comunicato stampa del 20 gennaio 2023
Con preghiera di pubblicazione su siti e blog.
Per adesioni e info: Alfonso Navarra coordinamentodisarmisti@gmail. com - cell. 340-073687
OPPOSIZIONE ALLA GUERRA IN UCRAINA
INIZIATIVA DEL "DIGIUNO DI COERENZA PACIFISTA" (DEDICATO AD ANTONIA SANI) CON PRESIDI DI SENSIBILIZZAZIONE CHE PARTONO NEL 2022 E SI PROLUNGANO NEL 2023
L'impegno è quello di riconvocarsi sistematicamente e costantemente quando il governo e il Parlamento si occupano delle decisioni sugli aiuti militari al governo ucraino. Il 23 e il 24 gennaio 2023 alla Camera si discute e si approva in via definitiva il DL 185/2022. Nella Gazzetta ufficiale del 2 dicembre 2022 appare sotto il titolo: "Disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità governative dell'Ucraina". Si tratta di estendere a tutto il 2023 il "metodo Draghi", cioè decreti con elenchi secretati del Ministro della Difesa di concerto con Esteri e MEF, a sola conoscenza del COPASIR, sarebbero sufficienti per autorizzare la concessione di aiuti militari in favore del governo ucraino. E', a nostro parere una procedura incostituzionale con illegale deroga alla legge 185 del 1990 sul commercio delle armi.
TERZO PASSO DELLA MOBILITAZIONE 23 - 24 GENNAIO 2023 (dopo quelli del 13 dicembre 2022 e 10-11 gennaio 2023)
23 gennaio dalle ore 10:30 alle ore 13:30
PIAZZA DELLA ROTONDA ROMA, vicino Pantheon
Per connettersi on line al presidio fisico di Roma link sulla piattaforma Zoom:
https://us06web.zoom.us/j/81881699304?pwd=OWh3ZlRrUkRJVUtIYzg1U2ZNNVVoQT09
Evento su Facebook al link:
https://www.facebook.com/events/870141254107239?acontext=%7B%22event_action_history%22%3A[%7B%22extra_data%22%3A%22%22%2C%22mechanism%22%3A%22surface%22%2C%22surface%22%3A%22create_dialog%22%7D%2C%7B%22extra_data%22%3A%22%22%2C%22mechanism%22%3A%22surface%22%2C%22surface%22%3A%22permalink%22%7D%2C%7B%22extra_data%22%3A%22%22%2C%22mechanism%22%3A%22surface%22%2C%22surface%22%3A%22edit_dialog%22%7D]%2C%22ref_notif_type%22%3Anull%7D
24 gennaio dalle ore 16:00 alle ore 19:00 Assemblea on line: "COME PROSEGUIRE UNA STRATEGIA NONVIOLENTA DI OPPOSIZIONE ALLA GUERRA CON IL “POPOLO DELLA PACE"CHE COINVOLGE IL “POPOLO” TOUT COURT
Abbiamo bisogno di un polo attrattivo CAPACE DI ASCOLTO, DI DIALOGO E DI ORGANIZZAZIONE RISPETTO ALLA VOLONTA' PACIFISTA DELLA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI"
Questo che ora segue è il link alla piattaforma Zoom per connettersi il 24 gennaio:
https://us06web.zoom.us/j/ 81801691211?pwd= Rm44NUxQRDBDZmRydldlMUoyejVQdz 09
Anche per collegarsi al presidio al Pantheon il 23 mattina, dalle ore 10:30 alle ore 13:30, è stato creato un link sulla piattaforma zoom:
Entra nella riunione in Zoom
https://us06web.zoom.us/j/81881699304?pwd=OWh3ZlRrUkRJVUtIYzg1U2ZNNVVoQT09
Con presidi in varie città italiane (Firenze, Trieste, Brescia, Genova, Milano)
Promosso dai Disarmisti esigenti (www.disarmistiesigenti.org) con la collaborazione di WILPF Italia, Europe for Peace, LOC, LDU, Kronos Pro Natura, Il Sole di Parigi, Marcia dei Girasoli-Comiso, Per la scuola della Repubblica, Bimbi svegli, Ban the Bomb, Odissea, Melitea, Rete IPRI-CCP, Radio Nuova Resistenza (e altri gruppi che andranno aggiungendosi). Con l’adesione di COORDINAMENTO NO GREEN PASS di Trieste e del Partito della RIFONDAZIONE COMUNISTA.
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OPPOSIZIONE ALLA GUERRA IN UCRAINA
INIZIATIVA DEL "DIGIUNO DI COERENZA PACIFISTA" (DEDICATO AD ANTONIA SANI) CON PRESIDI DI SENSIBILIZZAZIONE CHE PARTONO NEL 2022 E SI PROLUNGANO NEL 2023
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TERZO PASSO 23 - 24 GENNAIO 2023
23 gennaio dalle ore 10:30 alle ore 13:30
PIAZZA DELLA ROTONDA ROMA, vicino Pantheon
(per connettersi on line al presidio fisico di Roma link sulla piattaforma Zoom:
https://us06web.zoom.us/j/81881699304?pwd=OWh3ZlRrUkRJVUtIYzg1U2ZNNVVoQT09
Evento su Facebook al link:
24 gennaio dalle ore 16:00 alle ore 19:00 Assemblea on line: "COME PROSEGUIRE UNA STRATEGIA DI OPPOSIZIONE ALLA GUERRA "CON IL POPOLO DELLA PACE" CAPACE DI ASCOLTO, DI DIALOGO E DI ORGANIZZAZIONE RISPETTO ALLA VOLONTA' PACIFISTA DELLA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI"
Questo che ora segue è il link alla piattaforma Zoom per connettersi:
https://us06web.zoom.us/j/81801691211?pwd=Rm44NUxQRDBDZmRydldlMUoyejVQdz09
ID riunione: 818 0169 1211
Passcode: 125981
Trova il tuo numero locale: https://us06web.zoom.us/u/kdpdjNuXLu
con presidi in varie città italiane
con la collaborazione di WILPF Italia, Europe for Peace, LOC, LDU, Kronos Pro Natura, Il Sole di Parigi, Marcia dei Girasoli-Comiso, Per la scuola della Repubblica, Bimbi svegli, Ban the Bomb, Odissea, Melitea, Rete IPRI-CCP (e altri gruppi che andranno aggiungendosi)
con l'adesione di Coordinamento NO GREEN PASS TRIESTE e di RIFONDAZIONE COMUNISTA
Digiunatori: Alfonso Navarra, Maria Carla Biavati, Ennio Cabiddu, Cosimo Forleo, Giampiero Monaca, Marco Palombo, Totò Schembari e altri supportanti (Moni Ovadia...)
Dopo la manifestazione del 5 novembre del "popolo della pace", che, delegando ad una direzione vuota di contenuti, si è limitato ad esprimere sé stesso, si tratta ora, per impulso dei Disarmisti esigenti & partners, di costruire un ponte di dialogo e rappresentanza verso il "popolo italiano" in quanto tale. L'obiettivo è mettersi sul serio "ALL'ASCOLTO DEL POPOLO PER RAPPRESENTARLO". Popolo: ossia la moltitudine degli italiani, 50 milioni di elettori, che, votante o astenuta, non è ascoltata dalle istituzioni parlamentari e governative su quattro punti, conformi ai nostri valori, cui i sondaggi degli stessi media con l'elmetto attribuiscono un orientamento largamente maggioritario: no aiuti militari ai combattenti per non essere coinvolti nel conflitto militare, negoziato subito senza condizioni, no riarmo meno che mai nucleare, no guerra economica mediante sanzioni che oltretutto fanno danni più a noi che al "nemico" russo. Consapevoli di questo dato, abbiamo dispiegato, il 13 dicembre, in Largo Argentina e poi, il 10 gennaio, al Pantheon, lo stesso striscione che, preveggenti, abbiamo portato al corteo del 5 novembre: "NON CI SONO GUERRE GIUSTE (PAPA FRANCESCO). Fermate subito i combattimenti, intervenga l'ONU per negoziare una tregua e prevenire una escalation nucleare. Custodiamo, esseri umani cooperanti, la Terra sofferente. Riconvochiamoci, quando si vota in Parlamento, per protestare contro l'invio di nuove armi all'esercito ucraino".
Quei momenti di riconvocazione sono stati effettivamente messi in atto, continuano e continueranno.
Il 13 dicembre sono state votate varie mozioni parlamentari, con scambi di favori tra la maggioranza di destra-centro e il PD. Noi eravamo in Largo Argentina a digiunare e protestare.
Il 10 gennaio 2023 alle 16,30, nell' aula del Senato, abbiamo avuto la discussione generale ed il voto per la conversione in legge del decreto 185 del 2 dicembre 2022 che autorizza la cessione di armi all'Ucraina per tutto il 2023. Anche in questa occasione abbiamo proseguito il digiuno ed il presidio del 13 dicembre, stavolta davanti al Pantheon, proponendoci presenti anche per il voto alla Camera e durante tutte le eventuali discussioni nel 2023 sui pacchetti di aiuti militari al governo ucraino.
La discussione e la votazione alla Camera dei deputati, dopo l'approvazione data dal Senato, inizia il 23 gennaio 2023 e decide l'ufficializzazione in via definitiva, il 24 gennaio, il DL 185/2022, cioè la cornice giuridica che proroga il "metodo Draghi" per autorizzare la "cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle Autorità governative dell'Ucraina".
Vanno, a questo punto, ricordate due scadenze importanti, di segno opposto, ma connesse con il contesto bellico, che dobbiamo toccare nei nostri discorsi: il 20 gennaio la riunione dei 40 Stati donatori di armi a Zelensky e il 21 gennaio, secondo anniversario dell'entrata in vigore del Trattato di proibizione delle armi nucleari.
L'appuntamento, il 20 gennaio 2023, del Gruppo di contatto sull'Ucraina alla base NATO di Ramstein, in Germania, è da attenzionare perché sancirà l'allineamento degli Stati europei e di altri vassalli degli USA alle direttive dell'egemone che, con lo scontro Occidente versus Oriente, lanciato dal conflitto ucraino, tenta di mantenere l'ordine unipolare in crisi in tutte le sue articolazioni dimensionali. Si prevede una forte pressione, in particolare su Germania e Italia, perché aumentino gli aiuti militari in fondi e mezzi (missili antimissile e carri armati) e si sbrighino a fornirli.
L'incontro è preceduto dalla dichiarazione congiunta NATO-UE, firmata il 10 gennaio a Bruxelles, finalizzata a rafforzare la cooperazione tra le due organizzazioni internazionali a partire dal sostegno militare all'Ucraina. Questa dichiarazione sottolinea l’importanza di "costruire una difesa europea più forte e più operativa, che contribuisca positivamente alla sicurezza transatlantica e globale, e che sia complementare e interoperabile con la NATO". Questo aggettivo "complementare" noi lo interpretiamo in un significato di subalternità.
Il secondo anniversario dell'entrata in vigore del Trattato di proibizione delle armi nucleari (TPNW), il 21 gennaio del 2023, ripropone l'assoluta priorità del disarmo atomico nel momento in cui l'escalation nucleare rientra nel novero degli scenari della guerra combattuta in Ucraina.
L’importanza di questo strumento giuridico, che il governo italiano dovrebbe ratificare, sta nel fatto che proclama l’illegalità della deterrenza nucleare, cioè si va oltre la condanna della minaccia dell’uso, lo stesso possesso degli ordigni atomici è considerato da bandire. Noi consideriamo la preparazione di una guerra atomica molto più di un crimine di guerra: è una presa in ostaggio delle popolazioni minacciate di rappresaglia per “dissuadere” uno Stato ostile da un attacco nucleare. Quindi siamo di fronte a un crimine contro l’umanità, ovvero, di un «genocidio programmato», secondo la fattispecie definita nel 1948 dalla Assemblea generale dell’Onu, accolta nell’art. 6 dello Statuto della Corte penale internazionale firmato a Roma il 17 luglio 1998.
In Italia continueremo ad insistere per la presentazione di un disegno di legge di ratifica del TPNW. Al di là della approvazione immediata, non alla portata purtroppo di questo Parlamento, riteniamo comunque utile che il tema del disarmo nucleare e del suo rapporto con i rischi bellici, ecologici e sociali, debba fare parte del dibattito nella campagna elettorale per le prossime elezioni europee del 2024.
QUI di seguito maggiori info sulla iniziativa del 23 e 24 gennaio e le considerazioni sui presupposti culturali e politici "centenari" che consentono ai Disarmisti esigenti, per il tramite della LOC membro WRI, di evitare le "sbandate" del pacifismo contingente (spesso burocratico e mediatico) e di essere, con i partner stretti (in primo luogo WILPF Italia), gli unici a proporre proteste di piazza contro le decisioni di invio di armi che coinvolgono l'Italia nella "Guerra grande" con epicentro Ucraina.
Ci teniamo a rimarcare il carattere aperto ed inclusivo della nostra iniziativa. I digiunatori e i presidianti auspicano che, dal 23 e 24 gennaio, una pluralità di iniziative fiorisca declinando, con i valori e le posizioni delle varie componenti dell'arcipelago, diverse impostazioni della esigenza sopra indicata di sintonizzare “popolo della pace” e “popolo”, ciascuna libera di esprimersi con le modalità che ritiene opportune. Occorre intraprendere una discussione su come rendere l'iniziativa di carattere continuativo, tenendo conto del fatto bisogna far sentire, da parte del movimento, il fiato sul collo delle istituzioni tutte le volte che si andrà a concretizzare con pacchetti di aiuti militari la "cornice giuridica" del "metodo Draghi" per tutto il 2023. Cornice giuridica, varata nel CDM del 2 dicembre 2022, che – è stato già ricordato - sarà presto convertita in legge il voto alla Camera. La discussione dovrà inoltre affrontare come possono essere attivate convergenze con altre campagne, ad esempio il sostegno agli obiettori sia russi che ucraini (il fronte bellico andrebbe prosciugato da ambedue i lati) e l'obiezione di coscienza alle spese militari anche come protesta nei confronti della corsa agli armamenti scatenata dallo scenario bellico in cui ci muoviamo.
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Segue nota di Marco Palombo del 19 gennaio 2023
Si è concluso nelle commissioni della Camera Difesa e Esteri l' iter del decreto "Invio armi all' Ucraina".
Sono stati presentati due emendamenti identici, riportati integralmente in fondo al mio post, da Sinistra Italiana e Movimento 5 stelle per far votare l' assemblea prima di ogni singolo decreto ministeriale per autorizzare invio di armi.
Dal resoconto della seduta si sa che gli emendamenti sono stati bocciati, che nessuno è intervenuto e che la seduta è durata 10 minuti. Al link
Probabilmente ci sarà un voto anche nell' Assemblea prima del voto finale sulla conversione in legge. Al Senato è stato così, ma nessuno è intervenuto, né per dichiarazioni di voto né per illustrare l' emendamento.
Nella diretta dal Senato si è sentito solo il numero dell' emendamento, era firmato da entrambi i gruppi mentre qui sono due distinti, ma non è stato detto il suo contenuto. Quindi, anche chi ha seguito tutta la discussione, non ha saputo che cosa chiedesse.
Un voto dovrebbe esserci anche all' Assemblea della Camera. Se così sarà, e dovrebbe essere indicato prima di Lunedì 23 gennaio,
in qualche modo dovremmo chiedere che su questo punto ci sia un dibattito, perché l' emendamento non è di poco conto e non si capisce perché il Pd dovrebbe delegare completamente al governo per tutto il 2023 la decisione di quali e quante armi inviare all' Ucraina.
di seguito gli emendamenti.
DL 185/2022: Disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina. C. 761 Governo, approvato dal Senato.
PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
ART. 1. Dopo il comma 1, inserire il seguente: 1-bis. Ai fini di ogni singola autorizzazione di cui al comma 1 concernente l’invio di armi, il Governo rende preventive comunicazioni alle Camere, che si esprimono mediante la votazione di uno specifico atto di indirizzo per ciascuna cessione.
* 1.1.Fratoianni.
Dopo il comma 1, inserire il seguente: 1-bis. Ai fini di ogni singola autorizzazione di cui al comma 1 concernente l’invio di armi, il Governo rende preventive comunicazioni alle Camere, che si esprimono mediante la votazione di uno specifico atto di indirizzo per ciascuna cessione
* 1.2. Pellegrini, Lomuti, Baldino, Conte, Gubitosa, Onori.
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CERCARE L’UNIONE VERA CON IL “POPOLO” VIENE PRIMA DELLA UNITA’ VUOTA CHE IL “POPOLO DELLA PACE” HA ILLUSORIAMENTE RAGGIUNTO
Milano 16 gennaio 2023
Nel momento in cui, di fronte alle avanzate sul campo delle truppe di Kiev e alla brutalità – esagerata dai media va bene - del comportamento russo, cresce un senso di colpa e una sensazione che la parte ucraina possa avere ragione (a difendersi militarmente come fa),
ecco i punti caratterizzanti la linea dei DISARMISTI ESIGENTI, dotati di memoria storica per la loro origine ed il loro retaggio “centenario”, che evitano le deviazioni e i deragliamenti del pacifismo congiunturale (spesso burocratico e mediatico), qui di seguito elencati:
1^ “sbandata”
L’opposizione alla Guerra Grande con epicentro Ucraina (scontro neanche tanto mascherato, anche se non ufficiale, tra NATO e Russia) non è vista come la priorità generale di tutti i movimenti sociali alternativi, il processo su cui concentrare la resistenza e agganciare tutte le problematiche settoriali.
La lotta generale dovrebbe invece prevalere sul progetto particolare anche se presentato come “esemplare”, e dovrebbe tendere ad intrecciare i temi del disarmo, dell’ecologia, dell’eguaglianza sociale, della liberazione dall’oppressione culturale.
2^ “sbandata”
L’esprimere sé stessi come gruppo identitario viene a contare di più che non la tensione a rappresentare e unire il “popolo comune” (il concetto di essere realtà distinta come “popolo della pace” è assente ed in ogni caso lo stesso riferirsi ad ampie moltitudini popolari desta fastidio).
Bisognerebbe invece partire dal principio operativo e tattico di “ascoltare e servire il popolo”, della cui spontanea propensione pacifista si ha fiducia, portando avanti innanzitutto quelle istanze che coagulano un orientamento popolare maggioritario ovviamente quando è conforme con i nostri principi. Se possibile, bisogna essere “popolari”, non “populisti”.
3^ “sbandata”
Desiderando chiudere gli occhi di fronte alla realtà pervasiva e comunque schiacciante della guerra, si pretende di poter continuare con le campagne particolari prescindendo dal contesto e ignorando il fronte centrale di opposizione.
Invece disarmo nucleare, riduzione delle spese militari, contrasto al commercio delle armi, etc. andrebbero perseguiti in stretta connessione con la resistenza al coinvolgimento bellico.
Psicologicamente – e questo affligge più gli strati politicizzati che non la gente comune più pragmatica e apparentemente “egoista” - non si realizza il sentimento che la guerra aggredisce direttamente te e il popolo di cui fai parte. Ci si sforza di relegarla a realtà estranea e lontana. La solidarietà, che dovrebbe riguardare anche il proprio contesto di prossimità (gli effetti della guerra devastano con grandi sofferenze anche la comunità in cui si vive), viene in questo modo riservata a situazioni che ci si illude di percepire come lontane dal proprio vissuto quotidiano.
4^ “sbandata”
Si misura il valore dei movimenti e delle loro iniziative solo sul peso mediatico immediato e si sottovaluta la spirale lotta-repressione verso cui cadono i coltivatori disperati del gesto clamoroso (anche al di là dei possibili coccolamenti temporanei)
5^ “sbandata”
L’”unità” con chi si autoproclama come “pacifista” viene vista come valore assoluto e non andrebbe ridiscussa nella sua forma attuale: non si sente la necessità di un polo attrattivo indipendente dell’antimilitarismo nonviolento (che può essere realizzato solo da chi conserva la memoria dell’esistenza di un pacifismo coerente distinto dal “non aderire né sabotare” rispetto alle guerre).
Quando si lavora dentro l’unità d’azione, da realizzare nelle scadenze di lotta con obiettivi chiari e definiti, non bisognerebbe mai dimenticare la necessità di costruire una organizzazione nonviolenta rivoluzionaria, che sia di impulso condizionante verso i soggetti politico-istituzionali e non cinghia di trasmissione di istanze provenienti dalla politica partitica.
Quando si considera il lavoro pratico dei DE, e ci chiede perché ad esempio oggi siano gli unici, fin dal 5 novembre, con la collaborazione di un partner stretto come la WILPF, a proporre di scendere in piazza quando il Parlamento italiano decide per gettare benzina sul fuoco della guerra in Ucraina, si guardi alle cinque “sbandate” che ci sforziamo di evitare nell’impostare e gestire, mossa per mossa, pensieri, parole ed opere.
Da parte di segreteria LDU, partner LOC, membro WRI, promotrice del progetto politico dei Disarmisti esigenti, alle compagne e ai compagni di cammino.
Contattare: coordinamentodisarmisti@gmail.com - cell. 340-0736871
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MARCO PALOMBO SCRIVE ALLA "CONVERGENZA NONVIOLENTA" IL 17 GENNAIO 2023
In occasione della conversione in legge del DL 185 del 2 dicembre 2022, "Armi all' Ucraina" alla Camera dei Deputati,
RASSEGNA STAMPA
Il pessimismo della Nato
“Mosca non vuole trattare”
Parte il pressing su Pechino
Repubblica 19 gennaio 2023
articolo di Claudio Tito
Domani il summit a Ramstein
sulle forniture a Kiev. Usa pronti
a dare l’ok agli attacchi in Crimea
Il Cremlino: “Siete come i nazisti”
Strasburgo — «La Russia non vuole trattare. Il suo obiettivo reale è riprendersi tutta l’Ucraina». La speranza di una trattativa sembra svanire di giorno in giorno. La Nato e gli Alleati occidentali si sono ormai convinti che Mosca non abbia alcuna volontà di mettere in campo un negoziato concreto. E quindi è indispensabile organizzare le contromosse rapidamente. L’Alleanza Atlantica si presenta con questi “report” al
summit che si terrà domani a Ramstein, in Germania. Gli spiragli degli scorsi mesi sono ormai un ricordo.
Sempre più prende corpo la prospettiva di una guerra di lunghissimo periodo. Tanti anni e di “posizione”.
Perché tutto continua a giocarsi sul terreno. Tale è la convinzione dell’impossibilità di trattare che - rivela il New York Times - l’amministrazione Biden si starebbe convincendo della necessità di autorizzare gli Ucraini anche ad attaccare la Crimea. Washington ha sempre considerato la penisola, occupata da Mosca fin dal
2014, parte integrante dell’Ucraina; ma ha sempre messo in guardia Kiev dall’attaccarla militarmente e ha sempre negato le forniture belliche utilizzabili a questo scopo. Ora le cose potrebbero cambiare.
In preparazione del summit di Ramstein, i rapporti che i Paesi dell’Alleanza e i suoi governi si stanno scambiando si concentrano sulla constatazione che Putin sia disponibile a discutere solo se si considerano acquisiti i territori ucraini conquistati, e persino quelli già ripresi da Kiev. Un messaggio che alla fine ha un solo significato: il Cremlino punta a riannettere l’intero Paese.
In maniera effettiva o con l’insediamento di un governo fantoccio. Replicando, insomma, il modello dell’Urss. Accettare questa soluzione è impossibile per gli occidentali.
Sarebbe una resa e un precedente in grado di compromettere gli equilibri democratici in Europa. Intanto da Mosca piovono dichiarazione sempre più infuocate: «La vittoria della Russia è inevitabile – ha sottolineato minacciosamente ieri Putin -: si basa sull’unità del popolo russo, sull’eroismo dei combattenti delle
operazioni speciali, sul funzionamento del complesso militare-industriale». Il presidente russo rovescia sull’Occidente la responsabilità di quanto sta accadendo: «Abbiamo resistito a lungo, abbiamo cercato di raggiungere un accordo, ma ci hanno semplicemente preso in giro, ci hanno ingannati». E il ministro degli Esteri Lavrov è stato ancora più pesante, paragonando gli Usa a Napoleone ma soprattutto a Hitler, «che voleva risolvere definitivamente la “questione ebraica”».
Ogni canale di dialogo, a questo punto, sembra chiuso. Gli unici a mantenere un debole segnale di comunicazione sono i turchi. Ma anche la mediazione di Erdogan viene considerata ormai superata. Sebbene il ministro degli Esteri Cavusoglu sia a Washington per discutere, tra l’altro, l’acquisto di 40 jet F16.
La Nato, quindi, si sta preparando ad affrontare una controffensiva russa a partire da marzo. Mosca metterà in campo altri 500 mila uomini che rappresentano il capitale umano sacrificabile per avanzare in una battaglia di trincea che assomiglia
sempre più ai conflitti del XX secolo. Per questo domani, a Ramstein, uno dei punti principali di discussione sarà come aiutare l’Ucraina e incrementare i rifornimenti bellici. In particolare, dovrebbe essere discusso il “caso Germania”. O meglio il ritardo con cui Berlino sta mettendo a disposizione di Zelensky 15 carri armati Leopard. Mezzi considerati fondamentali in questo tipo di battaglia. Il pressing della Nato e di Washington è ormai intensissimo. Gli “Alleati” si aspettano che il via libera definitivo possa essere dato nelle prossime 24 ore, dopo la nomina del
nuovo ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius. Oggi si terrà anche un incontro tra la Gran Bretagna, la Polonia e i paesi Baltici proprio per esercitare una ulteriore
pressione sul Cancelliere Scholz. Gli stessi inglesi stanno rivedendo l’intenzione di ridurre il numero di carri Challenger 2 da inviare in Ucraina. Anche Londra, insomma, vuole tornare alle forniture integrali. «Daremo a Kiev armi più pesanti e moderne», ha sintetizzato ieri il segretario generale della Nato Stoltenberg.
Resta inoltre la grande paura di un ingresso in guerra della Bielorussia. Mosca e Minsk stanno ormai collaborando senza sosta su quel versante. Una partecipazione diretta diventerebbe il fattore scatenante della degenerazione del conflitto.
In questo quadro la visita del segretario di Stato americano Blinken a inizio febbraio in Cina assume un significato ulteriore. In gioco non c’è solo il tentativo di dare un ordine alle relazioni difficili tra i due Paesi.
Per la Casa Bianca, solo se Pechino stopperà in maniera più ferma il Cremlino si potrà evitare una guerra di lungo periodo.
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L'ombra lunga di una guerra di logoramento
Corriere della Sera 19 gennaio
editoriale in prima pagina di Federico Rampini
Il termine più usato nelle analisi americane sull’Ucraina ormai è attrition o logoramento. Chi stia logorando chi, non è chiaro. Alla Casa Bianca, al Pentagono e al Dipartimento di Stato non sembrano esserci illusioni su una vittoria totale di Kiev o su un negoziato di pace in tempi brevi.
Un paragone inquietante che che comincia ad affacciarsi è con la guerra di Corea, combattuta dal 1950 al 1953, in realtà mai conclusa (ad oggi non esiste un trattato di pace). Anche perché la Russia può ancora chiamare al fronte centinaia di migliaia di riservisti, così come Mao potè schierare sul fronte coreano tre milioni di
soldati; l’inferiorità «demografica» dell’Ucraina pesa. Questo chiama in causa la dimensione degli aiuti occidentali (sempre inferiori alle promesse), e l’efficacia delle nostre sanzioni (l’economia russa soffre meno di quanto prevedessimo).
Se questo conflitto dovesse avere una durata «coreana», anche la nostra tenuta e
i mezzi dispiegati andranno ripensati su un orizzonte lungo. Ne saremo capaci?
Vladimir Putin ha sbeffeggiato quegli esperti «occidentali, e perfino qualche russo, che prevedevano un’economia russa in crollo del 10% o 20%». Stando ai suoi dati il calo del Pil nel 2022 è stato del 2,5%, un arretramento netto ma non catastrofico. Non gli impedisce di pianificare un allargamento delle sue forze armate fino a un milione e mezzo di soldati, cioè cinquecentomila in più rispetto a un anno fa.
La superiorità demografica lo rende fiducioso: la Russia ha tre volte e mezzo la popolazione dell’Ucraina, perciò pensa che a logorarsi per primi saranno gli altri. I dati ufficiali di Putin forse sottostimano l’impoverimento russo. Le sanzioni che contano, quelle contro le esportazioni di gas e petrolio, sono arrivate tardi ma a
dicembre hanno contribuito a un calo del 17% degli introiti energetici di Mosca. Il ruolo della Russia sui mercati mondiali diventa marginale mentre cresce la sua dipendenza dalla Cina.
Perfino la sua influenza in Asia centrale regredisce. I danni che Putin infligge al suo Paese nel lungo periodo diventeranno sempre più drammatici. Ma un regime autoritario affronta il «lungo periodo» in modo diverso da noi. In settant’anni dalla fine della guerra, la monarchia rossa che domina la Corea del Nord ha privato il suo popolo di tutto il benessere e il progresso di cui è stata capace la Corea del Sud. Però la dittatura di Pyongyang è ancora lì, a destabilizzare l’Estremo Oriente con missili e atomiche.
Le lezioni della guerra di Corea sono molteplici, anche per ciò che fecero e non fecero gli Stati Uniti. Nel 1950 erano una nazione stanca di conflitti, molti dei combattenti nel sud-est asiatico erano reduci della Seconda guerra mondiale. Quella sì era una «guerra per procura», con la discesa in campo dell’armata rossa
cinese. Però il generale americano Douglas MacArthur che propose di colpire Pechino fu licenziato in tronco: aveva violato (verbalmente) quel tabù dell’arma nucleare che Putin sembra ignorare.
Oggi le ritrosie dell’Occidente sono superiori ad allora. Il pandemonio dei nostri pacifisti contro le forniture di armi a Kiev ha finito per nascondere la realtà dei fatti: gli aiuti militari procedono con il contagocce, con tali e tante limitazioni che la resistenza ucraina si difende con un braccio legato dietro la schiena. L’ultimo massacro di civili in un palazzo sventrato da un mega-missile russo ci ricorda che la Nato non ha mai preso in considerazione una difesa dello spazio aereo, senza la quale il combattimento è impari, tragicamente asimmetrico. In Germania il governo di Olaf Scholz promise una svolta storica, nuovi investimenti per la difesa, per essere all’altezza della minaccia russa: finora non è accaduto nulla. L’ex ministra della Difesa, passata alla storia per la sua
offerta iniziale di soli elmetti agli ucraini (con
cui proteggersi dai missili russi) ha dovuto dimettersi per manifesta incompetenza. La vicenda dei tank Leopard è una beffa crudele: per mesi Berlino ne ha bloccato la fornitura a Kiev, perfino ad opera di altri Paesi. Domani il neoministro tedesco della Difesa accoglierà nella base aerea di Ramstein un vertice di cinquanta Paesi (Nato e amici) e si vedrà se finalmente vengono sbloccati aiuti in attesa da mesi. Intanto Erdogan vuole rinviare a dopo la sua rielezione l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato.
È reticente perfino l’America, che i pacifisti a senso unico hanno sempre descritto intenta ad aizzare gli ucraini. In realtà le forniture americane sono ben al di sotto di quanto sarebbe necessario per fermare le stragi. È importante il gesto simbolico con cui il Pentagono accoglie perla prima volta dei soldati ucraini sul proprio territorio, per insegnargli a usare le batterie anti-missili Patriot. Ma per il momento l’America di queste batterie ne fornisce una sola, sulle tante decine di cui dispone Gli Stati Uniti, con una potenza militare
molto superiore agli europei ma dilatata su
troppi Continenti, troppe basi, troppi impegni, soffrono di limitazioni non molto diverse dagli altri Paesi Nato. La loro industria bellica è dimagrita rispetto agli anni della Guerra fredda. Per fornire munizioni a Kiev gli americani «raschiano il fondo del barile», svuotano depositi in Israele e Corea del Sud. Le forze armate ucraine esauriscono munizioni a un ritmo doppio rispetto all’intera produzione dei Paesi
occidentali. Questa è una situazione diversa da quella «guerra per procura», che secondo i filo-putiniani vede un’America che manipola l’Ucraina per dare un colpo all’impero russo.
Biden in realtà procede con una cautela estrema. Il presidente americano ha atteso quasi un anno prima di cominciare ad ammorbidire la sua posizione su un tema cruciale: aiutare le forze di Kiev a colpire anche il territorio della Crimea, che Putin usa come base di lancio per degli attacchi devastanti. La storia forse sarà
severa con la prudenza di Biden, che può aver contribuito alla vulnerabilità della popolazione ucraina.
Ma l’alternativa a Biden che cos’è?
Alla Camera dei deputati la nuova maggioranza repubblicana, ricattata da un manipolo di ultrà trumpiani, minaccia di prendere in ostaggio perfino il bilancio della difesa, pur di fare ostruzionismo contro un presidente democratico.
Quando discutiamo di «logoramento», la prospettiva temporale va corretta. Questa è una guerra esplosa dal 2014 con l’annessione della Crimea da parte di Putin. Lui ha dimostrato di poter sopravvivere al nono anno di conflitto, e alle prime ondate di sanzioni. Una parte degli occidentali sembrano esausti dopo undici mesi, pur avendo sofferto una frazione infinitesimale di quel che subisce il popolo ucraino. Anche i più decisi fra noi sembrano essersi illusi in un «determinismo economico»: siamo talmente più ricchi, e più avanzati tecnologicamente, che la sorte di questo conflitto non può essere in dubbio. I rapporti di forze economici contano ma non sono tutto.
L’esperto militare Michael Kofman, direttore del Dipartimento di studi sulla Russia al Center for Naval Analyses, ricorda che «il potenziale economico può rimanere solo un potenziale, perché trasformarlo in risultato richiede tanta volontà, e le guerre sono una gara di volontà».