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petrovday2023

OGGI, 26 SETTEMBRE 2023, E' IL PETROV DAY CONTRO LE ARMI NUCLEARI E MAI IL DISARMO E' STATO COSI' URGENTE.

IL Petrov Day è la giornata ONU contro le armi nucleari in memoria della notte in cui, proprio 40 anni fa, il 26 settembre 1983, il colonnello sovietico Stanislav Petrov salvò il mondo dalla guerra nucleare per errore: non comunicò ai superiori un presunto attacco missilistico contro la capitale, in realtà un falso allarme dei computer della base di avvistamento che comandava vicino Mosca.
Un atto, in un certo senso, di disobbedienza, coraggiosa e intelligente, che gli costò allontanamento dall'esercito e emarginazione da parte di un regime sedicente socialista che non voleva si diffondesse la conoscenza dei buchi della "deterrenza".
Petrov morì dimenticato e in miseria, come buona parte dei veri "eroi", che l'Umanità non riconosce, mentre tributa onori ad esempio a tonitruanti tribuni di presunte resistenze partigiane, in realtà spoliatori del proprio Paese per conto dei mandanti di guerre per procura.
Un TPAN - Trattato di proibizione delle armi nucleari (chi vi scrive era a New York per conto dei Disarmisti esigenti, quando, il 7 luglio 2017, venne adottato da 122 Paesi) esprime oggi l'illegalità della cosiddetta "difesa" imperniata su queste armi mostruose. Il problema, politico ma anche etico, è di passare dalla proibizione alla loro eliminazione effettiva.
Possiamo considerare questo trattato un tassello di un nuovo costituzionalismo globale, che mette in primo piano il diritto comune dell'umanità, non la sovranità assoluta dei singoli Stati. E' l'applicazione dell'appello Russel-Einstein che terminava con la famosa frase: "Ricordiamoci della comune umanità e dimentichiamo il resto".
Prima di tutto dobbiamo tenere a mente di essere membri di una umanità planetaria, oggi aggiungeremmo parte di un unico ecosistema vivente (la "terrestrità" che sostengo in "Memoria e futuro", propugnata da figure morali e intellettuali come Papa Francesco ed Edgar Morin) e non rimanere schiavi dei nazionalismi e dei militarismi, come pure di tutte le altre appartenenze sociali particolari.
Il TPAN si fonda sui principi del diritto umanitario, cioè della guerra che in teoria dovrebbe essere combattuta in modo umanitario, secondo le Convenzioni di Ginevra: le armi nucleari vengono considerate illegali perché il loro impiego coinvolge inevitabilmente per lo più i civili, non consente soccorsi sanitari, inquinano l’ambiente per anni rendendo impraticabile la vita quotidiana delle comunità, eccetera.
Questo approccio "umanitario" ha in parte funzionato, ma ora bisognerebbe mettere in rilievo la centralità del rischio: non c'è sicurezza assoluta che il sistema nucleare possa essere mantenuto sotto controllo e un errore potrebbe avviare l'escalation che conduce alla fine del mondo. E' proprio l'eventualità messa in luce dalla vicenda Petrov. E questo rischio si fa intollerabile quando la logica della deterrenza, i tempi sempre più angosciosamente ristretti di risposta alle mosse vere o presunte dell'avversario, porta sempre di più verso l'automazione dei sistemi di avvistamento, con l'impiego già deciso dell'intelligenza artificiale nell'early warning.
E quando l'idea di guerre nucleari limitate in territori circoscritti trova concretezza nelle minacce che vengono evocate, un giorno sì e l'altro pure, di ricorso alle "atomiche tattiche", in una Guerra Grande in Ucraina che rischia di unificare, copyright Papa Francesco, la "guerra mondiale a pezzetti" in corso.
Noi Disarmisti esigenti, membri in Italia della rete ICAN che ha promosso il TPAN, insignita nel 2017 del Premio Nobel per la pace, non riteniamo sufficiente che, Stato dopo Stato, si aumenti il numero di ratificanti del TPAN, oggi arrivati a 69.
La nostra missione non è limitata a fare pressione per fare sì che l'Italia con voto parlamentare diventi, che so, l'ennesimo Stato ratificante, magari il 70esimo (cosa impossibile stante la sua appartenenza alla NATO, che ufficialmente considera la deterrenza nucleare la "suprema garanzia di sicurezza").
A Vienna nel 2022 è avvenuta la prima conferenza di revisione del Trattato da parte degli Stati parte, ed è stata affermata la complementarietà tra il TPAN e il Trattato di non proliferazione. Complementarietà che le potenze nucleari attualmente non riconoscono e meno che mai riconosce, appunto, la NATO.
La centralità del rischio dovrebbe portare ad armonizzare, per intelligenza strategica, la campagna ICAN con la campagna per il NO first use. E' a portata di mano, anche grazie a una possibile sponda cinese, che le potenze nucleari vengano costrette ad abbandonare le dottrine sul primo impiego "limitato e condizionato", dell'"atomica" e che di conseguenza si stabilisca la "deallertizzazione" con separazione delle testate dai vettori, per rendere difficile un primo lancio per errore.
Gli Stati aderenti al TPAN (e ricordiamo sempre che l'Italia non rientra tra questi) potrebbero elasticizzare il Trattato istituendo norme per i Paesi in conversione, magari definendoli "sostenitori", non affiliati contraenti, che supportano il No first use e si defilano dalla condivisione nucleare NATO.
Nel frattempo noi movimenti di base abbiamo da portare avanti la lotta per la denuclearizzazione sia civile che militare (il nucleare cosiddetto civile è solo una copertura della potenza militare) e in Italia possiamo puntare, sul lato militare, alla dissociazione unilaterale dal nucleare NATO con, ad esempio, la rimozione delle testate ospitate a Ghedi ed Aviano in rapporto con il nuovo impiego da parte dei cacciabombardieri F35, omologati e predisposti per le missioni nucleari.

Alfonso Navarra - coordinatore dei Disarmisti esigenti cell. 340/0736871

 

 

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