERA ISOLA.

IN SARDEGNA CI  SONO:
- POLIGONI MISSILISTICI A PERDASDEFOGU
- POLIGONI PER ESERCITAZIONE A FUOCO A CAPO TEULADA
-POLIGONI PER ESERCITAZIONI AEREE A CAPO FRASCA
-AEREOPORTI MILITARI A DECIMOMANNU E A ELMAS

IL POLIGONO DEL SALTO DI QUIRRA-PERDASDEFOGU OCCUPA 12.700 ETTARI ,IL POLIGONO DI TEULADA OCCUPA 7.200 ETTARI E IL POLIGONO NATO DI CAPO FRASCA 1400
IN QUESTI POLIGONI SI SPERIMENTANO  NUOVI SISTEMI DI ARMAMENTO COMPRESI QUELLI AD URANIO IMPOVERITO E TORIO COME BEN NARRATO DALLA ANTROPOLOGA SARDA GIULIA SPADA  FIGLIA DI UNA DELLE TANTE VITTIME DELLA LEUCEMIA CHE RACCONTA ANCHE DELLE MALFORMAZIONI A CARICO DEGLI ANIMALI ALLEVATI NEL SALTO DI QUIRRA.

NELLA BASE  MILITARE DI DECIMOMANNU DI RECENTE E' STATA POSATA LA PRIMA PIETRA, CON LA BENEDIZIONE DEL CAPPELLANO MILITARE , PER UNA SCUOLA DOVE ADDESTRARE GIOVANI DI TUTTA EUROPA ALA GUERRA, IN PARTICOLARE PER DIVENTARE PILOTI DI CACCIABOMBARDIERI.

A PROPOSITO DI BOMBE NON POSSIAMO NON RICORDARE LA PRESENZA IN SARDEGNA DELLA RWM, FILIALE ITALIANA DEL COLOSSO TEDESCO RHEINMETAL DEFENCE CHE NON POTENDO FARLO IN GERMANIA HA PRODOTTO DA NOI BOMBE D'AEREO DA VENDERE ALLA COALIZIONE MILITARE A GUIDA SAUDITA PER BOMBARDARE LO YEMEN IN SPAVALDA VIOLAZIONE DELLA LEGGE 185/90
DOPO ANNI DI DURO IMPEGNO IL MOVIMENTO PACIFISTA E' RIUSCITO A OTTENERE LA REVOCA DELLE LICENZE DI VENDITA MA LA RWM HA DA POCO ANNUNCIATO CHE HA TROVATO UN NUOVO CLIENTE IN UN PAESE EUROPEO.STIAMO CERCANDO DI CAPIRE QUALE E SE SI TRATTA DI UNA COSIDETTA TRIANGOLAZIONE PER AGGIRARE LA LEGGE.
INTANTO ABBIAMO PROPOSTO UN PROGETTO DI RICONVERSIONE DELLA FABBRICA DI BOMBE IN UNA INDUSTRIA AGROALIMENTARE, L'IDEA STA SUSCITANDO INTERESSE MA PER ESSERE REALIZZATA PIU' DELLE RISORSE FINANZIARIE E' NECESSARIA UNA CORAGGIOSA PRESA DI POSIZIONE DELLO STATO ITALIANO CHE COSTRINGA RWM A LASCIARE IL SITO.

IN SARDEGNA NON CI FACCIAMO MANCARE NIENTE E QUINDI ABBIAMO ANCHE DUE PORTI ,CAGLIARI E LA MADDALENA CHE POSSONO FAR SOSTARE UNITA' NAVALI MILITARI A PROPULSIONE NUCLEARE VERE E PROPRIE CENTRALI GALLEGGIANTI CHE RAPPRESENTANO UN PERICOLO MOLTO SOTTOVALUTATO NON SOLO DALLA REGIONE A GUIDA SARDO-LEGHISTA MA ANCHE DA QUASI TUTTI I SINDACI E DA UNA PARTE DEL COMITATO NO SCORIE PRONTI A STRACCIARSI LE VESTI PER IL NUCLEARE CHE ANCORA E' UNA IPOTESI MA ZITTI SUL NUCLEARE CHE INVECE ABBIAMO E NON DA OGGI.

 

Gruppo pace, disarmo, giustizia globale – scheda a cura di Emilia Accomando

Il tema giustizia globale potrebbe sembrare lontano da pace e disarmo ma è invece intrinsecamente attinente. Nel sistema neoliberista in cui viviamo si combattono altre guerre, non solo quelle sui fronti, non solo quelle per supremazie o conquiste di territori, ma altre guerre, infide e sottili, quelle delle Multinazionali che si infiltrano con protervia nella stipula di Trattati di Libero commercio, TTIP, CETA, MERCOSUR, per arricchirsi di nuovi ed enormi profitti. 

 

L’economia di giustizia è anche una economia di pace e si collega strettamente alla questione del clima e delle migrazioni. Dobbiamo pertanto sostenere la necessità di un'etica in economia, i Trattati si legano strettamente con la giustizia globale, sociale ed economica. 

 

La politica del governo con il PNRR persegue un modello anni '80: investimenti a sostegno di grandi imprese, non innovative, filiere lunghe dove rischiano di essere schiacciate le parti in basso mentre sarebbe necessario promuovere un deciso riequilibrio.

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Quali proposte?

Il commercio globale va curato nel senso che si dovranno privilegiare i diritti delle persone per garantire una giustizia sociale e ambientale per mantenere saldo il principio di precauzione, tutelare il lavoro e la salute, l’ambiente e il suolo, l’agroalimentare, i beni comuni, l’acqua e l’aria. Imprescindibile riconoscere regole certe per bloccare i comportamenti predatori delle Multinazionali, il terzo soggetto presente nella stipula dei Trattati, Multinazionali oggi più che mai assetate dai possibili profitti e pronte a citare in giudizio gli Stati che hanno organizzato necessarie misure a favore di noi cittadini. Ai tempi del Coronavirus, per esempio, le lobby farmaceutiche si stanno scatenando anche sui vaccini per garantirsi sostanziosi guadagni, senza però che nessuno metta in discussione la proprietà dei brevetti; su questi temi è ineludibile l’impegno del Governo.

 

 In questa situazione il principio di precauzione resta una delle più efficaci garanzie per i cittadini e va mantenuto a tutti i costi.

Già dal 2019, l’UNCTAD, agenzia delle Nazioni Unite, avvertiva che l’economia era sotto stress, l’aumento dei volumi di scambio internazionali non aveva garantito il superamento delle disuguaglianze, anzi ne aveva generate di nuove, mentre le grandi imprese ne avevano goduto ampiamente. 

 

Solo il principio di precauzione, quel principio per cui gli Stati che lo hanno adottato devono agire a monte per la tutela dei cittadini, è riuscito, almeno in Italia, a tutelare la salute pubblica. Principio contenuto nel Trattato sul funzionamento dell’Europa che autorizza le autorità pubbliche a fermare commerci, import export, produzioni potenzialmente responsabili per un Paese, a monte, prima di qualsiasi importazione, non a valle come nel sistema anglosassone (e solo in caso di tossicità o danni evidenti), principio che va mantenuto e difeso, mentre Stati Uniti, Canada, Brasile non lo riconoscono indicandolo come una misura protezionistica da parte dell’Europa.

 

Un altro devastante elemento presente nei Trattati di Libero commercio è l’attivazione degli ISDS, i Tribunali arbitrali, una sorta di giustizia parallela, studi legali agguerriti pronti a citare in giudizio gli Stati che tutelano i cittadini. In epoca Covid le Multinazionali potrebbero accusare gli Stati di non aver pianificato per tempo le necessarie contromisure, oppure potrebbero portare in giudizio i Governi accusati di aver requisito strutture alberghiere per accogliere i malati, di aver limitato le esportazioni per favorire il mercato interno di prodotti alimentari o farmaceutici, di aver  bloccato i prezzi di medicinali o dei dispositivi sanitari 

Chiediamo pertanto una moratoria sugli ISDS se non una cancellazione dai Trattati, l’uscita dei Paesi dagli accordi sugli investimenti con clausola ISDS, insomma segnaliamo la necessità di dare un senso nuovo alla parola TUTELA, innanzitutto.

 

 

 

 

Qui di seguito il verbale dell'incontro online su AZIONI DA PROGRAMMARE PER IL DISARMO ATOMICO, svoltosi su Google Meet il 22 febbraio del 2021. L'idea nuova, rispetto agli impegni precedenti, è valutare una possibile denuncia per "genocidio programmato" che metta sotto accusa alla Corte dell'Aja i capi delle potenze nucleari. Una lettera di integrazione di Gianmarco Pisa.

Organizziamo le azioni per il disarmo atomico
Incontro online 22 febbraio 2021

Impegni da organizzare coordinati da Disarmisti esigenti e WILPF Italia

www.disarmistiesigenti.org

4 impegni principali

•1 - presentazione ddl ratifica TPAN con tempesta di mail
•2 – iniziativa Petrov – scrivere all’ANCI e preparare una mobilitazione per il 26 settembre 2021
•3 – mobilitazione a Roma in agosto investendo le ambasciate delle potenze nucleari
•4 – richiesta alla CPI dell’Aia di aprire un indagine per crimini contro l’umanità e programmazione del genocidio. Imputati: i capi delle potenze nucleari (creare un Gruppo di Lavoro)

Altre proposte su cui lavorare

- Anche sul TPAN la ripresa di un Coordinamento analogo a quello una volta esistente dei «Comuni denuclearizzati». (ITALIA RIPENSACI in Sicilia ha fatto approvare una delibera da parte di 56 Comuni)

-Coordinamento Buchel – Ghedi per mobilitazione europea comune
-Coordinamento porti nucleari a partire da LA MADDALENA
-Tutta la questione della militarizzazione della Sardegna, che include la riconversione della RWM
-Sondaggio mondiale antinucleare sulle piattaforme social (gruppo facebook coordinato da Adriano Ciccioni)
-Un appuntamento di riflessione generale sulla strategia del movimento disarmista e nonviolento (incluso giudizio sul governo Draghi «che ci piace meno di Conte», come suggerito da Gianmarco Pisa)
-L’area denuclearizzata Mediterranea (allargata) obiettivo della Rete delle ambasciate di pace. Si privilegia il lavoro sulle città. La cattedra UNESCO.
-L’educazione alla pace nelle scuole (collegata all’educazione ecologica)
-L’attuazione della risoluzione ONU 1325 su «Donne, pace e sicurezza», che nel Quarto Piano stanzia 3 milioni per finanziare progetti
-Curare i rapporti con la coalizione della «Società della cura» e con movimenti giovanili come gli FFF e XR
-Il canale video YouTube «SIAMO TUTTI PREMI NOBEL PER LA PACE CON ICAN», da aprire a collaborazioni giovanili (LINK: https://www.youtube.com/channel/UCFWikKgRr7k21bXHX3GzE9A)
-Partecipazione con video all’Earth Day (22 aprile)

Presentazione del ddl di ratifica

•Il governo Draghi è più atlantista nelle dichiarazioni di quello Conte (quello che farà è ovviamente da vedere ma non ci sono elementi per aspettarsi improvvise pulsioni pacifiste) ed è politicamente più spostato a destra (importante editoriale di Tommaso Di Francesco sul Manifesto del 21 febbraio 2021)•Il ddl di legge di ratifica va comunque presentato. Una lettera Navarra/Sani è già stata scritta e spedita in tal senso indirizzata ai 69+2 dell’ICAN Pledge (reduci nella XXVIII legislatura dei circa 240 della XVII).•Nella iniziativa del 22 gennaio 2021 abbiamo letto il messaggio di Loredana De Petris che si impegna a presentare il ddl (ma Antonia Sani rileva che nel suo discorso per il voto di fiducia a Draghi non ha fatto menzione del TPAN)•Contemplare come subordinata la«posizione belga», come indicato nella nostra lettera, comporta la richiesta che l’Italia partecipi come osservatore•C’è la scadenza del summit NATO (Aprile? Maggio? Giugno?) in cui si approva il nuovo Concetto strategico. In teoria l'Italia potrebbe bloccare tutto lasciando le cose come stanno. Si inserisce la deterrenza nucleare nell’ambito della cyberguerra,che oltretutto comporta maggiori pericoli di conflitto per errore. •(Non ha senso invece l’adesione al solo art. 6 del TPAN che riguarda l’assistenza alle vittime – come ha proposto Laura Boldrini in presenza del coordinatore della RIPD)•La «tempesta delle mail» comporta la raccolta degli indirizzi non istituzionali dei deputati e un sito in cui pubblicare i messaggi dei cittadini, da mandare in copia al sottoscritto e ad Antonia Sani. Sulla Linea dell’iniziativa del 22 gennaio 2021
Il 22 gennaio 2021, dopo 90 giorni dalla 50esima ratifica dell'Honduras, è entrato in vigore il Trattato ONU di proibizione delle armi nucleari (TPAN), approvato dalla Conferenza ONU il 7 luglio 2017.••I Disarmisti esigenti e WILPF Italia, membri ICAN, premio Nobel per la pace 2017,  hanno promosso nell'occasione una consultazione online, aperta ai firmatari delle nostre petizioni, inparticolare "NO ARSENALI SI OSPEDALI"(https://www.petizioni.com/no_arsenali_si_ospedali), sulle iniziative da prendere:  ••1) per continuare a premere sulla ratifica del parlamento italiano che, al carro del veto NATO, fino ad oggi non c'è;  ••2) per opporsi al ritorno degli euromissili che include la risistemazione delle basi di Ghedi e Aviano (senza dimenticare il problema dei porti nucleari); ••3) per dare corpo, anche ricorrendo ad intelligenti forme di obiezione di coscienza, all'obiettivo "NO ARSENALI SI OSPEDALI": convertire le spese militari in investimenti per la salute nella prospettiva di una conversione ecologica dell'economia.•••L'incontro si è svolto  il giorno 22 gennaio 2021 con inizio alle ore19.00 e  termine alle ore 21.30; è stato registrato per essere introdotto sul canale video "SIAMO TUTTI PREMI NOBEL PER LA PACE CON ICAN".••Alfonso Navarra (portavoce dei Disarmisti esigenti) e Antonia Sani (WILPF Italia) hanno introdotto. ••Loredana De Petris senatrice di LEU ci ha inviato un messaggio (vedi testo sotto riportato) per l'impegno a presentare un DDL di ratifica italiana del TPAN.••Una lettera (vedi file allegato) è stata spedita ai 69 deputati e 2 senatori della XVIII Legislatura che hannosottoscritto l'ICAN Pledge.••Sono intervenuti nella discussione:••Patrizia Sterpetti (WILPF Italia), Adriano Ciccioni (Ban the Bomb),Ennio La Malfa e Oliviero Sorbini (AK), Laura Tussi (Memoria e Futuro),Fabrizio Cracolici (Rete educazione alla terrestrità), Giuseppe Farinella (Il Sole di Parigi), Massimo Aliprandini (Lega obiettori di coscienza),Giovanni Sarubbi (il Dialogo), Francesco Lo Cascio (Rete Ambasciate di pace),Patrick Boylan (PeaceLink), Ennio Cabiddu (Sardegna Pulita), Tonino Drago(fisico nucleare).
Marzia Manca (del Movimento Nonviolento, è intervenuta a titolo personale).••I temi affrontati: il mail bombing sui parlamentari per il DDL di ratifica italiana del TPAN (testo redatto da IALANA Italia); l'opposizione locale al dispiegamento delle nuove atomiche americane; l'azione in agosto sulle potenze nucleari a Roma da effettuare in concomitanza con la sessione di revisione del TNP a New York; il sondaggio mondiale antinucleare sulle piattaforme social; il coinvolgimento del mondo cattolico ed in particolare la pressione sui francescani perché recedano dal considerare l'industria bellica volano di sviluppo (vedi volo delle Frecce Tricolori su Assisi); la strategia per rilanciare la denuclearizzazione sia civile che militare (vedi deposito unico delle scorie radioattive); il rilancio dell'obiezione alle spese militari, finalizzata alla difesa nonviolenta, anche per perseguire gli obiettivi di NO ARSENALI SI OSPEDALI; il lavoro culturale sulla terrestrità con il progetto Memoria e Futuro e altre iniziative.•Luigi Mosca, di Armes Nucléaires STOP, si è fatto tramite con il webinar internazionale "ENTRY INTO FORCE DAY" organizzato dalla campagna ICAN, che è iniziato alle ore 21
•MESSAGGIO DI LOREDANA DE PETRIS ALL'INCONTRO DIGITALE DEL 22 GENNAIO 2021 DAL TITOLO: IL TPAN ENTRA IN VIGORE:CHE FARE? ORGANIZZATO DA DISARMISTI ESIGENTI E WILPF ITALIA
•Care e cari amici,••Oggi celebrate la storica giornata dell’entrata in vigore del Trattato ONU di proibizione delle armi nucleari.••Condividendo la vostra gioia e la vostra speranza, saluto il vostro incontro, di riflessione e programmazione di strategie e di azioni per la sua effettiva implementazione.••Mi preme sottolineare il lungo cammino che abbiamo percorso fianco a fianco, con la collaborazione in varie iniziative parlamentari (mozioni etc.), che, nel corso degli anni, abbiamo anche presentato in conferenze stampa organizzate insieme al Senato.••Sono ben consapevole che i Paesia derenti alla NATO non hanno partecipato ai negoziati per la definizione del Trattato per la proibizione delle armi nucleari; ed in conseguenza di ciò l’Italia, conformandosi a tale posizione, finora ha fatto mancare la sua adesione.••Continuo ad essere convinta che sussistono sia le ragioni di opportunità storica che di diritto internazionale affinché l’Italia aderisca al Trattato che stigmatizza lo stesso possesso delle armi nucleari.••Il trattato infatti vieta non solo l’uso delle armi nucleari, ma anche la minaccia, negando quindi la legittimità della deterrenza che ha consentito la crescita esponenziale degli arsenali nucleari durante la “Guerra fredda”, e la folle corsa agli armamenti oggi, purtroppo, ripresa.••E confermo che, sempre con il vostro aiuto di cittadini attivi e sensibili ai problemi della pace e della sopravvivenza dell’umanità, continuerò a darmi da fare per impegnare il governo:••1) a disporre gli atti necessari all’adesione dell’Italia al Trattato delle Nazioni Unite relativo al divieto delle armi nucleari, adottato a New York il 7 luglio 2017 e aperto alla firma il 20 settembre 2017;••2) a presentare conseguentemente alle Camere il disegno di legge per l’autorizzazione alla ratifica e per l’esecuzione del Trattato.••Auguri di buon lavoro e a rivederci e risentirci presto. ••Loredana De Petris – senatrice LEU- Presidente del gruppo misto
Coordinamento della iniziativa per ricordare e onorare Petrov
Rilanciare l’appello con Ovadia e Zanotelli per il 26 settembre 2021
Lettera all’ANCI passando per Leoluca Orlando, suo responsabile della politica estera
Il testo dell’appello Petrov
Ricordiamo Petrov No rischio nucleare
Punto focale dell'appello rivolto agli attivisti ecopacifisti: ricordiamo Petrov, che salvò il mondo da una guerra per errore, intitolandogli vie o piazze* per sensibilizzare sul crescente rischio nucleare.
Serve disarmare, proibire giuridicamente gli ordigni nucleari, rimuovere le ANT dall'Europa, tagliare le spese militari: non affidare la "deterrenza" all'Intelligenza artificiale e al 5G!
26 settembre 2020: forse festeggeremo già le 50 ratifiche statuali del Trattato di proibizione delle armi nucleari che lo faranno entrare in vigore: un po' di luce nel buio della corsa agli armamenti e alle guerre che sta riprendendo con grande impeto! Addirittura negli ambienti militari si parla di affidare le decisioni fondamentali sulla deterrenza nucleare all'intelligenza artificiale (appoggiata anche all'uso militare della tecnologia 5G), come attestato non dai soliti "pacifisti allarmisti" ma dall'ex segretario alla difesa USA Robert Work.
Un altro passo sciagurato che abbassa la soglia nucleare è quello di ammodernare e potenziare le armi nucleari tattiche, che servono per la guerra "di teatro" in Europa: per essa la NATO teorizza ufficialmente il "first use". Qui siamo in violazione assoluta dell'articolo 11 della nostra Costituzione pacifista.
26 settembre 1983: quella notte trovammo  “un uomo giusto, al posto giusto, al momento giusto”. 
Stanislav Petrov riuscì a capire che le tracce di missili americani in avvicinamento apparse sui computer del centro di avvistamento vicino Mosca erano in realtà un falso allarme (onde elettromagnetiche del sole riflesse dalle nuvole, abbiamo saputo poi); non avvisò allora i superiori evitando che si innescasse il meccanismo della risposta nucleare.
Il militare, rischiando gravi sanzioni, seppe usare la testa ed il cuore obiettando a folli procedure burocratiche e a stupidi regolamenti eretti a presidio della “deterrenza”. Possiamo ben qualificarlo come “The  man who saved the world”: lo documenta il film di Peter Anthony visionabile su You tube alla URL: https://www.youtube.com/watch?v=8TNdihbV5go). 
L’ONU ha riconosciuto l'importanza di quell'avvenimento istituendo ufficialmente, proprio il 26 settembre, la “giornata contro le armi nucleari”. Da qui nasce il nostro preoccupato appello agli attivisti ecopacifisti: senza indugio diamoci da fare, costituendo comitati ad hoc, perché piazze e vie nei vari Comuni d’Italia possano essere intitolati a Stanislav Petrov*. (Bisogna chiedere deroghe alle prefetture perché Petrov è morto il 19 maggio 2017, meno di 10 anni fa). E’ nostro dovere celebrare un uomo alla cui intelligenza e coraggio vivi e “naturali” dobbiamo la nostra stessa sopravvivenza; e soprattutto ricordare una vicenda che, aprendo dibattiti nei consigli comunali e quindi nell’opinione pubblica, serve efficacemente a sensibilizzare sul rischio nucleare che incombe e si aggrava. L'umanità deve essere salvata dalla catastrofe. Per questo serve sottolineare ed esaltare una vicenda che può simboleggiare come l’amore per la vita, radicato nella natura umana, possa prevalere sull’istinto di morte e sulla paura che si illude di trovare sicurezza negli strumenti di morte.
* o giardini, biblioteche, monumenti, targhe, murales... a seconda delle convenienze e delle opportunità valutabili dal comitato locale di intervento...
Il comitato promotore dell’iniziativa su Petrov
Promotori: 
Disarmisti esigenti - Alfonso Navarra
(cell. 340-0736871)
WILPF Italia – Antonia Sani
Primi firmatari:
Alex Zanotelli – Moni Ovadia - Alfonso Navarra – Antonia Baraldi Sani 
Michele Carducci - Andrea Grieco - Luigi Mosca - Vittorio Bardi - Mario Agostinelli - Gianni Cavinato - Marco Bersani - Marco Bertaglia - Sabina Santovetti - Elio Pagani - Francesco Lo Cascio - Antonio Mazzeo - Haidi Gaggio Giuliani - Claudio Giangiacomo - Enrico Peyretti 
 Adriano Ciccioni - Laura Tussi - Fabrizio Cracolici  - Marco Palombo - Mario Di Padova - Patrick Boylan - Oliviero Sorbini - Ennio La Malfa - Roberto Brambilla - Floriana Lipparini - Manlio Giacanelli - Marinella Correggia - Tiziano Cardosi - Renato Napoli - Vittorio Pallotti - Giuseppe Farinella - Antonio Marraffa - Alessandro Capuzzo - Patrizia Sterpetti - Giovanna Pagani -  Riccardo Bovolenta - Giancarlo Consoli - Franco Dinelli - Moreno Biagioni - Adriano Arlenghi - Gianpaolo Andrissi - Angelo Gaccione - Ada Spadavecchia - Beppe Corioni (e altre firme che stanno arrivando)
Agosto romano contro le potenze nucleari
In concomitanza con la revisione del TNP a New York (si terrà al Palazzo di Vetro covid permettendo)
Lettera agli ambasciatori già scritta
Messaggio speciale all’ambasciatore cinese (proposta di Luigi Mosca che cura un dialogo a Ginevra)
6 agosto – Hiroshima
9 agosto – Nagasaki
Biciclettata (più, se possibile, azione eclatante di impatto mediatico coinvolgendo XR mediante XR PACE)
Lettera agli ambasciatori delle potenze nucleari
OGGETTO. RICHIESTA DI INCONTRI PER RAPPRESENTARE LA VOLONTA’ DI DISARMO NUCLEARE DEL POPOLO ITALIANO
Stimate Eccellenze dei Paesi possessori di armi nucleari ci rivolgiamo all' attenzione delle S.V., poiché come cittadine e cittadini italiani attivi nella rete ICAN, premio Nobel per la pace 2017, stiamo seguendo le vicende che hanno accompagnato l'approvazione e l’implementazione del Trattato ONU per la proibizione delle armi nucleari (TPAN).
Gli Stati che, con la 50esima ratifica da parte dell’Honduras, ora hanno determinato, dal 22 gennaio 2021, la sua entrata in vigore, sono convinti che il TPAN sia il più potente strumento per dare attuazione all’articolo VI del TNP (Trattato di non proliferazione), che prescrive l'obbligo di  "perseguire in buona fede e concludere negoziati che conducano a un disarmo nucleare globale e sotto un rigido ed effettivo controllo internazionale".     Condividendo e sostenendo, come società civile internazionale, questa convinzione, dalla storica data dell’adozione del TPAN (il 7 luglio 2017), non abbiamo cessato di rivolgerci alle Istituzioni, in collegamento con i rappresentanti internazionali, espressione dei cittadini degli Stati di tutto il mondo, affinché venisse resa effettiva l'attuazione del Trattato che stigmatizza lo stesso possesso degli ordigni atomici e venisse pienamente dispiegato il suo potenziale per giungere ad una effettiva eliminazione di tali mostruosi armamenti.     Siamo estremamente preoccupati dalla conservazione di armi nucleari nei vostri territori in qualità di potenze nucleari (e anche del dispiegamento di vostre armi nei territori di altri Stati) e soprattutto dal fatto che, invece di perseguire il disarmo, vi stiate impegnando in un ulteriore scatto della corsa agli armamenti atomici, la cui pericolosità è aggravata dalla nuova dimensione cibernetica delle guerre che, in nome della pace, andate di fatto preparando.
Non si può considerare di semplice deterrenza questa situazione di pericolo: nulla ci assicura che un casuale errore umano o tecnico (si veda il caso Petrov il 26 settembre 1983) possa distruggere popolazioni e luoghi scatenando uno scambio non intenzionale di missili.       Crediamo che Vostro compito sia intervenire per impedire quanto potrebbe accadere al di là della Vostra illusione di controllo.
Deploriamo in modo particolare il veto della NATO alla decisione che gli Stati membri di tale Alleanza aderiscano al TPAN. Esigiamo che tale veto sia rimosso anche in nome della violazione che ciò rappresenta per la nostra Costituzione.
Speriamo vogliate l’esempio di chi tra voi ritiene che il TPAN sia una risorsa e non un ostacolo sulla via del disarmo.
In conclusione, chiediamo di incontrarvi separatamente, uno per uno, per rappresentare la volontà del popolo italiano che desidera il disarmo atomico e perché trasmettiate ai vostri governi la necessità che intraprendano le iniziative diplomatiche e di politica militare necessarie per un'effettiva eliminazione degli ordigni nucleari in nome della difesa dell'umanità e della vita sulla Terra.
Ricordiamo il monito di Albert Einsten: “O l’Umanità distruggerà gli armamenti o gli armamenti distruggeranno l’Umanità”!
Alfonso Navarra – Disarmisti esigenti -  alfiononuke@gmail.com
Antonia Sani – WILPF Italia - antonia
La denuncia internazionale: proposta di un Gdl per approfondire il problema 
Un avvocato deve agire per conto di un soggetto (il promotore politico dell’iniziativa) che si ritiene danneggiato presentando una richiesta di esame preliminare al tribunale dell’Aia (la Corte Penale) per denunciare i capi delle potenze nucleari per crimini contro l’umanità e contro la pace.
Quale reato può essere individuato? Sicuramente, come si è detto, i crimini contro l’umanità e contro la pace. Ma riteniamo che anche e soprattutto il genocidio possa essere tirato in ballo: è l’umanità in quanto tale ad essere tenuta in ostaggio… qui si attenta al suo futuro, alla sua sopravvivenza!
Ma a ben vedere anche l’ecocidio può essere attinente (e qui abbiamo da tenere presente l’iniziativa contro Bolsonaro ideata da Ennio La Malfa) …
(Contro la pace: Il sabotaggio di un trattato internazionale che dà corpo alla legge fondamentale dell’ONU).
Un ostacolo tecnico fondamentale di cui bisognerebbe venire a capo (Gianmarco Pisa lo ha rilevato) è che la Corte può processare solo gli individui, non gli Stati
Lo scopo simbolico-politico di una eventuale iniziativa è responsabilizzare rispetto alla guerra nucleare per errore
La Corte penale internazionale non è un organo dell'ONU e non va confusa con la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite, competente per gli arbitrati tra Stati
Giangiacomo: la IALANA si sta impegnando a  studiare diverse piste. Non esclude quella che ho proposto a differenza di altri giuristi contattati , che hanno una visione del tutto pessimista del diritto internazionale. Una è la violazione del TNP (ma una causa in tal senso già la intentò il comitato di Aviano).
Il diritto internazionale, secondo lo stesso Giangiacomo, potrebbe anche essere considerato non esistente. I forti lo applicano contro i deboli secondo il loro comodo e a volte se ne impipano…
Procedura per adire la CPI  - 1
La Corte penale internazionale (in inglese: International Criminal Court - ICC, in francese: Cour pénale internationale - CPI) è un tribunale per crimini internazionali che ha sede all’Aia, nei Paesi Bassi.
La sua competenza è limitata ai crimini più seri che riguardano la comunità internazionale nel suo insieme, cioè il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra (cosiddetti crimina iuris gentium), e di recente anche il crimine di aggressione (art. 5, par. 1, Statuto di Roma).
La Corte ha una competenza complementare a quella dei singoli Stati, dunque può intervenire se e solo se gli Stati non possono (o non vogliono) agire per punire crimini internazionali.
La Corte penale internazionale non è un organo dell’ONU e non va confusa con la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite, anch'essa con sede all’Aia. Ha però alcuni legami con le Nazioni Unite: ad esempio il Consiglio di sicurezza ha il potere di deferire alla Corte situazioni che altrimenti non sarebbero sotto la sua giurisdizione (art. 13(b), Statuto di Roma).
Procedura per adire la CPI - 2
Gli organi della Corte sono 4: presidenza, camere, ufficio del procuratore, Cancelleria
Anche i semplici cittadini possono attivare un indagine rivolgendosi al procuratore (OTP), che chiede parere di ammissibilità ai giudici preposti nella Camera deputata.
Va tenuto presente che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU  ha la possibilità di richiedere alla Camera Preliminare di bloccare le indagini del Procuratore per un anno qualora queste rientrino in un quadro complessivo sotto esame nello stesso Consiglio.
La deterrenza nucleare è un crimine contro l’umanità ed è genocidio programmato
In giurisprudenza, la locuzione crimine contro l'umanità definisce le azioni criminali che riguardano violenze ed abusi contro popoli o parte di popoli, o che comunque siano percepite, per la loro capacità di suscitare generale riprovazione, come perpetrate in danno dell'intera umanità
(Secondo Giorgio Poidomani la deterrenza nucleare può essere definita «terrorismo di Stato»).
Perché genocidio programmato?
Le potenze prendono in ostaggio le popolazioni dei Paesi giudicati minaccianti per dissuadere temuti atti ostili. 
(Già gli ostaggi sarebbero crimine di guerra in quanto vietati dalle convenzioni di Ginevra dello ius in bello)
Questa presa in ostaggio si realizza attraverso una minaccia permanente di sterminio collettivo, di genocidio, appunto, perché gli esseri umani sono minacciati di uccisione solo perché appartenenti ad un gruppo umano definito ostile (in una situazione formale di pace!)
Quindi c’è una precisa intenzione espressa attraverso un piano preordinato: questa circostanza rende lo Stato tecnicamente criminale e quindi, come accadde a Norimberga, i suoi dirigenti passibili di processo e di condanna.
(Ma Norimberga che sopravanza la sovranità degli Stati è appunto ciò che si è voluto evitare con la nuova CPI)
Il diritto internazionale esiste?
Il presupposto di questa iniziativa è che si superi la logica westfaliana perseguendo l’ONU come indicato dall’art. 11 della Costituzione italiana: un ordinamento internazionale che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni, un governo mondiale in pectore
In questa visione il TPAN andrebbe considerato valido per tutti e non solo per i contraenti
A) in quanto applicazione dell’articolo VI del TNP (e qui si può introdurre la tattica «cubana» della sospensione dell’adesione)
B) in quanto espressione della «consuetudine», avallata dallo stesso TNP, che ritiene «normale» un mondo senza armi nucleari e invece anomalo un mondo che ne dispiega a decine di migliaia
C) tale consuetudine è confermata dal fatto che si tende a mettere al bando le armi di sterminio di massa: l’eccezione delle armi nucleari, rispetto a quelle chimiche e biologiche, non è tollerabile!
ICAN in quanto espressione della società civile dovrebbe agire in base a questa logica a prescindere da come la pensano i singoli Stati aderenti al TPAN, più vincolati a considerazioni geopolitiche… 
Tutti questi punti dovranno essere vagliati e approfonditi dall’attività di un GRUPPO DI LAVORO da mettere insieme, coinvolgendo esperti giuridici. 
Si dovrà valutare bene, come suggerisce Luigi Mosca, se una iniziativa legale oggi possa credibilmente portare qualche apporto aggiuntivo significativo rispetto a quanto già messo in moto dall’approvazione del TPAN e dai sui «effetti di stigmatizzazione», ad esempio il disinvestimento dal settore nucleare di banche e fondi azionari.
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Una lettera di integrazione al verbale di Gianmarco Pisa

Ciao a Tutti/Tutte,

grazie per il prezioso lavoro di raccolta e di sintesi. Rispetto ai due passaggi in cui sono stati richiamati i miei interventi, riporto qui a seguire quanto detto a riunione.

Un appuntamento di riflessione generale sulla strategia del movimento disarmista e nonviolento (incluso giudizio sul governo Draghi «che ci piace ancor meno di quanto già non ci piacesse il governo Conte», come suggerito da Gianmarco Pisa).

I tre elementi cruciali del ricorso alla Corte Penale Internazionale (Gianmarco Pisa li ha rilevati) consistono nell’adozione del “principio di responsabilità”, nel fatto che la Corte agisce sulle quattro fattispecie classiche di gravi violazioni internazionali (crimini di guerra, crimini contro l’umanità, aggressione, genocidio), e può indagare e processare individui, non Stati, per reati specifici, relativi a tali fattispecie, da essi commessi. Anche per questo, l’iniziativa di una azione ad hoc presso la CPI potrebbe risultare poco efficace e dispendiosa in termini di energie su cui impegnare gli/le attivisti/e.

In generale, sarebbe opportuno concentrare l’attenzione e l’impegno sulla capacità di costruire alleanze ampie, di agire in sinergia tra le reti dell’area pacifista, disarmista e nonviolenta, impegnarsi soprattutto in termini di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, coinvolgimento ed iniziativa. Ciò anche nella direzione di moltiplicare gli sforzi per giungere alla ratifica da parte dell’Italia del TPAN.

Un Saluto di Pace ...

Area degli allegati

ALL’ITALIA, DIETRO IL CARRO DELLA NATO, NON PIACE IL TRATTATO SULLA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

articoli di Alfonso Navarra, di Luigi Mosca, di Angelo Baracca, di Ilaria Cagnacci, di Elena Camino, di Gabriella Colli, di Rete Italiana Pace e Disarmo e Senzatomica...

 

L’Italia ha perso la grande occasione di dire addio alle armi nucleari USA sul proprio territorio – Ilaria Cagnacci

In Italia ci sono almeno 40 testate nucleari. Non sorprende quindi che non abbia firmato il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, appena entrato in vigore. Eppure l’opinione pubblica è contraria e altri Paesi, come il Canada, ci dicono che si può far parte della NATO pur essendo contrari al nucleare.

Lo scorso 22 gennaio è entrato in vigore il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW), il primo trattato applicabile a livello globale che proibisce categoricamente l’uso, lo sviluppo, i test, la produzione, la fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, l’immagazzinamento, il trasferimento, la ricezione, la minaccia di usare, lo stazionamento, l’installazione o il dispiegamento di armi nucleari. L’ultimo paese a ratificare il trattato è stato l’Honduras il 24 ottobre 2020 con il quale è stata raggiunta la soglia di 50 Paesi firmatari necessaria per la sua entrata in vigore.

Nessuna delle potenze nucleari (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord) ha firmato il trattato e soltanto sei stati europei lo hanno ratificato: Austria, Irlanda, Malta, San Marino, Liechtenstein, Città del Vaticano. 

L’Italia non ha né firmato né sottoscritto il trattato così come Germania, Belgio e Paesi Bassi che, come il nostro Paese, condividono accordi di ‘nuclear sharing’ con gli Stati Uniti.

Sul nostro territorio nazionale si stima la presenza di 40 testate nucleari di cui 20 presso la base di Ghedi (Brescia) e le restanti 20 nella base di Aviano (Pordenone) mentre negli altri Paesi europei se ne stimano circa 20 a testa. Non si può parlare di numeri certi in quanto in linea con la politica della NATO “né confermare né smentire” la presenza di ordigni nucleari l’Italia si avvale del vincolo di riservatezza e secondo il ministero della Difesa, più volte interpellato a rilasciare informazioni a riguardo, si tratterebbe di informazioni che i cittadini italiani non sono tenuti ad avere. Gli accordi bilaterali con gli USA non solo prevedono ‘la condivisione nucleare’ bensì anche una partecipazione attiva in caso di guerra, circostanza nella quale i nostri cacciabombardieri dovrebbero essere pronti a sganciare queste armi. Molti commentatori non esitano a dire che questa situazione va chiaramente in contrasto con quanto previsto dal Trattato di non proliferazione nucleare che l’Italia firmò e ratificò il 2 maggio 1975 e dove si impegnò alla via del disarmo, della distensione internazionale e della pace…

continua qui

Da oggi le armi nucleari sono illegali – Angelo Baracca

 

Oggi 22 gennaio 2021 il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN, in inglese TPNW) entra in vigore come norma del diritto internazionale. Ad oggi è stato firmato da 86 Stati (gli Stati aderenti all’ONU sono 194), e ratificato da 51. Molti sono i commenti pubblicati (https://www.pressenza.com/it/2020/10/la-proibizione-delle-armi-nucleari-diventa-norma-internazionale/; raccomando anche A. Pascolini, Un anno dal bando delle armi nucleari: un trattato peculiareIl Bo-Live, 7 luglio 2018, https://ilbolive.unipd.it/it/blog-page/bando-armi-nucleari-trattato-tpnw-proibizione) e non è il caso di riprendere qui tutte le argomentazioni.

Rammentiamo come sintesi le disposizioni dell’art. 1 del trattato (il testo completo si trova per esempio in https://www.avvenire.it/c/mondo/Documents/trattato%20ITA.pdf). Il TPWN obbliga ogni Stato che vi aderisca a «non: (a) Sviluppare, testare, produrre, oppure acquisire, possedere o possedere riserve di armi nucleari o altri dispositivi esplosivi nucleari; (b) Trasferire a qualsiasi destinatario qualunque arma nucleare o altri dispositivi esplosivi nucleari o il controllo su tali armi o dispositivi esplosivi, direttamente o indirettamente; (c) Ricevere il trasferimento o il controllo delle armi nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari, direttamente o indirettamente; (d) Utilizzare o minacciare l’uso di armi nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari; (e) Assistere, incoraggiare o indurre, in qualsiasi modo, qualcuno ad impegnarsi in una qualsiasi attività che sia vietata a uno Stato Parte del presente Trattato; (f) Ricercare o ricevere assistenza, in qualsiasi modo, da chiunque per commettere qualsiasi attività che sia vietata a uno Stato Parte del presente Trattato; (g) Consentire qualsiasi dislocazione, installazione o diffusione di armi nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari sul proprio territorio o in qualsiasi luogo sotto la propria giurisdizione o controllo».

Mi limiterò a richiamare l’origine, e il valore, del TPAN e del movimento della società civile che ha portato ad esso, e il corrispettivo di qualche limite che anche per questo sconta, aggiungendo qualche modesta considerazione sul futuro degli armamenti nucleari.

Come e perché si è giunti al TPAN?

In primo luogo vi è una differenza di fondo fra il Trattato di Non Proliferazione (TNP) del 1970 e il TPAN. Il TNP fu voluto e negoziato solo dalle 5 (allora) potenze nucleari (USA, URSS, Gran Bretagna, Francia, Cina: anche se Israele aveva già l’atomica, ma ancora oggi non lo ammette ufficialmente) preoccupate unicamente di sbarrare la strada della bomba ad altri paesi. Tant’è vero che “concessero” il famoso Art. VI con la “promessa di marinaio” di proseguire “trattative in buona fede” per arrivare a un accordo di disarmo completo. Ipocrisia che è stata confermata da 9 Conferenze quinquennali di Riesame (quella del 2020 è stata rinviata a causa della pandemia), nelle quali gli Stati non nucleari hanno inutilmente chiesto l’avvio effettivo del processo di disarmo. Proprio dalla constatazione della pervicace determinazione degli Stati nucleari a non rinunciare a queste armi, nacque 16 anni fa nella società civile la Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN), la quale riuscì a presentare la questione all’ONU, che promosse il negoziato che il 7 luglio 2017 approvò il testo del TPAN. La partecipazione della società civile al negoziato ONU costituì una grande novità, ma anche la partecipazione di tutti gli Stati dell’ONU che lo volessero costituì una differenza abissale rispetto ai negoziati per il TNP.

Punti di forza del TPAN…

Anzi, la genesi del TPAN è stata letteralmente antitetica rispetto a quella del TNP, dal momento che gli Stati nucleari, come pure i “satelliti” della NATO, hanno sdegnosamente rifiutato di prendere parte al negoziato. Questo ha fatto sì che il negoziato si sia concluso in pochi mesi, mentre i negoziati per il TNP richiesero anni. Fra gli Stati che hanno ratificato il TPAN vi sono molti paesi minuscoli, che forse molti di noi non conoscevano neanche prima d’ora: come Antigua and Barbuda, Comoros, Fiji, Kiribati, Palau, Saint Kitts and Nevis, Tuvalu, Vanuatu. Ma qui sta anche la grossa novità: Stati che finalmente hanno avuto voce in capitolo a dispetto dell’arroganza delle potenze nucleari (1). Un fattore basilare di democrazia, come nell’Assemblea Generale dell’ONU, uno Stato un voto.

. . . e qualche punto debole

Ci sono comunque nel TPAN un paio di punti deboli non trascurabili. Il primo è che fra gli Stati che hanno partecipato al negoziato è prevalsa la posizione di consentire lo sviluppo della tecnologia nucleare per usi civili. Un secondo punto è stato molto più controverso, il riconoscimento della possibilità per gli Stati che aderiranno al TPAN di recedere da esso se sono a rischio «interessi supremi di un paese» (art. 17): si ammette così implicitamente che le armi nucleari possano essere indispensabili, contraddicendo così la loto proibizione ed eliminazione per sempre. Ma è stato chiaro nel corso del negoziato che senza questa clausola di recesso molti Stati non avrebbero approvato il TPAN. Giova ricordare che il TNP riconosce esplicitamente il diritto di recesso con tre mesi di preavviso senza nessuna condizione: è quanto fece la Corea del Nord, al colmo delle minacce degli Stati Uniti, realizzando così in tre anni la bomba.

I difficili rapporti con gli Stati nucleari per un processo di disarmo

Non vi è dubbio che qualora gli Stati nucleari avessero partecipato al negoziato le cose sarebbero state molto più complesse, lente e contrastate: nessuno dei paesi che hanno partecipato possedeva armi nucleari e doveva assumere impegni per eliminarle. In un articolo con Elio Pagani abbiamo cercato di affrontare la complessità di un processo di eliminazione totale delle armi nucleari: https://www.pressenza.com/it/2020/08/se-tutti-i-9-stati-nucleari-firmassero-il-tpan-come-avverrebbe-leliminazione-delle-armi-nucleari/. In estrema sintesi, è irrealistico pensare che una potenza nucleare decida unilateralmente di eliminare le proprie armi nucleari, se non altro perché verrebbe a trovarsi in condizioni di estrema vulnerabilità rispetto alle altre, in geopolitica non valgono la lealtà e la buonafede: sarà necessario un negoziato specifico ed estremamente complesso fra tutti gli Stati nucleari (che al più potranno accettare prevedibilmente “spettatori” senza diritto di voto), per stabilire un’eliminazione bilanciata con stretti sistemi di controllo. Del resto è quello che è avvenuto dopo la scomparsa dell’Unione Sovietica e del Blocco comunista, con laboriose trattative per i Trattati di Riduzione delle Armi Strategiche (START I, II, e Nuovo START), sebbene non si siano affatto posti l’obiettivo della totale eliminazione. A tale proposito, è particolarmente preoccupante un’osservazione piuttosto perentoria di Alessandro Pascolini nell’articolo su Bo-Live che ho citato, perché contrasta con la premessa del TPAN, «che porti alla loro totale eliminazione», e con la percezione comune del trattato: «Per i paesi con armi nucleari che intendano aderire al trattato sono previste delle condizioni che prevedono un trattamento punitivo e delle procedure che difficilmente potranno essere accettate anche dagli stati che intendano rinunciare ai propri armamenti nucleari, per cui il TPAN è praticamente privo di effetti reali come strumento per il disarmo nucleare, anche perché non mira a creare le precondizioni necessarie per un mondo privo di tali armi» (2).

Cruciali le decisioni dei paesi della NATO

Vista la feroce opposizione al TPAN da parte delle potenze che detengono un proprio arsenale nucleare, sarebbe cruciale per rompere il fronte stimolare l’adesione dei paesi europei che “ospitano” testate nucleari statunitensi, e in generale dei paesi che aderiscono all’Alleanza Atlantica. Anche se la NATO continua a ribadire l’affidamento dell’Alleanza sugli armamenti nucleari (di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna), non vi è nessun impedimento reale perché uno Stato che non detiene armi nucleari proprie firmi il TPAN: soprattutto Stati che non “ospitano” armi nucleari potrebbero ottemperare in modo relativamente facile alle norme del TPAN, ovviamente pur di avere la dignità di sottrarsi al “Washington consensus” che è il vero collante della NATO, poiché in realtà gli Stati aderenti litigano su tutto! Vi sono molte spinte in questo senso. Il 16 gennaio 2020 il Parlamento del Belgio (che “ospita” 20 testate nucleari statunitensi) votò su una Risoluzione presentata dalla Commissione Esteri del Parlamento che richiedeva l’eliminazione degli ordigni NATO dal territorio e l’ingresso del Belgio nel TPAN: la Risoluzione fu respinta per un margine strettissimo – 66 voti favorevoli e 74 contrari – 5 soli voti per ottenere la maggioranza (https://www.peacelink.it/disarmo/a/47222.html). Sulla lista di ICAN circolano vari messaggi sulle crescenti pressioni di varie forze politiche in vari paesi. Si ha l’impressione di una pentola che sta per scoppiare. E il baratro che segna la crisi irreversibile della politica e della società degli Stati Uniti (con la minaccia concreta che un Presidente possa innescare una guerra nucleare) dovrebbe consigliare proprio di dissociarsi dalla dipendenza da quel paese: perfino i topi fuggono da una nave che sta affondando!

I futuri passi degli Stati aderenti al TPAN

Il trattato contempla che gli Stati aderenti al TPAN tengano la prima riunione ad un anno dalla sua entrata in vigore, e questa è già programmata a Vienna per il gennaio 2022: auspicabilmente per quella data il numero di Stati aderenti avrà superato il numero di 51. Il Monitor del trattato contiene già una serie di proposte, ovviamente preliminari e non ufficiali, per un piano d’azione per l’implementazione del trattato (https://banmonitor.org/news/recommendations-for-the-first-meeting-of-states-parties-to-the-tpnw).

È interessante la prima di esse: il piano d’azione dovrebbe richiedere agli Stati nucleari di avviare negoziati, bilaterali o/e multilaterali, per porre fine alla corsa agli armamenti nucleari e avviare un processo generale di disarmo, sottolineando la partecipazione ai negoziati della società civile e delle organizzazioni internazionali.

La sfida che ci aspetta

Affido queste considerazioni alla riflessione collettiva. Il problema mi sembra che vada al di là del TPAN: da oggi la proibizione delle armi nucleari diventa norma del diritto internazionale. Questo è indubbiamente un fatto di grande rilevanza, tuttavia sappiamo bene che l’applicazione di una norma dipende dai rapporti di forza a livello della società, in questo caso a livello geopolitico. Ma si deve assolutamente rivendicare che il diritto è l’opposto della legge del più forte, e la democrazia, quella reale, si misura in primo luogo dai diritti che hanno le minoranze. Oggi, dopo 76 anni, il diritto di piccoli paesi, e piccoli popoli, diventa norma internazionale, a dispetto della volontà delle grandi e tronfie potenze. Dalla dichiarazione dei diritti alla loro conquista spesso il passo è molto grande, alcuni diritti fondamentali sono ancora lontani dall’essere realizzati, altri sono costantemente messi in discussione (basta pensare alla legge sull’aborto). A me viene spesso alla mente il famoso detto «Datemi un punto d’appoggio e solleverò in mondo»: ecco, oggi il punto d’appoggio lo abbiamo, sollevare il peso delle armi nucleari sarà un processo ancora lungo e difficile, dipenderà dalla consapevolezza e la determinazione dei popoli della Terra pretendere che un divieto diventi realtà! Assumiamo la data di oggi come un buon auspicio.

Note:

(1) A chi non lo conoscesse (senza dubbio i giovani) raccomanderei la visione di un capolavoro di satira del lontano 1959, il film Il ruggito del topo, in cui il grande Peter Sellers interpreta 4 o 5 personaggi diversi. Il tema è il minuscolo Ducato di Grand Fenwick la cui unica fonte di ricchezza è l’esportazione del famoso vino omonimo. Allorché questo viene fabbricato anche dagli Stati Uniti le finanze del Ducato subiscono un tracollo irreparabile. Viene allora adottato il piano di dichiarare guerra agli Stati Uniti, perderla, poi ottenere delle sovvenzioni finanziarie. La dichiarazione di guerra viene cestinata dal Dipartimento di Stato, mentre un gruppo di soldati armati di corazze, archi e frecce, s’imbarca su di un battello. Giunti a New York, trovano la città deserta poiché è in corso un’esercitazione antiatomica. I guerrieri girano per le ampie strade deserte e pensano che gli Stati Uniti siano in allarme per il loro sbarco, ma vagano in cerca di qualcuno che possa vincerli, perché questa è la loro missione. Così s’imbattono nel professor Kokinz, che incurante dell’allarme sta dando gli ultimi tocchi alla bomba Q, enormemente più potente della bomba H ma delle dimensioni di una palla da rugby. Hanno allora l’idea geniale di prendere prigionieri il professore e sua figlia, con la bomba, ed anche il generale Ship, che con quattro agenti stava cercando i guerrieri di Grand Fenwick, scambiati per marziani. Tutta la comitiva viene fatta salire sul battello, che la riporta in Europa. All’arrivo nel Ducato costernazione generale perché il compito era di perdere la guerra, ma quando si viene a sapere che il Ducato è in possesso della bomba Q, i maggiori Stati del mondo mandano i loro agenti a trattare l’acquisto, mentre gli Stati Uniti sono costretti a firmare la resa. Le finanze del Ducato rifioriscono. Ma qualcuno cerca di rubare la bomba, e si innesca una specie di partita a rugby, e la bomba ruzzola a terra: terrore generale, la bomba produce un certo rumore ma … salta fuori un topolino.

(2) L’art. 4 renderebbe molto difficile un complesso e necessario negoziato fra gli Stati nucleari per effettuare l’eliminazione controllata degli armamenti nucleari, come abbiamo delineato nell’articolo citato di Baracca e Pagani: come se uno Stato nucleare potesse decidere autonomamente l’eliminazione delle armi nucleari sottoponendosi a una rischiosissima vulnerabilità (si pensi ad esempio a India e Pakisan da sempre sull’orlo di un conflitto armato). Art. 4 comma 2: «Ciascuno Stato Parte che, in deroga all’articolo 1, lettera a), detiene, possiede o controlla qualsiasi arma nucleare o altri dispositivi esplosivi nucleari, deve immediatamente rimuoverli dallo stato operativo e distruggerli non appena possibile, ma non oltre un termine da determinare durante la prima Riunione degli Stati Parte, in conformità a un piano giuridicamente vincolante e con scadenza per l’eliminazione verificata e irreversibile del programma sulle armi nucleari di tale Stato Parte, compresa l’eliminazione o la conversione irreversibile di tutte le strutture connesse con le armi nucleari. Lo Stato Parte, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente Trattato per tale Stato Parte, presenta il piano agli Stati Parte o ad un’autorità internazionale competente designata dagli Stati Parte. Tale piano sarà quindi negoziato con l’autorità internazionale competente che lo sottopone alla successiva riunione degli Stati Parte o alla Conferenza di riesame, a seconda di quale sia prevista per prima, per l’approvazione in conformità con le sue regole procedurali.»

L’articolo, pubblicato su pressenza.com, viene ripreso in virtù della collaborazione tra le due testate

da qui

 

Dalla “non proliferazione” alla proibizione delle armi nucleari – Elena Camino

Il Trattato di non proliferazione degli armamenti nucleari, risalente al 1968, non ha arginato in modo significativo il fenomeno. Oggi, 22 gennaio 2021, entra in vigore un nuovo trattato per la proibizione delle armi nucleari. Non farà miracoli ma potrà produrre alcuni effetti importanti per un effettivo processo di disarmo nucleare 

Il “Trattato di non proliferazione degli armamenti nucleari”

Il 1º luglio 1968 USA, Regno Unito e Unione Sovietica sottoscrissero un “Trattato di non proliferazione degli armamenti nucleari” (Treaty on the Nonproliferation of Nuclear Weapons (NPT) che entrò in vigore il 5 marzo 1970. Francia e Cina vi aderirono nel 1992.  L’articolo IV del Trattato assicurava tuttavia a ciascuno degli Stati membri il diritto a usi pacifici della tecnologia nucleare:

«Tutti gli Stati membri hanno il diritto inalienabile a sviluppare ricerca, produzione e uso dell’energia nucleare per scopi pacifici, senza discriminazioni. […] Tutte le Parti del Trattato si impegnano a facilitare e hanno il diritto di partecipare al più completo scambio possibile di attrezzature, materiali e informazioni scientifiche e tecnologiche per gli usi pacifici dell’energia nucleare. Le Parti del Trattato in grado di farlo coopereranno anche per contribuire, da sole o insieme ad altri Stati o organizzazioni internazionali, all’ulteriore sviluppo delle applicazioni dell’energia nucleare per scopi pacifici, specialmente nei territori in cui sono presenti Stati che non possiedono armi nucleari, con la dovuta considerazione per le esigenze delle aree in via di sviluppo del mondo».

Così, dopo l’elaborazione e l’approvazione del trattato, la produzione ed emissione di radionuclidi non è cessata. Nonostante la complessità della filiera, gli enormi investimenti finanziari e i vincoli di sicurezza richiesti per la costruzione di una centrale nucleare, la produzione di energia da fonte nucleare si è diffusa in molte parti del mondo. Come segnala Stephen Herzog, l’Agenzia Internazionale per l’Energia atomica(International Atomic Energy Agency – IAEA) presenta una lista di 220 reattori attualmente impiegati per la ricerca nucleare in 53 Stati, e 440 reattori per la produzione di energia, presenti in 30 Paesi.

Con il moltiplicarsi delle trasformazioni climatiche causate dall’aumento della CO2 nell’atmosfera e negli oceani, si sta cercando di ridurre l’uso dei combustibili fossili per la produzione di energia, sostituendoli con altre fonti. Nel definire – all’interno dell’Unione Europea ? quali siano le fonti energetiche da finanziare prioritariamente per le loro ridotte emissioni di gas-serra, si assiste a una crescente pressione per far riconoscere l’energia nucleare come fonte “sostenibile”, giustificata dal fatto che durante il funzionamento degli impianti le emissioni di CO sono basse.

Il 28 marzo 2019 il Parlamento europeo ha votato sulla proposta di classificazione delle iniziative sostenibili, che avrebbe escluso il nucleare dal ricevere il timbro verde di approvazione sui mercati finanziari. Ma in questi due anni l’industria nucleare ha esercitato crescenti pressioni, anche grazie all’intervento della Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE): così nel gruppo degli esperti del settore energetico sta prendendo forza una corrente di sostenitori dell’energia nucleare. Durante una riunione virtuale dei Ministri dell’Energia – nel settembre 2020 – il Gruppo dei Venti (G20) «ha riconosciuto il ruolo dell’energia nucleare nel fornire energia pulita e nell’aumentare la sicurezza energetica».

Numerosi incidenti hanno segnato la storia del nucleare civile. Quelli più noti, per la vicinanza temporale e per la gravità degli esiti, sono avvenuti in due centrali nucleari per la produzione di elettricità, a Chernobyl nel 1986 e a Fukushima nel 2011. Durante le ore e i giorni successivi agli incidenti sono stati rilasciati in atmosfera vari radionuclidi la cui presenza è stata poi rilevata a migliaia di km di distanza. Ed è risultata persistente per lunghi periodi di tempo. Sui danni provocati alle persone e ai sistemi viventi in seguito a tali incidenti non si è mai raggiunto un consenso: né sugli effetti a breve termine, né su quelli a lungo termine.

Ancora oggi, dopo decenni, non si è ancora trovato un accordo internazionale sulle effettive conseguenze, né sui rischi ancora presenti nelle aree colpite. La consapevolezza sugli effetti del rilascio di radionuclidi e la trasparenza nella comunicazione dei dati rilevati sono ancora molto scarsi. Un’analisi recente, pubblicata nel gennaio 2021, su campioni di grano e di legname raccolti tra il 2011 e il 2019 nel distretto di Ivankiv (Ukraine), in un’area 50 km a sud della centrale di Chernobyl, hanno confermato che livelli alti, radiologicamente significativi di contaminazione da stronzio (90S) persistono 34 anni dopo l’incidente. A Fukushima l’inizio dei lavori per la rimozione del combustibile nucleare fuso non sono ancora iniziati; nel frattempo il Governo sta prendendo in considerazione l’ipotesi di sversare nell’oceano l’acqua radioattiva, che in questi anni è stata stivata in grandi contenitori.

I sostenitori del “nucleare green”, oltre a non calcolare – come sarebbe corretto ? l’impatto complessivo della filiera delle centrali nucleari nella produzione di CO2 trascurano un elemento di grande rilevanza: le stesse procedure di arricchimento dell’uranio utilizzate per alimentare i reattori nucleari e generare elettricità, o produrre radioisotopi medici, possono anche produrre uranio altamente arricchito (HEU) per uso militare. Dal 1939 al 2012, 31 paesi hanno sviluppato tecniche per l’arricchimento dell’uranio o il ritrattamento del plutonio (ENR), presentando potenzialità di produzione di armi nucleari.

Questo problema non si limita al processo di arricchimento, poiché le tecnologie del ciclo del combustibile sono intrinsecamente a duplice uso e le normali operazioni dei reattori nucleari producono plutonio che potrebbe essere utilizzato anche nella produzione di armi dopo il ritrattamento. Inoltre, le informazioni tecniche per la costruzione di armi nucleari non sono più un segreto nell’era contemporanea; possono essere reperite nella letteratura open-source. All’inizio del 2019, le scorte globali di uranio altamente arricchito (HEU) erano stimate pari a circa 1335 tonnellate. La riserva globale di plutonio separato era di circa 530 tonnellate, di cui circa 310 tonnellate di plutonio civile.

Sono tuttora presenti, diffuse in numerose aree del mondo, diverse fonti di emissioni radioattive – alcune note, altre segrete o sconosciute – che costituiscono una minaccia per le popolazioni umane e l’ambiente, e contribuiscono ulteriormente a caratterizzare questo periodo geologico come “radioattivo”. Basta pensare all’intera filiera, di cui le centrali nucleari sono solo una tappa, per rendersi conto che tutto il percorso che dalle miniere porta ai depositi di scorie è caratterizzato da emissioni radioattive.

I reattori attualmente in funzione richiedono circa 67.500 tonnellate di uranio ogni anno, proveniente da miniere o da fonti secondarie (scorte commerciali, scorte di armi nucleari, plutonio e uranio riciclati dal ritrattamento di combustibili usati…). Dopo la fase di produzione di energia il combustibile nucleare resta pericolosamente radioattivo per tantissimo tempo. Il suo smaltimento è un problema ancora irrisolto. Spesso gli investimenti che richiederebbe questa fase finale non vengono contabilizzati dalle grandi imprese industriali e dai politici.

Ancora più grave è il problema dello smaltimento delle scorie nucleari prodotte dalle attività militari nel mondo, di cui non ci sono inventari disponibili su ubicazione e quantità. I costi delle operazioni necessarie per restituire le aree contaminate all’uso umano di materiale radioattivo sono enormi: alle spese immediate inoltre bisogna aggiungere il fatto che spesso i siti dovranno essere monitorati per lunghissimo tempo. Anche le competenze tecniche non sono sufficienti a trovare soluzioni definitive. Attualmente sono in costruzione vari siti, di cui almeno due – uno in Europa, l’altro negli Stati Uniti – dovrebbero ospitare le scorie radioattive più pericolose per decine di migliaia di anni.

Nelle profondità delle rocce che ricoprono l’isola di Olkiluoto, in Finlandia, è in fase di costruzione il deposito sotterraneo di Onkalo (che in finlandese vuol dire “grotta”, “luogo per nascondere”) che ospiterà le scorie radioattive delle tre centrali finlandesi per le prossime decine di migliaia di anni (su tale deposito è stato prodotto un film, Into Eternity, disponibile anche in italiano]. Il Waste Isolation Pilot Plant (impianto pilota per l’isolamento dei rifiuti) o WIPP, a sua volta, è un deposito geologico profondo situato nel Nuovo Messico, destinato a conservare per i prossimi 10.000 anni i  rifiuti radioattivi che provengono dalla ricerca e dalla produzione di armi nucleari degli Stati Uniti. Si stima che il progetto abbia un costo totale di 19 miliardi di dollari.

Il “Trattato per la proibizione delle armi nucleari”

Dal 22 gennaio 2021 sarà ufficialmente in vigore il “Trattato ONU per la proibizione delle armi nucleari” (TPNW) che, in una certa misura, integra il “Trattato sulla non proliferazione di armi nucleari” (Treaty on Non-pro­liferation of Nuclear Weapons – TNP), in particolare vietando (articolo 1) l’uso, la fabbricazione, o l’acquisizione con altri mezzi di armi nucleari, o la minaccia di utilizzare armi nucleari. Esso, inoltre, introduce alcuni obblighi positivi con l’articolo 6 («Assistenza alle vittime e risanamento ambientale») e 7 («Cooperazione e assistenza internazionale»).

Secondo Maurizio Boni, esperto di questioni militari (difesa, sicurezza), ci sono alcune differenze che rendono improbabile, almeno per ora, l’adesione di molti dei membri del TNP al nuovo trattato: in particolare quella dell’obbligo di astenersi in ogni circostanza dall’assistere, incoraggiare o indurre chiunque (individui, società, organizzazioni internazionali, attori non governativi) a intraprendere ogni tipo di attività proibita dal trattato.

Sempre secondo Boni, la clausola di non assistenza porta con sé implicazioni significative per i paesi alleati di Stati possessori di ordigni atomici, come quelli che gli Stati Uniti proteggono dall’ombrello nucleare. Per i paesi non detentori di armi nucleari che hanno accesso alla tecnologia e/o al materiale nucleare per usi pacifici, o che cercano di accedervi; per gli stessi nuclear- weapon –states, che hanno bisogno dell’assistenza di molti non-nuclear-weapon-states per mantenere e modernizzare i propri arsenali e per garantirne lo schieramento e l’operatività in diverse parti del mondo (forniture di materiale fissile per l’arricchimento, di software e di tecnologie missilistiche, disponibilità di basi per i bombardieri strategici).

È chiaro che, fino a quando coloro che possiedono armi nucleari non firmeranno il trattato, il processo di disarmo nucleare effettivo faticherà a decollare. Tuttavia il TPNW può favorire l’avvio di iniziative importanti. Per esempio, i Paesi che attualmente ospitano delle armi nucleari sul loro territorio (Germania, Belgio, Italia, Olanda, Turchia), se decideranno di aderire al TPNW, dovranno allontanarle. Questo potrebbe costituire un passo importante verso il disarmo totale. Gli articoli 6 e 7, poi, obbligano i Paesi firmatari a farsi carico delle patologie umane e dei danni ambientali ancora presenti in conseguenza all’uso di materiali radioattivi. Si pensi alle responsabilità della Francia in Algeria, degli Stati Uniti in Vietnam, dell’Unione Sovietica/ Russia in Kazakistan. Potrebbe essere un passo importante verso iniziative di giustizia riparativa.

Inoltre il TPNW per la prima volta – riconoscendo l’impatto a lungo termine delle armi nucleari – sottolinea la necessità di proteggere le generazioni future anche da un punto di vista legale. Infine, l’entrata in vigore di questo Trattato può richiamare l’attenzione pubblica e dei Governi sui problemi del dual-use e sull’attuale incapacità di gestire le scorie radioattive, contribuendo così a cancellare le centrali nucleari dalla lista delle fonti energetiche “sostenibili”.

da qui

Alcune note e informazioni sul Trattato TPNW e sulla sua entrata in vigore

Punti chiave di questo risultato storico

di Rete Italiana Pace e Disarmo e Senzatomica

  • Anche gli Stati che si sono rifiutati di aderire al TPNW saranno coinvolti dalla sua entrata in vigore.
  • I precedenti trattati di disarmo hanno portato a un cambiamento di comportamento anche nei Paesi che si sono rifiutati di aderire.
  • C’è una nuova realtà nel disarmo internazionale, ed è un mondo dove le armi nucleari sono vietate.
  • Decenni di attivismo hanno raggiunto quello che molti dicevano fosse impossibile: le armi nucleari sono vietate. La democrazia ha trionfato, la stragrande maggioranza delle persone nel mondo sostiene il TPNW.
  • Ora aderiranno altri Stati, come è successo con l’entrata in vigore di ogni altro Trattato di questo tipo

Cosa cambierà

Ci sono diversi modi in cui tutti gli Stati saranno interessati nei mesi ed eventualmente negli anni successivi all’entrata in vigore, non solo quelli che hanno ratificato il Trattato. L’attivismo è la chiave per far progredire questi impatti.

Cosa diventa illegale esattamente?

Il Trattato TPNW proibisce specificamente l’uso, lo sviluppo, i test, la produzione, la produzione, la fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, il possesso, l’immagazzinamento, il trasferimento, la ricezione, la minaccia di usare, lo stazionamento, l’installazione o il dispiegamento di armi nucleari. Il Trattato rende illegale per i paesi che lo firmano permettere qualsiasi violazione nella loro giurisdizione o assistere, incoraggiare o indurre qualcuno ad impegnarsi in una di queste attività. Il Trattato rafforza la norma contro le armi nucleari come primo strumento legale per vietarle.

Per ulteriori informazioni sulle implicazioni legali, leggere il documento informativo di ICAN.

Impatto sulle alleanze militari

Gli Stati che non sono parte di alleanze militari con gli Stati firmatari possono essere interessati dall’entrata in vigore del TPNW se gli Stati firmatari sono tenuti a modificare la loro cooperazione con gli Stati dotati di armi nucleari e con quelli alleati a causa dei loro obblighi derivanti dal trattato. Ad esempio, mentre i membri della NATO possono aderire senza problemi al TPNW per essere in regola una volta entrato in vigore questi Stati dovranno rinunciare all’uso di armi nucleari per loro conto.

Impatto sulla produzione e sull’uso

Gli ultimi decenni insegnano che con l’entrata in vigore di altri Trattati di proibizione di armamenti la produzione di armi vietate tra gli Stati che ne fanno parte e gli Stati che non ne fanno parte è praticamente cessata. Ad esempio aziende statunitensi che producono munizioni a grappolo negli Stati Uniti hanno cessato la produzione da quando è entrato in vigore, nonostante gli Stati Uniti non ne siano parte.

Lo stesso avviene per quanto riguarda uso e trasferimento: dopo l’entrata in vigore del Trattato sulle mine anti-persona i circa 34 Stati che hanno esportato mine terrestri hanno cessato tutti i trasferimenti (nonostante non abbiano aderito al Trattato). Gli Stati Uniti hanno modificato la loro posizione sulle mine terrestri e sulle munizioni a grappolo dopo l’entrata in vigore di questi trattati.

L’entrata in vigore di precedenti divieti su specifiche armi (ad esempio per quanto riguarda le mine anti- persona o le munizioni a grappolo) ha portato a cambiamenti concreti ed evidente anche nella produzione, nelle politiche di utilizzo e nel trasferimento di queste armi anche nell’ambito di Stati non partecipanti a tali norme internazionali. Ciò avverrà anche per il TPNW inquinato alcune aziende hanno già iniziato ad adeguarsi a questo nuovo panorama giuridico.

Cosa significa questo per gli istituti finanziari?

Poiché l’assistenza è proibita dal Trattato, per molti Stati ciò significherà come in altri casi che il finanziamento o l’investimento nella produzione di armi nucleari venga considerato una violazione. Gli istituti finanziari spesso scelgono di non investire in “attività su armi controverse”, che sono tipicamente armi proibite dal diritto internazionale. L’entrata in vigore del TPNW colloca chiaramente le armi nucleari in questa categoria e probabilmente innescherà ulteriori disinvestimenti. Inoltre, gli Stati parte possono impartire direttive alle istituzioni finanziarie sotto la loro giurisdizione per la cessione da parte di società che producono l’arma proibita in Stati non parte. In previsione dell’entrata in vigore del TPNW, alcune istituzioni finanziarie, tra cui ABP, uno dei cinque maggiori fondi pensione del mondo, hanno già deciso di non investire più in produttori di armi nucleari.

Pressione internazionale

Gli Stati parte di questo Trattato TPNW avranno ora l’obbligo di sollecitare altri Stati ad aderire e dovranno lavorare per l’universalizzazione del Trattato. Ciò significa che non solo i cittadini, ma anche la pressione dei pari da parte di altri Governi aumenterà nel tempo, durante le visite di Stato, nelle discussioni bilaterali e multilaterali, in una vasta gamma di diversi organi delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni internazionali, in altri organi e incontri di Trattati, ecc.

Anche a causa di questa crescente pressione politica e normativa, i Paesi che si oppongono a un Trattato al momento della sua adozione hanno aderito a norme internazionali dopo la loro entrata in vigore. Dato il grande sostegno pubblico al TPNW in molti paesi che non vi hanno ancora aderito (79% degli australiani, 79% degli svedesi, 78% dei norvegesi, 75% dei giapponesi, 84% dei finlandesi, 70% degli italiani, 68% dei tedeschi, 67% dei francesi, 64% dei belgi e 64,7% degli americani) anche questi Paesi potrebbero seguirne l’esempio.

 

 

Appello “Stop alle armi nucleari”. La lettera che può salvare la vita – Gabriella Colli 

Il mondo cattolico bresciano si fa promotore di un’iniziativa che porta luce su un tema che si rivela fondamentale per comprendere la realtà odierna.

Riprendendo le chiare parole di Papa Francesco a Hiroshima “L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche” prende forma un documento su cui si chiede l’adesione alle varie realtà del mondo cattolico bresciano in occasione del Mese della Pace e che si sta diffondendo velocemente, abbracciando ogni realtà sensibile ai temi della pace e del disarmo.

Il documento riporta la gravità della situazione attuale sulla corsa agli armamenti e la totale assenza di consapevolezza riguardo alle lezioni della storia e delle devastazioni di Hiroshima e Nagasaki.

Ora le armi nucleari stoccate in varie parti del mondo sono in grado di distruggere più volte l’intero pianeta.

Con una lettera alla quale si può aderire i promotori chiedono al mondo politico locale e nazionale di attivarsi affinché: l‘Italia ratifichi il Trattato Onu di Proibizione delle Armi Nucleari; dal territorio del nostro paese siano eliminate tutte le armi nucleari che vi sono stanziate; siano sospesi i lavori di ampliamento della base di Ghedi.

Dispersione di risorse

Dal documento si apprende che oggi nel mondo vi sono circa 14 mila testate nucleari e nuove armi ancora più devastanti sono in fase di sviluppo. Gli Stati dotati di ordigni atomici stanno anche realizzando nuovi vettori e altri strumenti che rendano più facile il loro utilizzo. Si è così creato un equilibrio del terrore, sottile però come un filo che rischia di spezzarsi ogni giorno. Permane inoltre il problema delle conseguenze sull’ambiente dei test di questi micidiali strumenti di distruzione e di morte, mentre crescono pure i rischi legati a un errore o a un incidente di ogni tipo, anche di natura terroristica.

A tali programmi militari sono destinate enormi risorse finanziarie che in questo modo vengono sottratte al loro uso per l’istruzione, per la sanità, per l’ambiente, per lo sviluppo dei popoli più poveri.

Papa Francesco è tornato sullo scandalo delle spese militari nell’enciclica Fratelli Tutti (262) e anche nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 2021, dove ha scritto: “Quanta dispersione di risorse vi è per le armi, in particolare per quelle nucleari, risorse che potrebbero essere utilizzate per priorità più significative per garantire la sicurezza delle persone, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, la lotta alla povertà, la garanzia dei bisogni sanitari. Anche questo, d’altronde, è messo in luce da problemi globali come l’attuale pandemia da covid-19 e dai cambiamenti climatici. Che decisione coraggiosa sarebbe quella di costituire con i soldi che si impegnano per le armi e in altre spese militari un “Fondo mondiale” per poter eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei paesi più poveri.”

Perché Brescia?

In Italia, nelle basi di Aviano (Pordenone) e di Ghedi (Brescia), sono presenti ordigni nucleari (B61), una quarantina circa. E nella base di Ghedi si stanno ampliando le strutture per poter ospitare i nuovi cacciabombardieri F35, ognuno dal costo di almeno 155 milioni di euro, in grado di trasportare nuovi ordigni atomici ancora più potenti (B61-12).

Il nostro paese si è impegnato ad acquistare 90 cacciabombardieri F35 per una spesa complessiva di oltre 14 miliardi di euro, cui vanno aggiunti i costi di manutenzione e quelli relativi alla loro operatività.

Il documento pone l’attenzione sull’evidente contrasto tra la presenza di armi di distruzione di massa sul nostro territorio e l’articolo 11 della Costituzione, che afferma che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Una goccia nell’oceano?

Appena un anno fa, insieme ad un meraviglioso gruppo di italiani impegnati nella promozione di stili di vita nonviolenti, si stava preparando il passaggio della Seconda Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza, che come primo obiettivo si poneva il disarmo nucleare, sostenendo Ican (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons – Campagna internazionale per la messa al bando delle armi nucleari, realtà che ha ricevuto il Nobel per la Pace nel 2017). L’emergenza Covid ha poi fermato il suo passaggio in Italia, ma non l’impegno per la sua promozione. Numerosi enti locali hanno aderito al Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari, insieme ad associazioni e realtà del mondo cattolico e della società civile. A tutti loro ci rivolgiamo rinnovando l’appello a unirsi nuovamente per affermare la volontà di perseguire la pace a ogni livello.

Una goccia nell’oceano? Forse. E non è così scontato parlarne o scrivere.

Quando decidiamo di andare a fondo a una notizia spesso non sappiamo cosa ci aspetti e capisco che a volte si preferisca rimanere in superficie perché entrare, accendere la luce per vedere meglio può far paura, può togliere il respiro. Il coinvolgimento italiano nei conflitti internazionali con la vendita di armi a paesi in guerra o che violano i diritti umani è impressionante, ma vi invito a guardarlo perché solo affrontando la verità potremo scegliere quale sentiero prendere o quale goccia essere.

da qui

 

 

ALFONSO NAVARRA INTERVISTATO DA RADIO RADICALE SULLA ENTRATA IN VIGORE DEL TPAN

Una intervista mandata in onda sul notiziario di radio radicale la sera del 23 gennaio 2020 si può ascoltare al seguente link:

https://www.radioradicale.it/scheda/627020/intervista-ad-alfonso-navarra-sullentrata-in-vigore-del-trattato-onu-per-il-bando

Si parla della "crepa belga" nel muro della NATO, della possibile tattica di uscire dal TNP per premere sulle potenze nucleari (la revisione si dovrebbe tenere, covid permettendo, nell'agosto 2021 ), della necessità di puntare sulla Cina per aprire contraddizioni tra gli Stati nucleari e coinvolgerli in percorsi negoziali che come primo passo affrontino le condizioni più clamorose di una guerra nucleare per errore.
In Italia si torna alla carica per la presentazione del ddl predisposto dalla IALANA sul TPAN (in inglese TPNW) ...

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TPAN: che fare adesso

Comunicato stampa: incontro su Internet svoltosi il 22 gennaio 2021 - azione non celebrazione!

Il 22 gennaio 2021, dopo 90 giorni dalla 50esima ratifica dell'Honduras, è entrato in vigore il Trattato ONU di proibizione delle armi nucleari (TPAN), approvato da una Conferenza ONU il 7 luglio 2017.

I Disarmisti esigenti e WILPF Italia, membri ICAN, premio Nobel per la pace 2017,  hanno promosso nell'occasione una consultazione online, aperta ai firmatari delle nostre petizioni, in particolare "NO ARSENALI SI OSPEDALI" (https://www.petizioni.com/no_arsenali_si_ospedali), sulle iniziative da prendere:

1) per continuare a premere sulla ratifica del parlamento italiano che, al carro del veto NATO, fino ad oggi non c'è;

2) per opporsi al ritorno degli euromissili che include la risistemazione delle basi di Ghedi e Aviano (senza dimenticare il problema dei porti nucleari);

3) per dare corpo, anche ricorrendo ad intelligenti forme di obiezione di coscienza, all'obiettivo "NO ARSENALI SI OSPEDALI": convertire le spese militari in investimenti per la salute nella prospettiva di una conversione ecologica dell'economia.

L'incontro si è svolto  il giorno 22 gennaio 2021 con inizio alle ore 19.00 e  termine alle ore 21.30; è stato registrato per essere introdotto sul canale video "SIAMO TUTTI PREMI NOBEL PER LA PACE CON ICAN".

Alfonso Navarra (portavoce dei Disarmisti esigenti) e Antonia Sani (WILPF Italia) hanno introdotto.

Loredana De Petris senatrice di LEU ci ha inviato un messaggio (vedi testo sotto riportato) per l'impegno a presentare un DDL di ratifica italiana del TPAN.

Una lettera è stata spedita ai 69 deputati e 2 senatori della XVIII Legislatura che hanno sottoscritto l'ICAN Pledge.

Sono intervenuti nella discussione:

Patrizia Sterpetti (WILPF Italia), Adriano Ciccioni (Ban the Bomb), Ennio La Malfa e Oliviero Sorbini (AK), Laura Tussi (Memoria e Futuro), Fabrizio Cracolici (Rete educazione alla terrestrità), Giuseppe Farinella (Il Sole di Parigi), Massimo Aliprandini (Lega obiettori di coscienza), Giovanni Sarubbi (il Dialogo), Francesco Lo Cascio (Rete Ambasciate di pace), Patrick Boylan (PeaceLink), Ennio Cabiddu (Sardegna Pulita), Tonino Drago (fisico nucleare), Marzia Manca (Movimento Nonviolento).

I temi affrontati: il mail bombing sui parlamentari per il DDL di ratifica italiana del TPAN (testo redatto da IALANA Italia); l'opposizione locale al dispiegamento delle nuove atomiche americane; l'azione in agosto sulle potenze nucleari a Roma da effettuare in concomitanza con la sessione di revisione del TNP a New York; il sondaggio mondiale antinucleare sulle piattaforme social; il coinvolgimento del mondo cattolico ed in particolare la pressione sui francescani perché recedano dal considerare l'industria bellica volano di sviluppo (vedi volo delle Frecce Tricolori su Assisi); la strategia per rilanciare la denuclearizazzione sia civile che militare (vedi deposito unico delle scorie radioattive); il rilancio dell'obiezione alle spese militari, finalizzata alla difesa nonviolenta, anche per perseguire gli obiettivi di NO ARSENALI SI OSPEDALI; il lavoro culturale sulla terrestrità con il progetto Memoria e Futuro e altre iniziative.

Luigi Mosca, di Armes Nucléaires STOP, si è fatto tramite con il webinar internazionale "ENTRY INTO FORCE DAY" organizzato dalla campagna ICAN, che è iniziato alle ore 21 e che è visibile al seguente link: https://www.icanw.org/studio_2221?utm_campaign=studio_21_22_announc&utm_medium=email&utm_source=ican

MESSAGGIO DI LOREDANA DE PETRIS ALL’INCONTRO DIGITALE DEL 22 GENNAIO 2021 DAL TITOLO: IL TPAN ENTRA IN VIGORE: CHE FARE? ORGANIZZATO DA DISARMISTI ESIGENTI E WILPF ITALIA

Care e cari amici,

Oggi celebrate la storica giornata dell’entrata in vigore del Trattato ONU di proibizione delle armi nucleari.

Condividendo la vostra gioia e la vostra speranza, saluto il vostro incontro, di riflessione e programmazione di strategie e di azioni per la sua effettiva implementazione.

Mi preme sottolineare il lungo cammino che abbiamo percorso fianco a fianco, con la collaborazione in varie iniziative parlamentari (mozioni etc.), che, nel corso degli anni, abbiamo anche presentato in conferenze stampa organizzate insieme al Senato.

Sono ben consapevole che i Paesi aderenti alla NATO non hanno partecipato ai negoziati per la definizione del Trattato per la proibizione delle armi nucleari; ed in conseguenza di ciò l’Italia, conformandosi a tale posizione, finora ha fatto mancare la sua adesione.

Continuo ad essere convinta che sussistono sia le ragioni di opportunità storica che di diritto internazionale affinché l’Italia aderisca al Trattato che stigmatizza lo stesso possesso delle armi nucleari.

Il trattato infatti vieta non solo l’uso delle armi nucleari, ma anche la minaccia, negando quindi la legittimità della deterrenza che ha consentito la crescita esponenziale degli arsenali nucleari durante la “Guerra fredda”, e la folle corsa agli armamenti oggi, purtroppo, ripresa.

E confermo che, sempre con il vostro aiuto di cittadini attivi e sensibili ai problemi della pace e della sopravvivenza dell’umanità, continuerò a darmi da fare per impegnare il governo:

1) a disporre gli atti necessari all’adesione dell’Italia al Trattato delle Nazioni Unite relativo al divieto delle armi nucleari, adottato a New York il 7 luglio 2017 e aperto alla firma il 20 settembre 2017;

2) a presentare conseguentemente alle Camere il disegno di legge per l’autorizzazione alla ratifica e per l’esecuzione del Trattato.

Auguri di buon lavoro e a rivederci e risentirci presto.

Loredana De Petris – senatrice LEU - Presidente del gruppo misto

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LETTERA AI PARLAMENTARI

OGGETTO: RISPETTO DELL’ICAN PLEDGE NELLA FASE FINALE DELLA XVIII LEGISLATURA 

Onorevoli Deputati/e, e  Senatori/trici, firmatari e firmatarie dell'ICAN PLEDGE

 

siamo giunti alla storica data del 22 gennaio 2021, in cui entra in vigore il TRATTATO PER  LA PROIBIZIONE DELLE  ARMI NUCLEARI (TPAN).

Ricordiamo che nel 2017, col voto favorevole di 122 Stati in una conferenza dell'ONU, tale Trattato venne adottato e con molta rapidità, con la 50esima ratifica dell'Honduras, dopo 90 giorni dal 24 ottobre 2020, si è concluso il percorso delle ratifiche necessarie per la sua validità giuridica (mentre continuano ad aumentare le adesioni di Stati per rafforzare il suo peso politico).

L' Italia è ora di fronte alla volontà e all'intenzione di oltre 51 Stati di "stigmatizzare" i possessori degli ordigni nucleari, forti dell'appoggio fornito dalla società civile internazionale organizzata dalla Rete ICAN, premio Nobel per la pace appunto nel 2017, di cui Disarmisti esigenti e WILPF Italia sono membri, con altre associazioni a livello nazionale e internazionale.

Le forze politiche italiane , al seguito dei 9 Stati nucleari, e soprattutto in ossequio alle decisioni dei vertici NATO, pur con qualche tentennamento possibilista, si sono rifiutate fin qui di supportare con coerenza questo Trattato internazionale, incuranti della minaccia di guerra nucleare per errore (vedi ad esempio caso Petrov del 26 settembre 1983) e  dei pericoli rappresentati nel nostro paese dalla presenza di bombe nucleari, nelle località di Ghedi e Aviano (per quanto ne possiamo sapere, stante il segreto ufficiale che copre questa problematica).

Ci rivolgiamo ora a voi in particolare, che avete sottoscritto l'ICAN Pledge, in primo luogo perché al più presto presentiate una proposta di legge per la ratifica italiana del TPAN (la IALANA ha già predisposto un testo tecnico in tal senso);  e perché di conseguenza vi battiate  - ed in questo siamo qui per darvi una mano - per convincere i vostri colleghi che quanto avevano fatto approvare nelle mozioni presentate in Parlamento nel luglio 2017 è ancora giusto: il TPAN non va ostacolato ma appoggiato come percorso che può favorire l'intero arco dei negoziati internazionali per il disarmo nucleare. Questa è anche l’intenzione programmatica annunciata di recente dal nuovo governo belga che afferma esplicitamente: “Il Belgio svolgerà un ruolo proattivo nella conferenza di revisione 2021 NPT [Trattato di non proliferazione nucleare] e, insieme ai suoi alleati europei della NATO, esaminerà come rafforzare il quadro multilaterale di non proliferazione e come il Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari può dare nuovo impulso al disarmo nucleare multilaterale”.

(Ecco il link al documento tramite il sito internazionale di ICAN: https://www.icanw.org/belgium_tpnw_shift).

In conclusione, accoratamente vi preghiamo di prendere molto sul serio questo invito e questo impegno che vi sottoponiamo, riflettendo bene sul fatto che la minaccia nucleare, nel suo intreccio con la crisi climatica e con la crisi sociale globale, aggravata dalla pandemia in corso, rappresenta una emergenza che esige risposte radicali ed urgenti. Sarà, crediamo, il modo migliore di ancorarsi, da parte vostra, al costituzionale "ripudio della guerra" e al lavoro per "un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni".

Alfonso Navarra - Disamisti Esigenti  alfiononuke@gmail.com

Antonia Sani - WILPF Italia   antonia.sani.baraldi@gmail.com: 

 

Nota bene:

Nel testo dell'ICAN Pledge si legge:

“Nel nostro ruolo di Parlamentari, ci impegniamo a promuovere la firma e la ratifica di questo Trattato di rilevanza storica da parte dei nostri rispettivi Paesi, poiché consideriamo l’abolizione delle armi nucleari un obiettivo di primaria importanza per il bene dell’umanità e un passo essenziale per garantire la sicurezza e il benessere di tutti i popoli del mondo”.

Quello che segue è il testo di legge predisposto da IALANA Italia per la ratifica del TPAN: 

PROPOSTA DI LEGGE PREDISPOSTA DA IALANA ITALIA

Art. 1. (Ratifica del Trattato). 1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il “trattato delle Nazioni Unite relativa al divieto delle armi nucleari”, (treaty on the prohibition of nuclear weapons) adottato a New York il 20 settembre 2017 successivamente pubblicata in seguito in lingua inglese, francese, russo , spagnolo.

Art. 2. (Ordine di esecuzione). 2. Piena ed intera esecuzione è data al trattato a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto previsto dall'articolo 15 del trattato stesso. .

Art. 3. (Entrata in vigore). 3. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Per informazioni:

Alfonso Navarra - Disarmisti esigenti - alfiononuke@gmail.com - cell. 340-0736871

Antonia Sani - WILPF Italia - antonia.sani.baraldi@gmail.com - cell. 349-7865685

Esigiamo il drastico taglio delle spese militari a maggior ragione quando si tratta di combattere la pandemia

La pandemia della spesa militare

NO ARSENALI SI OSPEDALI

La pandemia deve spingerci ancor più a fermare le spese militari!

E a convergere in una lotta per una economia di pace, orientata alla salute delle persone e dell’ambiente.

Appunti di Alfonso Navarra, portavoce dei Disarmisti esigenti

La pandemia imperversa con la sua seconda ondata, l’Italia è nell’occhio del ciclone, il nostro modello sociale, collegato ideologicamente al neoliberismo, con la sanità privatizzata e asservita a Big Pharma, non riesce a farvi fronte; ma le spese militari vanno avanti lo stesso con la legge di bilancio 2021.  Il governo giallo rosa su questo punto (come del resto su molti altri) è in continuità sostanziale con il governo giallo verde.

Il sistema sanitario, millantato come “eccellenza”, non regge all’emergenza Covid anche grazie ai drastici tagli che ha subito negli ultimi anni. Ma soprattutto a causa della filosofia di fondo con la quale è stato re-impostato.

La polemica che ha guadagnato la ribalta del dibattito pubblico è se fare ricorso o meno ai fondi del MES; comunque sia, si pensa bene (cioè male) di aumentare gli investimenti per la difesa, considerati “un volano indispensabile per la ripartenza”. All’inverso di quanto proponiamo noi ecopacifisti con le nostre campagne, NO OSPEDALI SI ARSENALI è lo slogan che potremmo attribuire alle élites al potere. (Non solo Confindustria, come scontato, la stessa CEI ha aderito a questa impostazione: e così possiamo spiegare lo scivolone dei “francescani” sulle Frecce Tricolori ad Assisi).

Tornano allora in Parlamento i programmi della Difesa: portaerei, cacciabombardieri, blindati, nuovi elicotteri, satelliti e difesa spaziale. Si abbeverano a due fonti: fondi diretti del Ministero della Difesa e di quelli messi a disposizione dal Ministero per lo Sviluppo Economico.

E non si toccano le missioni militari all’estero, una componente significativa delle spese militari.

Il bilancio statale presentato dal governo Conte, se il Parlamento lo accettasse così come è, farebbe scattare a circa 24,5 miliardi di euro il solo budget del Ministero della Difesa. Qui – per ragioni di semplificazione divulgativa – possiamo citare, per le cifre precise, la sintesi effettuata dal SERVIZIO STUDI della Camera dei deputati della legge di Bilancio 2021, tecnicamente il DDL AC 2790.

Il ddl di bilancio 2021-2023 (A.C. 2790) autorizza, per lo stato di

previsione del Ministero della difesa, spese finali, in termini di competenza,

pari a 24.541,8 milioni di euro nel 2021 (erano 22.941,7 milioni di euro nel

2020), a 25.160,6 per il 2022 e 23.489 per il 2023”.

La spesa complessiva di natura prettamente militare non si esaurisce – questo ad esempio nella Lega Obiettori di Coscienza lo abbiamo scoperto da decenni - con i fondi assegnati al Ministero della Difesa. Ad essi vanno aggiunti quelli di altri dicasteri mentre andrebbero sottratte le funzioni non militari: quindi la quantificazione esatta di quello che si intende con spesa militare non è affatto facile. Relativamente più semplice è invece tratteggiare il prospetto delle risorse destinate all’acquisto di nuove armi: analizzando i capitoli specificamente legati all’investimento troviamo poco oltre i 4 miliardi di euro allocati sul Bilancio del Ministero della Difesa e circa 2,8 miliardi in quello del Ministero per lo Sviluppo Economico, a cui vanno aggiunti i 185 milioni per interessi sui mutui accesi dallo Stato per conferire in anticipo alle aziende le cifre stanziate per specifici progetti d’arma pluriennale. Facendo la somma si arriverebbe dunque ad un totale di ben 6,9 miliardi, probabilmente sovrastimati (nei Documenti Pluriennali di programmazione il Ministero della Difesa esplicita la cifra di 5,9 miliardi) ma che consentono di confermare la valutazione approssimativa ma realistica di 6 miliardi spesi nel 2021 per nuove armi. Tali importi peraltro vengono decisi e allocati in un contesto di opacità e mancanza di trasparenza: nei documenti del DDL di Bilancio non vengono infatti fornite informazioni di dettaglio sui sistemi d’arma acquisiti, chiarite parzialmente dalla Difesa solo a posteriori, dopo mesi, se va bene. In sostanza, i rappresentanti del popolo sono costretti a votare a scatola chiusa!

Gli stessi documenti del governo dicono però esplicitamente da chi ci dobbiamo difendere. Il problema è “creare stabilità” per gli interessi dell’Occidente presidiati dalla NATO. L’Italia ufficialmente si considera una media potenza che deve giocare un suo ruolo, specialmente nel “Mediterraneo allargato”. Ed è quello che, in sostanza, conta.

Noi pensiamo che superare realmente la crisi esiga non mezze misure ma una svolta radicale: per questo a partire dal 2021 bisognerebbe tagliare i programmi di acquisto di nuove armi (circa 6 miliardi, per quello che – lo ripetiamo - è grosso modo possibile ricavare dai documenti), tanto più se si considera che il modello di difesa alle quali sono funzionali è incostituzionale.

I rapporti di forza politici al momento non ci sono favorevoli, nonostante la retorica pacifista di cui si ammanta il governo in carica. Ragion di più per avanzare con chiarezza e coerenza richieste “giuste”, che rispondano ad una logica comprensibile per l’opinione pubblica, evitando di indurre confusione con richieste di compromesso al ribasso quando nemmeno si è stati considerati interlocutori nell’ambito di una vertenza in corso.

Negli anni passati, per giustificare l’aumento delle spese militari, si agitava – l’origine stava nell’11 settembre 2001 – la minaccia esagerata della “difesa dal terrorismo”. Da quella data a livello mondiale le spese militari sono aumentate fino a toccare i quasi 2.000 miliardi di dollari odierni.

Ora non è che l’islamo-fascismo non costituisca una minaccia. Ma altrettanto e più gravi possono essere considerate le minacce climatico/ecologiche di cui la stessa pandemia rappresenta un aspetto derivato. Questo nesso di solito viene cancellato nei ragionamenti che la politica mette in campo: di qui l’idea che la ripresa della crescita, utile per non farci “morire di fame”, possa e debba fare a meno delle istanze ecologiche, considerate un lusso che oggi gli strati popolari non possono permettersi.

In questa idea di crescita – lo ricordavamo - viene ricompreso l’investimento nel settore militare. Ma qui noi dobbiamo chiarire che per tutti i problemi più concreti e importanti le armi non servono, anzi costituiscono non una soluzione ma una fonte di ulteriori problemi. Occorre una scelta di fondo sulla conversione ecologica dell’economia e su un nuovo welfare “verde”, che includa case, scuole, ospedali, assistenza ai più deboli.

Nel contesto del dibattito politico su come superare la crisi da Covid il tema delle spese militari andrebbe allora posto dai movimenti alternativi convergenti. C’è la discussione sul bilancio dello Stato e possiamo e dobbiamo intervenire con una proposta chiara, comprensibile, “popolare” (non populista): non ha senso spendere soldi in strumenti di morte ma i 6-7 miliardi per le nuove armi e le guerre (vedi sedicenti missioni militari di pace) è bene che li dirottiamo nella sanità pubblica, in strumenti a difesa della salute e della vita; e anche negli altri beni pubblici che risollevano la qualità della vita della gente.

Se la pandemia è un attacco diretto e immediato alle nostre vite cosa oggi ci difende meglio da essa? Un nuovo F35 per missioni nucleari che si dichiara (falsamente!) di non voler mai mettere sul serio in atto oppure le migliaia di medici e infermieri che con gli stessi soldi potremmo assumere?

NO ARSENALI, SI OSPEDALI, quindi! E per “ospedali” intendiamo riferirci al fatto che dobbiamo partecipare anche come pacifisti alla costruzione di una grande vertenza nazionale per il diritto alla salute. Dobbiamo riuscire a tornare a un Servizio Sanitario Nazionale universale e gratuito, sostenuto dalla fiscalità generale in relazione ai guadagni e ai profitti di ciascuno, un servizio sanitario fondato anche sulla partecipazione della popolazione, perché gli eventi problematici dal punto di vista sanitario che noi dovremo affrontare nel prossimo futuro e nei prossimi anni saranno sempre più simili a quelli che stiamo vivendo in questi mesi. Un’epidemia che si trasmette attraverso dei comportamenti umani ha bisogno della partecipazione delle persone, della consapevolezza, della formazione, di uno sforzo collettivo: c’è bisogno di ripensare anche la medicina, che non può essere sempre solo delega agli specialisti. Abbiamo la necessità di avere maggiori finanziamenti per il servizio sanitario nazionale, ma non è sufficiente: bisogna discutere dove questi finanziamenti vengono allocati e quali sono le priorità. Queste priorità vanno modificate, l’abbiamo accennato. Probabilmente oggi le condizioni per costruire un grande movimento ci sono perché l’insieme della popolazione italiana sta toccando con mano la necessità di cambiare strada. Questo sforzo per la salute vera delle persone può essere considerato un aspetto della lotta per la pace in quanto legato alla coscienza che salute pubblica e salute dell'ambiente sono indissolubilmente legati, e che questo nesso si ricollega ad una economia che guardi alle persone ed al loro imprescindibile prosperare nella pace.

DOPO IL TPAN, CON IL TPAN, PROMUOVIAMO A LIVELLO MONDIALE UNA STRATEGIA ITALIANA PER IL DISARMO EFFETTIVO

Alfonso Navarra - Disarmisti esigenti
Antonia Baraldi Sani - WILPF Italia

Con la ratifica dell’Honduras, lo scorso 24 ottobre, il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari (TPAN, TPNW in inglese) entra praticamente in vigore e, dal 22 gennaio 2021, vincolerà legalmente i Paesi firmatari.
Prima di questo trattato gli ordigni nucleari non erano inclusi nella lista delle armi di distruzione di massa proibite dal diritto internazionale: saranno ora finalmente “stigmatizzate” al pari di quelle chimiche e batteriologiche!
Un evento che noi giudichiamo storico e comunque da non prendere sotto gamba, nonostante la disattenzione con cui è stato accolto dai media internazionali: gli Stati Uniti, anche mediante la NATO, non a caso si sono già dati da fare per esercitare forti pressioni sui paesi firmatari affinché ritirino il loro sostegno al trattato. L’Italia risulta tra i Paesi che hanno obbedito al diktat americano anche se ipocritamente dichiara di voler lavorare per il disarmo nucleare, facendo però l’esatto contrario.
L’Italia partecipa al programma “nuclear sharing” della Nato - che prevede il “first use” in scenari di “guerra di teatro” - ospitando decine di testate nucleari statunitensi a Ghedi ed Aviano ed eserctando i suoi cacciabombardieri Tornado al bombardamento nucleare. Il governo Conte ha per di più confermato recentemente l’acquisto degli F-35 (90 cacciabombardieri!) che sostituiranno i Tornado in questa funzione ed ha intrapreso l’ammodernamento della base aerea di Ghedi per impiegarli.
Sui media mainstream vige una sostanziale censura su quale sia lo stato di fatto di questa corsa globale alle armi nucleari e l’ignoranza dei fatti porta la grande opinione pubblica a pensare che il pericolo nucleare sia astratto, vago e lontano. Svegliamoci da questo stato letargico: gli scienziati che monitorano queste questioni, ad esempio quelli del Bullettin of Atomic Scientists, ci martellano costantemente sul fatto che siamo prossimi alla cosiddetta “mezzanotte nucleare” ossia a quella situazione per cui, a causa di un incidente o di una escalation, l’umanità potrebbe essere risucchiata in una generale autocombustione immediata; oppure, se va bene, con uno scambio di solo 100 testate, in un inverno nucleare continentale da 1 miliardo di morti in 20 anni!

Sono 7 le cose che potrebbe immediatamente fare questo governo , sorretto in Parlamento dai firmatari dell’ICAN PLEGDE

1-firmare e ratificare “unilateralmente” il trattato per la messa al bando delle armi nucleari senza aspettare le “trattative bilanciate” del blocco NATO;
2- con la stessa strategia “unilateralista", cioè con l’intraprendere primi passi autonomi e indipendenti nella direzione giusta, uscire dal programma di condivisione nucleare della Nato e interrompere l’acquisto degli F-35 (2247 milioni di euro previsti dal ministero della Difesa per il triennio 2020-2022);
3- sempre con decisione autonoma, restituire al mittente USA le testate nucleari presenti sul territorio nazionale ed anche vietare il transito di quelle che possono essere trasportate sulle navi ed i sommergibili USA negli 11 porti ufficialmente “a rischio nucleare”;
4- le risorse del Recovery Fund non devono assolutamente essere destinate a nuovi sistemi d’arma come il governo sembra si stia accingendo a fare;
5-restituire ai bisogni popolari le risorse che si spendono per questi programmi incostituzionali di distruzione di massa e per le missioni militari all'estero (circa 6 miliardi di euro) con il potenziamento della sanità pubblica ed in generale del welfare “verde” (servizio civile per la difesa nonviolenta, istruzione, assistenza alle fasce deboli, accoglienza e integrazione degli immigrati, diritto all’abitare sostenibile…). Ed anche con il contrasto alla fame e alla povertà nel mondo;
6- promuovere un'iniziativa internazionale dell’ONU rivolta a tutte le potenze nucleari affinché siano subito disattivate le condizioni di una guerra nucleare per errore (stato di allerta permanente delle testate e loro numero esorbitante) quale primo passo verso un disarmo totale effettivo;
7- al fine di sensibilizzare la cittadinanza sull'incombente rischio nucleare, concedere una deroga per potere subito intitolare vie, piazze, giardini alla memoria di Stanislav Petrov, il militare dell'ex URSS che il 26 settembre 1983 evitò una guerra nucleare da falso allarme dei computer. La giornata ONU per l'eliminazione delle armi nucleari è stata istituita, richiamando l'eroismo di Petrov, "per accrescere le consapevolezza sui costi sociali, economici e di sicurezza che gli arsenali nucleari comportano e sui concreti benefici che deriverebbero dal loro completo smantellamento".