MANTENIAMO IL PUNTO QUALIFICANTE E DI GRANDE SVOLTA SUL NO FIRST USE NEL DOCUMENTO FINALE ALLA CONFERENZA DI RIESAME DEL TNP
UNA LETTERA SPEDITA (IL 20 AGOSTO) ALLA RAPPRESENTANZA ITALIANA PRESSO IL PALAZZO DI VETRO
La Decima Conferenza di riesame del Trattato di Non Proliferazione nucleare – TNP (si tiene ogni cinque anni dall’entrata in vigore del Trattato) è in corso a New York (dal 1 al 26 agosto 2022) e si svolge in una congiuntura internazionale drammatica in seguito allo scontro militare sul terreno ucraino dietro cui sta una guerra più generale, in questo momento soprattutto economica, tra la NATO e la Russia.
New York giunge dopo Vienna, il primo riesame che si è svolto questo giugno del Trattato di proibizione delle armi nucleari – TPNW, ratificato al momento da oltre 60 Stati; ed è il primo banco di prova su come questo secondo percorso disarmista “proibizionista”, di cui sono protagonisti gli Stati non nucleari in ribellione, possa sbloccare lo stallo che caratterizza il primo percorso, del disarmo cosiddetto negoziato, bilanciato e controllato, in mano alle grandi potenze nucleari.
Il TPNW di Vienna ha chiesto al TNP di New York di riconoscere il suo carattere complementare di attuazione del famoso quanto disatteso articolo VI: le trattative “in buona fede” per giungere ad un “disarmo generale e completo”, “sotto controllo internazionale efficace”.
La risposta parzialmente positiva rispetto a questa istanza degli Stati non nucleari protagonisti di Vienna TPNW potrebbe passare per una formulazione contenuta nella bozza di dichiarazione finale preparata dalla presidenza argentina del TNP sulla base del lavoro di due commissioni.
Per la prima volta, in questi documenti delle commissioni, si dice che le potenze nucleari portano responsabilità nella situazione di riarmo e di proliferazione atomica (la situazione di insicurezza deriva anche dal mancato disarmo!) e che hanno il dovere di ridurre il ruolo del nucleare nelle strategie militari che non hanno da contemplare più il primo uso dell’arma nucleare nelle dottrine di “deterrenza”.
Può sembrare poca cosa ma in realtà, stante i rapporti di forza attuali, se lo si affermasse nelle conclusioni ufficiali del TNP sarebbe un passo concreto che potrebbe aprire la strada ad un dialogo per ridurre il rischio di un disastro atomico (almeno la guerra nucleare per errore con la “deallertizzazione” concretizzata dalla separazione delle testate dai vettori) e cominciare a svoltare dal riarmo verso il disarmo delle testate.
Dal coordinamento di ICAN, la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, insignita nel 2017 del Premio Nobel per la pace, è giunto l’appello a mobilitarsi urgentemente perché, in sintesi e in sostanza, il “no first use” sia mantenuto nel draft che verrà sottoposto al vaglio della fase finale della conferenza di New York, contro le pressioni in atto per toglierlo. Noi, Disarmisti esigenti, e altri soggetti alleati, tra i membri italiani di ICAN, abbiamo raccolto l’appello e provveduto a scrivere in questo senso alla rappresentanza italiana all’ONU: vedi lettera sotto riportata, indirizzata all’ambasciatore Maurizio Massari e per conoscenza al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, già firmatario dell’ICAN Pledge.
Occuparsi di questo tema della denuclearizzazione significa per noi, oltretutto, con ricaduta sul lavoro politico locale, dare ascolto e voce al sentimento e all’opinione pacifista della maggioranza del popolo italiano, ignorati dalle coalizioni principali in lizza nelle elezioni politiche del 25 settembre; ed in verità ci sembra poco raccolti anche da chi si proclama ecopacifista ma, a differenza ad esempio di Papa Francesco, non coglie la centralità del problema pace versus guerra in questo momento storico ...
Ma dobbiamo essere realisti sugli esiti di New York: i nostri rappresentanti di ICAN presenti ai lavori ci informano che il dissenso degli Stati nucleari, pur nella disomogeneità delle posizioni, alle bozze di testi varati dalle commissioni del TNP è fortissimo e questo prelude all’ennesima conclusione senza documento finale, come nelle due ultime conferenze del 2010 e del 2015. Il disarmo nucleare è sempre il nocciolo della questione e il destino di questa Conferenza di revisione dipende dalla domanda vecchia di 50 anni: conformarsi all'articolo VI del TNP – e quindi riconoscere oggi il contributo del TPNW - o non conformarsi – rigettando con una quantità di pretesti tale riconoscimento?
Capo della delegazione italiana al X riesame del TNP (New York 1-26 agosto 2022)
E p.c. Luigi Di Maio, Ministro degli affari esteri, già firmatario dell’ICAN Pledge
Gentile e Illustre Ambasciatore Maurizio Massari
Le scriviamo, allertati e sollecitati da Beatrice Fihn, direttrice esecutiva di ICAN, la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, nel pieno dei lavori,a New York, in cui si sta svolgendo, sotto l’egida dell’ONU, il decimo Riesame del Trattato di Non Proliferazione nucleare – TNP (inizio della Conferenza 1 agosto, conclusione della stessa prevista il prossimo 26 agosto).
Giriamo la presente per conoscenza anche al nostro Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, già firmatario dell’ICAN Pledge..
Le discussioni in corso a New York, a cui Ella sta partecipando, a giudizio della coordinatrice disarmista di ICAN, sarebbero ad un cruciale punto di svolta e, se si facesse in questo momento la scelta giusta, potrebbero avviare un percorso concreto, sostanziale e mirato per realizzare “un mondo senza armi nucleari”, come è nei desideri di tutti, e come è politica ufficiale del governo italiano, ispirato dall’art. 11 Cost.; e – con le dovute accortezze – senza entrare in contrasto con i suoi alleati.
Da Beatrice Fihn abbiamo appreso che sono state pubblicate le prime bozze della parte sul disarmo della Conferenza di revisione del TNP: il rapporto del Comitato principale 1 che esamina l'attuazione degli obblighi di disarmo del trattato; e il rapporto dell'Organo sussidiario 1 che negozia i punti di azione di lungo periodo sul disarmo.
È importante, a parere della Fihn e anche a nostro parere (in quanto appunto membri e sostenitori italiani di ICAN), rinforzare il draft che è stato proposto dalla presidenza del riesame del TNP. In particolare, bisogna guardare al punto che, nella bozza sul disarmo riconosce la responsabilità delle potenze nucleari nel promuovere il disarmo nucleare e include un impegno per questi stati a ridurre ed eliminare il ruolo delle armi nucleari nella loro dottrina sulla sicurezza.
Questo il passo del documento, inserito nel rapporto dell'Organo sussidiario 1, che dobbiamo considerare, oltre che innovativo, decisivo e che caldeggiamo sia ripreso nella Dichiarazione finale della Conferenza di riesame:
"The nuclear-weapon States and their allies agree to take steps to reduce and eliminate the role of nuclear weapons in national and collective security doctrines; for nuclear-weapon States this should include the adoption of no-first use or sole purpose doctrines."
Draft Report of Subsidiary Body 1: “Nuclear Disarmament and Security Assurances”
NPT/CONF.2020/MC.I/SB.1/CRP.1, 12 August 2022
Noi riteniamo che darsi da fare, come rappresentanza italiana all’ONU e al Riesame del TNP, per mantenere questa presa di posizione più organicamente disarmista nel testo finale della conferenza sarebbe coerente con le aspirazioni che Ella ha avanzato, a nome dell’Italia, nel suo discorso del due agosto, che abbiamo letto al seguente link:
Crediamo di avere capito che ci sarebbe assoluta urgenza di esprimere un parere ufficiale in questo senso che dovrebbe essere avanzato da parte dell’Italia entro il 22 agosto alla presidenza argentina della Conferenza di Riesame.
Perciò la preghiamo – gentile Ambasciatore - di inviare subito un parere a favore del draft varato cogliendo questa occasione storica sulla esplicitazione del “no first use”! L’importanza e la drammaticità del momento esigerebbero questa assunzione di responsabilità!
Questo gesto renderebbe più agibile e concreto l’auspicio che il nuovo governo italiano, quello che emergerà dalle elezioni politiche del 25 settembre, recependo le istanze pacifiste del nostro popolo, testimoniate oltretutto da tutti i sondaggi, sia più coraggioso: andremmo a raccogliere i semi che speriamo siano lanciati qui a New York, partecipi al dialogo tra Trattato di proibizione delle armi nucleari -TNPW e Stati della condivisione nucleare NATO, aperto dal meeting di Vienna del TPNW nel giugno di questo anno.
Quello che in tale prospettiva sollecitiamo e proponiamo di avviare è un contributo attivo del governo italiano ai progressi della proibizione delle armi nucleari sulla base del diritto umanitario e alla complementarità, non scontata e da riconoscere proprio a New York, tra TNP e TPNW. Un effetto significativo di tale processo, frutto anche del dialogo con i Paesi della condivisione nucleare NATO (che è stato avviato al riesame del TPNW, svoltosi questo giugno a Vienna), sarebbe la prospettiva della denuclearizzazione europea: si segnerebbe l’abbandono, da parte della Alleanza occidentale, della dottrina strategica che non esclude, in circostanze eccezionali, il primo uso dell’arma nucleare.
Augurandole buon lavoro, aspettiamo buone notizie da parte Sua in merito alla problematica che Le abbiamo indicato
Alfonso Navarra – Disarmisti esigenti (cell. 340-0736871 - email alfonsonavarra@virgilio.it
COME FAR PESARE LA PACE E IL DISARMO NELLA CAMPAGNA ELETTORALE?
QUI materiale per la discussione aperta dai Disarmisti esigenti in vista delle politiche che si terranno il 25 settembre 2022. Primo incontro online il 28 luglio 2022
Al Senato, il 20 luglio, si è chiusa l'esperienza, a giudizio degli scriventi disastrosa, del governo Draghi: si va presto a votare, e noi speriamo che la prossima rappresentanza parlamentare sia più in ascolto dei bisogni popolari di questa che, a prescindere dai giudizi sull'operato nelle crisi pandemiche, ecologiche e sociali, ad esempio, si è, nella quasi totalità, lasciata coinvolgere - sia sul territorio ucraino sia come conflitto globale - nella guerra della NATO contro la Russia. Proprio quello che il popolo italiano, con tendenza pacifista per niente scontata, contrario - secondo tutti i sondaggi svolti dagli stessi media embedded - all'invio delle armi all'esercito ucraino (senza che questo significhi simpatizzare per Putin e per il suo anacronistico sogno imperiale), non vorrebbe; così come non capisce - stiamo sempre parlando del nostro popolo - il senso di sanzioni che fanno più male alla economia europea che non alla Russia contro cui sono ufficialmente indirizzate.
La campagna elettorale è già iniziata ed è il caso che, anche dietro nostra spinta, forze politiche e candidati si esprimano chiaramente su cosa farebbero su nucleare, spese militari e guerra non in termini programmatici astratti ma se si trovassero al governo.
Noi società civile ecopacifista dovremmo incalzarli sull'adesione alle nostre campagne più battute: il percorso della proibizione delle armi nucleari, l'uscita dalla condivisione nucleare NATO (rifiuto di B61-12 e F35), la riduzione delle spese militari, cominciando da quelle offensive, quindi incostituzionali, convertendole in ambiente, sanità e cultura, l'appoggio a obiettori e disertori sia russi che ucraini quale contributo a fermare l'escalation bellica che può - non è una ipotesi fantastica - degenerare in scontro nucleare. Avremmo da porci come intermediari degli elettori che desiderano giustamente garanzie sul fatto che la propria espressione di voto non venga malamente strumentalizzata, come il più delle volte è finora successo.
In un appello che dobbiamo preparare - noi Disarmisti esigenti & partners avanzeremo in questo senso una bozza- porremo, da ecopacifisti attivi, richieste precise ai candidati e segnaleremo e valorizzeremo le risposte con le assunzioni di impegno più stringenti e credibili.
E proprio perché dolorosamente scottati da ripetute deleghe a forze radicali nelle promesse di cambiamento, ma opportuniste e burocraticamente minimaliste alla prova dei fatti, auspichiamo, secondo quanto emerso da tanti nostri incontri online, che gli animatori sociali - le cosiddette avanguardie della società civile - la facciano finita con le facili dismissioni e cessioni di responsabilità.
Forse è il caso che comprendiamo, noi attivisti sociali dotati di competenze temprate nel fuoco delle lotte, di dover convergere per promuovere un nuovo soggetto dell'alternativa all'élite che proponga l'opposizione alla guerra prospettando la pace come condizione di vita e di giustizia nonché modello complessivo di sviluppo.
La pace come centro organizzatore delle convergenze e come priorità, non come annesso e dettaglio residuale dei programmi di intervento sociale, in molti contesti addirittura omessa.
La pace globale con la Natura, obiettivo della conversione ecologica, quale condizione per la giustizia e la libertà delle società umane.
E' possibile combinare qualcosa in questo senso nei pochi giorni che ci distanziano dal voto per la nuova legislatura?
Ne discutiamo già la prossima settimana, giovedì 28 luglio, dalle ore 18:00 alle ore 20:00. Con la bozza di documento-appello già da noi predisposta. E che avrà come base testuale e di orientamento politico-culturale un documento contro la deterrenza nucleare già apparso come articolo sul Manifesto quotidiano (titolo: "Un genocidio programmato da disinnescare") e che è stato ampliato come petizione online sottoscrivibile al link: no deterrenza nucleare genocidio da disinnescare - Petizioni.com
La scaletta preparatoria dell'incontro del 28 luglio
Possiamo svolgere il solito compitino sulle istanze pacifiste, ripetendo gli esiti del rito che celebriamo ormai da decenni: si propongono, da parte nostra, dei punti e si ricevono adesioni e promesse dai candidati e dalle forze politiche (in campagna elettorale non si negano a nessuno!) di cui poi noi stessi non chiediamo conto e ragione.
Un esempio neanche tanto lontano? quasi la metà dei deputati in vista della XVII Legislatura che poi non hanno portato avanti l'ICAN Pledge.
Nella XVIII si erano ridotti ad una 60ina, ed abbiamo avuto tre governi guerrafondai in diversa misura, ma allo stesso titolo.
Certo con Draghi abbiamo registrato un salto di qualità, ma il Conte 1 (M5S+Lega) e il Conte 2 (M5S+PD) erano forse orientati sull'articolo 11?
Come allora essere più stringenti quando presentiamo le nostre richieste?
Non dobbiamo semplicemente chiedere l'adesione ai singoli punti (o "istanze"), ma proporli come DISCRIMINANTI per entrare in una compagine di governo.
"Noi candidati e forza poltica ci impegnamo, su vostra sollecitazione, a portarli avanti, altrimenti non si parte di un governo, si fa OPPOSIZIONE, consapevoli che anche da questa collocazione, con l'appoggio popolare, possono essere raggiunti dei risultati superiori all'occupare scranni istituzionali in modo subalterno".
Questo vale in particolare per quei punti in cui c'è un consenso popolare maggioritario certtificato dagli stessi sondaggi dell'avversario del complesso militare-finanziario-energetico.
In questo modo si fa una operazione politica, non semplicemente si attiva una espressione etico-culturale di sè stessi.
1- no alle armi 2- no alle sanzioni, in particolare energetiche - 3 - denuclearizzazione militare e civile: ecco tre questioni in cui gli stessi sondaggi dei media mainstream dicono che abbiamo o che avremmo la maggioranza, se gli italiani fossero informati!
La nostra priorità è il disarmo nucleare perché abbiamo consapevolezza del livello di gravità di rischio cui ci espone la "deterrenza" che è genocidio programmato (si veda dichiarazione pubblicata su il Manifesto del 6 luglio sottoscrivibile al link: https://www.petizioni.com/no_deterrenza_genocidio_nucleare) contro la quale si contrappone la "speranza" del TPNW, così come ricordato dal documento della Convergenza che commemora l'anniversario di Hiroshima [https://www.pressenza.com/it/2022/06/costruiamo-convergenza-report-
dellincontro-alleirenefest]
Quale è, ad avviso dei Disarmisti esigenti, l'obiettivo da perseguire?
Esprimere l'ideale della pace come modello di sviluppo complessivo (disarmo+ecologia+giustizia sociale) ed intanto rappresentare alcune tendenze pacifiste e antinucleari del nostro popolo.
Perché questo ideale, per diventare realtà concreta, può marciare solo su gambe popolari, per andare oltre la testimonianza e diventare, appunto, prospettiva politica.
Senza una visione complessa, basata sull'assunto che oggi il primo compito per tutti è la PACE CON LA NATURA, stante le retroazioni in atto nerll'ecosistema globale sconvolto, non si ha la base per mettere insieme i due obiettivi "vitali" con maggiore appeal popolare:
- il rifiuto di farsi coinvolgere nell'escalation bellica sul piano militare
- il rifiuto di farsi coinvolgere nella guerra economica (da non confondere con il rifiuto dell'economia di guerra, cioé i razionamenti con cui pagare gli aiuti militari all'Ucraina).
Il massimo banditore oggi di questa visione complessa, che chiama ECOLOGIA INTEGRALE, è Papa Francesco...
Noi la chiamiamo PACE come modello di ecosviluppo, che attacca il potere e gli interessi della élite dell'1%, liberando il mercato dal dominio oligopolistico e sottoponendolo a controllo sociale.
Dobbiamo rifiutare la centralità della collocazione nello scontro NATO/Russia. La centralità sta nella cessazione della guerra che stiamo conducendo contro la Natura.
Si può proclamare la neutralità rispetto a questo scontro geopolitico, pur condividendone la centralità nell'approccio con la realtà politica e sociale.
E a questo punto per i bellicisti il gioco in gran parte è fatto.
E' infatti debole accettare le premesse per rifiutare solo alcune conseguenze.
Noi invece rifiutiamo proprio la premessa: lo scontro NATO-Russia non è centrale, centrale è lo scontro umanità-Natura che il malsviluppo della crescita senza limiti orientata al profitto e alla potenza ha imposto.
Promuovere singole istanze pacifiste non è la stessa cosa che proporre un soggetto politico organicamente ecopacifista: un movimento politico della pace.
Ovviamente per alcuni il problema non si pone perchè la risposta istituzionale è già stata sostanzialmente data nell'offerta politica corrente.
La risposta istituzionale per l'offerta politica ci sarebbe già (quasi), tra M5S, "Unione popolare", o altro (i Verdi nel "campo aprerto" proposto dal PD).
Il ceto politico sta sostituendo Tsipras con Melenchon.
Cosa manca perchè questa operazione risulti credibile?
Una coerenza sia di comportamenti passati, molto più netta nel caso dei 5S, sia di approccio, che esprima l'omogeneità mezzi-fini, contenuti e forme.
Perché il punto è mettere in campo il concetto di COMPETENZA SOCIALE, in cui la saggezza, raggiunta con il dialogo collettivo, sostituisce la sapienza, fondata sullo studio individuale.
Siamo in ritardo perché bisogna giocare non soltanto per partecipare, ma per ottenere almeno il diritto di tribuna, correndo con regole che sono quelle che sono: non le abbiamo stabilite noi.
Quindi bisogna fare il 5% e per questo risultato non c'è alcuna speranza, nemmeno se il Papa dicesse: "Io vi voto perché apprezzo il vostro lavoro per la conversione ecologica".
Le regole sono quelle stabilite dal cd Rosatellum con il ritocco silenzioso in atto perché la composizione del Parlamento è stata ridotta di oltre un terzo per via referendaria: 200 membri del Senato e 400 della Camera. Con premio di maggioranza e listini, indipendentemente dall’esito prodotto nelle urne, i cittadini saranno privati di fatto del diritto di scegliere una
parte cospicua dei propri rappresentanti. E' anche possibile, stando a tutti i sondaggi, una vittoria del centro destra, con Fratelli d'Italia primo partito, in misura tale da poter modificare la Costituzione.
Occorrerebbe una nuova legge elettorale, possibilmente proporzionale, che sopprimesse i nominati, restituendo al cittadino il diritto di scegliere la parte politica, ma anche la persona, con la speranza che questa restituzione di poteri, attualmente menomati, contribuisca a motivare a recarsi alle urne.
Il ritorno ad una legge proporzionale con indicazione di preferenza (meglio se doppia, per assicurare l’equilibrio di genere), con una soglia minima, avrebbe il doppio vantaggio di generalizzare il potere dell’elettorato nella scelta dei propri rappresentanti – indispensabile soprattutto con una costituzione che, all’art. 67, esclude il vincolo di mandato, mentre resta inattuata la struttura democratica interna ai partiti, prevista dall’art. 49 – e di trovare i consensi necessari per essere approvata nei pochi mesi restanti di attività parlamentare.
Una riflessione più di fondo possiamo e dobbiamo avviarla, per trovare convergenze di intervento, sulle forme della democrazia: complementarizzare e armonizzare quella rappresentativa, quella diretta referendaria, quella partecipativa e quella deliberativa delle assemblee dei cittadini.
Anche in campagna elettorale non dobbiamo dismettere le lotte e praticare la costruzione della convergenza.
Ci sono tre emergenze da mettere insieme: quella geopolitica, quella ecologica, quella sociale.
Quale è l'obiettivo che può unificarle?
Una proposta è premere sul bilancio dello stato per la conversione delle spese dannose e mortifere (militari, SAD, grandi opere nocive) in investimenti per ambiente, sanità e cultura: il welfare "verde" collegato a piani economici di PIENA OCCUPAZIONE ambientalmente e socialmente utile.
Il "capitalismo verde", ci ricorda sempre Giuseppe Farinella, de "IL SOLE DI PARIGI", è una forza storica con la quale fare i conti e che in significativa parte si contrappone al capitalismo dei complessi militari industriali, sia liberali che autocratici; la nostra "pace con la natura", la conversione ecologica e disarmista, è anche una economia in cui il controllo sociale, ispirato ai principi di cura e solidarietà universale, prevale sulle forze cieche dei potentati che perseguono il profitto.
Stiamo assistendo alla fine del mondo. Non del pianeta Terra, che continuerà a ruotare intorno al Sole per miliardi di anni, ma del mondo inteso come condizione di vivibilità degli esseri umani e soprattutto del numero di esemplari, cioè di abitanti, in cui si sono riprodotti. E in particolare del loro modo di vivere, plasmato dalla modernità ed esteso a tutto il pianeta dalla globalizzazione (il capitalismo, se vogliamo chiamarlo così, quello del XXI secolo).
(...)
Fenomeni in gran parte irreversibili
Tutti i fenomeni attraverso cui è destinata a manifestarsi questa fine del mondo sono già in gran parte presenti (...) e sostanzialmente irreversibili: Così la conversione ecologica, anche volendola fare, sarà sempre più difficile. Non parliamo della conversione dalla combustione all’elettrico del parco veicoli (un miliardo e 300milioni di auto), oggi al centro dell’attenzione. Che senso ha?
Problemi ignorati
(...)
Il contenimento della crisi climatica e ambientale non dipende solo da noi, né come individui, né a livello territoriale o nazionale; persino l’UE (che vale il 10 per cento delle emissioni globali) conta poco. Tuttavia, ciascuno di noi, ciascun territorio, ciascuna nazione e ciascun continente dovrebbe sforzarsi di fare il possibile per contribuire a una conversione ecologica complessiva. C’è molto da fare per tutti. Ma, soprattutto, c’è da trovare la strada per farlo, che non è per nulla chiara come lo sono invece gli obiettivi da perseguire e che è diversa da Paese a Paese come da individuo a individuo e da impresa a impresa.
Adattamento: salvare il salvabile e lasciare indietro il superfluo
E’ chiaro che l’obiettivo centrale, quello di Parigi e di Glasgow (Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, sigla in inglese Unfccc) di +1,5°C sul periodo preindustriale non sarà raggiunto. Quindi, occorre prepararsi al meno peggio. E il meno peggio si chiama adattamento. Salvare, fin che si è in tempo, quello che si ritiene salvabile e lasciare indietro quello di cui c’è meno bisogno. Cominciando con l’agricoltura e l’alimentazione che devono tornare a essere biologiche, multicolturali, di prossimità, senza più allevamenti intensivi. Poi con la cura del territorio, rimboschendolo il più possibile. E con la mobilità, abbandonando per sempre l’idea di avere a disposizione “un cavallo meccanico” a testa; la mobilità sostenibile è condivisione e pieno utilizzo di ogni mezzo. E il turismo, oggi la più grande industria del mondo, se ancora possibile, deve tornare a essere villeggiatura di prossimità o avventura senza confort. Anche l’industria dovrà ridimensionarsi e con essa sia l’aggressione alle risorse della Terra per alimentarla che la moltiplicazione dei servizi per trovarle uno sbocco nei nostri consumi. La scuola deve diventare un centro di formazione alla convivenza aperto a tutti e la cura della salute deve spostare il suo asse dalla terapia alla prevenzione.
In una prospettiva del genere, ci sarà posto per tutti su quel che resterà della Terra, sia per abitarla che per garantire a ciascun un ruolo, un’attività, un modo di rendersi utile senza piegarsi al feticcio dell’occupazione, che riguarda sempre e solo una parte della popolazione. Ma chi ha il coraggio di mettersi su questa strada?
da Avvenire, 23 luglio: 5 proposte di Rete italiana pace e disarmo
Dall'articolo di Luca Liverani, Avvenire, 23 luglio:
(...) Sergio Bassoli, coordinatore dell’esecutivo della Rete italiana pace e disarmo. «La guerra – afferma – scatena l’effetto domino in una società globalizzata, interdipendente, invadendo ogni ambito e spazio: crollano i mercati ed il commercio, aumentano i costi delle materie prime, l’inflazione galoppa ed i salari perdono potere d’acquisto, ritornano la fame, le carestie e le pandemie nel mondo». E allora, ribadisce Bassoli, «dire basta alle guerre e alla folle corsa al riarmo è nell’interesse di tutti e di tutte». «La condanna dell’aggressione e la solidarietà con le vittime sono il punto di partenza – ribadiscono i promomotori – ma non bastano». L’obiettivo è «una grande alleanza della società civile europea, che si riconosce in cinque punti».
1 - La condanna dell’aggressione russa all’Ucraina, la difesa della sua indipendenza e sovranità, la piena affermazione dei diritti umani delle minoranze e di tutti i gruppi linguistici in Ucraina;
2- La solidarietà con la popolazione ucraina, i pacifisti russi e con gli obiettori di coscienza di entrambe le parti;
3- Il rilancio del cessate il fuoco per l’avvio di un immediato negoziato in cui sia protagonista l’Onu;
4- La de-escalation militare come leva fondamentale per l’iniziativa diplomatica e politica;
5 -La costruzione di un sistema di sicurezza condivisa in Europa.
Ci avevano raccontato che la globalizzazione ci avrebbe preservato dalle guerre. Al contrario, il mondo in cui viviamo è sempre più insicuro. Dobbiamo chiederci come rifondare l’economia per poter vivere un tempo più pacifico e più sostenibile. Cinque grandi cambiamenti da attuare secondo Francesco Gesualdi
Ci avevano raccontato che la globalizzazione ci avrebbe preservato dalle guerre. L’adagio era che permettendo alle imprese di poter collocare i propri prodotti ovunque nel mondo, di poter spostare la produzione dove appariva più conveniente, di poter trasferire i capitali dove erano garantiti maggiori vantaggi, avremmo creato un mondo più interdipendente e quindi più interessato a mantenere la pace. Ma le crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina e soprattutto la guerra in Ucraina, che assomiglia sempre di più a uno scontro fra Russia e Occidente, mostrano che la maggior internazionalizzazione degli affari non è sufficiente a sopire gli istinti nazionalistici che evidentemente fanno parte integrante di ogni forma di capitalismo. E mentre rimane forte l’impegno di ogni governo ad aprire la strada commerciale alle multinazionali battenti la propria bandiera, le tensioni si fanno sempre più accese per il controllo delle risorse e il dominio delle tecnologie. La conclusione è che il mondo in cui viviamo è sempre più insicuro, per cui dobbiamo chiederci come rifondare l’economia per poter vivere in un mondo al tempo stesso più pacifico e più sostenibile. Penso che per riuscirci dovremmo introdurre cinque grandi cambiamenti che a mio avviso ogni popolo farebbe bene a valutare ed attuare, anche unilateralmente.
Il primo passo da compiere è la messa al bando delle industrie di armamenti. Il Sipri valuta che nel 2020 le prime 100 imprese mondiali di armi hanno avuto un fatturato complessivo di 531 miliardi di dollari, una cifra superiore al prodotto interno lordo del Belgio. Finché produrremo armi avremo guerre perché rappresentano l’occasione di consumo di materiale bellico. E come le imprese di imbottigliamento hanno bisogno di chi beve acqua in bottiglia, allo stesso modo le imprese di armi hanno bisogno di guerre. Non a caso i produttori di armi mantengono rapporti continui con i ministeri della Difesa e spendono fiumi di denaro per ottenere dai governi scelte a vantaggio delle proprie attività. Secondo l’organizzazione Open Secrets, nei soli Stati Uniti negli ultimi 20 anni le industrie belliche hanno speso 285 milioni di dollari per contributi alle campagne elettorali e ben 2,5 miliardi per spingere le istituzioni statunitensi a compiere scelte politiche e finanziarie favorevoli ai propri interessi. Quanto all’Unione europea, i numeri ufficiali, risalenti al 2016, dicono che le prime 10 imprese di armi spendono oltre cinque milioni di euro all’anno e dispongono di 33 lobbisti a libro paga per esercitare pressione sulle istituzioni di Bruxelles.
La seconda grande scelta da compiere è l’abbandono del consumismo a favore della sobrietà. Il consumismo è una bestia insaziabile che ha bisogno di quantità crescenti di risorse ed energia. Un’impostazione che spinge inevitabilmente alla sopraffazione per aggiudicarsi le risorse a buon mercato presenti nei territori altrui. Lo testimonia non solo il colonialismo, ma anche il neocolonialismo che oggi si presenta col volto dello scambio ineguale, del land grabbing, dello strangolamento finanziario. Fino a ieri la lotta era per il carbone, il petrolio, i minerali ferrosi, oggi è per le terre agricole, i minerali rari, la biodiversità, l’acqua. L’unico modo per interrompere le guerre di accaparramento è ripensare il nostro concetto di benessere, riportandolo nel perimetro di ciò che ci serve senza sconfinare nell’inutile e nel superfluo. Un compito non semplice perché si scontra con le nostre pulsioni più profonde, ma con possibilità di successo se torniamo a dare il giusto valore alla sfera affettiva, sociale, spirituale e più in generale agli aspetti relazionali che la logica materialista tende a mettere in ombra.
Il terzo passaggio è la capacità di orientarci totalmente verso le energie rinnovabili perché affidandoci al sole, al vento e alle altre forme di energia naturale, rompiamo la nostra dipendenza dalle risorse altrui. Un’indipendenza che ci rende al tempo stesso meno angosciati, e quindi meno aggressivi, e più propensi alla collaborazione internazionale. Ricordandoci che la transizione energetica sarà tanto più possibile quanto più sapremo orientarci verso la sobrietà perché meno consumiamo, meno energia dobbiamo produrre.
Il quarto intervento è la capacità di potenziare l’economia pubblica, precisando che pubblico non è sinonimo di Stato, ma di comunità. L’economia pubblica è l’economia della comunità che diventa imprenditrice di se stessa per garantire a tutti, in maniera solidaristica e gratuita, tutto ciò che risponde a bisogni irrinunciabili come acqua, alloggio, sanità, istruzione e in generale tutto ciò che definiamo diritto. Beni e servizi determinanti per la dignità umana che non possono essere variabili dipendenti dalla disponibilità di denaro, bensì certezze da garantire a tutti tramite la solidarietà collettiva. Se riuscissimo a liberarci dai condizionamenti ideologici capiremmo che il rafforzamento dell’economia pubblica è non solo elemento di progresso umano e sociale, ma anche di pace, perché l’economia pubblica, a differenza dell’economia di mercato, non ha bisogno di espansione. Poiché non vende, bensì distribuisce, non ha la preoccupazione di procurarsi nuovi clienti. Il suo obiettivo è produrre quanto basta per soddisfare i bisogni dei propri cittadini, dopo di che è ben lieta di fermarsi. Non così per le imprese commerciali in lotta perenne fra loro per la conquista di nuovi mercati, se necessario con l’assistenza dei propri governi che magari non usano armi, ma ricatti e altri strumenti di pressione non meno insidiosi perché capaci di suscitare rancori dagli esiti imprevedibili.
E per finire la capacità di improntare i rapporti internazionali a spirito di cooperazione ed equità. Equità per garantire la giusta remunerazione ai produttori e cooperazione per sostenersi reciprocamente e colmare gli squilibri creati da cinque secoli di economia di rapina. Tutto ciò, però, è possibile solo con un cambio di paradigma culturale. In economia bisogna passare dai principi di guadagno, crescita, concorrenza, a quelli di equità, sostenibilità, cooperazione. In ambito sociale bisogna passare dai principi di forza, vittoria, successo a quelli di mitezza, rispetto, sostegno. Perché solo predisponendoci diversamente verso l’altro potremo passare da una cultura della guerra a una cultura della pace.
Francesco Gesualdi (1949), allievo di don Lorenzo Milani a Barbiana, nel 1985 ha fondato a Vecchiano (PI) il Centro nuovo modello di sviluppo (cnms.it), da cui vengono lanciate le prime campagne di sensibilizzazione e informazione per un consumo critico in Italia. Per Altreconomia edizioni ha scritto tra gli altri “L’altra via” (2009) e “Cambiare il sistema” (2014).
Idee. La pace è sviluppo: non solo economico ma anche sociale
Stefano Zamagnimercoledì 20 luglio 2022
Occorre ripensare la dissuasione della guerra valorizzando anche le componenti sociali e spirituali. Un richiamo a praticare il contrasto positivo dello scontro in un saggio del vescovo Toso
La guerra in Ucraina ha suscitato sgomento e preoccupazione non solo per la tragedia che ha colpito quel popolo, ma anche per la grave ed irrazionale destabilizzazione internazionale sul piano culturale, politico, economico ed ecologico, nonché della pace. La non improbabile escalation della guerra sul piano non solo europeo, ma anche mondiale, reclama che le armi tacciano al più presto. Il saggio Se vuoi la pace, prepara istituzioni di pace del vescovo di Faenza-Modigliana, Mario Toso, che esce dalle Edizioni Frate Jacopa (pagine 76, euro 12,00; info: 3282288455) sollecita il superamento dei pacifismi declamatori, auspicando il potenziamento della via della nonviolenza attiva e creativa, che costruisce la pace predisponendo alacremente istituzioni di pace, supportate da una nuova società civile mondiale. Dal libro, anticipiamo la prefazione dell’economista Stefano Zamagni.
Saluto con simpatia il breve ma denso saggio di Mons. Mario Toso, vescovo di Faenza e Modigliana. Il tema che affronta è di straordinaria e pur tragica attualità: la guerra in Ucraina che si protrae nel tempo e di cui non si riesce ancora a prevederne la fine. Il taglio espositivo del saggio è quello proprio del pensiero critico- discernente, di un pensiero cioè che non si limita ad analizzare i fenomeni indagati, ma si spinge a comprenderne le radici profonde, a praticare appunto il discernimento. È questo un antidoto efficace contro il pericolo bene descritto da C.S. Lewis con l’espressione chronological snobbery, per significare l’accettazione acritica di ciò che succede semplicemente perché parte del trend intellettuale del presente. Accade così che l’accettazione supina del factum finisce col togliere slancio al faciendum. Il caso qui trattato ne è eloquente conferma. Nel 1975, Johan Galtung – uno dei più tenaci assertori delle ragioni della pace – coniando il termine peacebuilding, introdusse la distinzione tra pace negativa e pace positiva. La prima è null’altro che il conflitto congelato, una situazione in cui tacciono le armi, ma restano i carboni accesi sotto la cenere. La seconda, invece, è la pace negoziata – un’opzione favorita dai 'costruttori di pace', come si legge nel testo evangelico. Monsignor Toso si spende a favore della pace positiva, perché persuaso che mai si potrà eliminare o scongiurare la guerra se non si distrugge il mondo della guerra, cioè quelle «forze negative, guidate da interessi perversi che mirano a fare del mondo un teatro di guerra» (Giovanni Paolo II, Angelus del 1° gennaio 2002). Alla luce di ciò, di particolare rilevanza sono le proposte che l’A. di questo saggio avanza per contrastare «le forze e gli interessi», cioè le strutture di peccato, oggi presenti più che mai sulla scena internazionale. Lo sfondo sul quale la riflessione del vescovo Toso va inserita è quello della icastica affermazione di papa Paolo VI: «Lo sviluppo è il nuovo nome della pace» ( Populorum Progressio, 1967) – una afferma- zione che a distanza di oltre cinquant’anni stenta ancora a essere correttamente compresa. Perché? La ragione è che si continua a confondere lo sviluppo con la crescita economica. Anche piante ed animali crescono, ma solamente l’essere umano è capace di sviluppo. Il quale è l’esito del concorso di tre dimensioni: quella della crescita, certamente, ma pure quella socio- relazionale e quella spirituale. Ebbene, un modello di sviluppo garantisce la pace quando le tre dimensioni avanzano in armonia, senza che la dimensione della crescita fagociti le altre due – come oggi sta avvenendo.
Donde lo stato di diffusa e endemica belligeranza in questa nostra epoca: e la guerra in Ucraina ne è tragica evidenza. Platone si è servito del termine thimos (riconoscimento) per indicare che bisogno primario dell’essere umano, prima ancora del bisogno di nutrimento, è quello di essere riconosciuto e di riconoscere l’altro. Il riconoscimento postula la reciprocità. Due però le forme che il thimos può assumere: quella della megalothimia e quello della isothimia. Se quest’ultimo è il bisogno di essere riconosciuti come eguali agli altri, la prima è la volontà di essere riconosciuti come superiori agli altri. Ebbene è la megalothimia - una tendenza che negli ultimi decenni ha ripreso servizio anche in Occidente – uno dei principali fattori causali della guerra in corso. Si consideri, infatti, che l’odio è il più coesivo dei sentimenti politici, dato che, più di ogni altro sentimento, l’odio tiene assieme una moltitudine e ne fa una totalità obbediente. Cosa alimenta l’odio? La paura, il cui antidoto è la sicurezza. L’autocrate ha necessità di diffondere paura per potersi legittimare nei confronti della sua popolazione e ottenerne così sostegno. Con saggezza, oltre che con sapienza, Mons. Toso ci ricorda che il bene va perseguito su vie di bene. E ciò è possibile, a patto che la ricerca del bene torni a muovere le intenzioni profonde di ciascuno. È tale consapevolezza che apre alla speranza, la quale non è né il fatalismo di chi pensa che la guerra sia qualcosa di inevitabile, né l’atteggiamento misoneista di chi rinuncia a lottare, preferendo «osservare la realtà dal balcone» (papa Francesco). È la speranza che sprona all’azione, perché chi è capace di sperare è anche capace di agire per vincere la paralizzante apatia dell’esistente. Mi piace terminare con una storiella, di autore ignoto, che bene interpreta lo spirito con cui è stato scritto questo saggio. È la parabola del seminatore. Un giovane entrò in un negozio nel quale il venditore era un angelo. Chiese che cosa si vendesse in quel posto e la risposta dell’angelo fu che vi poteva trovare di tutto e, certamente, cose che non potevano essere comprate altrove. Allora il giovane chiese di poter acquistare la fine delle guerre, la fraternità tra tutti gli esseri umani, l’amore in famiglia e altro ancora. Scusa giovane – gli disse il venditore – qui non vendiamo frutti, ma soltanto semi!
LIMES 6-22 è dedicato alla guerra russo-americana.
L’editoriale di Lucio Caracciolo è intitolato “Oremus”.
Eccone i passi salienti (a giudizio del sottoscritto). Che non condivide nella maniera più assoluta la logica del suo ragionamento: collocarsi, come italiani, in piena consapevolezza nel blocco occidentale, facendo la nostra parte nella guerra globale che è in corso. (Come Italia peseremmo in particolare promuovendo EROQUAD)
La guerra in Ucraina è tra Russia e Stati Uniti. Posta in gioco l’Europa. Vittima sacrificale, il popolo ucraino. Comunque finisca, l’impero europeo dell’America non sarà quello di prima. Se sarà. Né lo sarà la Russia, Se sarà. Vale, di riflesso, per la Cina, preoccupata di non finire dentro tanto duello. Da questo conflitto nascerà un nuovo disordine mondiale. Non un ordine, perché chiunque vinca, o sopravviva, non sarà in grado di riprodurre la Pax Americana. Nemmeno l’America. (…) Il capoclassifica non potrà ostentarsi egemone globale, né forse lo vorrà. Ridurre ad unum questa Babele di otto miliardi di anime è affare di Dio, non di Cesare. (…) Oremus.
Non è terza guerra mondiale. Putin contesta, armi in pugno, il verdetto (della Guerra Fredda – ndr), ma se pure vincesse in Ucraina non potrebbe scalzare gli Stati Uniti dal trono. Ha però tutti i numeri – seimila bombe atomiche – per fare saltare il banco. Se invece prevalessero gli americani, presenterebbero il conto non tanto ai russi, impossibilitati a saldarlo, ma al resto del mondo. A cominciare dai neghittosi “alleati” euroccidentali. (…)
Nel faccia a faccia tra colossi che ridisegnerà il disordine del mondo i pesi medi o leggeri scadono automaticamente di categoria. (L’Europa e l’Italia) devono capire che stanno dentro un conflitto che cambia le nostre vite e stabilire il posto da prendere nella mischia. (…)
La partita sta sfuggendo di mano ai suoi protagonisti. (Ma sia a Washington che a Mosca c’è chi capisce che alla fine bisogna accordarsi).
Il partito della guerra da combattere fino all’ultimo ucraino onde dissanguare la Russia resta però attivo. Certamente tra baltici e polacchi, con robusto supporto britannico. Ma anche a Washington (…).
La guerra limitata fra Russia e America non può trascinarsi a lungo senza rischiare l’incidente o la provocazione capace di volgerla in apocalisse nucleare. Non siamo nei Balcani e nemmeno in Medio Oriente, dove i conflitti si autocontengono perché non decidono delle gerarchie della potenza globale. (Spostare i confini più a Est) significa sbilanciare il mondo. Forse decidere dell’esistenza o meno della Russia. (…)
Nell’ordine che distingue gli obiettivi vitali (rosso), fondamentali (blu) e molto rilevanti (giallo), ecco il catalogo per l’America.
Rosso: preservare e aggiornare il proprio impero europeo.
Per preservarlo è obbligatorio fiaccare, punire ma non distruggere la Russia. Mosca è nemico indispensabile.
Per aggiornarlo urge rivedere forma e senso della NATO. Il braccio militare del Patto Atlantico è mezzo, non fine. (…) Due suoi perni, Germania e Turchia, si svelano intermedi o almeno opportunisti nello scontro con la Russia. Berlino condivide con Parigi e a suo modo Roma il sogno della futuribile Helsinki 2, destinata a reintegrare Mosca nel concerto europeo (che non c’è). Deriva intollerabile. L’America sta perciò costruendo la sua SuperNATO dentro la NATO. O anche senza. Nuova Europa iperatlantica imperniata sulla Polonia, estesa dalla Scandinavia ai baltici, dalla Romania all’Adriatico (Trieste resta scalo strategico).(…)
Blu. Tagliare le connessioni fra Mosca e Berlino.
Obiettivo stampato a lettere di fuoco nella costituzione materiale della NATO originaria (Russians out, Germans down, conseguenza e scopo di Americans in). (..) Il riarmo unilaterale tedesco è considerato dallo Stato profondo a stelle e strisce più antiamericano che antirusso. Contromisura a portata di mano: interrompere l’interdipendenza energetica russo-tedesca.
Giallo. Impedire che la Cina rimetta piede in Ucraina.
(..) La Repubblica popolare è (era?) primo partner commerciale dell’Ucraina, da cui trae enormi carichi di cereali (…) La guerra deve servire all’America anche per stroncare questa relazione pericolosa.
Da tali priorità discende per Washington la rassegnazione alla partizione di fatto dell’Ucraina, tale però da consentirle di sopravvivere e fungere da avanguardia anrirussa (…). Lo statuto di neutralità da concordare con Mosca (e Kiev) sarebbe più formale che sostanziale. (…) La SuperNATO non farà mancare agli ucraini le garanzie militari che si presumono sufficienti a sconsigliare Putin dall’ingaggiare ulteriori operazioni speciali marchiate Z (…).
Segue catalogo russo. Quasi tutto rosso. Perché a differenza dell’America in questa guerra la Russia si gioca tutto.
Rosso. Chiudere la fase post sovietica, incarnata dal mostro geopolitico denominato Federazione Russa, figlio del cadavere dell’URSS. Scopo bellico è archiviare l’infausta parentesi “federale” per inaugurare la nuova fase dell’impero russo prima che questo fatiscente avanzo del disastro bolscevico collassi su se stesso.
(Putin recupera la continuità con l’impero zarista ma intende riadattarlo) alla rivoluzione geopolitica in corso, che si vuole destinata a sconvolgere il monopolio amaricano della potenza. Preludio al mondo policentrico, in cui pochi nuclei di potenza regionali s’alternano a terre di nessuno. (…)
All’insegna del Mondo Russo (RusskiJ Mir) il nuovo impero sarà dotato di tutti i crismi: (…) affiancato, non sottomesso alla Cina. (…)
Quanto all’Europa, vada al diavolo. Letteralmente. Insieme al suo padrone a stelle e strisce
(…) La guerra in corso potrebbe durare anni, forse decenni. A tappe. Impossibile programmarle in dettaglio (…). Alla fine della Grande guerra patriottica 2.0 il risorto Impero Russo tornerà a chiamarsi tale.
Blu. Senza vittoria in Ucraina salta tutto il progetto rosso. Supposto di sventare tale pericolo, cosa significa vincere in questa campagna? (..) L’obiettivo finale resta l’iniziale: Ucraina tota, o quasi. Da conquistare per gradi, scanditi da adeguate pause. (…) La Russia sovietica battezzò l’Ucraina. La Russia putiniana l’assorbirà (…). Mosca non ha fretta…
Giallo. Qui si tratta dell’eventuale espansione dello spazio moscovita oltre l’Ucraina. Primi candidati, i paesi baltici, dove risiedono più o meno corpose minoranze russe. (…) Mar Nero e Mar Baltico devono tornare nella sfera russa o in qualche regime di pacifico condominio (…). Conviene considerare la probabilità che il Fronte Nord si apra prima del previsto (…). L’Unione Sovietica perì in difesa. Senza combattere. Se dovesse seguirla nella tomba, la Federazione Russa lo farà all’attacco.
(…)
Forse non ce ne siamo accorti, ma nello scontro in atto noi (Italia) stiamo con Kiev, che armiamo e finanziamo in misura cospicua. Contro Mosca, che infatti ci bolla “paese ostile”. (…) Se ci sarà da colpire un bersaglio da parte russa (saremo preferiti) perché incapaci di rappresaglia.
A impedirci di rimuovere la guerra è soprattutto la retroazione delle sanzioni antirusse promosse in sede europea e occidentale, per ora più efficaci contro di noi che nei confronti di Mosca. Scontato un autunno-inverno di sofferenze economiche e conflitti sociali, con effetti imprevedibili sulla tenuta delle istituzioni. (…)
Decisiva la partita del gas. Destinata a inasprirsi se i prezzi energetici continueranno ad aggirarsi sui picchi attuali, che permettono alla Russia di finanziare la guerra pur abbattendo le forniture all’Europa. (..)
Su questo gli interessi nostri e quelli americani non coincidono. Per gli Stati Uniti la nostra crisi energetica è il conto da pagare per spezzare l’interdipendenza gasiera fra fornitore russo e marcato europeo. A Washington non lo ammetterebbero nemmeno sotto tortura, ma se per raggiungere questo traguardo toccasse passare per la sconfitta dell’Ucraina e per una pesantissima recessione in Italia, Germania e altri paesi europei, accetterebbero senza esitare. L’essenziale è che tra Russia e Europa atlantica cali impenetrabile il sipario. Roma, come Berlino, non è autorizzata a ondeggiare fra impero russo e americano (…).
Per noi (Italia) la priorità è tenere i piedi in Ucraina (…) dando un contributo alla salvezza dello Stato aggredito sul fronte militare, diplomatico ed economico. (…)
Il capitolo guerra non è per noi. Però smettere l’invio di armi e munizioni significa esclusione automatica dalle partite diplomatiche ed economiche. Quindi geopolitiche. Aiutare vuol dire contare. (…)
L’Italia è stata il primo paese a disegnare una road map per la pace, bozza in quattro punti discussa con americani, tedeschi e francesi. Inattuabile, rivedibile, comunque un punto. (…) L’Euroquad informale in allestimento con Francia, Germania e Spagna (…) è base da cui ripartire per affermare il peso dell’Italia, potenzialmente superiore a quanto noi stessi pensiamo(…).
C’è fretta. Non solo perché i russi avanzano. Lo Stato ucraino è tecnicamente fallito. La moneta locale è in caduta libera (…). L’inflazione avvicina il 20%. Le entrate fiscali tendono allo zero. Il tesoro di Kiev ha bisogno di 5 miliardi di euro al mese per evitare la bancarotta (…).
Imperativo bloccare l’emorragia e aprire la prospettiva della ricostruzione. Intrecciando diplomazia ed economia nella visione geopolitica fondata sulla persistenza di un soggetto ucraino neutrale ma ancorato all’Occidente, probabilmente amputato di almeno un quarto del suo territorio ma affacciato sul mare e connesso al cuore d’Europa. Non vera pace, tregua lunga.
E’ anche gioco di specchi. L’Italia si è battuta per conferire all’Ucraina lo status di candidato all’Unione Europea.(…) (Dobbiamo sfruttare le occasioni di business che si aprono). In filigrana si legge l’obiettivo geopolitico: incardinare l’Ucraina nello spazio europeo. Non è tempo di ponti. Se il tuo paese è tagliato dalla cortina di acciaio, puoi stare da una parte sola e sperare di convivere in freddissima tregua con l’altra. La prossima Helsinki non è per domani , ammesso sia possibile nel futuro lontano (…).
Forse non abbiamo colto che il 24 febbraio è lo spartiacque che bipartisce le nostre vite. Ci tocca l’esercizio che contavamo di poterci risparmiare: ragionare sulla guerra. Per non precipitarci dentro.
Conferenza di revisione del TNP 2022: informazioni sulla partecipazione della società civile
La decima conferenza di revisione del TNP si riunirà a New York dall'1 al 26 agosto 2022.
Le modalità di partecipazione della società civile sono delineate nella presente nota informativa (TNP/CONF.2020/INF/2/Rev.2).
Si prega di leggere la nota informativa per intero per tutti i dettagli: di seguito è riportato solo un riepilogo.
PARTECIPAZIONE E ACCESSO Sulla base della prassi delle precedenti conferenze di revisione, i rappresentanti delle organizzazioni non governative saranno autorizzati, su richiesta, a partecipare di persona alle riunioni della Conferenza di revisione.
Si prevede provvisoriamente che le discussioni aperte della Conferenza di revisione saranno visibili in http://webtv.un.org/.
ACCREDITAMENTO E REGISTRAZIONE La partecipazione alla Conferenza di revisione del TNP 2022 richiede due passaggi: accreditamento e registrazione.
Se la tua organizzazione è stata accreditata per partecipare al RevCon nel 2020 o nel 2021:
Se la tua organizzazione ha richiesto e ricevuto l'accreditamento nel 2020 o nel 2021 per partecipare alla Conferenza di revisione, il suo accreditamento rimane valido. Le organizzazioni precedentemente accreditate non hanno bisogno di presentare nuovamente domanda.
Se la tua organizzazione NON è stata accreditata per partecipare al RevCon nel 2020 o nel 2021:
Tutte le richieste di accreditamento devono essere presentate alla Segreteria entro e non oltre il 17 giugno 2022 utilizzando il modulo online disponibile presso https://forms.office.com/r/j4vz1Sj0sa.
Le organizzazioni non governative devono inoltre presentare a Diane Barnes (diane.barnes@un.org) una richiesta scritta di accreditamento su carta intestata ufficiale dell'organizzazione che elenca i rappresentanti che parteciperanno, compresi i loro nomi e titoli completi.
Ulteriori rappresentanti possono essere inclusi in una lettera di richiesta di accreditamento riveduta, che dovrebbe essere presentata entro il 18 luglio 2022. Per facilitare le comunicazioni relative all'accreditamento e alla registrazione, la lettera deve includere l'indirizzo e-mail personale e il numero di telefono diretto di un punto di contatto nell'organizzazione.
Le organizzazioni non governative che non hanno partecipato a una precedente conferenza di revisione o riunione del comitato preparatorio del trattato di non proliferazione delle armi nucleari dovrebbero indicare le precedenti interazioni tra l'organizzazione e le Nazioni Unite in relazione al disarmo nucleare e alle questioni di non proliferazione. Dovrebbe essere fornita una dichiarazione di missione o una sintesi del lavoro dell'organizzazione.
Le organizzazioni non governative che hanno richiesto l'accreditamento di cui sopra saranno informate dal Segretariato via e-mail entro il 28 giugno 2022 dell'esito della loro richiesta. Per domande relative all'accreditamento, si prega di contattare Diane Barnes (diane.barnes@un.org).
Registrazione (da completare dopo l'approvazione dell'accreditamento)
Le iscrizioni incomplete e le iscrizioni ricevute dopo la scadenza non saranno elaborate.
La registrazione online sarà disponibile dal 1° giugno al 18 luglio 2022 per i rappresentanti delle organizzazioni non governative il cui accreditamento è stato provvisoriamente approvato.
I partecipanti devono compilare un modulo di registrazione sul sistema Indico online all'https://indico.un.org/event/1000162/registrations/ e seguire la procedura descritta. Una volta che un partecipante è registrato nel sistema, il profilo rimarrà e dovrà essere aggiornato solo se necessario. Le registrazioni online devono includere la lettera di richiesta di accreditamento, incluso il nome del partecipante. Se i documenti richiesti non sono allegati, il sistema respingerà la domanda.
Una volta che le loro registrazioni sono state approvate in Indico, i rappresentanti delle organizzazioni non governative riceveranno un'e-mail di conferma.
A partire dal 27 luglio 2022, i pass per motivi validi per la durata della Conferenza di revisione saranno disponibili per il ritiro presso la Pass and Identification Unit al 320 East 45th Street. Si consiglia ai partecipanti di recarsi all'Unità pass e identificazione con largo anticipo per consentire un tempo sufficiente per i controlli di sicurezza.
Presentazioni della società civile
Si prevede provvisoriamente che una riunione per le presentazioni delle organizzazioni non governative si terrà venerdì 5 agosto 2022, dalle 15 alle 18. Come in passato, le organizzazioni non governative sono invitate a coordinarsi tra loro nel decidere quali rappresentanti interverranno alla Conferenza di revisione durante la sessione assegnata alle presentazioni delle organizzazioni non governative. Si prega di contattare disarm@wilpf.org per saperne di più su come vengono organizzate le presentazioni della società civile.
Eventi collaterali La disponibilità di spazio per gli eventi collaterali durante la sessione è limitata. Eventi collaterali che possono essere ospitati all'interno della sala assegnata alle organizzazioni non governative saranno programmati anche da WILPF. Pubblicheremo informazioni sugli eventi collaterali sul nostro sito web (Calendario degli eventi per la Conferenza di revisione del 2022). Si prega di inviare un'e-mail a disarm[at]wilpf.org per prenotare la stanza per un evento collaterale. Richiederemo il nome dell'evento, gli organizzatori/ organizzatori e le tue prime tre preferenze di data e ora.
Esposizioni Lo spazio limitato è disponibile per le mostre. Tutte le mostre presso le strutture delle Nazioni Unite richiedono la sponsorizzazione da parte di uno Stato Parte disposto ad assumersi la responsabilità per il loro posizionamento e contenuto, nonché la presentazione dei costi associati. Si prega di inviare richieste di sponsorizzazione direttamente ai punti di contatto della missione permanente pertinenti. Gli Stati membri possono contattare Gabiden Laumulin (gabiden.laumulin@un.org) quanto prima e comunque entro il 1o luglio 2022.
6 LUGLIO 2022. SI CHIUDE MALE PER GLI ECOLOGISTI LA PARTITA DELLA TASSONOMIA EUROPEA
(Foto di Ultima Generazione)
Nucleare e gas giudicati sostenibili e finanziabili dal Parlamento europeo. Le ultime speranze riposte sui ricorsi legali di Paesi (Austria, Lussemburgo) e Associazioni. L'accettazione della premessa della guerra in Ucraina ha azzoppato l'opposizione.
Di seguito info, analisi e commenti.
In Italia per un certo periodo, a nostro parere troppo breve, il "pallino" della protesta è stato tenuto in mano dagli ecopacifisti, gli unici in grado di scendere fisicamente in piazza durante le restrizioni Covid.
Poi sono subentrati, ad occupare la ribalta, gli ambientalisti tradizionali e la "lotta esemplare" di Civitavecchia, considerata vittoriosa (ma della quale fuori dai ristretti confini laziali non risulta siano stati poi in tanti a gioire, per come ci si sarebbe aspettati).
Vi sono le solite mobilitazioni territoriali che è difficile coordinare su obiettivi più generali che non siano i no ai progetti impattanti sul singolo posto sotto attacco (a volte anche presunto).
L'ambientalismo specialistico fa fatica a focalizzare il nucleare come suo avversario, a inserirlo tra le energie fossili da contestare, preferisce privilegiare la denuncia sul gas: anzi per i Fridays italiani ed europei è stato un problema mantenerli dentro una piattaforma che rifiutava il nucleare allo stesso modo del gas. Non è una forzatura polemica, ma la triste verità su di un atteggiamento che, per opportunismo codista (si sarebbe detto un tempo), evitiamo di rimprovarare a Greta Thunberg e ai suoi seguaci.
Per i Fridays For Future infatti mentre la lotta contro il gas è un obiettivo, il nucleare è solo un "tema di dibattito da approfondire", poiché con tutta evidenza le sirene della nuova generazione e dei microimpianti stanno avendo il loro (improvvido a nostro avviso) ascolto in questa area giovanile.
Dobbiamo continuare a glissare sulla minaccia esiziale costituita dal nucleare civile e militare, strettamente intrecciati; e che ora come minimo ci toccherà sostenere, con i nostri soldi di contribuenti italiani, il piano di rilancio nucleare di Macron e il suo giocare alla roulette russa con le nostre vite dal momento che la Francia ha deciso di prorogare di un decennio il funzionamento di vecchie centrali che dovrebbero chiudere per raggiunti limiti di età?
Ed è proprio così difficile accettare l'idea che oggi il "territorio" va considerato l'intero spazio planetario? Non siamo tutti sulla stessa barca, come ci ricordano gli slogan apposti sui frontoni delle COP per il clima?
E dobbiamo per forza accettare la narrazione che siamo parte cobelligerante (anche se nelle retrovie) contro la Russia di Putin e non invece soggetto terzo europeo che può tentare una mediazione tra le parti che si sparano contro?
Se si accetta la premessa dell'avversario è poi logico che ci si trovi in difficoltà quando si contestano alcune sue conseguenze. Se la premessa è che la nostra preoccupazione più urgente è sconfiggere Putin nella sua aggressione sull'Ucraina, allora poi non lamentiamoci se questa urgenza ci impone di arretrare sugli obiettivi ecologici che noi stessi finiamo per considerare secondari.
Il ripiegamento sulla ecologia da brandire come arma di guerra non ci sembra una buona idea. L'etichetta "verde" a nucleare e gas va rifiutata non perché non vogliamo favorire Putin ma perché siamo consapevoli che primo compito di tutti è la PACE CON LA NATURA: il nostro ambiente che si sta, per così dire, ribellando contro tutte le società umane, incapaci di rispettare i cicli che garantiscono anche il sostentamento della nostra specie.
_________________________________________________________________________________________Articolo su il Manifesto del 7 luglio 2022 di Anna Maria Merlo
La Tassonomia verde diventa grigia: «Gas e nucleare come le rinnovabili»
EUROPA. Il voto contestatissimo del Parlamento europeo: otto i paesi contrari e Austria e Lussemburgo promettono di rivolgersi alla Corte di giustizia. Protesta dei socialisti: «Patto faustiano» tra Francia e Germania. Greenpeace: «È un regalo a Putin»
È una «vergogna», un «risultato scandaloso», ma «la lotta continua». Verdi, sinistra e organizzazioni ecologiste criticano con forza il risultato del voto ieri al Parlamento europeo, che ha respinto con 328 voti contro 278 e 33 astensioni l’«obiezione» – che equivale a un veto – all’inserimento del gas e del nucleare nella Tassonomia delle energie rinnovabili, almeno come transizione, che era stata posta alla commissione Envi del parlamento europeo il 14 giugno scorso.
COSÌ, ROVESCIATO IL VETO, è passato il testo della Commissione presentato lo scorso gennaio che considera «durevoli» alcuni investimenti per la produzione di energia nelle centrali nucleari che non emettono Co2 costruite fino al 2030 (e che adottano un protocollo per maggiore sicurezza dal 2025 e piani per lo stoccaggio delle scorie dal 2050). Accettate anche le centrali a gas, a condizione che utilizzino le tecnologie più avanzate e che permettano la chiusura di centrali a carbone, ancora più inquinanti.
La storia però non finisce qui: Austria e Lussemburgo hanno l’intenzione di rivolgersi alla Corte di giustizia europea, una procedura giudiziaria a cui si aggregheranno le varie opposizioni. Il Consiglio europeo approva la linea della Commissione, ma c’è l’opposizione di otto paesi (non sufficiente però per una maggioranza qualificata che bloccherebbe la decisione).
La Commissione ha assicurato ieri che «resta determinata a utilizzare tutti gli strumenti disponibili per allontanare la Ue da fonti energetiche a forti emissioni di carbonio». In queste ore, l’attenzione della Commissione e degli Stati membri è tutta rivolta alla minaccia russa di chiudere il rubinetto del gas, le preoccupazioni ecologiche passano in secondo piano.
A METÀ LUGLIO, Mosca ha annunciato «riparazioni» alla pipeline Nord Stream 1, per la Germania significa un blocco che dovrebbe durare due settimane, ma potrebbe venire prolungato sine die, come «arma» di Putin.
La presidente Ursula von der Leyen ha ancora ieri ricordato che bisogna prepararsi «ad altri tagli» da parte della Russia. La Ue ha varato sei pacchetti di sanzioni, a metà agosto entra in vigore l’embargo sul carbone russo, a fine anno quello sul petrolio. Sul gas, la Ue non ha ancora deciso nulla, ma subisce i ricatti di Mosca.
Greenpeace ha ricordato ieri che inserire il gas nella tassonomia significa fare un regalo a Putin: sono almeno quattro miliardi di euro l’anno per Mosca, che servono a finanziare la guerra in Ucraina, 32 miliardi fino al 2030. Il rafforzamento del dollaro rispetto all’euro e l’aumento dei prezzi dell’energia contribuiscono anch’essi a riempire le casse russe.
SECONDO IL PRESIDENTE della commissione Envi, il francese Pascal Canfin (Renew), i «timori» degli ecologisti sulla tassonomia «non sono giustificati»: «Gas e nucleare non sono messi sullo stesso piano delle rinnovabili e sono incluse delle condizioni precise» per il loro uso.
Ma per i Verdi la tassonomia è frutto di un «patto faustiano» tra Francia e Germania: la seconda, anti-nucleare, ha scambiato l’appoggio di Parigi al gas con il sostegno al nucleare francese (e dell’est europeo). «Conservando il gas e il nucleare come sostenibili nella tassonomia – afferma il gruppo S&D – i conservatori hanno vergognosamente tradito le ambizioni della Ue sul clima».
I socialisti sperano che la finanza mondiale volti le spalle alle energie fossili. Sul voto è intervenuta anche Greta Thunberg, citando solo il caso del gas, che «ritarda la transizione realmente durevole e rafforza la dipendenza dagli idrocarburi russi».
Alla Ue è in discussione tutto un «pacchetto clima», un Green Deal presentato un anno fa dalla Commissione, che va dal sistema di scambio delle quote di emissioni di Co2, l’Ets (European Trading System) alla carbon tax alle frontiere esterne della Ue, per evitare di «importare» Co2 e le delocalizzazioni opportuniste, al bando delle auto a benzina nel 2035. C’è l’accordo per ridurre le emissioni a effetto serra (Fit for 55, meno 55% entro il 2030, neutralità carbonio nel 2050), ma più ci si avvicina alla traduzione in pratica dell’obiettivo più emergono con forza le lobby.
IN FRANCIA, la prima ministra Elisabeth Borne, nel discorso di presentazione al Parlamento sulla politica generale ha annunciato la nazionalizzazione di Edf, l’operatore storico (dove lo stato controlla già l’83,8% del capitale): la società è in difficoltà a causa dei costi crescenti del nucleare, con circa la metà dei reattori fermi per manutenzione.
Secondo Greenpeace il voto di ieri del Parlamento europeo sulla Tassonomia verde è «oltraggioso». Non esiste parola più adeguata per descrivere la scelta di «etichettare il gas fossile e il nucleare come “verdi” e far fluire così più denaro verso le casse che finanziano la guerra di Putin in Ucraina» e per questo – annuncia l’associazione – «continueremo a opporci in tribunale». Greenpeace ha annunciato un’azione legale contro la Commissione europea: il primo step sarà la presentazione di «una richiesta formale di revisione interna» del documento adottato, ma «in caso di esito negativo, porterà la causa alla Corte di Giustizia europea». Secondo Ariadna Rodrigo, della
campagna Finanza sostenibile di Greenpeace Ue, l’azione è ispirata «dalle attiviste e dagli attivisti per il clima che questa settimana si sono riuniti a Strasburgo, e siamo fiduciosi che i tribunali annulleranno questo tentativo di greenwashing sostenuto dalla politica, si tratta di una chiara violazione delle leggi dell’Unione europea». Anche il Wwf valuta azioni legali: «Non è ancora finita. Non rinunciamo a combattere».
Dalla tassonomia, una parola il cui uso mutuato dalla botanica significa classificazione, discende un elenco che aiuta il mondo finanziario a far chiarezza su quali attività economiche siano realmente sostenibili: quella «verde» dovrebbe indirizzare i capitali privati verso investimenti per la decarbonizzazione, contribuendo agli obiettivi di mitigazione del cambiamento climatico. Eccolo il problema: «L’Europarlamento con il voto di oggi ha ceduto alle lobby di gas e nucleare sostenendo la proposta della Commissione di classificarli come fonti energetiche sostenibili. Un duro colpo al Green Deal Europeo e a un’ambiziosa politica climatica in linea con l’obiettivo di Parigi di «contenere il riscaldamento globale entro 1,5° C, indispensabile per fronteggiare l’emergenza climatica. Una scelta politica senza alcuna base scientifica, come invece richiede il regolamento sulla Tassonomia», spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente.
«L’esito del voto dimostra in modo drammatico la miopia e la sudditanza alle lobby del fossile di una certa politica che ancora una volta antepone il mero profitto alla salute dei cittadini e alla tutela del Pianeta», affermano Eleonora Evi e Angelo Bonelli, co-portavoce nazionali di Europa Verde, insieme a Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra italiana.
A porre l’accento sui rischi per il nostro Paese del voto di ieri è Davide Panzeri, responsabile del Programma Europa del think tank ECCO: «Abbiamo perso un’occasione chiave. Una tassonomia senza gas e nucleare avrebbe accelerato l’abbattimento delle emissioni climalteranti e favorito la competitività del nostro comparto industriale, composto in buona parte da piccole e medie imprese. Il rischio ora è che i fondi privati, fondamentali per favorire la transizione verde, vengano fagocitati da grandi gruppi industriali per sostenere il piano di rilancio del nucleare di Macron e lo sviluppo dell’infrastruttura gas tedesca».
Insomma, il voto europeo potrebbe rallentare la transizione energetica in Italia. Per il nostro Paese la priorità dovrebbe essere quella di recuperare risorse finanziarie da investire in un sistema energetico decarbonizzato, «che si concentri sullo sviluppo di nuova capacità rinnovabile, sulle tecnologie abilitanti (come lo stoccaggio e le batterie, i sistemi intelligenti di gestione della domanda), sul rafforzamento delle reti elettriche e delle reti intelligenti, sulla trasformazione dell’industria italiana e sulla riconversione delle PMI, sull’efficienza energetica e la mobilità a emissioni zero. L’Italia trarrebbe grande beneficio da una tassonomia che indirizzi i capitali internazionali verso i settori strategici in cui il Paese ha realmente bisogno», spiega un’analisi pubblicata da ECCO.
Questa Tassonomia verde, poi, potrebbe fregare anche tanti cittadini-risparmiatori: molti scegliendo di investire in un pacchetto «verde» potrebbero – a loro insaputa – finanziarie lo sviluppo di gas e nucleare. Un bel regalo a quella che Re:Common definisce «finanza fossile», cioè l’insieme di banche, compagnie assicurative, fondi di investimento e fondi pensione che erogano servizi finanziari alle società dei combustibili fossili.
NATO 2022: IL CONCETTO STRATEGICO (PASSI ESTRATTI DAL DOCUMENTO FOCALIZZATI SUL RUOLO DELLA DETERRENZA NUCLEARE).
Il Concetto strategico della NATO definisce le sfide alla sicurezza che l'Alleanza deve affrontare e delinea i compiti politici e militari che la NATO svolgerà per affrontarle.
IL CONCETTO STRATEGICO DELLA NATO
Il concetto strategico 2022 è stato adottato al vertice di Madrid del 29-30 giugno 2022.
PREMESSA
Noi, i capi di Stato e di governo degli alleati della NATO, ci siamo riuniti a Madrid in un momento critico per la nostra sicurezza e per la pace e la stabilità internazionali. Oggi sosteniamo un nuovo concetto strategico per garantire che la nostra alleanza rimanga in forze e dotata di risorse per il futuro.
(...)
Il nostro mondo è contestato e imprevedibile. La guerra di aggressione della Federazione Russa contro l'Ucraina ha sconvolto la pace e alterato gravemente il nostro ambiente di sicurezza. La sua invasione brutale e illegale, le ripetute violazioni del diritto umanitario internazionale e gli attacchi e le atrocità atroci hanno causato sofferenze e distruzioni indicibili. Un'Ucraina forte e indipendente è vitale per la stabilità dell'area euro-atlantica. Il comportamento di Mosca riflette un modello di azioni aggressive russe contro i suoi vicini e la più ampia comunità transatlantica.
(..)
Il nostro nuovo Concetto strategico riafferma che lo scopo principale della NATO è garantire la nostra difesa collettiva, basata su un approccio a 360 gradi. Definisce i tre compiti principali dell'Alleanza: deterrenza e difesa; prevenzione e gestione delle crisi; ed infine sicurezza cooperativa.
Sottolineiamo la necessità di rafforzare in modo significativo la nostra deterrenza e capacità di difesa come spina dorsale del nostro impegno dell'articolo 5 a difenderci a vicenda.
Lo scopo fondamentale della capacità nucleare della NATO è preservare la pace, prevenire la coercizione e scoraggiare l'aggressione. Finché esisteranno le armi nucleari, la NATO rimarrà un'alleanza nucleare. L'obiettivo della NATO è un mondo più sicuro per tutti; cerchiamo di creare l'ambiente di sicurezza per un mondo senza armi nucleari.
Il Concetto strategico sottolinea che garantire la nostra resilienza nazionale e collettiva è fondamentale per tutti i nostri compiti principali e sostiene i nostri sforzi per salvaguardare le nostre nazioni, società e valori condivisi. Sottolinea inoltre l'importanza trasversale di investire nell'innovazione tecnologica e di integrare il cambiamento climatico, la sicurezza umana e l'agenda Donne, pace e sicurezza in tutti i nostri compiti principali.
SCOPI E PRINCIPI
1. La NATO è determinata a salvaguardare la libertà e la sicurezza degli Alleati. Il suo scopo principale e la sua più grande responsabilità è garantire la nostra difesa collettiva, contro tutte le minacce, da tutte le direzioni possibili. Siamo un'Alleanza difensiva.
2. Il legame transatlantico tra le nostre nazioni è indispensabile per la nostra sicurezza. Siamo uniti da valori comuni: libertà individuale, diritti umani, democrazia e stato di diritto. Rimaniamo fermamente impegnati nei confronti degli scopi e dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del Trattato del Nord Atlantico.
3. La NATO è il foro transatlantico unico, essenziale e indispensabile per consultare, coordinare e agire su tutte le questioni relative alla nostra sicurezza individuale e collettiva. Rafforzeremo la nostra Alleanza sulla base della nostra indivisibile sicurezza, solidarietà e ferreo impegno a difenderci a vicenda, come sancito dall'articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico. La nostra capacità di scoraggiare e difendere è la spina dorsale di tale impegno.
4. La NATO continuerà a svolgere tre compiti fondamentali: deterrenza e difesa; prevenzione e gestione delle crisi; e sicurezza cooperativa. Questi compiti sono complementari per garantire la difesa e la sicurezza collettiva di tutti gli Alleati.
5. Miglioreremo la nostra resilienza individuale e collettiva e il nostro vantaggio tecnologico. Questi sforzi sono fondamentali per adempiere ai compiti fondamentali dell'Alleanza. Promuoveremo il buon governo e integreremo il cambiamento climatico, la sicurezza umana e il programma Donne, pace e sicurezza in tutti i nostri compiti. Continueremo a promuovere l'uguaglianza di genere come riflesso dei nostri valori.
La nostra visione è chiara: vogliamo vivere in un mondo in cui sovranità, integrità territoriale, i diritti umani e il diritto internazionale sono rispettati e dove ogni Paese può scegliere la propria strada, libero da aggressioni, coercizioni o sovversione. Lavoriamo con tutti coloro che condividono questi obiettivi. Siamo uniti, come alleati, per difendere la nostra libertà e contribuire a un mondo più pacifico.
AMBIENTE STRATEGICO
(...)
L'erosione dell'architettura di controllo degli armamenti, per il disarmo e la non proliferazione, ha avuto un impatto negativo sulla stabilità strategica. Le violazioni da parte della Federazione Russa e l'attuazione selettiva dei suoi obblighi e impegni in materia di controllo degli armamenti hanno contribuito al deterioramento del più ampio panorama della sicurezza. Il potenziale utilizzo di materiali o armi chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari contro la NATO da parte di attori statali e non statali ostili rimane una minaccia per la nostra sicurezza. Iran e Corea del Nord continuano a sviluppare i loro programmi nucleari e missilistici. Siria, Corea del Nord e Federazione Russa, insieme ad attori non statali, hanno fatto ricorso all'uso di armi chimiche. La RPC sta espandendo rapidamente il suo arsenale nucleare e sta sviluppando sistemi di consegna sempre più sofisticati, senza aumentare la trasparenza o impegnarsi in buona fede nel controllo degli armamenti o nella riduzione dei rischi.
19. Il cambiamento climatico è una sfida determinante del nostro tempo, con un profondo impatto sulla sicurezza degli Alleati. È un moltiplicatore di crisi e minacce. Può esacerbare conflitti, fragilità e competizione geopolitica. L'aumento delle temperature provoca l'innalzamento del livello del mare, incendi ed eventi meteorologici più frequenti ed estremi, sconvolgendo le nostre società, minando la nostra sicurezza e minacciando la vita e i mezzi di sussistenza dei nostri cittadini. Il cambiamento climatico influisce anche sul modo in cui operano le nostre forze armate. Le nostre infrastrutture, risorse e basi sono vulnerabili ai suoi effetti. Le nostre forze devono operare in condizioni climatiche più estreme e le nostre forze armate sono chiamate più frequentemente ad assistere nei soccorsi in caso di calamità.
I COMPITI PRINCIPALI DELLA NATO
DETERRENZA E DIFESA
20. Sebbene la NATO sia un'Alleanza difensiva, nessuno dovrebbe dubitare della nostra forza e determinazione a difendere ogni centimetro del territorio alleato, preservare la sovranità e l'integrità territoriale di tutti gli alleati e prevalere contro qualsiasi aggressore. In un ambiente di concorrenza strategica, rafforzeremo la nostra consapevolezza globale e raggiungeremo per scoraggiare, difendere, contestare e negare in tutti i domini e le direzioni, in linea con il nostro approccio a 360 gradi. La posizione di deterrenza e difesa della NATO si basa su un'appropriata combinazione di capacità di difesa nucleare, convenzionale e missilistica, integrate da capacità spaziali e informatiche. È difensivo, proporzionato e pienamente in linea con i nostri impegni internazionali. Impiegheremo strumenti militari e non militari in modo proporzionato, coerente e integrato per rispondere a tutte le minacce alla nostra sicurezza nel modo, nei tempi e nell'ambito di nostra scelta.
Lo scopo fondamentale della capacità nucleare della NATO è preservare la pace, prevenire la coercizione e scoraggiare l'aggressione. Le armi nucleari sono uniche. Le circostanze in cui la NATO potrebbe dover utilizzare armi nucleari sono estremamente remote. Qualsiasi impiego di armi nucleari contro la NATO altererebbe fondamentalmente la natura di un conflitto. L'Alleanza ha le capacità e la determinazione per imporre costi a un avversario che sarebbero inaccettabili e supererebbero di gran lunga i benefici che qualsiasi avversario potrebbe sperare di ottenere impiegandole.
29. Le forze nucleari strategiche dell'Alleanza, in particolare quelle degli Stati Uniti, sono la garanzia suprema della sicurezza dell'Alleanza. Le forze nucleari strategiche indipendenti del Regno Unito e della Francia hanno un proprio ruolo deterrente e contribuiscono in modo significativo alla sicurezza generale dell'Alleanza. I centri decisionali separati di questi alleati contribuiscono alla deterrenza complicando i calcoli dei potenziali avversari. La posizione di deterrenza nucleare della NATO si basa anche sulle armi nucleari degli Stati Uniti dispiegate in Europa e sui contributi degli alleati interessati. I contributi nazionali di velivoli a doppia capacità alla missione di deterrenza nucleare della NATO rimangono centrali in questo sforzo.
30. La NATO adotterà tutte le misure necessarie per garantire la credibilità, l'efficacia, la sicurezza e la protezione della missione di deterrenza nucleare. L'Alleanza si impegna a garantire maggiore integrazione e coerenza delle capacità e delle attività in tutti i domini e lo spettro del conflitto, pur riaffermando il ruolo unico e distinto di deterrenza nucleare. La NATO continuerà a mantenere una deterrenza credibile, a rafforzarsi le sue comunicazioni strategiche, migliorare l'efficacia dei suoi esercizi e ridurre i rischi strategici.
31. Continueremo a investire nella nostra difesa contro le minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari. Miglioreremo le nostre politiche, piani, formazione ed esercitazioni e valuteremo le nostre capacità per garantire che questi requisiti siano integrati nel nostro atteggiamento di deterrenza e difesa.
32. La stabilità strategica, ottenuta attraverso una deterrenza e una difesa efficaci, il controllo degli armamenti e il disarmo, e un dialogo politico significativo e reciproco restano essenziali per la nostra sicurezza. Il controllo degli armamenti, il disarmo e la non proliferazione contribuiscono fortemente agli obiettivi dell'Alleanza. Gli sforzi degli alleati in materia di controllo degli armamenti, disarmo e non proliferazione mirano a ridurre i rischi e migliorare la sicurezza, la trasparenza, la verifica e la conformità. Perseguiremo tutti gli elementi della riduzione strategica del rischio, inclusa la promozione del rafforzamento della fiducia e della prevedibilità attraverso il dialogo, una maggiore comprensione e l'istituzione di efficaci strumenti di prevenzione e gestione delle crisi.
Questi sforzi terranno conto dell'ambiente di sicurezza prevalente e della sicurezza di tutti gli alleati e integreranno la posizione di deterrenza e difesa dell'Alleanza. Utilizzeremo la NATO come piattaforma per discussioni approfondite e strette consultazioni sugli sforzi per il controllo degli armamenti.
33. Il Trattato di non proliferazione nucleare è il baluardo essenziale contro la diffusione delle armi nucleari e rimaniamo fermamente impegnati per la sua piena attuazione, compreso l'articolo VI. L'obiettivo della NATO è creare l'ambiente di sicurezza per un mondo senza armi nucleari, coerentemente con gli obiettivi della non proliferazione nucleare Trattato.
Preface
We, the Heads of State and Government of the NATO Allies, have come together in Madrid at a critical time for our security and for international peace and stability. Today, we endorse a new Strategic Concept to ensure our Alliance remains fit and resourced for the future.
For more than seventy years, NATO has ensured the freedom and security of Allies. Our success is the result of the service and sacrifice of the women and men of our armed services. We owe them and their families a great debt of gratitude.
We remain steadfast in our resolve to protect our one billion citizens, defend our territory and safeguard our freedom and democracy. We will reinforce our unity, cohesion and solidarity, building on the enduring transatlantic bond between our nations and the strength of our shared democratic values. We reiterate our steadfast commitment to the North Atlantic Treaty and to defending each other from all threats, no matter where they stem from.
We will continue to work towards just, inclusive and lasting peace and remain a bulwark of the rules-based international order. We will retain a global perspective and work closely with our partners, other countries and international organisations, such as the European Union and the United Nations, to contribute to international peace and security.
Our world is contested and unpredictable. The Russian Federation’s war of aggression against Ukraine has shattered peace and gravely altered our security environment. Its brutal and unlawful invasion, repeated violations of international humanitarian law and heinous attacks and atrocities have caused unspeakable suffering and destruction. A strong, independent Ukraine is vital for the stability of the Euro-Atlantic area. Moscow’s behaviour reflects a pattern of Russian aggressive actions against its neighbours and the wider transatlantic community. We also face the persistent threat of terrorism, in all its forms and manifestations. Pervasive instability, rising strategic competition and advancing authoritarianism challenge the Alliance’s interests and values.
Our new Strategic Concept reaffirms that NATO’s key purpose is to ensure our collective defence, based on a 360-degree approach. It defines the Alliance’s three core tasks: deterrence and defence; crisis prevention and management; and cooperative security.
We underscore the need to significantly strengthen our deterrence and defence as the backbone of our Article 5 commitment to defend each other.
The fundamental purpose of NATO’s nuclear capability is to preserve peace, prevent coercion and deter aggression. As long as nuclear weapons exist, NATO will remain a nuclear alliance. NATO’s goal is a safer world for all; we seek to create the security environment for a world without nuclear weapons.
The Strategic Concept emphasises that ensuring our national and collective resilience is critical to all our core tasks and underpins our efforts to safeguard our nations, societies and shared values. It also emphasises the cross-cutting importance of investing in technological innovation and integrating climate change, human security and the Women, Peace, and Security agenda across all our core tasks.
Our vision is clear: we want to live in a world where sovereignty, territorial integrity,
human rights and international law are respected and where each country can choose its own path, free from aggression, coercion or subversion. We work with all who share these goals. We stand together, as Allies, to defend our freedom and contribute to a more peaceful world.
Purpose and Principles
1. NATO is determined to safeguard the freedom and security of Allies. Its key purpose and greatest responsibility is to ensure our collective defence, against all threats, from all directions. We are a defensive Alliance.
2. The transatlantic bond between our nations is indispensable to our security. We are bound together by common values: individual liberty, human rights, democracy and the rule of law. We remain firmly committed to the purposes and principles of the Charter of the United Nations and the North Atlantic Treaty.
3. NATO is the unique, essential and indispensable transatlantic forum to consult, coordinate and act on all matters related to our individual and collective security. We will strengthen our Alliance based on our indivisible security, solidarity, and ironclad commitment to defend each other, as enshrined in Article 5 of the North Atlantic Treaty. Our ability to deter and defend is the backbone of that commitment.
4. NATO will continue to fulfil three core tasks: deterrence and defence; crisis prevention and management; and cooperative security. These are complementary to ensure the collective defence and security of all Allies.
5. We will enhance our individual and collective resilience and technological edge. These efforts are critical to fulfil the Alliance’s core tasks. We will promote good governance and integrate climate change, human security and the Women, Peace, and Security agenda across all our tasks. We will continue to advance gender equality as a reflection of our values.
Strategic Environment.
The Euro-Atlantic area is not at peace. The Russian Federation has violated the norms and principles that contributed to a stable and predictable European security order. We cannot discount the possibility of an attack against Allies’ sovereignty and territorial integrity. Strategic competition, pervasive instability and recurrent shocks define our broader security environment. The threats we face are global and interconnected.
7. Authoritarian actors challenge our interests, values and democratic way of life. They are investing in sophisticated conventional, nuclear and missile capabilities, with little transparency or regard for international norms and commitments. Strategic competitors test our resilience and seek to exploit the openness, interconnectedness and digitalisation of our nations. They interfere in our democratic processes and institutions and target the security of our citizens through hybrid tactics, both directly and through proxies. They conduct malicious activities in cyberspace and space, promote disinformation campaigns, instrumentalise migration, manipulate energy supplies and employ economic coercion. These actors are also at the forefront of a deliberate effort to undermine multilateral norms and institutions and promote authoritarian models of governance.
8. The Russian Federation is the most significant and direct threat to Allies’ security
and to peace and stability in the Euro-Atlantic area. It seeks to establish spheres of
influence and direct control through coercion, subversion, aggression and annexation.
It uses conventional, cyber and hybrid means against us and our partners. Its coercive military posture, rhetoric and proven willingness to use force to pursue its political goals undermine the rules-based international order. The Russian Federation is modernising its nuclear forces and expanding its novel and disruptive dual-capable delivery systems, while employing coercive nuclear signalling. It aims to destabilise countries to our East and South. In the High North, its capability to disrupt Allied reinforcements and freedom of navigation across the North Atlantic is a strategic challenge to the Alliance. Moscow’s military build-up, including in the Baltic, Black and Mediterranean Sea regions, along with its military integration with Belarus, challenge our security and interests.
9. NATO does not seek confrontation and poses no threat to the Russian Federation.
We will continue to respond to Russian threats and hostile actions in a united and
responsible way. We will significantly strengthen deterrence and defence for all Allies, enhance our resilience against Russian coercion and support our partners to counter malign interference and aggression. In light of its hostile policies and actions, we cannot consider the Russian Federation to be our partner. However, we remain willing to keep open channels of communication with Moscow to manage and mitigate risks, prevent escalation and increase transparency. We seek stability and predictability in the Euro-Atlantic area and between NATO and the Russian Federation. Any change in our relationship depends on the Russian Federation halting its aggressive behaviour and fully complying with international law.
10. Terrorism, in all its forms and manifestations, is the most direct asymmetric threat to the security of our citizens and to international peace and prosperity. Terrorist organisations seek to attack or inspire attacks against Allies. They have expanded their networks, enhanced their capabilities and invested in new technologies to improve their reach and lethality. Non-state armed groups, including transnational terrorist networks and state supported actors, continue to exploit conflict and weak governance to recruit, mobilise and expand their foothold.
11. Conflict, fragility and instability in Africa and the Middle East directly affect our
security and the security of our partners. NATO’s southern neighbourhood,
particularly the Middle East, North Africa and Sahel regions, faces interconnected
security, demographic, economic and political challenges. These are aggravated
by the impact of climate change, fragile institutions, health emergencies and food
insecurity. This situation provides fertile ground for the proliferation of non-state
armed groups, including terrorist organisations. It also enables destabilising and
coercive interference by strategic competitors.
12. Pervasive instability results in violence against civilians, including conflict-related
sexual violence, as well as attacks against cultural property and environmental
damage. It contributes to forced displacement, fuelling human trafficking and irregular migration. These trends pose serious transnational and humanitarian challenges.
They undermine human and state security and have a disproportionate impact on
women, children and minority groups.
13. The People’s Republic of China’s (PRC) stated ambitions and coercive policies
challenge our interests, security and values. The PRC employs a broad range of
political, economic and military tools to increase its global footprint and project
power, while remaining opaque about its strategy, intentions and military build-up.
The PRC’s malicious hybrid and cyber operations and its confrontational rhetoric and disinformation target Allies and harm Alliance security. The PRC seeks to control key technological and industrial sectors, critical infrastructure, and strategic materials and supply chains. It uses its economic leverage to create strategic dependencies and enhance its influence. It strives to subvert the rules-based international order, including in the space, cyber and maritime domains. The deepening strategic partnership between the People’s Republic of China and the Russian Federation and their mutually reinforcing attempts to undercut the rules-based international order run counter to our values and interests.
14. We remain open to constructive engagement with the PRC, including to build
reciprocal transparency, with a view to safeguarding the Alliance’s security interests.
We will work together responsibly, as Allies, to address the systemic challenges posed by the PRC to Euro-Atlantic security and ensure NATO’s enduring ability to guarantee the defence and security of Allies. We will boost our shared awareness, enhance our resilience and preparedness, and protect against the PRC’s coercive tactics and efforts to divide the Alliance. We will stand up for our shared values and the rulesbased international order, including freedom of navigation.
15. Cyberspace is contested at all times. Malign actors seek to degrade our critical
infrastructure, interfere with our government services, extract intelligence, steal
intellectual property and impede our military activities.
16. Strategic competitors and potential adversaries are investing in technologies
that could restrict our access and freedom to operate in space, degrade our space
capabilities, target our civilian and military infrastructure, impair our defence and
harm our security.
17. Emerging and disruptive technologies bring both opportunities and risks. They are altering the character of conflict, acquiring greater strategic importance and becoming key arenas of global competition. Technological primacy increasingly influences success on the battlefield.
18. The erosion of the arms control, disarmament and non-proliferation architecture has negatively impacted strategic stability. The Russian Federation’s violations and selective implementation of its arms control obligations and commitments have contributed to the deterioration of the broader security landscape. The potential use of Chemical, Biological, Radiological and Nuclear materials or weapons against NATO by hostile state and non-state actors remains a threat to our security. Iran and North Korea continue to develop their nuclear and missile programmes. Syria, North Korea and the Russian Federation, along with non-state actors, have resorted to the use of chemical weapons. The PRC is rapidly expanding its nuclear arsenal and is developing increasingly sophisticated delivery systems, without increasing transparency or engaging in good faith in arms control or risk reduction.
19. Climate change is a defining challenge of our time, with a profound impact on Allied security. It is a crisis and threat multiplier. It can exacerbate conflict, fragility and geopolitical competition. Increasing temperatures cause rising sea levels, wildfires and more frequent and extreme weather events, disrupting our societies, undermining our security and threatening the lives and livelihoods of our citizens. Climate change also affects the way our armed forces operate. Our infrastructure, assets and bases are vulnerable to its effects. Our forces need to operate in more extreme climate conditions and our militaries are more frequently called upon to assist in disaster relief.
NATO’s Core Tasks
Deterrence and Defence
20. While NATO is a defensive Alliance, no one should doubt our strength and resolve to defend every inch of Allied territory, preserve the sovereignty and territorial integrity of all Allies and prevail against any aggressor. In an environment of strategic competition, we will enhance our global awareness and reach to deter, defend, contest and deny across all domains and directions, in line with our 360-degree approach. NATO’s deterrence and defence posture is based on an appropriate mix of nuclear, conventional and missile defence capabilities, complemented by space and cyber capabilities. It is defensive, proportionate and fully in line with our international commitments. We will employ military and non-military tools in a proportionate, coherent and integrated way to respond to all threats to our security in the manner, timing and in the domain of our choosing.
21. We will significantly strengthen our deterrence and defence posture to deny any
potential adversary any possible opportunities for aggression. To that end, we will
ensure a substantial and persistent presence on land, at sea, and in the air, including through strengthened integrated air and missile defence. We will deter and defend forward with robust in-place, multi-domain, combat-ready forces, enhanced command and control arrangements, prepositioned ammunition and equipment and improved capacity and infrastructure to rapidly reinforce any Ally, including at short or no notice. We will adjust the balance between in-place forces and reinforcement to strengthen deterrence and the Alliance’s ability to defend. Commensurate with the threats we face, we will ensure our deterrence and defence posture remains credible, flexible, tailored and sustainable.
22. We will continue to enhance the collective readiness, responsiveness, deployability, integration and interoperability of our forces. We will individually and collectively deliver the full range of forces, capabilities, plans, resources, assets and infrastructure needed for deterrence and defence, including for high-intensity, multi-domain warfighting against nuclear-armed peer-competitors. We will ensure a robust, resilient and integrated command structure, increase the alignment of national and NATO defence plans and strengthen and modernise the NATO force structure. We will strengthen training and exercising, adapt and streamline our decision-making processes, enhance our planning and improve the effectiveness of our crisis response system.
23. Maritime security is key to our peace and prosperity. We will strengthen our posture and situational awareness to deter and defend against all threats in the maritime domain, uphold freedom of navigation, secure maritime trade routes and protect our main lines of communications.
24. We will expedite our digital transformation, adapt the NATO Command Structure for the information age and enhance our cyber defences, networks and infrastructure.
We will promote innovation and increase our investments in emerging and disruptive technologies to retain our interoperability and military edge. We will work together to adopt and integrate new technologies, cooperate with the private sector, protect our innovation ecosystems, shape standards and commit to principles of responsible use that reflect our democratic values and human rights.
25. Maintaining secure use of and unfettered access to space and cyberspace are key to effective deterrence and defence. We will enhance our ability to operate effectively in space and cyberspace to prevent, detect, counter and respond to the full spectrum of threats, using all available tools. A single or cumulative set of malicious cyber activities; or hostile operations to, from, or within space; could reach the level of armed attack and could lead the North Atlantic Council to invoke Article 5 of the North Atlantic Treaty. We recognise the applicability of international law and will promote responsible behaviour in cyberspace and space. We will also boost the resilience of the space and cyber capabilities upon which we depend for our collective defence and security.
26. We will pursue a more robust, integrated and coherent approach to building national and Alliance-wide resilience against military and non-military threats and challenges to our security, as a national responsibility and a collective commitment rooted in Article 3 of the North Atlantic Treaty. We will work towards identifying and mitigating strategic vulnerabilities and dependencies, including with respect to our critical infrastructure, supply chains and health systems. We will enhance our energy security and invest in a stable and reliable energy supply, suppliers and sources. We will ensure civil preparedness to provide for continuity of government, the delivery of essential services to our populations and civil support to our armed forces. We will boost our capacity to prepare for, resist, respond to, and quickly recover from strategic shocks and disruptions, and ensure the continuity of the Alliance’s activities.
27. We will invest in our ability to prepare for, deter, and defend against the coercive use of political, economic, energy, information and other hybrid tactics by states and nonstate actors. Hybrid operations against Allies could reach the level of armed attack and could lead the North Atlantic Council to invoke Article 5 of the North Atlantic Treaty. We will continue to support our partners to counter hybrid challenges and seek to maximise synergies with other relevant actors, such as the European Union.
28. The fundamental purpose of NATO’s nuclear capability is to preserve peace, prevent coercion and deter aggression. Nuclear weapons are unique. The circumstances in which NATO might have to use nuclear weapons are extremely remote. Any employment of nuclear weapons against NATO would fundamentally alter the nature of a conflict. The Alliance has the capabilities and resolve to impose costs on an adversary that would be unacceptable and far outweigh the benefits that any adversary could hope to achieve.
29. The strategic nuclear forces of the Alliance, particularly those of the United States, are the supreme guarantee of the security of the Alliance. The independent strategic nuclear forces of the United Kingdom and France have a deterrent role of their own and contribute significantly to the overall security of the Alliance. These Allies’ separate centres of decision-making contribute to deterrence by complicating the calculations of potential adversaries. NATO’s nuclear deterrence posture also relies on the United States’ nuclear weapons forward-deployed in Europe and the contributions of Allies concerned. National contributions of dual capable aircraft to NATO’s nuclear deterrence mission remain central to this effort.
30. NATO will take all necessary steps to ensure the credibility, effectiveness, safety and security of the nuclear deterrent mission. The Alliance is committed to ensuring
greater integration and coherence of capabilities and activities across all domains
and the spectrum of conflict, while reaffirming the unique and distinct role of
nuclear deterrence. NATO will continue to maintain credible deterrence, strengthen
its strategic communications, enhance the effectiveness of its exercises and reduce
strategic risks.
31. We will continue to invest in our defence against chemical, biological, radiological and nuclear threats. We will enhance our policies, plans, training and exercises and assess our capabilities to ensure that these requirements are integrated into our deterrence and defence posture.
32. Strategic stability, delivered through effective deterrence and defence, arms control and disarmament, and meaningful and reciprocal political dialogue remains essential to our security. Arms control, disarmament, and non-proliferation strongly contribute to the Alliance’s objectives. Allies’ efforts on arms control, disarmament and nonproliferation aim to reduce risk and enhance security, transparency, verification, and compliance. We will pursue all elements of strategic risk reduction, including promoting confidence building and predictability through dialogue, increasing understanding, and establishing effective crisis management and prevention tools.
These efforts will take the prevailing security environment and the security of all Allies into account and complement the Alliance’s deterrence and defence posture. We will make use of NATO as a platform for in-depth discussion and close consultations on arms control efforts.
33. The Nuclear Non-Proliferation Treaty is the essential bulwark against the spread
of nuclear weapons and we remain strongly committed to its full implementation,
including Article VI. NATO’s goal is to create the security environment for a world
without nuclear weapons, consistent with the goals of the Nuclear Non-Proliferation
Treaty.
34. Countering terrorism is essential to our collective defence. NATO’s role in the fight against terrorism contributes to all three core tasks and is integral to the Alliance’s 360-degree approach to deterrence and defence. Terrorist organisations threaten the security of our populations, forces and territory. We will continue to counter, deter, defend and respond to threats and challenges posed by terrorist groups, based on a combination of prevention, protection and denial measures. We will enhance cooperation with the international community, including the United Nations and the European Union, to tackle the conditions conducive to the spread of terrorism.
Crisis Prevention and Management
35. NATO Allies have a shared interest in contributing to stability and managing conflicts together through NATO. We will continue to work to prevent and respond to crises when these have the potential to affect Allied security. We will build on the unique capabilities and expertise we have acquired in crisis management. To that end, we will invest in crisis response, preparedness and management, through regular exercises and leverage our ability to coordinate, conduct sustain and support multinational crisis response operations.
36. We will ensure the resources, capabilities, training and command and control
arrangements to deploy and sustain military and civilian crisis management,
stabilisation and counter-terrorism operations, including at strategic distance. Building on the lessons learned over the past three decades, including through our operations in Afghanistan, we will continue to improve our readiness, our military and civilian capabilities and civil-military planning and coordination. We will further develop the Alliance’s ability to support civilian crisis management and relief operations and to prepare for the effects of climate change, food insecurity and health emergencies on Allied security. This will allow us to respond to any contingency at short notice.
37. Partners make an important contribution to NATO-led crisis management. We will continue to ensure sustained political engagement and military interoperability with partners who express an interest in contributing to our missions and operations.
38. We will increase our efforts to anticipate and prevent crises and conflicts. Prevention is a sustainable way to contribute to stability and Allied security. We will enhance support for our partners, including to help build their capacity to counter terrorism and address shared security challenges. We will scale up the size and scope of our securit and capacity-building assistance to vulnerable partners in our neighbourhood and beyond, to strengthen their preparedness and resilience and boost their capabilities to counter malign interference, prevent destabilisation and counter aggression.
39. Human security, including the protection of civilians and civilian harm mitigation, is central to our approach to crisis prevention and management. We will work with other international actors to address the broader conditions fuelling crises and pervasive instability and contribute to stabilisation and reconstruction. We will reinforce our coordination and cooperation with the United Nations and the European Union, as well as with other regional organisations such as the Organisation for Security and Co-operation in Europe and the African Union.
Cooperative Security
40. NATO’s enlargement has been a historic success. It has strengthened our Alliance, ensured the security of millions of European citizens and contributed to peace and stability in the Euro-Atlantic area. We reaffirm our Open Door policy, consistent with Article 10 of the North Atlantic Treaty, as an expression of our fundamental values and our strategic interest in Euro-Atlantic peace and stability. Our door remains open to all European democracies that share the values of our Alliance, which are willing and able to assume the responsibilities and obligations of membership, and whose membership contributes to our common security. Decisions on membership are taken by NATO Allies and no third party has a say in this process.
41. The security of countries aspiring to become members of the Alliance is intertwined with our own. We strongly support their independence, sovereignty and territorial integrity. We will strengthen political dialogue and cooperation with those who aim to join the Alliance, help strengthen their resilience against malign interference, build their capabilities, and enhance our practical support to advance their EuroAtlantic aspirations. We will continue to develop our partnerships with Bosnia and Herzegovina, Georgia and Ukraine to advance our common interest in Euro-Atlantic peace, stability and security. We reaffirm the decision we took at the 2008 Bucharest Summit and all subsequent decisions with respect to Georgia and Ukraine.
42. Political dialogue and practical cooperation with partners, based on mutual respect and benefit, contribute to stability beyond our borders, enhance our security at home and support NATO’s core tasks. Partnerships are crucial to protect the global commons, enhance our resilience and uphold the rules-based international order.
43. The European Union is a unique and essential partner for NATO. NATO Allies and EU members share the same values. NATO and the EU play complementary, coherent and mutually reinforcing roles in supporting international peace and security. On the basis of our longstanding cooperation, we will enhance the NATO-EU strategic partnership, strengthen political consultations and increase cooperation on issues of common interest, such as military mobility, resilience, the impact of climate change on security, emerging and disruptive technologies, human security, the Women, Peace and Security agenda, as well as countering cyber and hybrid threats and addressing the systemic challenges posed by the PRC to Euro-Atlantic security.
For the development of the strategic partnership between NATO and the EU, nonEU Allies’ fullest involvement in EU defence efforts is essential. NATO recognises the value of a stronger and more capable European defence that contributes positively to transatlantic and global security and is complementary to, and interoperable with NATO. Initiatives to increase defence spending and develop coherent, mutually reinforcing capabilities, while avoiding unnecessary duplications, are key to our joint efforts to make the Euro-Atlantic area safer.
44. We will strengthen our ties with partners that share the Alliance’s values and interest
in upholding the rules-based international order. We will enhance dialogue and
cooperation to defend that order, uphold our values and protect the systems, standards and technologies on which they depend. We will increase outreach to countries in our broader neighbourhood and across the globe and remain open to engagement with any country or organisation, when doing so could bolster our mutual security. Our approach will remain interest-driven, flexible, focused on addressing shared threats and challenges, and able to adapt to changing geopolitical realities.
45. The Western Balkans and the Black Sea region are of strategic importance for the Alliance. We will continue to support the Euro-Atlantic aspirations of interested
countries in these regions. We will enhance efforts to bolster their capabilities to
address the distinct threats and challenges they face and boost their resilience against malign third-party interference and coercion. We will work with partners to tackle shared security threats and challenges in regions of strategic interest to the Alliance, including the Middle East and North Africa and the Sahel regions. The Indo-Pacific is important for NATO, given that developments in that region can directly affect EuroAtlantic security. We will strengthen dialogue and cooperation with new and existing partners in the Indo-Pacific to tackle cross-regional challenges and shared security interests.
46. NATO should become the leading international organisation when it comes to
understanding and adapting to the impact of climate change on security. The Alliance will lead efforts to assess the impact of climate change on defence and security and address those challenges. We will contribute to combatting climate change by reducing greenhouse gas emissions, improving energy efficiency, investing in the transition to clean energy sources and leveraging green technologies, while ensuring military effectiveness and a credible deterrence and defence posture.
Ensuring the Alliance’s Continued Success
47. Investing in NATO is the best way to ensure the enduring bond between European and North American Allies, while contributing to global peace and stability. We will continue to reinforce our political unity and solidarity and to broaden and deepen our consultations to address all matters that affect our security. We commit to reinforce consultations when the security and stability of an Ally is threatened or when our fundamental values and principles are at risk.
48. We will share equitably responsibilities and risks for our defence and security. We will provide all the necessary resources, infrastructure, capabilities and forces to deliver fully on our core tasks and implement our decisions. We will ensure our nations meet the commitments under the Defence Investment Pledge, in its entirety, to provide the full range of required capabilities. We will build on the progress made to ensure that increased national defence expenditures and NATO common funding will be commensurate with the challenges of a more contested security order.
49. NATO is indispensable to Euro-Atlantic security. It guarantees our peace, freedom and prosperity. As Allies, we will continue to stand together to defend our security, values, and democratic way of life.
Il documento base di cui discutiamo, prodotto del vertice NATO di Madrid, si trova al seguente link: Concetto strategico
NATO 2022: IL CONCETTO STRATEGICO
SUL SITO DEI DISARMISTI ESIGENTI DOCUMENTO COMPLETO IN INGLESE E PASSI ESTRATTI DAL DOCUMENTO TRADOTTI IN ITALIANO FOCALIZZATI SUL RUOLO DELLA DETERRENZA NUCLEARE.
Il Concetto strategico della NATO definisce le sfide alla sicurezza che l'Alleanza deve affrontare e delinea i compiti politici e militari che la NATO svolgerà per affrontarle.
Anche l'esame di queste informazioni è materia dell'incontro online sul TPNW a cinque anni dalla sua adozione.
A cui si può partecipare andando al link: meet.google.com/pgj-yeuo-pqp
IL CONCETTO STRATEGICO DELLA NATO
Il concetto strategico 2022 è stato adottato al vertice di Madrid del 29-30 giugno 2022.
Dalla premessa che "finché esisteranno le armi nucleari la NATO resterà una alleanza nucleare", deriva il principale assetto strategico della medesima organizzazione militare: "la posizione di deterrenza e difesa della NATO si basa su un'appropriata combinazione di capacità di difesa nucleare, convenzionale e missilistica, integrate da capacità spaziali e informatiche".
Riportiamo le parti del documento che si riferiscono alla deterrenza nucleare
Nella parte sui compiti principali della NATO troviamo scritto: 20. Sebbene la NATO sia un'Alleanza difensiva, nessuno dovrebbe dubitare della nostra forza e determinazione a difendere ogni centimetro del territorio alleato, preservare la sovranità e l'integrità territoriale di tutti gli alleati e prevalere contro qualsiasi aggressore. In un ambiente di concorrenza strategica, rafforzeremo la nostra consapevolezza globale e raggiungeremo per scoraggiare, difendere, contestare e negare in tutti i domini e le direzioni, in linea con il nostro approccio a 360 gradi. La posizione di deterrenza e difesa della NATO si basa su un'appropriata combinazione di capacità di difesa nucleare, convenzionale e missilistica, integrate da capacità spaziali e informatiche. È difensivo, proporzionato e pienamente in linea con i nostri impegni internazionali. Impiegheremo strumenti militari e non militari in modo proporzionato, coerente e integrato per rispondere a tutte le minacce alla nostra sicurezza nel modo, nei tempi e nell'ambito di nostra scelta. Lo scopo fondamentale della capacità nucleare della NATO è preservare la pace, prevenire la coercizione e scoraggiare l'aggressione. Le armi nucleari sono uniche. Le circostanze in cui la NATO potrebbe dover utilizzare armi nucleari sono estremamente remote. Qualsiasi impiego di armi nucleari contro la NATO altererebbe fondamentalmente la natura di un conflitto. L'Alleanza ha le capacità e la determinazione per imporre costi a un avversario che sarebbero inaccettabili e supererebbero di gran lunga i benefici che qualsiasi avversario potrebbe sperare di ottenere impiegandole. 29. Le forze nucleari strategiche dell'Alleanza, in particolare quelle degli Stati Uniti, sono la garanzia suprema della sicurezza dell'Alleanza. Le forze nucleari strategiche indipendenti del Regno Unito e della Francia hanno un proprio ruolo deterrente e contribuiscono in modo significativo alla sicurezza generale dell'Alleanza. I centri decisionali separati di questi alleati contribuiscono alla deterrenza complicando i calcoli dei potenziali avversari. La posizione di deterrenza nucleare della NATO si basa anche sulle armi nucleari degli Stati Uniti dispiegate in Europa e sui contributi degli alleati interessati. I contributi nazionali di velivoli a doppia capacità alla missione di deterrenza nucleare della NATO rimangono centrali in questo sforzo. 30. La NATO adotterà tutte le misure necessarie per garantire la credibilità, l'efficacia, la sicurezza e la protezione della missione di deterrenza nucleare. L'Alleanza si impegna a garantire maggiore integrazione e coerenza delle capacità e delle attività in tutti i domini e lo spettro del conflitto, pur riaffermando il ruolo unico e distinto di deterrenza nucleare. La NATO continuerà a mantenere una deterrenza credibile, a rafforzarsi le sue comunicazioni strategiche, migliorare l'efficacia delle sue esercitazioni e ridurre i rischi strategici. 31. Continueremo a investire nella nostra difesa contro le minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari. Miglioreremo le nostre politiche, piani, formazione ed esercitazioni e valuteremo le nostre capacità per garantire che questi requisiti siano integrati nel nostro atteggiamento di deterrenza e difesa. 32. La stabilità strategica, ottenuta attraverso una deterrenza e una difesa efficaci, il controllo degli armamenti e il disarmo, e un dialogo politico significativo e reciproco restano essenziali per la nostra sicurezza. Il controllo degli armamenti, il disarmo e la non proliferazione contribuiscono fortemente agli obiettivi dell'Alleanza. Gli sforzi degli alleati in materia di controllo degli armamenti, disarmo e non proliferazione mirano a ridurre i rischi e migliorare la sicurezza, la trasparenza, la verifica e la conformità. Perseguiremo tutti gli elementi della riduzione strategica del rischio, inclusa la promozione del rafforzamento della fiducia e della prevedibilità attraverso il dialogo, una maggiore comprensione e l'istituzione di efficaci strumenti di prevenzione e gestione delle crisi. Questi sforzi terranno conto dell'ambiente di sicurezza prevalente e della sicurezza di tutti gli alleati e integreranno la posizione di deterrenza e difesa dell'Alleanza. Utilizzeremo la NATO come piattaforma per discussioni approfondite e strette consultazioni sugli sforzi per il controllo degli armamenti. 33. Il Trattato di non proliferazione nucleare è il baluardo essenziale contro la diffusione delle armi nucleari e rimaniamo fermamente impegnati per la sua piena attuazione, compreso l'articolo VI. L'obiettivo della NATO è creare l'ambiente di sicurezza per un mondo senza armi nucleari, coerentemente con gli obiettivi del Trattato di non proliferazione.
Un Vertice per la Pace, convocato a Madrid il 24, 25 e 26 giugno da una piattaforma unitaria e internazionale di organizzazioni, movimenti e reti sociali che difendono la pace e si oppongono alla guerra e alla NATO, ha preceduto di pochi giorni il 30° Summit militarista dell’Alleanza Atlantica convocato nella capitale spagnola e ufficialmente annunciato come occasione di rilancio dell’Alleanza Atlantica quale forza militare globale, in grado di intervenire a 360° e con capacità offensive, moltiplicate di otto volte rispetto a quelle attuali, contro chiunque ne ostacoli l’espansione e osi resistere al predominio occidentale sul mondo.
I soggetti organizzatori del vertice – spagnoli ed internazionali – coprivano uno spettro politico ampio: tra i firmatari del documento di convocazione del controvertice figurano organizzazioni politiche della sinistra e della società civile, da Isquierda Unida al Partito Sinistra Europea, a Transform Europe, all’Asamblea de los Pueblos, al Foro di São Paulo e numerosissimi altri. Un fitto programma di panel e workshop ha impegnato centinaia di partecipanti nelle due giornate del 24 e 25 giugno.
Rilevante la presenza e la parola delle donne nell’agenda, dalla sessione plenaria di apertura fino ai panel in cui si è discusso di “militarismo e patriarcato, il mostro dalle due teste”, di “unità delle donne nella lotta contro l’imperialismo” e di “unità delle donne nei conflitti e nei processi di pace”.
Ci tengo a sottolineare che la nostra partecipazione dall’Italia, per quanto esigua nel numero, non era però occasionale, bensì inserita nella continuità di un lungo percorso di costruzione di relazioni internazionali attraverso il Gruppo Femm Società della cura, la rete delle Case delle Donne, la FDIM Europa (in posizione di rilievo fra i soggetti convocanti) e la WILPF.
Aggiungo inoltre che, a latere del Vertice per la pace, il 24 giugno abbiamo tenuto (in modalità ibrida con base nella sede di Madrid della Fondazione Rosa Luxemburg) una riunione europea in preparazione dell’Assemblea Femminista del prossimo Forum europeo che si terrà ad Atene in ottobre.
Al di là di immancabili differenze nella lettura e nella narrazione, che non hanno potuto evitare che si producessero due distinte dichiarazioni finali, ciò che conta è la convergenza nella manifestazione unitaria dei 30mila che ha percorso, combattiva e colorata, le strade di Madrid da Atocha a Plaza de España, intorno alla comune parola d’ordine: No ai signori della guerra riuniti nel Vertice NATO, Pace a 360°.
Il Vertice per la pace si è posto, come dicevo, come alternativo al Summit NATO del 29-30 giugno che, come preannunciato, ha pesantemente riconfigurato il ruolo offensivo dell’Alleanza Atlantica. Nella dichiarazione finale dei capi di governo riuniti nel vertice, caduto ogni infingimento, il “nuovo concetto di sicurezza” riconfigura la NATO quale forza militare globale pronta ad intervenire, ormai fuori da qualsiasi mandato delle Nazioni Unite, ovunque nel mondo contro chiunque ne ostacoli la proiezione di potenza a 360°.
La visione di “Nato globale” articolata per la prima volta nel vertice del 2006, ora è divenuta una strategia in base alla quale l’Alleanza Atlantica, sotto il comando degli Stati Uniti, si attribuisce senza più circospezione il ruolo di gendarme del mondo, applicando un aleatorio quanto provocatorio schema di ripolarizzazione degli schieramenti mondiali: da una parte i buoni, chi sta nella NATO e con la NATO, dall’altra i cattivi, quelli che non ne accettano la supremazia e quindi sono nominati “nemici”. In testa la Russia, definita “minaccia immediata”, e a seguire la Cina, definita “minaccia a lungo termine” perché si porrebbe come “sfida ai valori e interessi dell’Occidente”.
Dichiarazioni di una pericolosità e gravità inaudita, anche perché questa NATO così riconfigurata si prepara a sostenere il ruolo attraverso un riarmo forsennato, dall’Atlantico al Pacifico.
Chiaro che gran parte della discussione nel controvertice si dovesse concentrare – com’è avvenuto – sulla prefigurazione di un modello di sicurezza globale alternativa, demilitarizzata e comune, basata sul ripristino della legalità internazionale rappresentata dalla Carta delle Nazioni Unite, sullo smantellamento ecologico degli armamenti di distruzione di massa, su una drastica riduzione delle spese militari e sulla prospettiva di una nuova “era geopolitica” senza imperi egemonici né gendarmi. Un nuovo ordine mondiale multipolare e multicentrico – si è detto – basato non sullo scontro tra potenze ma sulla responsabilità condivisa verso la vita e i viventi nel pianeta.
Mi preme, a questo punto, fare poche considerazioni, che riguardano il nostro che fare. La prima è che questa sciagura non ci cade addosso inaspettata. Nel seminario femminista internazionale su “Cura e incuria” del 23 e 24 ottobre 2021, abbiamo molto ragionato sui pericoli incombenti del militarismo e del riarmo, sulla pericolosa riproposizione delle logiche della guerra fredda – l’invenzione del nemico – e della contrapposizione occidente/oriente e nord/sud fino alla formula, che sembrava cancellata dalla storia, dello “scontro di civiltà”. Invece non sono fantasmi del passato, bensì lavori in corso, a cui i signori della guerra si dedicano alacremente, capaci di vanificare ogni faticosa costruzione alternativa, compresa quella delle donne in questi ultimi due anni che abbiamo chiamato “paradigma della cura”.
Ci sembrava che la pandemia avesse aperto gli occhi di molte e molti sulla necessità di assumere la cura come paradigma politico: cura non solo rimedio alla malattia – dicevamo nel nostro seminario – ma come fondamento delle relazioni umane e dei rapporti degli umani con tutto il vivente. Nell’idea che noi donne possiamo avere parola decisiva per questo salto di paradigma, dalle guerre per il profitto alla cura del pianeta, ci abbiamo creduto. E ci crediamo ancora.
Tuttavia abbiamo visto come l’emergenza della pandemia sia stata gestita ancora una volta all’insegna del profitto e dell’approfittarsi. Poi è stata la guerra in Ucraina (che abbiamo sentito perché più vicina delle decine di altre guerre in corso), e con essa il rinnovato furore atlantista, a farci fare un salto indietro nella nostra narrazione.
Che fare, dunque. Intanto capire che pace e sicurezza sono incompatibili con ciò che è stato deciso e sottoscritto dai governi della NATO a Madrid, vale a dire prepararsi alla guerra per non perdere l’egemonia sul mondo: ogni tipo di guerra, non esclusa quella nucleare, fuori da ogni legalità internazionale. Questo hanno detto in sostanza i governi riuniti a Madrid.
E poi capire che quanto è stato deciso e sottoscritto dai governi riuniti a Madrid ci riguarda da vicino: il riarmo su larga scala, con la Germania che nei prossimi cinque anni spenderà 100 miliardi di euro in armamenti; il nazionalismo francese e britannico che non saranno da meno; i problemi fino a ieri impensabili, riguardanti l’approvvigionamento di cibo, di energia e di materie prime, il colossale debito pubblico che si sta accumulando. Tutte cose che graveranno sulla parte più vulnerabile della popolazione dell’Europa.
È vero che certe dinamiche non sono immediatamente decifrabili per la maggior parte della gente, tanto più che nella dichiarazione della NATO sono presentate con termini apparentemente innocenti come Nuovo Concetto strategico, Sicurezza allargata, Nuovo Ordine basato su Regole, Resilienza e altri come Sviluppo tecnologico e Digitalizzazione. E perfino facendo mostra di sensibilità verso i grandi temi che ci stanno a cuore, come il Cambiamento climatico e i Diritti delle donne.
Intanto, diciamo parole chiare su qualsiasi discorso di “gender equality” nella NATO. No grazie, essere cooptate ai vertici di una organizzazione guerrafondaia non c’entra nulla col femminismo. Come non c’entra la cooptazione ai vertici di banche e istituzioni finanziarie che gettano nella indigenza più nera la grande maggioranza delle persone.
Poi diciamo che la vera sicurezza umana non può che essere fondata su una pace duratura a 360°, sulla condivisione di risorse e tecnologie, sulla giustizia sociale e ambientale, sulla transizione verso l’azzeramento degli arsenali militari. Questo abbiamo detto nel controvertice di Madrid. Da qui ripartiamo.
Ada Donno, Vicepresidente di FDIM Europa (Federazione Democratica Internazionale Donne)
La Nato, riunita a Madrid, ha rilasciato il suo Concetto strategico. Nel documento vengono tracciate le linee-guida che indirizzeranno l’agire dell’Alleanza nel prossimo decennio. La Russia è naturalmente in cima alla lista di priorità, definita “la principale minaccia alla sicurezza euro-atlantica”, tuttavia sono molte le sfide che attendono la Nato nel futuro, dalla Cina, al terrorismo, fino al cambiamento climatico
Al vertice di Madrid, i capi di Stato e di governo della Nato hanno approvato il nuovo Concetto strategico, che definisce le priorità, i compiti e gli approcci dell’Alleanza per il prossimo decennio. Il Concetto descrive l’ambiente di sicurezza che l’Alleanza deve affrontare, riafferma i suoi valori ed enuncia lo scopo principale della Nato di garantire la difesa collettiva. Inoltre, ribadisce quelli che sono i tre compiti fondamentali della Nato: deterrenza e difesa, prevenzione e gestione delle crisi e sicurezza cooperativa. Com’era stato più volte preannunciato, il nuovo documento definisce la Russia come la “minaccia più significativa e diretta” alla sicurezza degli Alleati, mentre affronta per la prima volta il tema della Cina e delle sfide che Pechino pone alla “sicurezza, gli interessi e i valori degli Alleati”. Il documento, inoltre, inserisce per la prima volta il cambiamento climatico tre le “sfide fondamentali del nostro tempo”.
Il Concetto strategico viene aggiornato all’incirca ogni dieci anni – la versione precedente è stata adottata al vertice di Lisbona nel 2010 – ed è uno dei documenti più importanti della Nato, secondo solo al Trattato. Oltre a riaffermare i suoi valori, il testo permette all’Alleanza di fornire una valutazione collettiva delle sfide alla propria sicurezza e guida le attività politiche e militari dell’Alleanza per il decennio successivo. Il nuovo documento lanciato a Madrid riconosce che il mondo è cambiato radicalmente rispetto al precedente Strategic concept: “l’ambiente di sicurezza è diventato più conteso e imprevedibile”, e di fronte alle sfide e alle opportunità che l’Alleanza si troverà ad affrontare, indica quali mosse dovranno essere messe in campo per continuare ad adattarsi in un mondo più pericoloso e competitivo.
L’ambiente strategico
“L’area euro-atlantica non è in pace”. È così che il documento inizia a descrivere l’ambiente strategico dell’area euro-atlantica, la cui sicurezza è minata dalla concorrenza e dall’instabilità dilagante. L’invasione russa dell’Ucraina “ha infranto la pace in Europa” e ha violato le norme e i principi che hanno contribuito a creare un ordine di sicurezza europeo stabile. Secondo la Nato, ora Mosca rappresenta “la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli alleati e alla pace e alla stabilità” nell’area euro-atlantica.
La sfida di Pechino
Il documento riporta anche l’approccio della Nato nei confronti della Cina, le cui “ambizioni dichiarate e le politiche coercitive sfidano i nostri interessi, la nostra sicurezza e i nostri valori”. Pertanto, il Concetto strategico invita gli alleati a “lavorare insieme per affrontare le sfide sistemiche” poste dalla Cina. Tuttavia, il testo rimane aperto a un impegno costruttivo con Pechino, al fine di “salvaguardare gli interessi di sicurezza e di costruire una trasparenza reciproca”. Ciò che preoccupa veramente l’Alleanza Atlantica, infatti, è che Mosca e Pechino stiano “sviluppando una partnership strategica” e siano “in prima linea in una spinta autoritaria contro l’ordine internazionale basato sulle regole”, una sfida che deve essere necessariamente raccolta e affrontata anche dalla Nato.
Le altre minacce
Secondo la Nato, inoltre, permangono tutte le instabilità che hanno caratterizzato lo scenario globale fino ad oggi. “Il terrorismo rimane una minaccia persistente ed è la minaccia asimmetrica più diretta alla sicurezza dei nostri cittadini”. L’Alleanza, inoltre, dovrà affrontare anche tutta una serie di altre minacce e sfide globali e interconnesse, “tra cui il cambiamento climatico, le tecnologie emergenti e dirompenti e l’erosione dell’architettura di controllo degli armamenti, disarmo e non proliferazione”, che insieme intaccano la stabilità e la sicurezza degli alleati e del mondo intero.
La difesa collettiva
Di fronte a tutte queste minacce e sfide, gli alleati della Nato hanno ribadito che “l’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico è il fondamento della difesa alleata”. Anche se il meccanismo per la sua invocazione rimane lo stesso, con il Consiglio del Nord Atlantico che può decidere di invocarlo in risposta ad un attacco, nuove minacce si aggiungono alle possibili cause di attivazione: attività informatiche ostili, operazioni aggressive verso, da e all’interno dello spazio e operazioni ibride contro gli alleati che potrebbero raggiungere il livello di attacco armato. Secondo il nuovo Concetto strategico, tutte queste situazioni potrebbero portare il Consiglio a invocare l’Articolo 5.
I tre compiti fondamentali della Nato
Anche in un mondo che cambia, la Nato conferma i suoi tre compiti fondamentali di deterrenza e difesa, prevenzione e gestione delle crisi e sicurezza cooperativa. Questi sono “complementari ed essenziali per garantire la difesa e la sicurezza di tutti gli alleati”. Garantire la resilienza nazionale e collettiva, rafforzare il vantaggio tecnologico dell’Alleanza e integrare pienamente il cambiamento climatico, la sicurezza umana e l’agenda Donne, Pace e Sicurezza “sono tutti elementi che fanno parte dell’adempimento del compito dell’Alleanza”.
La porta è aperta
Inoltre, l’Alleanza ha ribadito nel documento che il dialogo politico e la cooperazione con i partner esterni alla Nato saranno rafforzati, come ha dimostrato la partecipazione al vertice di Paesi dell’Indo-Pacifico e del Nord Africa. “La Nato lavora con le nazioni e le organizzazioni che condividono i suoi valori e interessi, per sostenere l’ordine internazionale basato sulle regole”, recita il documento, che sottolinea come, tra queste, l’Unione europea sia un “partner unico ed essenziale per la Nato”. Inoltre, l’allargamento a Finlandia e Svezia “è stato un successo storico” e “la porta dell’Alleanza rimane aperta alle democrazie europee che vogliono contribuire alla sicurezza e alla difesa collettiva”.
Sfida sistemica? Xi non ci sta «È la Nato la vera minaccia»
CINA/USA. Mentre cresce la tensione tra Oriente e Occidente, il presidente va a Hong Kong per incoronare il nuovo governatore, quel John Lee che guidò la repressione delle proteste
Un divorzio e delle nozze d’argento. Mentre la Nato mette nel mirino la Cina e amplia il solco tra Pechino e occidente, Xi Jinping celebra il 25esimo anniversario della “riconquista” di Hong Kong.
IL COMPROMESSO raggiunto tra le diverse anime dei membri della Nato ha prodotto questa formula in riferimento alla Repubblica Popolare: sfida sistemica. Il nuovo concetto strategico partorito durante il summit di Madrid non definisce Pechino una «minaccia diretta» come fa con la Russia, ma chiarisce che la Cina rappresenta una fonte di preoccupazione. Il segretario generale Jens Stoltenberg non si è risparmiato un parallelo diretto: «La Russia e la Cina continuano a perseguire vantaggi politici nei nostri vicini meridionali con la leva economica e un approccio ibrido». Emmanuel Macron, esponente dell’ala più morbida, si è affrettato a chiarire che la Nato «non è un’alleanza contro la Cina, ma dobbiamo tenere conto delle sfide sistemiche che pone la crescita della potenza cinese» e «della contestazione all’ordine internazionale che viene dal partenariato tra Cina e Russia».
NON ABBASTANZA per Pechino, che ormai considera Nato e G7 come organizzazioni e piattaforme irrimediabilmente anti cinesi. Il governo della Repubblica Popolare ha risposto in maniera dura, ribaltando la prospettiva. «È la Nato la sfida sistemica alla pace e alla stabilità nel mondo», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian. «Afferma di essere un’organizzazione difensiva e regionale ma lancia guerre ovunque, uccidendo civili innocenti», ha aggiunto. Secondo Pechino, il nuovo concetto strategico della Nato «infanga la politica estera della Cina».
La stessa narrativa utilizzata per descrivere quanto accaduto in Ucraina. Sarebbero proprio la Nato e i suoi alter ego come Quad e Aukus, espandendosi in Europa orientale e in Asia-Pacifico, a fomentare il confronto. La stessa replica che era stata riservata nei giorni scorsi al comunicato finale del G7 tedesco. Anche l’ambasciatore cinese presso le Nazioni Unite ha respinto la concezione della Nato come l’ennesimo capitolo di un «copione», una mentalità «ormai datata da guerra fredda». Sui media di Stato, invece, si definisce l’organizzazione come un «veleno» e non un «antidoto» alla crisi di sicurezza europea.
MENTRE LA NATO aggiornava la sua concezione strategica, Xi Jinping usciva invece per la prima volta dal territorio della Cina continentale dall’inizio della pandemia di coronavirus. Il presidente cinese è arrivato ieri a Hong Kong (prima volta dal 2017), dove oggi prende parte alle cerimonie per il 25esimo anniversario dell’handover, cioè la restituzione dell’ex colonia britannica dal Regno Unito alla Repubblica Popolare. Xi è arrivato, a bordo di un treno speciale, insieme alla first lady Peng Liyuan. Le misure di sicurezza sono imponenti, anche a livello sanitario. I circa tremila tra ospiti e funzionari coinvolti nella visita del presidente sono stati messi in quarantena negli ultimi due giorni. Gli unici spostamenti consentiti sono quelli tra gli uffici amministrativi e le camere d’hotel.
A TRE ANNI di distanza dalle maxi proteste, la “questione” Hong Kong è stata pressoché risolta. La legge sulla sicurezza nazionale e la riforma elettorale “patriottica” hanno di fatto cancellato l’opposizione politica sia a livello politico sia sotto il profilo movimentista. Qualsiasi forma di attivismo è nel mirino. Tanto basta a Xi per dire che Hong Kong è «rinata dalle ceneri» e per incensare il modello “un paese, due sistemi”, che ha «assicurato prosperità e stabilità a lungo termine».
Lo stesso modello che Pechino continua a “offrire” a Taiwan. Complimenti anche per Carrie Lam, che secondo il presidente cinese «ha unito le persone di ogni ceto sociale per fermare la violenza e il caos e ha combattuto con tutte le sue forze». A Lam subentra John Lee, ex responsabile della sicurezza che ha guidato la repressione delle proteste (titolo che gli è valso le sanzioni degli Usa) e da oggi ufficialmente capo dell’esecutivo locale. Lee ha vinto le elezioni di maggio come unico candidato e il 99,2% dei voti. Con l’avvento di Lee, considerato una figura ben più decisa rispetto a Lam, gli attivisti temono che qualsiasi residuo di autonomia venga cancellato definitivamente.
SE LA NATO ha intenzione di mettere (più o meno direttamente) radici anche nel suo vicinato, la Cina mostra di aver rimarginato la ferita di Hong Kong e lancia un messaggio chiaro: non ha nessuna intenzione di rivivere il secolo delle umiliazioni.
Come vincere la guerra senza farla? È la risposta a questa domanda d’emergenza che il vertice Nato chiuso ieri a Madrid – 40 anni dopo l’entrata della Spagna nell’Alleanza, che allora aveva suscitato molta contestazione – ha cercato di definire, camminando su un crinale sottile
TRAVOLTI dall’attualità, come già al G7 appena concluso a Elmau in Baviera, i paesi Nato hanno avuto una sola risposta: «investire nella Nato» per far fronte alla guerra riapparsa in Europa. Anche se, ha frenato Emmanuel Macron, «la Nato non è in guerra» ma «il continente europeo non è più in pace» e «la Russia porta da sola la responsabilità di questa guerra e delle conseguenze gravi che impone al mondo intero». Per l’Ucraina c’è l’assicurazione che l’aiuto durerà «fino a quando sarà necessario», anche se il paese non è membro Nato.
PIÙ SOLDI, dunque, per le armi: un aumento del budget «considerevole» ha detto il segretario della Nato, Jens Stoltenberg. Boris Johnson ha affermato che l’investimento nella Difesa britannica salirà al 2,5% del pil nel 2030, l’ospite Pedro Sanchez ha assicurato che la Spagna porterà al 2% la spesa militare a causa del «cambiamento tettonico» causato dalla guerra in Ucraina, la Germania ha già portato a 100 miliardi la spesa militare (calcolata fuori dal budget dello stato). Joe Biden ha annunciato altre armi all’Ucraina per 800 milioni, per rafforzare la difesa aerea, e si è impegnato a vendere dei caccia F-16 alla indisciplinata Turchia, che ottiene quello che vuole mercanteggiando la rinuncia al veto sull’ingresso di due ex paesi neutrali, Svezia e Finlandia, con l’arrivo di nuove armi e la testa dei rifugiati curdi e dei dissidenti politici fuggiti in quei paesi, per ora una lista di 33 nomi.
PER LA VENDITA di F-16 alla Turchia ci vuole l’accordo del Congresso, ma Biden è fiducioso di «poterlo ottenere». Erdogan fa pesare anche il ruolo che può avere per sbloccare i cargo di cereali nel Mar Nero, il cui blocco è minaccia alla sicurezza alimentare mondiale. Intanto, Svezia e Finlandia hanno firmato un memorandum che impegna sulla «cooperazione nella lotta al terrorismo». Macron però ricorda: «Non spetta alla Nato definire chi è terrorista e chi non lo è».
PIÙ SOLDATI: 300mila uomini in più sul fronte orientale per agguerrire la difesa terrestre, marittima e aerea. Per Italia e Germania ci sarà un sistema di difesa aereo, per la Spagna due cacciatorpediniere nel porto di Rota. In Polonia è già stata inaugurata una base permanente, un posto di comando avanzato che avrà 10mila uomini. Aumenta la presenza Nato in Romania e nei Baltici. La Germania e la Spagna si preparano a fornire dei carri Leopard all’Ucraina, dopo i Caesar francesi e la profusione di armi anglosassoni.
La Nato ha presentato lo Strategic Concept, il nuovo piano a lungo termine dell’Alleanza, che non era stato rivisto dal 2010. Allora, la Nato si era illusa su una possibile «partnership strategica con la Russia». Oggi la Russia è «la più importante e la più diretta sfida» per la Nato. Che per la prima volta cita nel documento finale anche la Cina, considerata «una sfida» per «interessi, sicurezza, valori» occidentali, che si «impegna a minare l’ordine internazionale». La Nato, a questo stadio, vuole evitare che il riavvicinamento Russia-Cina sia inevitabile.
IL NUOVO Strategic Concept deve tener conto dell’evoluzione recente della difesa europea, lo Strategic Compass varato a marzo, un obiettivo di rafforzamento per far fronte al rischio di un disimpegno Usa, che malgrado il dispiegamento ora in aumento in Europa a causa della guerra in Ucraina, guarda prima di tutto alla Cina. Ancora ieri Biden ha insistito sulla «sfida sistemica» rappresentata da Pechino. Il documento finale Nato afferma che Nato e Ue hanno «ruoli complementari, coerenti e che si rafforzano mutualmente» e insiste sul «valore» della difesa europea «più forte e più capace» per «contribuire positivamente alla sicurezza globale e transatlantica».
LA NATO infine ha firmato ieri una partnership con Tunisia e Mauritania per la lotta al terrorismo (islamico). Invece, la Spagna non ha ottenuto la garanzia Nato sull’applicazione dell’articolo 5 (la norma “attacchi uno, attacchi tutti”) per Ceuta e Melilla. E alla Georgia è stato detto che dovrà aspettare per diventare membro Nato (come per la Ue).
Approvato dai capi di stato e di governo dei Paesi membri in occasione del vertice di Madrid, lo scorso 29 giugno, il nuovo concetto strategico della NATO punta a definire la nuova strategia e le rinnovate priorità di cui intende dotarsi l’Alleanza Atlantica, nel contesto di un rinnovato quadro strategico segnato da nuovi rischi e sfide diversificate. Secondo le indicazioni fornite dall’organizzazione, non senza enfasi, «il concetto descrive l’ambiente di sicurezza che l’Alleanza è chiamata ad affrontare; riafferma i nostri valori ed esplicita lo scopo-chiave della NATO, quello di garantire la nostra difesa collettiva. Stabilisce, inoltre, i tre compiti fondamentali della NATO: deterrenza e difesa; prevenzione e gestione delle crisi; sicurezza cooperativa».
Una potente macchina da guerra
Tuttavia, sebbene la NATO continui a definirsi un’organizzazione militare di carattere difensivo, tutt’altro è il quadro che emerge alla lettura del nuovo concetto strategico: ne emerge infatti il concetto strategico di una potente macchina da guerra, con un’articolazione estesa a tutti gli ambiti, capace di dispiegare la sua proiezione ben oltre la sfera euro-atlantica e di puntare i più diversi e lontani contesti geografici e strategici. Cosa c’è scritto infatti nel documento? Sin dalla premessa si pone in evidenza che lo scopo strategico della difesa collettiva viene impostato «su un approccio a 360 gradi» sia in termini di articolazione delle capacità militari in tutti gli ambiti di proiezione, sia in termini di spaccati e contesti di impegno. Si tratta di una capacità militare non puramente difensiva, ma posta a servizio degli obiettivi politici delle potenze occidentali, tanto è vero che «garantire la nostra resilienza nazionale e collettiva è fondamentale per tutti i nostri compiti principali e sostiene i nostri sforzi per salvaguardare le nostre nazioni, società e valori condivisi».
Nel merito, nella sezione dedicata alle finalità e ai principi, l’ordine di priorità è chiaramente definito: «Libertà individuale, diritti umani, democrazia e stato di diritto», mentre nel contesto strategico, si indicano subito i nuovi “nemici”: «La Federazione Russa è la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli Alleati e alla pace e stabilità nell’area euro-atlantica», al punto che «non possiamo considerare la Russia nostro partner». Inoltre «le ambizioni dichiarate e le politiche coercitive della Cina costituiscono una sfida per i nostri interessi, la nostra sicurezza e i nostri valori», e in particolare «l’approfondimento del partenariato strategico tra Cina e Russia e i loro tentativi … per minare l’ordine internazionale … sono contrari ai nostri valori e interessi». Non manca, chiaramente, il riferimento al terrorismo, in tutte le sue forme e manifestazioni, come «la minaccia asimmetrica più diretta alla sicurezza dei nostri cittadini e alla pace e alla prosperità internazionale», nonché il riferimento sempre più incisivo al cyberspazio come campo di conflitto strategico per il presente e il futuro: «attori maligni cercano di degradare la nostra infrastruttura critica, interferire con i nostri servizi governativi, estrarre informazioni, rubare la proprietà intellettuale e ostacolare le nostre attività militari».
Che la NATO, di fronte a questo scenario, si strutturi come vera e propria macchina per la guerra mondiale, potenzialmente in tutti gli ambiti e in tutti i contesti, è messo in luce in diversi punti della sezione dedicata ai compiti principali: «In un ambiente di competizione strategica, rafforzeremo la nostra consapevolezza globale al fine di scoraggiare, difendere, contrastare e interdire in tutti i domini e in tutte le direzioni, in linea con il nostro approccio a 360 gradi. La posizione di deterrenza e difesa della NATO si basa su una appropriata combinazione di capacità di difesa nucleare, convenzionale e missilistica, integrate da capacità spaziali e da capacità informatiche». E se non fosse sufficientemente chiaro, questa capacità è posta al servizio di una rinnovata strategia di “guerra preventiva”, già enucleata in precedenti documenti strategici: «Rafforzeremo in modo significativo la nostra posizione di deterrenza e di difesa per impedire a qualsiasi potenziale avversario ogni possibile opportunità di aggressione». Senza escludere, elemento di grave allarme, il ricorso al nucleare: «Le circostanze in cui la NATO potrebbe dover utilizzare armi nucleari sono estremamente remote. […] L’Alleanza ha le capacità e la determinazione per imporre a un avversario costi che sarebbero inaccettabili e che supererebbero di gran lunga i benefici che qualsiasi avversario potrebbe sperare di ottenere».
Un attore, anche nucleare, della “guerra globale”: nella sezione dedicata alla prevenzione e gestione delle crisi, infatti, si confermano «le risorse, le capacità, l’addestramento e le disposizioni di comando e controllo per dispiegare e sostenere operazioni militari e civili di gestione delle crisi, stabilizzazione e antiterrorismo, anche a distanza strategica». Rafforzando poco più avanti il concetto, con l’impegno ad aumentare gli sforzi «per anticipare e prevenire crisi e conflitti [al fine di] contribuire alla stabilità e alla sicurezza degli Alleati». L’integrazione e la proiezione militare euro-atlantica portano con sé anche una più consistente integrazione e complementarità tra UE e NATO: «L’Unione Europea è un partner unico ed essenziale per la NATO. Gli alleati della NATO e i membri dell’UE condividono gli stessi valori. La NATO e l’UE svolgono ruoli complementari, coerenti e che si rafforzano a vicenda nel sostenere la pace e la sicurezza internazionali». L’integrazione militare UE – NATO è del resto confermata anche in documenti UE a partire dalla c.d. «Bussola strategica».
Una strategia globale
Il dispiegamento di questa strategia diventa così a tutti gli effetti globale. In base al punto 45, infatti, «i Balcani occidentali e la regione del Mar Nero sono di importanza strategica per l’Alleanza. […] Lavoreremo con i partner per affrontare le minacce e le sfide alla sicurezza nelle regioni di interesse strategico per l’Alleanza, compresi il Medio Oriente, il Nord Africa e le regioni del Sahel. L’Indo-Pacifico è importante per la NATO, dato che gli sviluppi in quella regione possono influenzare direttamente la sicurezza euro-atlantica. Rafforzeremo il dialogo e la cooperazione con i partner nuovi ed esistenti nell’Indo-Pacifico per affrontare le sfide inter-regionali e gli interessi di sicurezza condivisi».
Un impegno strategico a 360 gradi, come recita il documento, che richiede non solo una crescente militarizzazione ma anche un considerevole incremento nella spesa militare: «Un aumento delle spese per la difesa nazionale e il finanziamento comune della NATO commisurato alle sfide di un ordine di sicurezza più conflittuale». Sono elementi di grave preoccupazione, che configurano sempre più la NATO come strumento militare di una rinnovata visione da “guerra fredda”, una minaccia potenzialmente dispiegata sul mondo intero, contro cui mantenere alte attenzione e mobilitazione.
A pochi giorni dal vertice NATO a Madrid e per dare una specie di benvenuto, i giorni 24 e 25 giugno si è svolto il “Vertice per la Pace. NO NATO” nell’auditorium Marcelino Camacho a Madrid, preludio della manifestazione contro la NATO e le guerre, che avverrà domenica 26 e di cui vi terremo informati.
Pressenza ha partecipato a due tavole rotonde e qui condividiamo con voi solo alcuni appunti, dato che è impossibile riassumere tutto quanto è stato discusso.
La prima tavola rotonda dedicata a “NATO, forze armate e spese militari” è stata inaugurata da Juan Carlos Rois, che fa indagini sulle spese militari spagnole e su cosa si investe. Ci ha spiegato che, sebbene il Ministero della Difesa dichiari una spesa di 10 miliardi di euro, ci sono molti costi diffusi, dovuti ad altri ministeri e istituzioni, e si arriva a toccare i 39 miliardi di euro. È più del triplo: da circa lo 0,9% del PIL a più del 3%. Sono spese insostenibili e non necessarie, ma sono intoccabili per i vari partiti che si sono alternati al governo. Chi ama i dettagli e i numeri può controllare le fonti di queste affermazioni nei grafici pubblicati su alternativasnoviolentas.org
Poi la parola è passata a Quique Sánchez (IPB, Ufficio Internazionale per la Pace) che ha snocciolato i vari aspetti delle spese militari che alimentano le tensioni, facendo sì che i Paesi vicini o rivali si sentono minacciati. Non si potrà mai arrivare alla pace aumentando la quantità di armi, perché queste prima o poi sfociano in guerre. Si giustificano le spese per la difesa con lo scopo di evitare invasioni del proprio territorio, ma l’acquisto e i preparativi sono chiaramente offensivi. Le spese militari dirottano risorse dalle necessità vere, come salute e istruzione. La NATO ha un bilancio militare 17 volte più grande della Russia, e il Regno Unito da solo ha un bilancio simile a quello della Cina, per cui le spese sono difficilmente giustificabili con una potenziale minaccia da parte di ipotetici nemici.
Gemma Amorós, del Centre Delàs, ci ha spiegato dettagliatamente come il funzionamento interno della NATO prosciuga le risorse economiche in disposizioni quali le numerosissime esigenze di standardizzazione dell’equipaggiamento, in ricerca e sviluppo, in esercitazioni militari continue, ecc. Ci ha anche raccontato che la Spagna ha partecipato a 42 operazioni militari collegate a invasioni controverse della NATO (Afghanistan, Iraq, ecc.) e alle diverse basi americane o di uso congiunto con la NATO, che servono da apripista per l’ingerenza degli Stati Uniti.
La seconda tavola rotonda a cui abbiamo assistito, dedicata a “Le nuove menzogne della vecchia NATO con l’Ucraina nello sfondo”, è stata aperta da Ainhoa Ruíz, che ha presentato il documento pubblicato recentemente dal Centre Delàs: “NATO, costruire l’insicurezza globale”. Ha esposto alcune interessanti idee del documento. Per esempio, dalla caduta del muro di Berlino sono stati costruiti 51 muri attorno al mondo della NATO. Questo è il mondo del capitalismo liberale, in cui le persone non hanno guadagnato libertà di circolazione tra Paesi, a differenza dei capitali che viaggiano senza contese. Ha parlato del concetto di sicurezza umana, non quella concepita militarmente, ma nel senso di avere tutte le necessità primarie soddisfatte; e dell’estensione del concetto di violenza, oltre all’atto fisico, a diversi campi dell’attività umana. Infine, ha raccontato come la NATO fa tabula rasa ovunque arriva, com’è successo in Iraq, Afghanistan o Libia; da questo punto di vista, chiedere l’intervento della NATO in Ucraina per risolvere le cose non può essere una buona idea.
Carlos Taibo, professore di Scienze Politiche e specialista dei Paesi dell’est Europa, ha denunciato l’invasione dell’Ucraina e ha detto che è necessario chiarire che pure la NATO ha una responsabilità parziale nella creazione delle condizioni che hanno portato al conflitto. Questo aspetto è importante, ma impossibile da esporre pubblicamente a causa della censura imperante sui mezzi di disinformazione. Ci ha spiegato che, dalla dissoluzione dell’URSS, ci sono state opportunità chiare di integrazione della Federazione Russa con l’Europa occidentale, ma i diversi incontri falliti dagli Stati Uniti e dai Paesi della NATO hanno creato in qualche modo la figura di Putin che ha poi invaso l’Ucraina. Questo conflitto ha enormemente rafforzato la NATO, un fatto che preannuncia maggiore ingerenza e conflitti. Carlos ha avvertito dell’ascesa di un eco-fascismo in lotta per le risorse naturali e che stima ci sia “gente di troppo” sul nostro pianeta.
Infine, la giornalista Olga Rodríguez, corrispondente per vari conflitti in giro per il mondo, ci ha trasmesso la realtà del contatto con le vittime e con i disastri di guerra. Ci ha parlato di come, nelle frontiere dove oggi si accolgono i rifugiati ucraini, ieri si maltrattavano disumanamente le vittime delle guerre NATO nel Medio Oriente. Ha elencato svariate incoerenze della NATO e dell’Europa, attualmente debilitata e più dipendente dagli Stati Uniti, e che ora cerca risorse in nazioni come l’Egitto, l’Arabia Saudita o Israele, dove i diritti umani chiaramente non sono rispettati. Ha raccontato che la NATO ha messo in atto una politica di provocazione per espandersi verso l’Ucraina; che il discorso guerrafondaio prende il volo incoraggiando a mantenere ed esacerbare la guerra in Ucraina, e persino a portare lo stesso modello a Taiwan per estendere il conflitto alla Cina.
Ecco, si sono trattati molti argomenti, ma non vogliamo bombardarvi con tante idee, cari lettori che siete arrivati in fondo a questo articolo. Vogliamo solo riportare alcune idee che Olga Rodríguez ci ha raccontato: tra le vittime dei conflitti ha incontrato persone analfabete con una comprensione della geopolitica migliore di molti di noi, dato che ne portavano i segni sulla pelle. Noi diamo voce alla sua richiesta finale: speriamo che un giorno possa smettere di essere una corrispondente di guerra per trasformarsi in una giornalista di pace.
Traduzione dallo spagnolo di Mariasole Cailotto. Revisione di Thomas Schmid.
Il seguente documento informativo a cura di ICAN fornisce una panoramica della Dichiarazione di Vienna e delle azioni chiave concordate alla prima riunione degli Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, due documenti adottati il 23 giugno 2022.
La Dichiarazione di Vienna
- Gli Stati parti hanno espresso il loro allarme e sgomento per le minacce di utilizzare armi nucleari, e hanno condannato inequivocabilmente “ogni e qualsiasi minaccia nucleare, sia essa esplicita o implicita e indipendentemente dalle circostanze”.
- Affermando che il TPNW è più che mai necessario in queste circostanze, gli stati parti hanno deciso di “andare avanti con la sua attuazione, con l'obiettivo di andare oltre lo stigmatizzare e delegittimare le armi nucleari per costruire costantemente una solida e globale norma imperativa nei loro confronti”.
- La Dichiarazione ha ribadito la base umanitaria del trattato e il fondamento morale, etica e gli imperativi di sicurezza che hanno ispirato e motivato la sua creazione e che ora guidano e devono continuare a guidarne l'attuazione.
- Gli Stati parti hanno deciso di procedere con l'attuazione di tutti gli aspetti del trattato, compresi gli obblighi positivi volti a riparare i danni causati dall'uso con i test delle armi nucleari.
- Hanno anche riaffermato la complementarietà del trattato con il regime internazionale di disarmo e non proliferazione, compreso il regime del Trattato non proliferazione nucleare(NPT), e si sono impegnati a continuare a sostenere il TNP e tutte le misure che possono contribuire efficacemente al disarmo nucleare.
- La Dichiarazione ha concluso che “Di fronte ai rischi catastrofici posti dalle armi nucleari e nell'interesse della sopravvivenza stessa dell'umanità ... non ci fermeremo fino a che l'ultimo stato non abbia ha aderito al Trattato, l'ultima testata sia stata smantellata e distrutta e le armi nucleari siano state completamente eliminate dalla Terra”.
Universalizzazione, (articolo 12), Azioni 1-14
- Gli Stati si impegnano a fare dell'universalizzazione una priorità, anche attraverso:
- Condurre visite diplomatiche con altri paesi che non hanno ancora aderito
(Azione 3);
- Nominare un rappresentante del governo (punto di contatto) responsabile di questo lavoro in 60 giorni (Azione 6)
- Evidenziare l'importanza del TPNW nelle dichiarazioni alle Nazioni Unite e ottenere
che più paesi aderiranno alle risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite a sostegno del Trattato (Azioni 8 e 9)
- Coordinamento con tutti i partner pertinenti, compreso l'ICAN (Azione 13)
ELIMINARE LE ARMI NUCLEARI
Verso l'eliminazione delle armi nucleari (articolo 4), Azioni 15-18
- Gli Stati hanno convenuto di fissare un termine di 10 anni per l'eliminazione delle armi nucleari quando Stati dotati di armi nucleari si uniscono al TPNW e 90 giorni per la rimozione delle armi dagli Stati ospiti quando aderiscono al Trattato.
- Gli Stati hanno convenuto di proseguire la discussione sulla designazione dell'organismo che sarà responsabile della verifica del disarmo nucleare (Azione 15)
AIUTARE LA GENTE E I TERRITORI FERITI DALLE ARMI NUCLEARI
Assistenza alle vittime, bonifiche ambientali e internazionali
cooperazione e assistenza, (articoli 6 e 7), Azioni 19-32
- Tutti gli stati hanno concordato misure per creare un quadro per l'attuazione, tra cui:
- Consultare attentamente le comunità colpite in tutte le fasi e impegnarsi con i civili
società e sistema delle Nazioni Unite (Azioni 19 e 24)
- Istituire un rappresentante del governo (punto focale) responsabile di questo lavoro entro 3 mesi e adottare eventuali leggi nazionali per attuarla (azioni 21 e 22)
- Garantire i principi di accessibilità, inclusività, non discriminazione
per tutto; nonché trasparenza e considerare un formato di rendicontazione (Azioni
25 e 28)
- Esaminare come istituire un fondo fiduciario internazionale per finanziare questo lavoro (Azione 29)
- Gli Stati che si considerano colpiti dall'uso e dai test di armi nucleari hanno concordato di:
- Iniziare a rivedere l'impatto dell'uso delle armi nucleari nel loro paese entro la seconda riunione MSP (Azione 30)
- Sviluppare un piano nazionale per iniziare ad aiutare coloro che sono colpiti dall'uso delle armi nucleari e dei test per risanare l'ambiente entro il secondo incontro (Azione 31)
- Anche altri stati hanno deciso di fornire supporto, anche finanziario e tecnico, agli stati che si considerano colpiti (Azione 32)
INCLUSIONE DELLA SOCIETA' CIVILE E DELLE COMUNITA' PARTICOLARMENTE COLPITE
Principi di inclusività e cooperazione tra gli stakeholder nel
attuazione del Trattato, Azioni 39-42
- Oltre ai riferimenti all'inclusione nei documenti di esito, c'è una
sezione specifica di azioni per garantire che questo lavoro sia inclusivo e trasparente, comprendente le seguenti azioni:
Cooperare a stretto contatto con le Nazioni Unite, il Comitato Internazionale della Croce Rossa, la campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari, il mondo accademico, le comunità colpite e altre organizzazioni della società civile (Azione 40)
- Facilitare la partecipazione attiva delle parti interessate e tenere conto
dei diversi bisogni delle persone nelle comunità colpite e delle popolazioni indigene e garantire una forte titolarità da parte di tutti gli Stati Parte (Azione 41)
APPROCCIO PROGRESSIVO DI GENERE AL DISARMO
Attuazione delle disposizioni di genere del TPNW, Azioni 47-50
- Il Piano d'azione di Vienna impegna gli stati a volgere il loro impegno per l'equità di genere, anche da parte di:
- Nominare un punto focale di genere per coordinare l'attuazione del genere
nelle disposizioni (Azione 48)
- Sviluppare linee guida per garantire un'assistenza sensibile all'età e al genere per coloro che sono stati danneggiati dall'uso e dai test delle armi nucleari e integrare le prospettive di genere in cooperazione e assistenza internazionale (azioni 49 e 50)
SOSTENERE IL LAVORO
Decisione sull'istituzione di una struttura intersessione per l'attuazione del trattato e aspetti aggiuntivi del sostegno in questo senso, Azioni 43-45
- Gli Stati hanno convenuto di istituire gruppi di lavoro informali per portare avanti queste azioni e un comitato per coordinarli, comprendente la società civile; e di riunirsi almeno una volta ogni trimestre.
- I gruppi di lavoro informali includono:
- Uno sull'universalizzazione, copresieduto da Sud Africa e Malesia;
- Uno sull'assistenza alle vittime, bonifiche ambientali; cooperazione internazionale
e assistenza, copresieduto da Kazakistan e Kiribati;
- E uno sull'attuazione dell'articolo 4, in particolare i lavori relativi alla futura designazione di (a) autorità internazionali competenti, copresiedute da
Messico e Nuova Zelanda.
Rinvio anche al dialogo online che intratterremo domenica 26 giugno, dalle ore 18:00 alle ore 20:00, con l'iniziativa "Tutto quello che avreste voluto sapere su Vienna-TPNW" .
Ci si collega alla piattaforma google meet al seguente link:
IL PERCORSO DELLA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI OGGI CONCLUDE UNA TAPPA IMPORTANTE
La conferenza di Vienna termina con una dichiarazione di impegno per un mondo libero dalle armi nucleari. La sintesi del presidente austriaco include un piano d’azione per implementare il TPNW. Appuntamento a New York nel 2023 sotto la presidenza del Messico per la seconda revisione del Trattato (2MSP)
L'incontro a Vienna degli Stati parti del Trattato di proibizione delle armi nucleari è, sostanzialmente, filato liscio e si è concluso oggi alle 16:45, in anticipo sulla scaletta, con l'approvazione di una DICHIARAZIONE e con la sintesi del presidente austriaco della Conferenza ONU Alexander Kmennt, che ha incluso il PIANO DI AZIONE per l'implementazione del Trattato.
La Dichiarazione di Vienna - IL NOSTRO IMPEGNO PER UN MONDO LIBERO DALLE ARMI NUCLEARI - si conclude con un chiaro proposito da parte dei 65 Stati ratificanti il TPNW: "Di fronte ai rischi catastrofici posti dalle armi nucleari e nell'interesse della sopravvivenza stessa dell'umanità... Non ci fermeremo finché l'ultimo Stato non avrà aderito al Trattato, l'ultima testata non sia stata smantellata e distrutta e le armi nucleari non siano state completamente eliminate dalla Terra".
La conferenza ONU, che si è svolta presso l'Austria Centre allo stesso Building della IAEA (l'Agenzia atomica), ha visto una presenza ed un ruolo molto importante della società civile, rete ICAN in testa, di cui Disarmisti esigenti e WILPF italia sono membri.
Ogni mattina all'aula 291 (ore 9:00) ICAN ci si è incontrati per coordinare il lavoro della giornata e massimizzare il potere di parola delle ONG dal palco della conferenza.
Avremmo potuto forse fare molto di più, noi spezzone di una ampia delegazione italiana (6 persone, ma RIPD e Senzatomica erano in nove, non so se includenti il MIR) ma in piccolo abbiamo lavorato per i punti sollevati nei working paper che abbiamo proposto: complementarità di TPNW e TNP da favorire anche con una maggiore flessibilità di ingresso, riferimento più preciso alle mininukes (il problema è stato considerato nei documenti finali), la denuclearizzazione del Golfo di Trieste come applicazione della strategia dei disarmi unilaterali, la possibilità di intraprendere vie legali contro l'illegalità delle armi nucleari (si veda studio commissionato da ABBASSO LA GUERRA e altre associazioni a IALANA ITALIA).
La conferenza si è riconvocata a New York nel 2023, dal 27 novembre al 1 dicembre, sotto la presidenza del Messico (a cui seguirà l'anno dopo la presidenza del Kazakistan). Le ultime parole di Kemmt per la chiusura sono state proprio: QUE VIVA MEXICO!
Noi, Disarmisti esigenti, proseguiremo con le info e con i commenti. Prestateci attenzione perché potete stare sicuri che i media italiani per lo più ignoreranno l'evento ed il suo significato; e se se ne occuperanno non lo faranno certamente con il nostro approccio culturale della "terrestrità" che si sforza di cogliere l'interdipendenza tra minaccia nucleare, minacia ecologico-climatica e minaccia dell'ineguaglianza sociale.
Mercoledì 22 giugno 2022 - quinta puntata del Diario da Vienna a cura di Alfonso Navarra
APERTO UN POSSIBILE DIALOGO TRA PAESI NATO E IL PERCORSO DEL TPNW, CHE SI CONSIDERA COMPLEMENTARE RISPETTO AL TNP
L'intervento della Germania stamattina: siamo qui come osservatori perché condividiamo la preoccupazione che non ci sono progressi verso il disarmo nucleare"
Estratto del mio pezzo odierno.
Alla conferenza di Vienna, prima parte denominata "Segmento di Alto Livello", si susseguono le dichiarazioni degli Stati (alla fine del dibattito generale se ne conteranno 70) e gli interventi della società civile.
L'agenda ufficiale dell'incontro - l'elezione del Presidente (l'ambasciatore austriaco Kmentt), l'ordine del giorno, il regolamento interno e l'elenco delle ONG non accreditate ECOSOC (i Disarmisti esigenti sono tra queste) si sono svolte finora senza problemi.
Va tenuto presente che tutti i paesi possono partecipare alla riunione fino alla chiusura; quindi, non l'invito proveniente dalla dirigenza ICAN è quello di non smettere di spingere affinché i governi refrattari si presentino anche all'ultimo minuto. Ma per l'Italia con Draghi e Di Maio, questo sforzo francamente pare fatica sprecata! Il nostro governo non ha il coraggio di chiarire la sua posizione a livello internazionale, a differenza di Germania, Belgio e Paesi Bassi, anche essi Paesi NATO, e Paesi della condivisione nucleare NATO.
L'ordine del giorno della conferenza, approvato ieri, dà bene l'idea dei problemi in discussione e quindi del suo scopo.
Ogni mattina alle 9:00 ICAN riunisce i delegati della società civile per concordare le mosse e gli interventi da portare avanti nel corso dei lavori della conferenza.
Stamattina sono di particolare interesse gli interventi dei Paesi NATO e neutrali presenti come "osservatori".
Il punto distintivo dell'intervento, per conto del governo tedesco, dell'ambasciatore Bohn, rispetto agli USA e alle altre potenze nucleari è però il riconoscimento di un possibile contributo positivo da parte del TPNW, che la NATO esclude.
"Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari vieta, tra le altre cose, il dispiegamento, il possesso e il transito, lo stoccaggio e lo stazionamento di armi nucleari.
Questi ampi divieti creano un conflitto di interessi tra il TPNW e le responsabilità che gli alleati NATO hanno assunto. Per questo motivo né la Germania né altri membri NATO hanno aderito al TPNW.
Tuttavia, il governo federale condivide la preoccupazione degli Stati parti del TPNW per la mancanza di progressi nel settore del disarmo nucleare".
Bohn conferma che il governo federale, (in dissonanza con le posizioni ufficiali della NATO, questo lo sottolinea il sottoscritto), "proseguirà il dialogo con gli Stati parti del TPNW sulla questione di come si possano compiere ulteriori progressi in materia di disarmo nucleare nell'attuale contesto di sicurezza".
Gira e rigira, tutto l'ordine (o il disordine, forse è un termine più acconcio per descrivere la situazione) nucleare internazionale in via di evoluzione, ruota intorno al nodo della possibile complementarietà del rapporto tra TPNW e TNP. Che significa che i due sistemi giuridici (e magari in futuro) organizzativi sono "complementari"?
Una risposta tenta di darla una proposta, elaborata da Irlanda e Tailandia, per rendere compatibili e complementari TNP e TPNW alla luce della implementazione (e dell'allargamento ad altri Stati, inclusi gli Stati NATO) del secondo.
Questo documento parte dalla premessa che: "In assenza di un quadro giuridicamente vincolante e vista la lentezza ritmo di attuazione degli impegni concordati in materia di disarmo del TNP, i negoziati e l'adozione del Trattato di proibizione sono uno sforzo da parte degli Stati non dotati di armi nucleari di progredire verso la piena attuazione dell'articolo VI del Trattato di non proliferazione. Questo è, dopotutto, un obbligo per tutti gli Stati parti del Trattato di non proliferazione. Lungi dall'intaccare il Trattato di non proliferazione, l'insieme completo didivieti previsti dal Trattato di proibizione danno concreta espressione al“misure efficaci” per il disarmo nucleare previste nel Trattato di Non Proliferazione".
Da questa premessa nascono le raccomandazioni di Irlanda e Tailandia, in realtà facilitatori di un dibattito collettivo, alla Conferenza degli Stati parti del TPNW.
A questo punto possiamo porre una domanda: se riteniamo compatibile e complementare il TPNW con il TNP, perché non lo dovrebbero essere altrettanto la campagna ICAN e la campagna per il NO first use?
Alla conferenza di Vienna, prima parte denominata "Segmento di Alto Livello", si susseguono le dichiarazioni degli Stati (alla fine del dibattito generale se ne conteranno 70) e gli interventi della società civile. Queste dichiarazioni sono tutte del medesimo tenore. Si concentrano sulla crescente necessità di questo trattato come risposta alle minacce di utilizzare armi nucleari ed evidenziano il loro apprezzamento per i nuovi stati parti del TPNW: le ultime adesioni portano i ratificanti da 62 a 65.
L'agenda ufficiale dell'incontro - l'elezione del Presidente (l'ambasciatore austriaco Kmentt), l'ordine del giorno, il regolamento interno e l'elenco delle ONG non accreditate ECOSOC (i Disarmisti esigenti sono tra queste) si sono svolte senza problemi.
Per quanto riguarda la società civile, ecco alcune aggiunte rispetto a quanto resocontato ieri. Etica Responsible Investments ha rilasciato una dichiarazione a nome di 37 investitori, che rappresentano 230 miliardi di euro di asset in gestione. Sono intervenuti i sindaci di Hiroshima e Nagasaki, così come Merle Spellerberg, membro del Bundestag tedesco, quando ha presentato i parlamentari per il TPNW e l'esito della loro discussione.
Va tenuto presente che tutti i paesi possono partecipare alla riunione fino alla chiusura, quindi non l'invito proveniente dalla dirigenza ICAN è quello di non smettere di spingere affinché i governi refrattari si presentino anche all'ultimo minuto. Ma per l'Italia con Draghi e Di Maio, questo sforzo francamente pare fatica sprecata! Non c'è il coraggio di venire a chiarire la propria posizione davanti alla comunità internazionale, a differenza di Germania, Belgio e Paesi Bassi, altri Paesi NATO. E Paesi della condivisione nucleare NATO.
Sembrano lontani i tempi in cui, nel 2017, sia il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che il sottosegretario Manlio Di Stefano, allora entrambi all'opposizione, misero le loro firme, insieme ad altri 244 parlamentari, un record a livello mondiale,
“C’è rammarico per la decisione presa dal governo che perde l’occasione di poter discutere al tavolo, con rappresentanti di Paesi e società civile provenienti da tutto il mondo, il tema del disarmo nucleare reso sempre più urgente dal conflitto in Ucraina" sottolineano Rete Italiana Pace e Disarmo e Senzatomica.
Francesco Vignarca e Daniele Santi sono anche essi tra i delegati ICAN che circolano nelle sale dell'Austria Centre, building M, lo stesso della IAEA.
La dichiarazione di "Etica Responsable Investiment" è rinvenibile al seguente link:
Andiamo ora sull'ordine del giorno della conferenza, approvato ieri, che dà bene l'idea dei problemi in discussione e quindi del suo scopo.
1. Apertura della Riunione.
2. Elezione degli incarichi ufficiali:
(a) Elezione del Presidente;
(b) Elezione di altri funzionari.
3. Introduzione del Presidente.
4. Sessione di apertura ad alto livello: discorso del Segretario generale delle Nazioni Unite e indirizzi di funzionari di alto livello.
5. Adozione dell'ordine del giorno.
6. Adozione del regolamento interno.
7. Conferma del Segretario Generale dell'Assemblea.
8. Organizzazione del lavoro.
9. Credenziali dei rappresentanti all'Assemblea:
(a) Nomina dei membri del Comitato Credenziali;
(b) Relazione del Comitato delle Credenziali.
10. Scambio di opinioni generale.
11. Esame dello status e del funzionamento del Trattato e di altre questioni
importanti per il raggiungimento degli obiettivi e delle finalità del trattato:
(a) Dichiarazioni riguardanti la proprietà, il possesso o il controllo delle armi nucleari (articolo 2);
(b) Universalità (articolo 12);
(c) Termini per la rimozione dallo stato operativo e la distruzione di armi nucleari e altri ordigni esplosivi nucleari e la loro rimozione dai territori nazionali (articolo 4);
(d) Autorità internazionale competente, compresa la verifica (articolo 4);
(e) Assistenza alle vittime, bonifiche ambientali e internazionali cooperazione e assistenza (articoli 6 e 7);
(f) Misure nazionali di attuazione (articolo 5);
(g) Altre questioni importanti per il raggiungimento degli obiettivi e delle finalità del
Trattato, come ad esempio:
io. Istituzionalizzare la consulenza scientifica e tecnica per l'efficace attuazione del Trattato;
ii. Struttura intersessione per l'attuazione del Trattato;
iii. Complementarietà del TPNW con l'esistente regime di disarmo e non proliferazione.
12. Questioni finanziarie.
13. Preparativi per la seconda Riunione degli Stati Parte.
14. Altre questioni.
15. Esame e adozione del documento finale dell'Assemblea.
16. Chiusura dell'Assemblea
Ogni mattina alle 9:00 ICAN riunisce i delegati della società civile per concordare le mosse e gli interventi da portare avanti nel corso dei lavori della conferenza.
Stamattina sono di particolare interesse gli interventi dei Paesi NATO e neutrali presenti come "osservatori". I Paesi NATO che hanno preso la parola hanno rafforzato la loro condanna della minaccia russa di utilizzare armi nucleari durante l'aggressione militare dell'Ucraina.
Susy Snyder del board di ICAN osserva con una qualche ironia:
"È sempre bello vedere gli Stati (soprattutto quelli con armi nucleari nelle proprie politiche di sicurezza o sul proprio territorio) parlare dell'irresponsabilità e del pericolo in cui si trova il mondo quando un paese minaccia di usare armi nucleari. In modo schiacciante, gli stati osservatori si sono finora impegnati in modo costruttivo nelle discussioni, cercando modi per sostenere i principi umanitari nel trattato, compresa l'assistenza alle vittime e il risanamento ambientale, e suggerendo che questi temi dovrebbero essere trasferiti anche al TNP".
L'ambasciatore di Germania Rüdiger Bohn è intervenuto a Vienna ribadendo che l'obiettivo di Berlino rimane "un mondo libero dalle armi nucleari". E fino a qui siamo nella normale retorica NATO, cui si conformano tutti gli Stati membri dell'Alleanza. Bohn ha ribadito che, nonostante l'aggressione russa dell'Ucraina, "sono necessarie deterrenza e difesa credibili per salvaguardare la nostra sicurezza in Europa", allo stesso tempo, "il governo federale è impegnato nell'obiettivo di un mondo senza armi nucleari e quindi anche una Germania senza armi nucleari". Sulla via verso questo obiettivo la Germania e tutta la comunità degli Stati avrebbero "urgente bisogno di un nuovo slancio per il disarmo nucleare. Il governo federale intende assumere un ruolo guida in questo settore".
Bohn ha sottolineato, come fanno tutti i membri NATO, che il pilastro su cui costruire il disarmo resta sempre il TNP.
"Per la Germania, il quadro centrale per l'azione nel campo del disarmo nucleare e della non proliferazione rimane il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), a cui hanno aderito quasi tutti i paesi del mondo. Nel contesto dell'iniziativa di Stoccolma, la Germania, in collaborazione con i partner, ha sviluppato proposte concrete per rafforzare il TNP e quindi ha aperto un modo per rendere il mondo più sicuro dalle armi nucleari".
Il punto distintivo rispetto agli USA e alle altre potenze nucleari è però il riconoscimento di un possibile contributo positivo da parte del TPNW, che la NATO esclude.
"Un altro forum di scambio sull' obiettivo comune di un mondo più sicuro dalle armi nucleari è l'incontro degli Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW), cui ora la Germania sta presenziando in qualità di Stato osservatore.
Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari vieta, tra le altre cose, il dispiegamento, il possesso e il transito, lo stoccaggio e lo stazionamento di armi nucleari.
Questi ampi divieti creano un conflitto di interessi tra il TPNW e le responsabilità che gli alleati NATO hanno assunto. Per questo motivo né la Germania né altri membri NATO hanno aderito al TPNW.
Tuttavia, il governo federale condivide la preoccupazione degli Stati parti del TPNW per la mancanza di progressi nel settore del disarmo nucleare".
Bohn conferma che il governo federale, (in dissonanza con le posizioni ufficiali della NATO, questo lo sottolinea il sottoscritto), "proseguirà il dialogo con gli Stati parti del TPNW sulla questione di come si possano compiere ulteriori progressi in materia di disarmo nucleare nell'attuale contesto di sicurezza".
L'ordine del giorno è continuato, con una discussione su modi e mezzi per convincere altri a partecipare al trattato, la strada considerata da ICAN verso l'universalizzazione. Indonesia e Costa Rica hanno fatto riferimento al working paper presentato a questa conferenza. Stati come la Malesia, che sono pronti a collaborare con il CICR, i Centri regionali per il disarmo delle Nazioni Unite e altri e terranno in seguito una tavola rotonda regionale sull'universalizzazione quest'anno.
Più tardi nel pomeriggio sono stati discussi gli articoli 6 e 7 del trattato sul risanamento ambientale e l'assistenza alle vittime. Guardando il piano a lungo termine per questi problemi. Gli interventi di Léna Normand e Hinemouera Cross dell'Associazione 193 (Polinesia francese) hanno fatto esplodere nella sala un fragoroso applauso e il presidente li ha ringraziati non solo per il loro intervento, ma per aver testimoniato gli orribili impatti a lungo termine delle armi nucleari su la loro patria e la loro salute.
Per illustrare questi impatti dei test e le comunità di resistenza in tutto il mondo, ICAN ha lanciato una mappa dei test nucleari per aiutare le persone a conoscere i test nucleari, le comunità colpite e l'attivismo per la giustizia.
La sessione si è conclusa con qualche minuto di anticipo e domani la bozza di dichiarazione sarà fatta circolare per la discussione e (incrociando le dita) l'adozione! Quando sarà bene messa a punto, ICAN farà circolare alcuni punti di discussione da utilizzare per la sensibilizzazione della stampa locale.
Ripensando all'intervento dell'ambasciatore tedesco, ecco quanto mi viene da osservare. Gira e rigira, tutto l'ordine (o il disordine, forse è un termine più acconcio per descrivere la situazione) nucleare internazionale in via di evoluzione, ruota intorno al nodo della possibile complementarietà del rapporto tra TPNW e TNP. Che significa che i due sistemi giuridici (e magari in futuro) organizzativi sono "complementari"?
Nel preambolo del TNPW troviamo riaffermato che "esiste l'obbligo di perseguire in buona fede e concludere negoziati che conducano al disarmo nucleare in tutti i suoi aspetti sotto un controllo internazionale rigoroso ed efficace". E ribadito inoltre che "l'attuazione completa ed efficace del Trattato di NonProliferazione delle armi nucleari, che costituisce la pietra angolare del disarmo nucleare e del regime di non proliferazione, ha un ruolo fondamentale per promuovere la pace e la sicurezza internazionali".
Quindi per lo stesso TPNW la pietra angolare del disarmo nucleare è il TNP. Esiste poi uno specifico articolo 18 dedicato ai rapporti con gli altri accordi che recita:
"L'attuazione del presente Trattato non pregiudica gli obblighi assunti dagli Stati Parti per quanto riguarda gli accordi internazionali esistenti di cui sono parte, laddove tali obblighi siano coerenti con il trattato".
L'articolo 4 del TNPW è strategico perché intitolato e indirizzato "Verso la totale eliminazione delle armi nucleari". L'articolo in questione recita che "Ciascuno Stato Parte che dopo il 7 luglio 2017 abbia detenuto, posseduto o controllato armi nucleari o altri dispositivi esplosivi nucleari e abbia eliminato il programma relativo alle armi nucleari, compresa l'eliminazione o la conversione irreversibile di tutte le strutture correlate alle armi nucleari prima dell'entrata in vigore di questo Trattato per tale Stato Parte, coopererà con l'autorità internazionale competente designata ai sensi del paragrafo 6 del presente articolo per verificare l'eliminazione irreversibile del proprio programma relativo alle armi nucleari". (...)
Al secondo comma troviamo scritto che : "Ciascuno Stato Parte che, in deroga all'articolo 1, lettera a), detiene, possiede o controlla qualsiasi arma nucleare o altri dispositivi esplosivi nucleari, deve immediatamente rimuoverli dallo stato operativo e distruggerli non appena possibile, ma non oltre un termine da determinare durante la prima Riunione degli Stati Parte, in conformità a un piano giuridicamente vincolante e con scadenza per l'eliminazione verificata e irreversibile del programma sulle armi nucleari di tale Stato Parte, compresa l'eliminazione o la conversione irreversibile di tutte le strutture connesse con le armi nucleari". (...)
Al comma tre leggiamo: "Uno Stato Parte cui si applica il paragrafo 2, deve concludere un accordo di salvaguardia con l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica sufficiente a fornire garanzia credibile della non deviazione del materiale nucleare dichiarato da attività nucleari pacifiche, e dell'assenza di materiale nucleare o attività non dichiarate nello Stato nel suo complesso". (...)
Abbiamo una proposta, elaborata da Irlanda e Tailandia, per rendere compatibili e complementari TNP e TPNW alla luce della implementazione (e dell'allargamento ad altri Stati, inclusi gli Stati NATO) del secondo.
Questo documento parte dalla premessa che: "In assenza di un quadro giuridicamente vincolante e vista la lentezza ritmo di attuazione degli impegni concordati in materia di disarmo del TNP, i negoziati e l'adozione del Trattato di proibizione sono uno sforzo da parte degli Stati non dotati di armi nucleari di progredire verso la piena attuazione dell'articolo VI del Trattato di non proliferazione. Questo è, dopo tutto, un obbligo per tutti gli Stati parti del Trattato di non proliferazione. Lungi dall'intaccare il Trattato di non proliferazione, l'insieme completo di i divieti previsti dal Trattato di proibizione danno concreta espressione al “misure efficaci” per il disarmo nucleare previste nel Trattato di Non Proliferazione".
La conclusione è quindi che "le disposizioni del Trattato di proibizione sono pienamente coerenti con e complementari al Trattato di non proliferazione" e questo punto è stato sempre sottolineato dagli Stati aderenti al TNPW nelle sessioni di revisione del TNP. Questo sarebbe motivato dal fatto che "inquadrando le armi nucleari attraverso il Trattato di proibizione, i suoi Stati parti hanno creato un quadro giuridico che può aiutare ad attuare l'articolo VI del Trattato di non proliferazione e raggiungere un mondo libero dalle armi nucleari – un obiettivo che tutti Gli Stati parti del Trattato di non proliferazione, compresi gli Stati dotati di armi nucleari, hanno pubblicamente dichiarato come loro obiettivo. Il Trattato di proibizione sostiene anche il obiettivi di non proliferazione del Trattato di non proliferazione. Attraverso il suo focus sulle conseguenze umanitarie e i rischi inerenti alle armi nucleari, il bando serve a sottolineare e rafforzare il tabù contro l'acquisizione delle armi nucleari".
Da questa premessa nascono le raccomandazioni di Irlanda e Tailandia, in realtà facilitatori di un dibattito collettivo, alla Conferenza degli Stati parti del TPNW, che di seguito riportiamo.
"La complementarità tra Trattato di proibizione e non proliferazione Trattato è già accettata dagli Stati parti del Trattato di proibizione. Tuttavia, il continuare a sottolineare e sensibilizzare rispetto a questa complementarietà tra gli Stati non parti, in maniera fattuale, potrebbe aiutare a perseguire gli obiettivi universalizzazione ai sensi dell'articolo 12 del Trattato di proibizione. In questa prospettiva, dovrebbe essere data considerazione alle seguenti eventuali raccomandazioni per la prima Riunione di Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari: (a) Gli Stati parti potrebbero, come parte dei documenti finali del loro primo meeting, includere un linguaggio specifico per riconoscere la compatibilità di, e complementarità tra il Trattato di proibizione e il Trattato di non proliferazione; (b) I documenti finali della conferenza potrebbero anche riconoscere che il futuro lavoro del Trattato di proibizione, compresa la designazione del autorità internazionale competente, dovrebbero essere condotte in modo da basarsi sulla complementarità esistente con l'attuale disarmo nucleare e regime di non proliferazione; (c) Gli Stati parti del Trattato di proibizione sono incoraggiati a sottolineare il complementarità del trattato con il disarmo e la non proliferazione esistenti, anche alle riunioni preparatorie della conferenza e le Conferenze di Riesame delle Parti del Trattato di Non Proliferazione, e con iniziative e raggruppamenti pertinenti relativi al disarmo nucleare; (d) La prima Riunione degli Stati Parte al Trattato di Proibizione dovrebbe prendere in considerazione la nomina di un facilitatore informale per esplorare ulteriormente e articolare i possibili ambiti di tangibile cooperazione tra il Trattato di Divieto e il Trattato di non proliferazione durante il periodo interesessionale; (e) Il Trattato di proibizione dovrebbe cooperare con altri organismi internazionali, come l'AIEA e la Commissione preparatoria per l'Organizzazione del Trattato per la messa al bando globale degli esperimenti nucleari, al fine di rafforzare la cooperazione, anche nei settori dei controlli e delle verifiche nucleari. Tale cooperazione dovrebbe rafforzare il complementarità tra il Trattato di Divieto, il Trattato di Non Proliferazione e l'articolo del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari; (f) Gli Stati parti del Trattato di proibizione dovrebbero continuare a collaborare su progetti di sensibilizzazione al fine di sensibilizzare non solo i Governi, ma anche tra la società civile, il mondo accademico, i parlamentari e il pubblico in generale, compresi organizzazioni giovanili, per evidenziare la complementarità tra il Trattato di proibizione e l'attuale regime di disarmo e non proliferazione, compresi i trattati sulle zone libere da armi nucleari".
A questo punto possiamo porre una domanda: se, in ambito pacifista e "proibizionista" (in riferimento all'abolizione delle armi nucleari), riteniamo compatibile il TPNW con il TNP, perché non lo dovrebbero essere altrettanto la campagna ICAN e la campagna per il NO first use?
Martedì 21 giugno 2022 - quarta puntata del Diario da Vienna a cura di Alfonso Navarra
INIZIA A VIENNA LA CONFERENZA DI REVISIONE DEL TRATTATO DI PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI
Oggi, alle ore 10:00, è stata inaugurata dal presidente austriaco- l'Ambasciatore Alexander Kmentt, ministro degli esteri in carica - la prima riunione degli Stati Parti (MSP) del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW).
Ci sono all'Austria Center (settore M, nello stesso edificio che ospita l'IAEA, l'agenzia per l'energia atomica), parlamentari (ho intravisto Laura Boldrini), sostenitori, esperti di politica, attivisti, creativi, funzionari delle Nazioni Unite e molti altri partecipanti della società civile e dei governi. Decisivo il ruolo di ICAN che con Beatrice Fihn, direttrice esecutiva della Rete, ha preso la parola subito dopo il segretario generale dell'ONU Guterres ed il presidente della Croce Rossa, Peter Mauer. L'intervento di Beatrice: "L'adozione di questo TNPW è frutto del ruolo chiave della società civile. Lavoreremo con i governi per implementare e universalizzare il Trattato" è stato concordato in una assemblea mattutina di ICAN che si è svolta alle ore 9:00.
I quattro interventi iniziali hanno inaugurato quello che è denominato l'"High-Level Segment" di 1MSP (la sigla di questa conferenza ONU).
Sono lì, ad 1 MSP, tutte le persone e gli attivisti che hanno riempito l'aula, tra le quali la nostra delegazione di Disarmisti esigenti e WILPF Italia, per discutere i progressi del trattato, lo stato del disarmo e della non proliferazione e pianificare il futuro dell'abolizione giuridica che deve evolvere in eliminazione effettiva degli ordigni.
In questa importante conferenza, gli Stati parti discuteranno le azioni necessarie per attuare gli obblighi previsti dal Trattato, comprese le azioni volte ad assistere le vittime dell'uso e dei test di armi nucleari, a risanare gli ambienti contaminati e soprattutto ad universalizzare il Trattato.
In questo senso, ad avviso dello scrivente, il vero nodo è se l'incontro coglierà il problema di una maggiore flessibilità in entrata del TPNW (era la proposta del nostro working paper che non siamo riusciti a pubblicare per motivi formali) e riuscirà a fissare una scadenza per l'eliminazione delle armi nucleari per gli Stati dotati di armi atomiche che decidessero di aderire al Trattato.
Nel momento in cui scrivo, sono in corso numerosi interventi, che alternano i delegati degli Stati ed esponenti della società civile. Quale esempio di un discorso svolto dalla seconda categoria di partecipanti, riporto sotto l' intervento del presidente del CICR, Peter Mauer.
Lo ritengo molto interessante perché batte sul punto che ritengo cruciale: trovare un modo di impattare sul Trattato di non proliferazione esplorando la complementarietà dei due strumenti, TNP e TPNW.
La posizione dei disarmisti esigenti è che il TPNW deve essere riconosciuto in sede di TNP come una forma di attuazione dell'articolo VI di questo ultimo; quindi bisogna andare ben oltre il terreno proposto dalla Croce Rossa, cioè "la fornitura di assistenza alle vittime e la bonifica dell'ambiente naturale influenzato dall'uso o dalla sperimentazione di armi nucleari"...
Per questo riconoscimento da parte del TNP occorrerebbe, per una parte, la volontà di procurarselo; per l'altra, che gli Stati non nucleari battessero le scarpe sui tavoli del TNP per ottenere quel rispetto dalle potenze nucleari che ancora non è loro accordato. Almeno così mi sembra. Ma voi che leggete, cosa ne dite?
Per ulteriori informazioni sulla prima riunione degli Stati parte, tornerò con una altra nota stasera; e comunque un consiglio è consultare il sito web della conferenza
Prima riunione degli Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari
Vienna, 21 – 23 giugno 2022
Eccellenze, Signore e Signori,
Oggi è un momento storico.
Ci siamo riuniti qui per mettere in atto il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) e per plasmare il futuro del disarmo nucleare.
Un decennio fa, questo poteva sembrare illusorio. Oggi, una proibizione globale, inequivocabile e completa delle armi nucleari – le armi più catastrofiche mai create – è una realtà.
Dobbiamo questa realtà agli sforzi instancabili di molti:
Gli Stati, che con convinzione e determinazione, hanno preso iniziative per portare avanti negoziati multilaterali significativi, sapendo che, a causa della vastità dell'impatto catastrofico delle armi nucleari, le preoccupazioni umanitarie dovevano venire prima di tutto.
Società Nazionali della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, che, insieme al CICR, non hanno cessato di chiedere l'abolizione delle armi nucleari da quando le prime bombe atomiche sono state fatte esplodere a Hiroshima e Nagasaki.
Organizzazioni della società civile audaci e ambiziose, che nel corso degli anni hanno contribuito a costruire l'impulso e lo slancio che hanno portato all'adozione del TPNW.
E il coraggio incrollabile e la speranza dei sopravvissuti all'uso e ai test delle armi nucleari, che hanno guidato i nostri sforzi fin dall'inizio e che non smettono mai di ispirarci. Dobbiamo loro questo trattato.
La continua esistenza di armi nucleari è una delle più grandi minacce per l'umanità. Il loro uso avrebbe conseguenze umanitarie catastrofiche, in grado di mettere in pericolo la sopravvivenza stessa del nostro pianeta. I rischi di tale uso sono in crescita, sia in termini di probabilità che di entità degli effetti.
In un momento in cui, sullo sfondo del conflitto in Ucraina, le teorie della deterrenza nucleare sembrano riacquistare vigore e apparente legittimità, è fondamentale rifocalizzare il dibattito su ciò che un uso di armi nucleari – anche una cosiddetta arma nucleare "tattica" a basso rendimento – significherebbe per civili e combattenti, e per l'ambiente naturale da cui tutti dipendiamo.
Se un'arma nucleare dovesse esplodere all'interno o nei pressi di un'area popolata, nessuno Stato o organismo internazionale potrebbe affrontare adeguatamente l'emergenza umanitaria immediata né le conseguenze a lungo termine, né fornire assistenza sufficiente alle vittime.
Perché è così importante concentrarsi sulle conseguenze delle armi nucleari? Perché sono il punto di riferimento rispetto al quale deve essere giudicata l'accettabilità morale, etica e legale di un'arma e devono essere valutate le teorie della deterrenza.
Infatti, mentre lo scopo dichiarato della deterrenza nucleare è quello di mantenere la sicurezza nazionale e regionale, l'esistenza di armi nucleari pone gravi rischi per la sicurezza umana – tra cui la salute individuale e collettiva, il benessere, la sicurezza ambientale e alimentare, così come il clima.
Sono le catastrofiche conseguenze umanitarie delle armi nucleari – sulla salute umana, sull'ambiente, sulle generazioni future – che rendono queste armi disumane, immorali e – dall'entrata in vigore del TPNW – anche illegali secondo il diritto internazionale convenzionale.
Alla luce di queste conseguenze, secondo il CICR, è estremamente dubbio che le armi nucleari possano mai essere utilizzate in conformità con le regole e i principi del DIU.
Inoltre, qualsiasi uso di armi nucleari sarebbe ripugnante per i principi dell'umanità e i dettami della coscienza pubblica. Qualsiasi minaccia di usare armi nucleari è, secondo il CICR, altrettanto ripugnante, perché implica la possibilità di utilizzarle effettivamente.
Il disarmo nucleare è un imperativo umanitario e legale urgente.
La proibizione globale delle armi nucleari mediante il TPNW è un passo cruciale verso la loro eliminazione, che è una responsabilità vitale della comunità internazionale nel suo complesso. In attesa di ciò, è necessario adottare con urgenza misure efficaci di riduzione dei rischi. Questa è in primo luogo la responsabilità degli Stati dotati di armi nucleari e dei loro alleati.
Eccellenze, Signore e Signori,
Ora è il momento non delle parole, ma dei fatti.
La prima riunione degli Stati parti è una pietra miliare importante per il successo del trattato. Stabilirà un quadro per l'effettiva attuazione e la progressiva universalizzazione del TPNW e sottolineerà il significativo valore aggiunto del trattato all'interno della più ampia architettura di disarmo nucleare e non proliferazione. Invierà un chiaro segnale che il trattato è uno strumento credibile in grado di avere un impatto reale.
A tal fine, è importante trovare un equilibrio tra ambizione e realismo.
Il CICR ha presentato un documento di lavoro con raccomandazioni concrete agli Stati Parti sull'attuazione del trattato e sull'esito di questo incontro, che vi incoraggio vivamente a considerare.
Anche la cooperazione e l'assistenza con gli Stati al di fuori del TPNW possono contribuire in modo significativo all'effettiva attuazione del trattato. È pertanto importante sviluppare sinergie, anche nel contesto del trattato di non proliferazione, ed esplorare la complementarità dei due strumenti, in particolare per quanto riguarda la fornitura di assistenza alle vittime e la bonifica dell'ambiente naturale influenzato dall'uso o dalla sperimentazione di armi nucleari.
Il CICR, e il più ampio Movimento della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, continueranno a lavorare instancabilmente per rafforzare l'adesione al TPNW e la sua attuazione, e per promuovere il disarmo nucleare, fino a quando l'obiettivo di un mondo libero dalle armi nucleari diventerà realtà.
Sempre oggi 21 giugno all'Austria Centre si tiene il primo MSP giovanile che si affianca al meeting principale degli Stati sul Trattato sulla proibizione delle armi nucleari: per una giornata di workshop, conferenze, advocacy e pianificazione per il futuro.
La Youth MSP riunisce più di 130 giovani provenienti da tutto il mondo con la passione per il disarmo nucleare e la non proliferazione. I delegati di Youth for TPNW portano esperienza in advocacy, politica, creatività, campagne, legge e tanti altri campi.
Rendere operative le disposizioni di genere del Trattato sulla
proibizione delle armi nucleari: documento di lavoro presentato da Cile, Irlanda, Messico e dall'Istituto delle Nazioni Unite per la ricerca sul disarmo
Complementarità con l'attuale regime di disarmo e non proliferazione: documento di lavoro presentato da Irlanda e Thailandia in qualità di co-facilitatori
Istituzionalizzazione della consulenza scientifica e tecnica per l'effettiva attuazione del trattato sulla proibizione delle armi nucleari: documento di lavoro presentato dal Presidente designato
Attuazione dell'articolo 12 del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari: universalizzazione: documento di lavoro presentato dai co-facilitatori, Austria, Costa Rica e Indonesia
Presidente designato della prima riunione di revisione del TPNW
Alexander Kmentt è direttore del Dipartimento per il disarmo, il controllo degli armamenti e la non proliferazione del ministero degli Esteri austriaco e presidente della prima riunione degli Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW) del giugno 2022.
Dal 2016 al 2019, Alexander Kmentt è stato ambasciatore e rappresentante permanente presso il Comitato politico e di sicurezza dell'UE. Ha lavorato a lungo sulle questioni del disarmo, anche alla Conferenza sul disarmo e al CTBTO di Vienna. È uno degli architetti dell'iniziativa sull'impatto umanitario delle armi nucleari e del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW). È stato responsabile della Conferenza di Vienna del 2014 sull'impatto umanitario delle armi nucleari per la quale ha ideato l'Impegno umanitario. Questo impegno ha raccolto il sostegno di 135 Stati e ha spianato la strada ai TPNW del 2017.
Durante un anno sabbatico nel 2019-20 come Senior Research Fellow presso il King's College di Londra, ha scritto il libro The Treaty Prohibiting Nuclear Weapons: How it was achieved and why it matters (Routledge 2020). È stato eletto "Persona per il controllo delle armi dell'anno 2014" dalla Arms Control Association con sede negli Stati Uniti. Alexander Kmentt ha conseguito una laurea in giurisprudenza austriaca e un MPhil in Relazioni Internazionali presso l'Università di Cambridge (Regno Unito).
Da questo link si ottiene la panoramica della conferenza sul TPNW:
Lunedì 20 giugno 2022 - terza puntata del Diario da Vienna a cura di Alfonso Navarra
LA CONFERENZA SCIENTIFICA DI VIENNA SULL'IMPATTO UMANITARIO DELLE ARMI NUCLEARI DENUNCIA CHE LA DETERRENZA E' UNA MINACCIA PER TUTTA LA VITA TERRESTRE
La NUCLEAR BAN WEEK di Vienna è arrivata a metà del suo percorso, al terzo giorno, e si avvicina al suo culmine: la revisione del Trattato di proibizione delle armi nucleari operata dagli Stati parte denominata con sigla 1MSP.
Oggi si è svolta, come da programma, all'Austria Center, la Conferenza scientifica sull'impatto umanitario delle armi nucleari (in sigla: HINW22Vienna), organizzata dal governo austriaco.
Basandosi sulle precedenti conferenze di Oslo (marzo 2013), Nayarit (febbraio 2014) e Vienna (dicembre 2014) , l'HINW22Vienna ha fatto il punto sui risultati chiave di queste conferenze, e ha presenterà nuove ricerche nelle sue tre sessioni di lavoro:
Fatti chiave su conseguenze e rischi umanitari delle armi nucleari;
impatto delle armi nucleari sulla gente e sul pianeta
i rischi della deterrenza nucleare.
Su basi scientifiche, da essa è provenuta una chiara e documentata denuncia: una "deterrenza" da considerare immorale e illegale ma in costante sviluppo quantitativo e di innovazione tecnologica, pur con una capacità di controllo sempre più a rischio, è un'urgenza globale che manifesta le armi nucleari quali una minaccia per la vita umana e per tutta la vita terrestre.
Ricercatori come Mary Olson hanno parlato del fatto che le donne hanno il doppio delle probabilità degli uomini di sviluppare il cancro a causa dell'esposizione alle radiazioni ionizzanti. Moritz Kütt è stato preciso nel ricordare a tutti che non esiste una piccola arma nucleare e Michael Mills ha fornito una visione aggiornata sull'impatto climatico dell'uso delle armi nucleari.
Nella terza sessione possiamo considerare di particolare importanza gli interventi svolti dagli scienziati Hans Kristensen e Zia Mian. Quest'ultimo propone una complessità dell'approccio (l'arma nucleare è la punta dell'iceberg di un "sistema violento") sulla quale i Disarmisti esigenti sono particolarmente sensibili.
La sintesi finale del presidente della Conferenza si trova al seguente link:
È impossibile affrontare adeguatamente l'immediata emergenza umanitaria e le conseguenze a lungo termine della esplosione di armi nucleari. Ciò per cui non possiamo prepararci, ciò a cui non possiamo rispondere, dobbiamo assolutamente fare in modo di prevenire.
L'inverno nucleare probabilmente colpirebbe l'intero globo anche dopo uno scambio nucleare regionale limitato e provocherebbe il risultato drammatico
del calo della temperatura e della luce solare bloccata per anni prima della carenza di cibo e della fame mortale in molte parti del mondo.
Mentre procediamo nella ricerca sull'impatto delle armi nucleari, apprendiamo che le detonazioni di armi nucleari sono più vaste, provocherebbero conseguenze globali e persistenti più a lungo di quanto potessimo pensare prima.
I test nucleari atmosferici, sebbene condotti decenni fa, sono responsabili di gravi effetti sulla salute e di una lunga durata della degradazione ambientale. Nuove analisi e tecniche possono consentire una migliore mappatura della contaminazione radioattiva globale, ed anche delle ricadute locali con importanti implicazioni per le comunità colpite.
I rischi di scoppio di armi nucleari per incidente o errore, non autorizzato o intenzionale, hanno raggiunto un livello senza precedenti a causa delle politiche, delle strategie e delle ragioni tecnologiche.
La propagazione di un nucleare tattico più piccolo e meglio utilizzabile è sconcertante. Anche la detonazione di una singola cosiddetta piccola arma nucleare avrebbe effetti devastanti . Queste mininukes, inoltre, comportano un rischio molto elevato di escalation verso una guerra nucleare limitata o totale.
La minaccia dell'uso di armi nucleari dichiarata dai leader russi mostrano quanto sia reale questo rischio oggi e sottolinea la fragilità di un paradigma di sicurezza basato sulla Teoria della deterrenza nucleare. L'invasione russa dell'Ucraina sottolinea il fatto che le armi nucleari non prevengono grandi guerre, ma piuttosto incoraggiano gli stati dotati di armi nucleari a iniziare guerre.
La guerra tra stati armati nuclearmente non solo è possibile, ma è già successa più volte, ad es. nel Subcontinente indiano. Sappiamo che il conflitto nucleare non è un pericolo astratto, ma molto reale. Alla luce delle tensioni regionali e globali, esistono oggi diversi scenari plausibili in diversi parti del mondo per lo scatenamento di un conflitto nucleare.
Misure di riduzione del rischio sostanziali e non solo dichiarative sono certamente richieste a breve termine, ma solo l'eliminazione delle armi nucleari offre una prevenzione efficace.
La teoria secondo cui la deterrenza nucleare può prevenire una guerra nucleare
è ulteriormente messa in dubbio dagli effetti del progresso tecnologico e dalla l'integrazione di nuove tecnologie nelle armi nucleari e nei sistemi e strutture decisionali della deterrenza.
Entrambi i risultati sulle conseguenze umanitarie e sui rischi dell'uso e del possesso di armi nucleari sottolineano la necessità di mettere sempre l'impatto umanitario catastrofico delle armi nucleari al centro del nostro lavoro fintanto che queste armi esistono. Perciò, questo approccio deve essere alla base di tutte le discussioni sulle armi nucleari.
Oggi dobbiamo registrare due fatti importanti:
1- gli Stati che hanno ratificato il TPNW raggiungono quota 65 dopo l'adesione di Capo Verde, Grenada, e Timor-Leste;
2 - agli osservatori di 1MSP si aggiungono Australia, Belgio e Olanda.
Durante la conferenza Patrizia Sterpetti, presidente di WILPF Italia, è riuscita a incontrare Sergio Monti, il rappresentante per l'Italia all'ONU di Vienna. Patrizia gli ha consegnato il libro sulla illegalità delle armi nucleari in Italia, lo studio IALANA commissionato da "Abbasso la guerra" e altre associazioni, tra le quali i Disarmisti esigenti. Ormai dovrebbe essere noto che il governo italiano ha deciso di presenziare solo all'incontro scientifico disertando invece quello politico-diplomatico che si aprirà, appunto, martedì 22 giugno.
Segnalo questo link https://www.youtube.com/user/ICANinAction su cui è possibile vedere la registrazione dei principali eventi che si sono svolti durante il Forum delle ONG del 18-19 giugno.
Ricordo ancora che Il 18 e il 19 giugno abbiamo partecipato, la delegazione di Disarmisti esigenti e WILPF Italia, al Forum delle ONG organizzato da ICAN e il 19 sera alla conferenza "GIVE PEACE A CHANCE!" organizzata da ABFANG, IPB e WILPF http://abfang.org/peace-conference-vienna-june-19th/.
Che dire ancora? Bene, finalmente ci siamo. Inizia la prima Riunione degli Stati Parte del Trattato che bandisce le armi nucleari. Tutte le organizzazioni ICAN si aspettano che i governi che partecipano a questo incontro colgano l'opportunità per rispondere alle recenti minacce dell'uso di armi nucleari e all'aumento del rischio di conflitti nucleari.
Un consiglio per chi vuole dall'Italia la NUCLEAR BAN WEEK: resta sintonizzato con gli aggiornamenti due volte al giorno su MSP-TV e vediamo cos'altro di positivo porterà questa settimana!
Domenica 19 giugno 2022 - seconda puntata del Diario a cura di Alfonso Navarra
SI CONCLUDE IL FORUM DI ICAN. PREVALE TRA I PARTECIPANTI IL SENSO DI AVERE IN TASCA IL VENTO IN POPPA DELLA STORIA. MA UNA MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA STRATEGICA NON GUASTEREBBE...
Buona Salute a tutt*, sono Alfonso Navarra, portavoce dei Disarmisti esigenti, tra le organizzazioni membre in Italia della rete ICAN (International to Abolish Nuclear Weapons), insignita nel 2017 del Premio Nobel per la Pace.
Da Vienna vi informo che abbiamo appena superato la prima tappa della "NUCLEAR BAN WEEK" con la due giorni del forum di ICAN. Le altre due tappe che stanno arrivando sono la conferenza scientifica del 20 giugno e gli Stati che si riuniscono per revisionare il Trattato di proibizione delle armi nucleari (in sigla: TPNW) dal 21 al 23 giugno (sigla della riunione ONU: 1MSP).
Beatrice Fihn, direttrice esecutiva di ICAN, ha concluso i lavori del Forum verso le 16:00 del 19 giugno ospitando sul palco il numeroso staff di volontari (circa 40 persone) che con le attività di servizio hanno supportato organizzativamente l'incontro.
Il suo commiato è stato una decisa esortazione, tra gli applausi e le grida di giubilo dei partecipanti, a rimboccarsi le maniche sostanzialmente sulle modalità di lavoro fin qui percorse.
Lo slogan è semplice e - ad avviso di chi scrive - rischia anche una declinazione semplicistica: "The ban is the plan". Si pensa cioé che il disarmo nucleare sarà la conseguenza della adesione progressiva degli Stati al TPNW. Siamo a quota 62 ratifiche, a poco a poco arriveremo a 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71, eccetera, insomma fino a includere, ratifica per ratifica, tutti i 193 Stati dell'ONU. Le potenze nucleari prima o poi firmeranno perché si convinceranno delle buone ragioni dei "proibizionisti" e saranno pressate dalla "stigmatizzazione" operata dall'opinione pubblica internazionale, mobilitata dai disarmisti e dai pacifisti.
Siamo stati oltre 600 attivisti qui a Vienna, con 50 eventi e oltre 100 relatori in due giorni: persone sopraffatte da un vortice di conversazioni settoriali più o meno approfondite, commoventi storie di sopravvissuti, serrati panel informativi.
La mattina l'introduzione era stata fatta dalla costaricana Elayne Whyte Gomez, che presiedeva i lavori della conferenza ONU che, il 7 luglio 2017, ha adottato il TPNW entrato poi in vigore il 22 gennaio del 2021, dopo la ratifica del 50esimo Stato.
Con Patrizia Sterpetti, la presidente di WILPF Italia, ho assistito questa domenica a due eventi, scegliendo tra altri tre che si svolgevano in contemporanea.
"Challenging Nuclearism and climate change", con Nyombi Morris e Hinamoeura Cross.
Subito dopo: "Impunity hides behind nuclear weapons" con Terrell Starr e Pavel Podvig.
Alle 14:30 ci siamo poi spostati di sala per seguire: "Sustain the momentum" con Allison Pytiak ed altre autorevoli personalità femministe.
Da questa discussione, Patrizia Sterpetti ed il sottoscritto, con Alessandro Capuzzo e con Fabio Sandri, siamo passati alla cerimonia finale con Beatrice Fihn, il momento festoso dei riconoscimenti allo staff e del saluto ai partecipanti.
Durante il grande festival avevamo potuto ascoltare in video il primo ministro della Nuova Zelanda e il ministro degli Esteri austriaco. Abbiamo ascoltato le testimonianze dei sopravvissuti ai test nucleari in Kazakistan, nelle Isole Marshall e in Nevada, così come i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki. Mentre tutto ciò era in corso, abbiamo saputo che altri Stati membri della NATO, Belgio e Paesi Bassi, hanno deciso di partecipare a 1MSP dal 21 giugno insieme a Germania e Norvegia. Anche l'Australia, un altro alleato nucleare degli Stati Uniti, parteciperà dopo le recenti elezioni che hanno portato a un nuovo primo ministro che è impegnato nel TPNW.
Per la partecipazione dell'Italia alla revisione del TPNW, invece, nessuna speranza si profila all'orizzonte. Anche se potremo registrare il contentino di una presenza ufficiale al convegno scientifico del 20 giugno, un incontro che però non comporta alcuna "compromissione" politica.
Domani, oltre 60 parlamentari di 30 paesi si incontreranno in preparazione per partecipare a 1MSP (la sigla della conferenza di revisione del TPNW) come osservatori non ufficiali dei loro paesi.
Nonostante, o forse a causa dell'invasione russa dell'Ucraina, la sensazione che prevale tra i delegati pacifisti a Vienna è sicuramente quella dello slancio storico che si muove verso l'abolizione delle armi nucleari.
E' stata messa a punto una notevole mole di pianificazione pratica e organizzazione per la prossima fase della campagna, che punta allo sfondamento del muro della NATO, forse sottovalutato nel suo spessore. Ciò significa, nelle indicazioni del Forum, lavorare più a stretto contatto con i parlamentari e le autorità locali, ma anche maggiori sforzi per disinvestire e lavorare con altri movimenti per ampliare le possibilità del movimento disarmista.
A me sembra che la formula del festival degli eventi sostituisca un dibattito assembleare che è sottovalutato e limitato sui problemi strategici che sfidano la campagna, con la guerra in Ucraina che invece è proprio lì a ricordarli. Probabilmente perché l'attivista tipico non si pone domande strategiche che identifica con l'astrattezza dei massimi sistemi: con stile anglosassone (anche se proveniente dall'Africa), misura il successo sui parametri quantitativi cui lo abituano modelli come la campagna contro le mine anti-uomo. La concretezza è avere un obiettivo semplice e chiaro e moltiplicare le adesioni su di esso: tutto il resto sarebbe bla bla politicista che non porta da nessuna parte.
Una parziale diversione, a mio avviso positiva, da questo abito mentale è stato invece l'evento "GIVE PEACE A CHANCE", organizzato, tra gli altri, dalla WILPF e svoltosi, subito dopo il Forum ICAN, dalle 18:00 alle 22:00, alla OGB Catamaran, sempre a Vienna.
L'evento, focalizzato sull'intreccio tra crisi ecologico-climatica e minaccia nucleare, ha mirato a mettere insieme temi ecologici e temi disarmisti. Come ha sottolineato la moderatrice, Katerina Anastasiou, di Transform Europe: "Il disarmo e la riconversione dell'industria bellica sono elementi essenziali della necessaria trasformazione verso un futuro eco-sociale. In questa prospettiva la cosa più importante è il bando definitivo delle armi nucleari".
Un contributo importante in apertura è stato "Voices for Peace from Ukraine and Russia". Un confronto in videoconferenza tra l'obiettore ucraino Yurii Sheliazenko e l'obiettore russo Oleg Boldrov.
Per la WILPF è intervenuta Heidi Meinzolt, ed hanno anche parlato esponenti dell'IPPNW, degli Amici della Terra, di World Beyond the War, dell'ITUC, delle IPB...
L'intervento della serata che ho trovato più interessante è stato quello di Rebecca Johnson, cofondatrice di ICAN, campista a Greenham Common, direttore dell'Acronym Institute for Disarmament Diplomacy. Tema: "The nuclear Weapon Ban Treaty: Opportunities and Next Step".
Ne riporto un momento significativo:
"Dai miei anni analisi della diplomazia del disarmo, mi sono convinta che l'immenso potere strutturale delle P5 (le cinque potenze nucleari al Consiglio di sicurezza dell'ONU) e le dinamiche del possesso nucleare da parte dei quattro stati dotati di armi nucleari al di fuori del TNP, erano tali che avevamo bisogno, per sbloccare la situazione, di un trattato di divieto netto e inequivocabile. Il trattato doveva avere chiari divieti sull'uso di armi nucleari e sulle principali attività che avrebbero permesso a chiunque di produrle, acquisirle e dispiegarle; e aveva bisogno di dichiarare l'obbligo di eliminare le armi nucleari con alcuni principi di base, percorsi legali e strutture evolutive adattabili per come ciò sarebbe stato fatto.
Questa strategia – andare dritti per un divieto delle armi nucleari ai sensi del diritto internazionale umanitario, negoziato in un forum che sarebbe stato aperto a tutti i governi ma bloccabile da nessuno (in altre parole, le regole dell'Assemblea Generale) – è stata una sfida per molte organizzazioni nei movimenti per la pace di vari paesi. È nato perché sempre più persone sentivano che il tempo stava per scadere.
In sostanza, questo essere diretti e radicali è stata la strategia rivoluzionaria basata sul trattato che ICAN ha portato avanti. Dietro le quinte, i membri del gruppo direttivo ICAN e un crescente nucleo di diplomatici e governi hanno messo in moto la strategia alla Conferenza di revisione del TNP del 2010. Dopo solo 7 anni alla conferenza di New York del luglio 2017 la nave è stata costruita, varata ed è vigorosamente salpata. La rotta è stata tracciata e non resta che tenere la barra dritta fino alla meta finale..."
L'elemento innovativo che caratterizza l'approccio di Rebecca è la consapevolezza che "il tempo stringe" e che, proprio in virtù di questa consapevolezza, occorre mobilitare i giovani sull'intreccio tra crisi nucleare e crisi climatica: per questo è stata tra le fondatrici di XR PEACE in Gran Bretagna.
"Avevo fatto parte del Consiglio del Bulletin of the Atomic Scientists dal 2001 al 2007, e così ho preso parte alle discussioni annuali su dove dovrebbero stare le lancette del "Doomsday Clock". Con l'aumento dei pericoli nucleari e la crescente consapevolezza della distruzione del clima come minaccia a livello di estinzione che richiede un'azione internazionale collettiva, chiaramente non abbiamo più il tempo di continuare ad assecondare gli stati dotati di armi nucleari che hanno bloccato la maggior parte, se non tutti, i passi pratici proposti nelle conferenze del Trattato di non proliferazione, ormai ridotte a tribune inconcludenti".
Rebecca ha individuato il prossimo fronte della avanzata del TPNW nella evaporazione della condivisione nucleare NATO:
"Essenzialmente, il principale ostacolo al disarmo nucleare è che il P5 è diventato presto dipendente dallo status internazionale, dal potere interno, dall'amplificazione della proiezione di forza (come la vedevano) e dai cosiddetti "diritti" che amavano credere che le armi nucleari conferissero. Le loro giustificazioni, e la sfilata delle loro armi, hanno giocato un ruolo importante nel guidare la proliferazione, così che ora ci sono nove nazioni dotate di armi nucleari e molti più rischi e pericoli nucleari.
La NATO è nata come un'alleanza militare guidata dagli Stati Uniti, ma non era inevitabile che dovesse essere anche un'alleanza nucleare. Nella Guerra Fredda, le politiche degli Stati Uniti hanno reso le armi nucleari una caratteristica centrale della NATO, ma questo non è mai stato fondamentale per lo scopo di sicurezza dell'alleanza, i cui membri sono stati a lungo divisi e in conflitto sulle armi nucleari e le loro dottrine e politiche per il dispiegamento e l'uso. Per le loro ragioni militari-industriali e nucleari-economiche, gli Stati Uniti e il Regno Unito sono i principali motori della NATO per essere una "alleanza nucleare". (La Francia dotata di armi nucleari usa diversi argomenti, basati sulla sua umiliante occupazione nella guerra del 1939-45.)
Il TPNW è stato legalmente inquadrato per consentire ai membri della NATO di aderire purché pongano fine ad attività proibite come lo stazionamento di armi nucleari. E recenti sondaggi di opinione mostrano un forte e crescente sostegno al trattato in molti paesi della NATO, compresi i cinque che "ospitano" armi nucleari statunitensi sul loro territorio: Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia".
Su una linea di approccio simile, la considerazione "strategica" di spazi aperti dai trattati internazionali, ha concluso la serata Alessandro Capuzzo, del movimento antinucleare di Trieste, in delegazione a Vienna con i Disarmisti esigenti.
Anche qui mi sembra importante lasciare ampio spazio al suo intervento, ricalcato sul working paper che ha indirizzato alla 1MSP di Vienna:
"Il Trattato sulla messa al bando delle armi nucleari, che la maggior parte dei paesi membri delle Nazioni Unite ha istituito in base pressione della Campagna Internazionale per l'Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN), di cui come Disarmisti esigenti siamo parte, può cambiare gli equilibri di potere tra stati nucleari e non, grazie a l'introduzione di una sostanziale trasparenza a vantaggio della società civile e dell'insieme Umanità. In quanto cittadini del territorio che il Trattato di Pace del 1947 definì smilitarizzato e neutrali, siamo particolarmente felici e coinvolti nel percorso proibizionista. Il Golfo di Trieste ospita, in contrasto con il Trattato di Pace, due porti militari di transito nucleare, Trieste in Italia e Koper-Capodistria in Slovenia. E la presenza stessa dei due centri urbani rende impossibile prevenire seriamente gli incidenti, che possono scaturire dai motori a propulsione nucleare propulsione delle navi, dalla presenza a bordo di armi di distruzione di massa, e dalla possibilità di diventare un bersaglio nucleare. Inoltre, il segreto imposto "per motivi di sicurezza" sulle notizie necessarie per una puntuale informazione, impedisce la valutazione del rischio in relazione ai pericoli esistenti; esso costringe le istituzioni a omettere parti importanti di informazioni e di conseguenza nasconde le situazioni di pericolo per la popolazione. Pertanto, proponiamo alla Conferenza di Vienna per la revisione del TPNW l'avvio di casi studio sul rischio, e sulla mancanza di trasparenza in materia nucleare, da affidare alla Scuola di Prevenzione Nucleare dell'Agenzia Atomica (AIEA), presso il Centro Internazionale per la Fisica Teorica di Miramare a Trieste. Interessanti casi di studio si potrebbero intraprendere anche per i dodici porti nucleari militari italiani (oltre a Trieste, Venezia, Brindisi, Taranto, Augusta, Castellammare di Stabia, Napoli, Gaeta, Livorno, La Spezia, La Maddalena e Cagliari) e per le basi aeree nucleari terrestri di Aviano e Ghedi. E chiediamo - sempre ispirandosi al Trattato per la messa al bando delle armi nucleari - una ripresa dei colloqui per la denuclearizzazione del Mare Mediterraneo, che coinvolga il nostro Golfo: teniamo sempre presente che esso è legalmente vincolato dal Trattato di Pace con l'Italia dopo la seconda guerra mondiale, alla Demilitarizzazione e alla Neutralità. Oggi, a cinque anni dalla sua approvazione, il Trattato è finalmente entrato in vigore e siamo, popolo della pace, a Vienna per esaminarne il contenuto e l'attuazione. Invitiamo gli Stati firmatari a considerare la proposta, e la sua fattibilità, resa possibile dai due Trattati citati nel Documento di lavoro del 2017: il divieto nucleare o TPNW e il Trattato di pace del 1947 con l'Italia. Un invito particolare è rivolto agli Stati iscritti nel Trattato di Pace con l'Italia, per il diritto di utilizzo del Porto Franco Internazionale di Trieste: Austria, Cechia, Francia, Great Gran Bretagna, Italia, Polonia, Slovacchia, Stati Uniti, Svizzera, Ungheria e tutti i paesi emersi dalla Jugoslavia e dall'Unione Sovietica. Oltre a quanto menzionato, Australia, Belgio, Bielorussia, Brasile, Canada, Cina, Etiopia, sono coinvolti nel Trattato di pace con l'Italia anche Grecia, India, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Ucraina e Sud Africa".
A conclusione di questa mia seconda puntata del diario da Vienna, tornando ad aspetti più immediatamente logistici ed operativi, ricordo che oggi parteciperò in qualità di giornalista accreditato da "IL SOLE DI PARIGI" alla Conferenza di Vienna del 2022 sull'impatto umanitario delle armi nucleari (HINW22Vienna), che si svolgerà presso l'Austria Center.
La conferenza riunirà rappresentanti statali, organizzazioni internazionali, comunità scientifica, sopravvissuti e società civile per discutere ed esplorare ricerche consolidate e nuove sulle conseguenze umanitarie e sui rischi delle armi nucleari.
INIZIA IL FORUM DI ICAN. BEATRICE FIHN: "LANCEREMO UN PIANO PER LA FINE DELLE ARMI NUCLEARI"
Salute a tutti, sono Alfonso Navarra, portavoce dei Disarmisti esigenti. Obiettivo Vienna, la "Nuclear Ban Week", sono partito in treno venerdì 17 giugno dalla Stazione di Lambrate a Milano (ore 21:25) e, dopo un viaggio con imprevisti e ritardi, con lo scompartimento pieno zeppo di ucraini riluttanti a parlare della guerra, sono arrivato nella capitale austriaca alle ore 10:15,.
Il ritardo del treno mi ha fatto mancare l'apertura del Forum Internazionale di ICAN sulla messa al bando delle armi nucleari. Patrizia Sterpetti, presidente di WILPF Italia, invece era già arrivata ieri, ed ha potuto presenziare, con le altre delegate WILPF, all'apertura dei lavori (ore 9:00, Aula der Wissenshafen, 27a): lei potrà essere più precisa nel descrivere questa parte dei lavori.
Alessandro Capuzzo, responsabile della denuclearizzazione del Golfo di Trieste, è giunto anche esso in mattinata avanzata, con un volo da Palermo.
Ci incontriamo, Alessandro e io, alle 15:00, davanti all'appartamento messoci a disposizione di un attivista austriaco per darci la possibilità di soggiornare durante questa "Settimana di iniziative antinucleari", che prevede anche un convegno scientifico (il 20 giugno), oltre alla vera e propria Conferenza degli Stati firmatari del TPNW, dal 21 al 23 giugno.
Chi non ha potuto sobbarcarsi le spese e la fatica del viaggio, potrà comunque partecipare a distanza al forum di ICAN caratterizzato da un (forse troppo) nutrito programma di discussioni.
Le centinaia di partecipanti al Forum di Vienna sono stati accolti dal saluto di Beatrice Fihn, direttrice dell’International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN).
Nel suo discorso Beatrice ha sottolineato come l'organizzazione abbia lavorato duramente per rendere il Forum e gli eventi della settimana il più inclusivi possibile.
"Questo significa - informa Beatrice - che siamo in grado di trasmettere in streaming due delle tappe per tutta la durata del Forum.
È un'opportunità davvero entusiasmante e invitiamo tutti a collegarsi in diretta su vienna.icanw.org/live.
Naturalmente, non tutti avranno la possibilità di seguire tutte le numerose sessioni in programma nei prossimi due giorni (o addirittura durante tutta la Settimana per la messa al bando del nucleare). Siamo quindi lieti di comunicarvi che la nostra "MSP TV" vi offrirà un riassunto, i punti salienti e gli approfondimenti di tutta la Settimana per la messa al bando del nucleare. Inizieremo domenica sera per concludere il Forum e poi saremo in diretta due volte al giorno (09:30 e 17:30 CEST) per tutto il resto della settimana. I dettagli su come accedere a MSP-TV arriveranno presto!
Questa settimana è incentrata sull'obiettivo di avvicinarci a un mondo privo di armi nucleari. Dall'energia e dal coinvolgimento delle persone al Forum, alla responsabilizzazione dei decisori politici con informazioni sulla conferenza sugli impatti umanitari, e infine alla presa del bando e alla sua trasformazione in un piano per la fine delle armi nucleari".
Un dato importante è che abbiamo avuto fresca fresca la conferma, comunicata dal sottosegretario Benedetto Della Vedova, che il governo italiano non parteciperà ai lavori, neanche in veste di osservatore, alla Conferenza degli Stati parti del Trattato per la proibizione delle armi nucleari.
Dobbiamo quindi deplorare il fatto che il nostro Paese non sarà tra i circa cento governi che parteciperanno agli incontri di Vienna, dove è prevista anche la presenza di Stati non firmatari del Trattato come Svezia, Finlandia e Svizzera e anche alleati Nato, alla pari dell'Italia, come Germania e Norvegia. Il Ministero degli Esteri, secondo quanto riferisce la Rete Italiana Pace e Disarmo, ha però confermato che il rappresentante italiano presso le Nazioni Unite di Vienna parteciperà alla Conferenza sugli impatti umanitari delle armi nucleari in programma lunedì 20 giugno, appena prima della Conferenza degli Stati Parti, ed organizzata dal governo austriaco.
Con Alessandro Capuzzo, più appartati, abbiamo ridiscusso lungamente il senso del contributo dei Disarmisti esigenti a questo Forum e alla Nuclear Ban Week. Abbiamo confermato il nostro intento di puntare sull'evento collegato: "GIVE PEACE A CHANCE", che si terrà il 19 giugno (dalle ore 18:00 alle ore 22:00), e di cui Alessandro sarà tra i relatori.
Cercheremo, assistendo alle discussioni, di capire fino a che punto sta maturando, nel percorso del bando all'interno delle sue varie componenti, una consapevolezza strategica che vada oltre il marketing sociale che affligge tante campagne di successo, ma che toccano aspetti di importanza relativa, non un problema decisivo per la stessa sopravvivenza dell'umanità.
È molto importante che si adotti un approccio olistico ed in questa prospettiva il coinvolgimento dei movimenti ambientali che stanno svegliando le giovani generazioni: anche per questo ci sembra utile concentrare le nostre scarse energie e mezzi di influenza sull'evento citato, proprio in quanto ripone le chance della pace nell'occuparsi della crisi climatica ed ecologica.
Consapevolezza strategica è tentare pragmaticamente tutte le strade che promettono risultati utili, atti unilaterali anche locali di denuclearizzazione, a livello europeo ma anche di aree con caratteristiche storiche particolari (ad esempio il golfo di Trieste).
La via legale di cui tenta di porre le basi l'iniziativa promossa da "Abbasso la guerra" (con altre 21 associazioni, tra le quali i Disarmisti esigenti) - lo studio sulla illegalità delle armi nucleari commissionato ad IALIANA ITALIA - può essere una ulteriore strada da perseguire.
E speriamo infine che a livello degli stati si affermi uno spirito di rivolta all'ordine nucleare costituito che possa condizionare i lavori del Trattato di non proliferazione. Il problema, infatti, non è solo e tanto un accrescimento numerico lineare degli Stati che aderiscono al TPNW, ma quello di fare pesare quanto già simbolicamente costituiscono all'interno proprio delle sessioni del TNP.
Infine le considerazioni che ci sollecitano le conseguenze che sempre più vediamo dipanarsi con la guerra che ha come epicentro l'Ucraina.
Oggi possiamo affermare su basi scientifiche che l'attività militare, ovunque e comunque effettuata, come documenterà anche "GIVE PEACE A CHANCE", aggrava e avvicina la catastrofe che al momento è alla moviola, ma incede inesorabilmente: il riscaldamento climatico. Non ha più, tale attività, di cui il nucleare rappresenta il culmine estremo, giustificazioni morali. Il motivo dovrebbe essere evidente: porta più vittime sui gruppi umani che non c'entrano nulla con il conflitto che si sta affrontando su un teatro localizzato.
Ragioniamo un momento su un paragone oggi molto menzionato. Sono entrati a casa tua e i malviventi hanno preso in ostaggio tua figlia. Tu hai il diritto di difenderti ma non di fare saltare in aria l'intero condominio minacciando di fare esplodere la bombola del gas. Il pianeta Terra paragoniamolo a un condomino con le tubature rotte pieno di fughe di gas. La priorità dei condomini deve essere il risolvere insieme questo problema, i litigi per qualsiasi altro motivo vengono dopo.
Un mio vecchio amico antimilitarista, con cui mi è capitato intavolare delle discussioni, mi ha ribattuto che per lui la libertà viene prima della vita come criterio etico su cui decidere i comportamenti. Questo credo sia un ragionamento che, soprattutto oggi, si può fare solo se riferito a scelte individuali: a volte devo essere costretto a sacrificare la mia vita se voglio salvare la libertà e la vita degli altri che lottano contro le dittature per i diritti. Molti partigiani hanno saputo resistere alle torture dei nazisti che volevano sapere nome e ubicazione dei compagni. Ma a livello universale prendendo l'umanità come un insieme bisogna invece riconoscere che in cima a tutto deve essere posta la continuazione della vita. In un pianeta morto non esiste libertà e nemmeno speranza di libertà. In qualsiasi condizione dobbiamo riuscire a tenere accesa questa fiaccola, perché Sansone può morire con tutti i filistei ma non ha senso che muoia uccidendo tutti gli abitanti della Terra e il Creato che Dio ha affidato in custodia all'umanità. Questi ragionamenti non possono essere elusi nel momento in cui è la scienza ufficiale, ribadiamolo ancora, che ci avverte del rischio di collasso ecologico imminente. Un rischio che guarda caso ad esempio a Glasgow è stato riconosciuto sia dal rappresentante russo che da quello ucraino- e da quello statunitense- e che retoricamente vedremo riproposto da tutti i governi alla prossima conferenza sul clima in Egitto...
Intanto siamo a Vienna- noi Disarmisti esigenti- con altre 600 organizzazioni della società civile - per revisionare e fare appunto pesare nell'ordine internazionale il trattato di proibizione delle armi nucleari. Il disarmo nucleare dobbiamo proporlo come terreno di cooperazione unitario e non come arma di guerra contro chicchessia. La nonviolenza è il cammino che dobbiamo imparare a percorrere, la nonviolenza è efficace (dopo Gandhi non possiamo più negarlo) , e la nonviolenza efficace sono i progressi nel diritto internazionale comune. Questo oggi mi sento di doverlo affermare con la testimonianza dell'esempio e con scelte politiche conseguenti, nei confronti di ogni popolo della nostra madre comune Terra. Per le forme armate di resistenza a questa o quella oppressione forse il massimo di flessibilità lo si può adottare valutando quali sono i rischi di una eventuale escalation nucleare. Ma è bene che anche il palestinese valuti che se non si risolve il problema ecologico globale la Palestina è destinata a finire sotto acqua. Diceva Marx che la lotta di classe può anche finire con la rovina comune delle classi che si confrontano. Ed oggi nella pletora dei movimenti di liberazione nazionale siamo pieni di milizie armate mafiose, in collegamento con potenze straniere. Mi viene in mente l'Africa come triste esempio di questa situazione. Il crinale apocalittico della storia che stiamo vivendo dovrebbe portarci a privilegiare i problemi comuni che affliggono l'umanità e a mettere in secondo piano il resto: lo diceva già l'appello Russell-Einstein. Ma probabilmente salteremo tutti in aria perché qualsiasi disputa sui confini ci sembrerà ancora e sempre più importante e urgente...
vi informiamo, se ancora non ne avete avuto notizia, che a Vienna si terrà dal 21 al 23 giugno 2022 la prima conferenza di revisione del Trattato di proibizione delle armi nucleari - TNPW(si noti bene: il TPNW va distinto dal Trattato di non proliferazione - TNP).
La sigla dell'incontro è 1MSP (sta per: primo meeting degli Stati parti) ed esso sarà preceduta dal Forum di ICAN (18 e 19 giugno), la rete delle organizzazioni della società civile, circa 600 nel mondo, insignita dal Premio Nobel per la pace nel 2017.
E subito dopo l'1MSP sarà preparato anche da una conferenza scientifica il 20 giugno sull'impatto umanitario delle armi nucleari.
Riepilogando, a Vienna avranno luogo tre eventi a formare un’unica NUCLEAR BAN WEEK.
Il 18 e il 19 giugno la rete ICAN riunirà il suo Forum.
Il 20 giugno l’Austria ospiterà una conferenza scientifica sull’impatto umanitario delle armi nucleari.
La prima sessione ufficiale di revisione del Trattato di proibizione delle armi nucleari, finora ratificato da 62 Stati e firmato da 86, si svolgerà presso l’Austria Center dal 21 al 23 giugno.
A causa delle minacce nucleari della Russia in connessione con la sua invasione dell'Ucraina, e dei rischi di escalation della guerra con epicentro il Paese ex sovietico, le armi nucleari sono state in cima all'agenda internazionale questa primavera e hanno ottenuto molta copertura da parte dei media. Riteniamo quindi che gli eventi di Vienna siano un'eccellente opportunità per tutti le testate e i giornalisti per approfondire la qualità della copertura finora offerta per focalizzare meglio il pericolo costituito dalla deterrenza nucleare in sé.
ICAN a livello centrale ha messo insieme un dossier rivolto ai media che tutti voi potete utilizzare come base per il vostro lavoro informativo.
Dal punto di vista di ICAN si pensa che i seguenti due campi siano da sottolineare:
· La conferenza umanitaria è un'occasione unica per i giornalisti per ascoltare fatti e conoscenze di esperti sulle conseguenze delle armi nucleari in un momento in cui la minaccia di dover effettivamente affrontare tali conseguenze è in aumento. La conferenza mostrerà anche come i governi siano impreparati ad affrontare le possibili crisi nucleari e le loro conseguenze. Questa dovrebbe essere un'informazione essenziale da acquisire per qualsiasi giornalista che scrive di armi nucleari nel momento attuale.
· L'1MSP è il primo incontro multilaterale sulle armi nucleari dall'inizio della guerra e sarà l'incontro in cui ci aspettiamo che gli Stati condannino le minacce della Russia, diano il loro contributo per uscire dalla crisi bellica e facciano un piano su come procedere con il disarmo nucleare. La previsione è che parteciperanno circa 100 stati, inclusi alcuni stati della NATO (Germania, Norvegia, forse anche Danimarca e Irlanda), con lo status di "osservatori". Menzioniamo, con lo stesso status, anche Svizzera, Finlandia e Svezia, Paesi europei "neutrali" (gli ultimi due però si sono appena candidati per entrare nell'Alleanza atlantica). Da parte di ICAN l'aspettativa è che una forte dichiarazione politica venga negoziata dalla maggioranza dei governi nel mondo per contrastare la crescente dipendenza dalle armi nucleari da parte degli Stati nuclearmente armati.
L'Italia non è tra gli Stati che hanno ratificato o firmato ma è da segnalare una recente risoluzione fatta approvare - 18 maggio 2022 - dalla Camera dei deputati, in commissione Esteri, che invita il nostro governo ad un "avvicinamento ai contenuti pratici e concreti proposti dal Trattato" . Nella parte dispositiva della Risoluzione si impegna infatti il Governo “a continuare a valutare(...), compatibilmente con (...) gli obblighi assunti in sede di Alleanza atlantica e con l’orientamento degli altri Alleati, possibili azioni di avvicinamento ai contenuti del Trattato TPNW, in particolare per quanto riguarda azioni di «Assistenza alle vittime e risanamento ambientale», considerando la grande tradizione umanitaria dell’Italia e come previsto dall’articolo VI dello stesso Trattato”.
Il documento è a prima firma Laura Boldrini ma è sottoscritto anche dai Deputati Delrio, De Micheli, Fassino, La Marca, Palazzotto, Quartapelle Procopio, Ehm, Migliore, Emiliozzi.
Alla camera un DDL di ratifica del TPNW è già stato presentato e si sta lavorando per presentarne uno al Senato, possibilmente con un numero significativo e trasversale di firmatari.
Noi, care amiche ed amici dei media, vi incoraggiamo a partecipare di persona al meeting di Vienna registrandovi per l'accredito stampa. Poiché le conferenze saranno trasmesse in live streaming, potete anche richiederci di inviarvi il link per collegarvi alla diretta dei lavori.
I delegati di ICAN dai vari Paesi sono anche disponibili a farvi da informatori e commentatori, se la vostra testata lo ritiene opportuno. Ovviamente il loro sarà un punto di vista ecopacifista, vale a dire convinto che, nell'interesse della sopravvivenza della nostra specie, il nucleare debba diventare il prossimo tabù della civilizzazione umana!
Tra i delegati ICAN dall'Italia vi segnaliamo i seguenti nominativi:
Alfonso Navarra dei Disarmisti esigenti - alfiononuke@gmail.com (cell. 340-0736871)
Alessandro Capuzzo della delegazione dei Disarmisti esigenti - compax@inwind.it
Patrizia Sterpetti di WILPF Italia - patty.sterpetti@gmail.com
Nuclear Ban Week Vienna
18 – 23 June 2022
Background information for media a cura di ICAN
2 Place de Cornavin - 1201, Genève, Switzerland
+41 22 788 20 63 - icanw.org
Le armi nucleari sono tornate in cima all'agenda internazionale. L'invasione russa dell'Ucraina e le minacce di utilizzare armi nucleari hanno risvegliato i timori di una guerra nucleare e portato le terribili conseguenze dell'uso delle armi nucleari alla ribalta della coscienza pubblica. I presupposti decennali sulla sicurezza e la deterrenza sono stati ribaltati dall'oggi al domani, poiché la Russia usa le sue armi nucleari non per scoraggiare ma per costringere e intimidire: per facilitare l'aggressione e fornire una copertura per i crimini di guerra e le violazioni dei diritti umani.
Ora è più chiaro che mai che la sicurezza è impossibile finché esistono armi nucleari e i rischi di una catastrofe nucleare sono in aumento. I nove stati dotati di armi nucleari possiedono tra loro oltre 12.000 armi nucleari, molte in allerta e pronte per essere lanciate in pochi minuti. Il mondo ha urgente bisogno di un piano realistico e pratico per sbarazzarsi di queste armi. La Settimana del bando nucleare riunirà i governi, le organizzazioni internazionali e la società civile a Vienna dal 18 al 23 giugno per una serie di incontri ed eventi volti proprio a questo scopo.
21-23 June. Meeting of States Parties to the Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons, at the United Nations in Vienna.
Il 21 e 23 giugno i governi si riuniranno per la prima riunione degli Stati parti del Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW), entrato in vigore il 22 gennaio 2021. Decideranno come portare avanti la missione del trattato, ora più urgente che mai: l'eliminazione totale delle armi nucleari nel mondo. In quanto prima conferenza intergovernativa sulle armi nucleari dall'inizio della crisi ucraina, l'incontro guiderà la risposta internazionale all'aumento del rischio di conflitti e catastrofi nucleari.
Si prevede che oltre 100 governi parteciperanno a questo incontro:
- per adottare una dichiarazione politica che risponda alle recenti minacce di utilizzo di armi nucleari e all'aumento del rischio di conflitti nucleari;
- per sviluppare procedure che forniscano assistenza alle vittime dell'uso o della sperimentazione di armi nucleari e consentano il risanamento ambientale;
- per decidere sugli aspetti chiave dell'attuazione del TPNW, comprese le scadenze per la distruzione delle armi nucleari da parte degli Stati dotati di armi nucleari che aderiscono al trattato;
- per espandere e rafforzare gli sforzi per aumentare l'adesione al trattato di fronte alle crescenti minacce di sviluppo e di uso delle armi nucleari.
Prima conferenza delle Nazioni Unite in cui forse 100 governi risponderanno direttamente alle minacce della Russia di utilizzare in guerra armi nucleari. Accesso a ministri e alti funzionari dei paesi che guidano lo sforzo per fermare la minaccia delle armi nucleari, di fronte all'aspra opposizione degli Stati dotati di armi nucleari e dei loro alleati. Prospettive sulle armi nucleari e sulla sicurezza da Stati al di fuori dell'Europa/NATO: Asia, Africa e America Latina. Un'occasione per vedere un nuovo trattato audace e ambizioso che prende vita nonostante la feroce resistenza dei paesi più potenti del mondo.
20 June: International Conference on the humanitarian impacts of nuclear weapons, at the United Nations in Vienna.
Le minacce nucleari della Russia hanno portato a discussioni e speculazioni sulla possibilità che armi nucleari vengano utilizzate nel conflitto in Ucraina. Una tendenza preoccupante è il numero crescente di analisti militari e politici, sia in Russia che nei paesi della NATO, che cercano di normalizzare le minacce relative all'uso delle armi nucleari e di minimizzare l'impatto umanitario di qualsiasi loro utilizzo.
Questa conferenza fornirà ai governi e alla comunità internazionale un'analisi scientifica su quali sarebbero gli effetti della detonazione di armi nucleari in una regione densamente popolata come l'Europa. Quante persone sarebbero state uccise e ferite? I servizi medici e di pronto intervento potrebbero farcela? Fino a che punto si diffonderebbero gli effetti? Che dire del panico di massa e dei movimenti delle persone? Quali sarebbero gli effetti sanitari, economici e ambientali a lungo termine?
Il governo austriaco sta organizzando una conferenza sull'impatto umanitario delle armi nucleari il 20 giugno, in cui i principali esperti scientifici, medici e ambientali, operatori umanitari, analisti politici e sopravvissuti al nucleare affronteranno queste domande. Basandosi sul lavoro delle rivoluzionarie conferenze sull'impatto umanitario nel 2013 e nel 2014, i partecipanti svilupperanno le basi fattuali e scientifiche per un'azione globale verso l'eliminazione delle armi nucleari.
What’s in it for journalists?
Accesso a fatti, cifre e dati per illustrare cosa significherebbe in realtà la retorica dei leader politici e militari sulle armi nucleari. Contatto con i massimi esperti scientifici e tecnici sugli effetti delle armi nucleari. Storie di prima mano di sopravvissuti all'uso e alla sperimentazione di armi nucleari.
20 June, Parliamentarian conference on banning nuclear weapons, at the United Nations in Vienna.
I parlamentari di tutto il mondo hanno svolto un ruolo cruciale nel convincere i governi ad agire sul disarmo nucleare e sono stati determinanti nella creazione del TPNW. Alla conferenza parlamentare dell'ICAN del 20 giugno, ospitata congiuntamente dal parlamento austriaco, i parlamentari di 15 paesi si incontreranno per discutere idee e strategie e pianificare i loro prossimi passi per convincere i governi a unirsi al TPNW e compiere veri progressi sul disarmo nucleare.
What’s in it for journalists?
Prospettive politiche dei legislatori negli Stati dotati di armi nucleari e negli Stati nelle alleanze nucleari sulla necessità di cambiare la politica sulle armi nucleari.
Approfondimento sui meccanismi per costruire la volontà politica e influenzare la politica del governo.
Maggiori informazioni sulla conferenza: https://vienna.icanw.org/parliamentarian-conference
18-19 June, ICAN Civil Society Conference on building a larger movement against nuclear weapons, Aula der Wissenschaften.
Il Forum ICAN NuclearBan del 18-19 giugno riunirà una vasta gamma di competenze, idee ed energie della società civile provenienti da tutte le regioni del mondo: attivisti, scienziati, analisti, esperti medici e legali, accademici e sopravvissuti della Bomba. Pianificheranno le azioni nazionali, regionali e globali necessarie per portare avanti l'attuazione del TPNW ed eliminare le armi nucleari, in Russia e nel mondo. L'azione al NuclearBan Forum si svolgerà in quattro fasi distinte e sarà caratterizzata da una serie di workshop, relatori, pannelli e dialoghi interattivi.
What’s in it for journalists?
Prospettive e analisi sulle questioni nucleari che forniscono un netto contrasto con la narrativa dei governi dotati di armi nucleari e sfidano idee ampiamente accettate sulla sicurezza. Accesso a un'ampia gamma di attivisti ben informati, stimolanti e provocatori da tutto il mondo. Un'occasione per vedere come funziona una coalizione della società civile globale vincitrice del premio Nobel nel definire, perseguire e raggiungere i suoi obiettivi. Poter contattare giovani attivisti voci per il disarmo nucleare
Maggiori informazioni sul Forum: https://vienna.icanw.org/forum
Registrazione media per il Forum: https://vienna.icanw.org/press-and-media
Maggiori informazioni su ICAN: https://www.icanw.org/the_campaign
Contattare ICAN: press@icanw.org
L'ACCREDITAMENTO DELLA STAMPA
LETTERA DALLA BMEIA HINW22 (CONFERENZA NAZIONI UNITE SULL'IMPATTO UMANITARIO DELLE ARMI NUCLEARI) - 13 GIUGNO 2022
Caro Alfonso Navarra,
Siamo lieti di confermare il vostro accredito per la Conferenza di Vienna del 2022 sull'impatto umanitario delle armi nucleari (HINW22 Vienna).
Non vediamo l'ora di darvi il benvenuto alla conferenza del 20 giugno 2022 presso l'Austria Center Vienna (ACV).
La registrazione dei media inizierà alle 08:30. Per accedere ai locali e ritirare il badge, assicurati di portare con te una tessera stampa valida o l'originale della lettera di incarico della società di comunicazione commissionante e un documento fotografico ufficiale (carta d'identità, passaporto, patente di guida) insieme al tuo biglietto ( vedi allegato). Il biglietto non è trasferibile.
I dettagli sull'agenda aggiornata, le linee guida COVID-19, la domanda di visto e le informazioni pratiche sono disponibili sul sito web della conferenza www.hinw22vienna.at. Assicurati di controllarlo regolarmente per le attuali linee guida COVID-19. Assicurati anche di verificare se è necessario richiedere un visto per entrare in Austria.
In caso di ulteriori domande, contattare pk-anmeldungen@bmeia.gv.at.
Ministero Federale per gli Affari Europei e Internazionali
Minoritenplatz 8, 1010 Vienna
LETTERA DALLA UNODA (UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE PER IL DISARMO) - 13 GIUGNO 2022
Registrazione delle ONG: prima riunione degli Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari
Lettera indirizzata da diane.barnes@un.org a alfiononuke@gmail.com :
Alfonso Navarra ONG (Organizzazioni non governative) - TPNW
ID registrante: 477
13-giugno-2022
Gentile Alfonso Navarra,
Questa lettera è per confermare che la tua registrazione è stata approvata per partecipare alla prima Riunione degli Stati Parte del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW). Il Meeting si svolgerà nella sala "D" dell'Austria Center Vienna dal 21 giugno 2022, ore 10:00 (Europa/Vienna) al 23 giugno 2022, ore 19:00 (Europa/Vienna).
Potresti presentare questa lettera se devi richiedere un visto. Tutte le spese per il viaggio, inclusi visti, alloggio e trasporto, sono a carico dei partecipanti. Le Nazioni Unite non addebitano tasse e bolli per la partecipazione alla prima Riunione degli Stati Parte.
Dopo la chiusura delle iscrizioni il 14 giugno, riceverai una seconda e-mail in cui ti verrà chiesto di inviare una fotografia, necessaria per il rilascio di un pass conferenza prestampato e che ridurrà quindi i tempi necessari per il rilascio di un pass di accesso.
I tesserini di identificazione saranno rilasciati al Gate One del Vienna International Centre. I rappresentanti delle organizzazioni non governative (ONG) che hanno caricato la loro foto in anticipo potranno ritirare il loro pass nell'area contrassegnata "Tesserini prestampati per conferenze" (“Pre-printed conference passes”).
I rappresentanti che non hanno caricato la loro foto in anticipo potranno ritirare il loro pass presso l'Ufficio Pass. Entrambi i posti si trovano a destra dopo l'ingresso al Gate One. I rappresentanti delle ONG potranno ritirare i loro pass il 20 giugno dalle 8:00 alle 15:30. I tesserini possono continuare a essere ritirati fino al termine della Riunione degli Stati Parte del 23 giugno. L'Ufficio Passi sarà aperto dalle 8:00 alle 15:30. dal lunedì al venerdì. I partecipanti avranno bisogno del passaporto per ritirare il pass.
L'ingresso nella sede sarà effettuato attraverso un tunnel di collegamento dal Centro Internazionale di Vienna. Dopo l'ingresso al Vienna International Centre, è possibile accedere all'Austria Center Vienna attraverso l'edificio "M".
per qualsiasi informazione aggiuntiva e pratica relativa alla partecipazione alla prima Riunione degli Stati Parte assicurati di controllare il sito web dell'evento all'indirizzo
First Meeting of States Parties to the Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons
Date
21 Jun 2022 - 23 Jun 2022
Participant
First Name
Alfonso
Middle Name
Last Name
NAVARRA
Organization
International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN)
Note: Corrections on the participant’s official data (if any) should be sent to Pass Office at the following email address: passoffice@unvienna.org
Picture
To speed up the registration process please upload your picture. Your conference badge will be prepared in advance.
Important notice: The deadline for the picture upload is 20/06/2022 15:00 (Vienna time). After this date, the photo taken in the Pass Office located in Vienna International Centre will be used for printing the conference badge.
Instructions:
1. Use the "Browse..." button to select your picture on your PC, in jpeg format (a passport photo type).
2. Click on the "Upload" button.
3. The uploaded image will be shown in the "Uploaded picture".
Christina Hawley scrive agli attivisti ICAN il 16 giugno del 2022
Not everyone is able to join us in Vienna, but we’ve been working hard to make the Forum, and the events throughout the week, as inclusive as possible. That’s why we’re sending this overview today about what’s coming and how and when you’ll be able to connect -- even if you can’t join us in person.
Nuclear Ban Forum (18-19 June)
All events from the Main Stage and the Vienna Hub will be broadcast. When you register to join, you’ll get the links to engage in the conversation from wherever you are. There is a lot on the program – from impacted communities, to risk analysis, deterrence discussions, regional approaches and more. If you want to join the conversation, we will be sharing the sli.do details via email to those who register as online participants!
HINW22Vienna (20 June)
The 2022 Vienna Conference on the Humanitarian Impact of Nuclear Weapons will be livestreamed. You’ll be able to watch the discussions online through a link that will be posted on the HINW website.
1MSP (21-23 June)
The UN in Vienna will livestream the public sessions of the conference, you can connect through our portal here.
MSP-TV: Don’t have time to watch the 1MSP play out minute-by-minute? No problem, ICAN has you covered! We’ll be streaming MSP-TV to provide you a summary, highlights and insights from everything at the Nuclear Ban Week. We’ll kick off Sunday night to wrap up the Forum and then will be live twice a day (09:30 and 17:30 CEST) for the rest of the week. Details on how to access MSP-TV are coming soon!
Content: If you want to get up-to-speed on what will be covered during the 1MSP, read our new backgrounder here and check out an overview of ICAN policy recommendations in our paper here.
Side events/NGO working papers: You can also check out the UN’s 1MSP website, which lists side events and published NGO working papers (click on the “Documentation” tab on the left and scroll down to “NGO working papers” which is under the “Correspondence” section).
NGO statements: Finally, if you’re wondering about whether and how NGOs can address the 1MSP, we are in touch with Austria to clarify the length and number of dedicated speaking slots for NGOs. We will share more information as soon as we have it, but we know that given the short duration of the meeting and the large number of NGOs, speaking availability will be fairly limited. As the civil society focal point, we’ll be coordinating the NGO statements and will with partners and other accredited organizations to achieve a balance of voices that ensures civil society’s key messages, concerns and recommendations are heard.
This week is the week we’ve been waiting for since the Treaty entered into force. We’re really excited to see many of you soon and to keep everyone connected in this amazing campaign.