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noguerra-nosanzioni-nonpaghiamo

da parte di Alfonso Navarra - portavoce dei Disarmisti esigenti - www.disarmistiesigenti.org  - cell. 340-0736871
Il collegamento tra il NON PAGHIAMO (sarebbe meglio dire: NON SIAMO IN GUERRA, NON PAGHIAMO)  come autoriduzione delle bollette e l'obiettivo disarmista sta nel ruolo dominante della guerra nella crisi energetica ed economica; ne consegue l'obiettivo della revoca delle sanzioni energetiche come rifiuto della guerra economica che si affianca al confronto militare sul campo ucraino, ai combattimenti in fase di escalation (con una possibile deriva nucleare da non sottovalutare, oggi più probabile dopo le difficoltà militari dell'esercito russo e dopo l'annessione alla Russia delle 4 province ucraine).
Da nonviolenti (senza trattino) quali siamo il rifiuto si accompagna alla proposta costruttiva di usare la conversione energetica, nel rispetto degli accordi di Parigi, come ponte di dialogo e di pace.
Inviteremmo  gli ecopacifisti a dismettere un atteggiamento che è probabilmente viziato da un pregiudizio sulla questione sanzioni (sarebbero uno strumento nonviolento solo perché non si spara!), per adottare invece la posizione dell'appello che vede come primi firmatari, oltre al sottoscritto, Antonia Sani - Luigi Mosca - Moni Ovadia - Alex Zanotelli - Angelica Romano - Patrizia Sterpetti - Luciano Benini - Antonino Drago - Federica Fratini - Antonella Nappi.
Appello che trovi al link:

PROSCIUGHIAMO IL MARE IN CUI NUOTANO I PESCECANI DELLA SPECULAZIONE

Esigiamo, nell’ambito dell’opposizione alla guerra, con la revoca delle sanzioni, prezzi bassi per l’energia; non di mettere a carico dello Stato gli aumenti e "ristori" ex post!

La fine del mondo incombe (anche i talk show mostrano i filmati con possibili scambi nucleari in Europa che farebbero 100 milioni di morti) ma la protesta popolare si nutre al momento delle preoccupazioni sulla fine del mese. Prendiamone atto, noi ecopacifisti, e agiamo di conseguenza di fronte alla guerra che sta entrando a gamba tesa nella vita quotidiana dei cittadini.

Stanno arrivando le super bollette che riflettono una delle conseguenze della guerra militare che si combatte sul territorio ucraino e suscitano già le prime agitazioni di piazza, indette dall’USB, un sindacato di base, contro il carovita, da Milano a Palermo, da Nord a Sud.

L’autunno si profila freddo per il riscaldamento che forse mancherà ma caldissimo per le rivolte dei cittadini, sia dal lato del consumo che da quello della produzione (anche le aziende rischiano di chiudere). Obiettivo: la riduzione delle tariffe schizzate alle stelle per la quale si minaccia il NON PAGHIAMO.

L’USB, che ha organizzato la giornata di lotta del 3 ottobre, ha reso noto che sta intraprendendo anche la strada dei tribunali. Ha infatti presentato una serie di esposti indirizzati a diverse procure italiane, tra cui quelle di Roma e Cagliari: ci sono state speculazioni nei rincari e chi ne sono i responsabili?

Certo che ci sono state e la loro denuncia è un po’ generica e fuorviante, tanto che in essa si cimenta lo stesso presidente del consiglio in pectore, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.

La sorella d’Italia, infatti, ci ammonisce sulla priorità che, appunto, è “fermare la speculazione sul gas”. Proprio per questo: “Compensare all’infinito il costo delle bollette regalando soldi a chi si sta arricchendo sulle spalle di cittadini e imprese sarebbe un errore”.

(https://www.agenzianova.com/news/meloni-la-priorita-e-fermare-la-speculazione-sul-gas/)

Possiamo darle torto in questa considerazione? Ma da tale premessa dovremmo trarre per coerenza logica due ragionamenti su come si fa a battere la speculazione. E sono i seguenti. Primo ragionamento: non dobbiamo comprare il gas dagli speculatori. Secondo ragionamento: dobbiamo prosciugare l’acqua nella quale nuotano i pescecani.

Non dobbiamo comprare dagli speculatori.

Si può fare? Sì, l’Ungheria lo sta facendo. Rifiuta le sanzioni alla Russia e ha già firmato contratti con Gazprom per, addirittura, aumentare le forniture di gas.

Si veda il seguente articolo redazionale apparso sull’Avvenire del 31 agosto 2022. Titolo: "Gas, l'Ungheria "strappa" e firma con Gazprom l'aumento di forniture". Sottotitolo: “Mentre la Russia minaccia di lasciare al freddo i Paesi dell'Unione Europea, Budapest annuncia di essere "al sicuro" per l'inverno

Apprendiamo in esso il seguente dato: il nuovo contratto è relativo a forniture aggiuntive, sostanzialmente allo stesso prezzo di quelle precedenti, di circa 6 milioni di metri cubi di gas giornaliero.

(Si vada su: https://www.avvenire.it/mondo/pagine/ucraina-gas-ungheria-firma-accordo-con-gazprom-per-aumentare-forniture).

Morale della favola: acquistiamo direttamente dal produttore, e in particolare dal produttore russo, spuntiamo un prezzo basso. Ci rivolgiamo invece ad un intermediario, a un mercato dominato dalla speculazione: dovremmo aspettarci qualcosa di diverso di prezzi che schizzano in su di fronte ad aspettative di scarsità del bene che addirittura i nostri governi provocano realmente con i loro blocchi economici?

Passare da un mercato speculativo a un mercato (forse) un po’ meno speculativo non è una soluzione. Cingolani, attualmente in carica al MITE, condivide il piano con la Meloni: sostituire la Borsa di Amsterdam con un “paniere” di borse meno “volatili”.  Auguri!

Non dobbiamo sguazzare nella stessa acqua dei pescecani; se possibile, dobbiamo prosciugarla

Ma la soluzione allora è “tassare gli extraprofitti di chi specula sui prezzi”? Sarebbe una falsa risposta. Bisogna avere chiaro l'obiettivo di una protesta. “Fermare la speculazione”, alla Meloni, pretendendo demagogicamente di sottrarle il guadagno quando questo è già avvenuto? Non sarebbe questa l’illusione della redistribuzione di un bottino quando si fa poco o nulla per impedire la rapina?

Come si diceva, è tutt’altra cosa trattare direttamente con i produttori per saltare l'intermediazione speculativa e i suoi meccanismi!

Ma anche ammesso che il bottino venga giustamente redistribuito (tassiamo gli extraprofitti al 100 per cento e diamo magari i soldi a chi ha più bisogno), -non sarebbe questa, comunque, una distorsione della ricchezza sociale prodotte collettivamente? A pensarci bene,  si toglierebbero risorse dai beni pubblici collettivi cioè l'istruzione la sanità le pensioni, per darle tutte al ciclo elettrico a carico dello Stato.

Questo ragionamento lo stiamo esponendo molto sommariamente ma la logica di fondo delle cose ci sembra di averla indicata chiaramente. Se poi si vogliono tagliare alle radici le condizioni della speculazione la condizione necessaria ma non sufficiente è la rinazionalizzazione delle grandi compagnie energetiche (vedi considerazioni sotto riportate). La base politico culturale di un discorso realmente alternativo è che l'energia va considerata un bene comune.

Insomma, se si vogliono tenere i prezzi bassi invece di scaricare l’aumento sulle casse dello Stato, l'obiettivo politico di NON SIAMO IN GUERRA NON PAGHIAMO deve essere, senza se e senza ma, la revoca delle sanzioni energetiche alla Russia, in quanto principale produttore ed esportatore del bene gas.

Invece temiamo che, come spesso succede, prevarrà una facile demagogia contro i mercati magari condita da slogan anticapitalistici. Ovviamente se è stata effettuata una rapina ai danni della società il maltolto va sequestrato e restituito ad essa. Ma l'obiettivo deve essere creare le condizioni perché i rapinatori non possano più nuocere e non proporsi in pratica, al di là delle belle parole persino anti-sistema, di diventarne soci! Quindi il problema da inquadrare non è la tassazione degli extraprofitti ma evitare in partenza, per quanto ci è possibile, che si possano fare sul ciclo energetico super profitti speculativi. Al netto del fatto che se si è rubato anche secondo il parametro della cultura neoliberista il maltolto deve essere comunque restituito...

Riassumendo. Noi non paghiamo finché gettate benzina sul fuoco di una guerra che non è la nostra guerra. (Precisando: per la nonviolenza che dobbiamo imparare a percorrere nessuna guerra può essere “nostra” ed ogni attività militare deve diventare tabù in quanto aggressione a Madre Terra e quindi a tutti noi). Non paghiamo perché non vogliamo combattere una guerra economica a fianco di una guerra militare. Non paghiamo perché non vogliamo soffrire le conseguenze di una guerra sciagurata che rende i ricchi più ricchi e i poveri più poveri, affossando il sogno di un’Europa ed un mondo dei diritti e dei cittadini.

Troviamoci di nuovo in Piazzale Stazione di Porta Genova, sabato 22 ottobre, dalle ore 17:00 alle ore 19:00, anche rispondendo all’appello di “Europe for peace”: mobilitiamoci per fermare la guerra esigendo che si negozi subito. L’ONU convochi una conferenza internazionale di pace.

Sottoscriviamo, se ancora non l’abbiamo fatto, l’appello online rinvenibile al link: https://www.petizioni.com/signatures/nonsiamoinguerra-nosanzioni/.

Le organizzazioni sindacali di base ci ascoltino e inseriscano la revoca delle sanzioni energetiche contro la Russia (e la non comminazione di nuove sanzioni) nella piattaforma dello sciopero generale contro la guerra indetto per il 2 dicembre!

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Il collegamento tra il NON PAGHIAMO (sarebbe meglio dire: NON SIAMO IN GUERRA, NON PAGHIAMO)  come autoriduzione delle bollette e l'obiettivo disarmista sta nel ruolo dominante della guerra nella crisi energetica ed economica; ne consegue l'obiettivo della revoca delle sanzioni energetiche come rifiuto della guerra economica che si affianca al confronto militare sul campo ucraino, ai combattimenti in fase di escalation (con una possibile deriva nucleare da non sottovalutare, oggi più probabile dopo le difficoltà militari dell'esercito russo e dopo l'annessione alla Russia delle 4 province ucraine).
Da nonviolenti (senza trattino) quali siamo il rifiuto si accompagna alla proposta costruttiva di usare la conversione energetica, nel rispetto degli accordi di Parigi, come ponte di dialogo e di pace.
Inviteremmo  gli ecopacifisti a dismettere un atteggiamento che è probabilmente viziato da un pregiudizio sulla questione sanzioni (sarebbero uno strumento nonviolento solo perché non si spara!), per adottare invece la posizione dell'appello che vede come primi firmatari, oltre al sottoscritto, Antonia Sani - Luigi Mosca - Moni Ovadia - Alex Zanotelli - Angelica Romano - Patrizia Sterpetti - Luciano Benini - Antonino Drago - Federica Fratini - Antonella Nappi.
Appello che trovi al link:
L'obiettivo più appropriato per una tale campagna è la revoca delle sanzioni perché sono proprio le aspettative di carenza dell'offerta causate dalla guerra il fattore principale e decisivo per la speculazione sui titoli derivati che contribuisce a determinare i prezzi. Il costo di estrazione è infatti immutato, mentre aumentano i costi di trasporto e di distribuzione, anche in seguito ai sabotaggi degli impianti e ai diversi incanalamenti dei flussi sempre dovuti alla guerra.
La famosa Borsa di Amsterdam ha una importanza secondaria sia sul piano qualitativo che sul piano quantitativo  perché ad esempio, i ministri UE, che non si sono messi d'accordo sul "price cap" comune del gas (ognuno se ne va per conto proprio, in testa la Germania che  ha deciso di stanziare aiuti per 200 miliardi e di attuarlo in proprio), però sganceranno le quotazioni di questa materia prima dal TTF (Title Transfer Facility), appunto di Amsterdam.
Il nostro titolare del MITE Cingolani ha annunciato - possiamo leggerlo su IL SOLE 24 ORE del 1 ottobre, che, per fissare il prezzo, si sta lavorando ad una media su grandi indicatori di riferimento in grado di riflettere meglio la realtà degli scambi energetici.
Questo non significa abolire la speculazione ma contenerla ed evitare un su e giù, una volatilità eccessiva.
Per abolire del tutto la speculazione sui titoli finanziari occorrerebbe partire dal concetto e dalla pratica dell'ENERGIA BENE COMUNE, quindi da un mercato energetico in cui gli operatori non fossero attori privati guidati dalla logica del profitto.
Beni comuni, sostanzialmente i 4 elementi: terra, acqua, aria, fuoco (= l'energia).
Da distinguere dai beni pubblici e da qualsiasi altro tipo di risorsa collettiva.
Le grandi imprese energetiche dovrebbero essere compagnie pubbliche con l'obiettivo prioritario di garantire un servizio ai cittadini.
Sappiamo benissimo che, per quanto riguarda l'Italia sicuramente, i principali operatori sono privati solo per modo di dire.
La privatizzazione è un gioco al mascheramento perché lo Stato italiano resta sostanzialmente il primo azionista e sono i governi in carica che nominano gli amministratori di tali società (ENI, ENEL, SNAM, TERNA...).
La privatizzazione formale rende più debole la pianificazione e il controllo pubblico delle politiche energetiche e permette che il management sia assimilato al settore privato per mentalità ed emolumenti (saltano i tetti legali agli stipendi, se sono un AD di una SPA posso legittimamente guadagnare molto di più e agire per massimizzare i miei guadagni personali).
Il potere politico si avvantaggia della situazione perché viene rafforzato il potere clientelare delle oligarchie e si creano giri politico-affaristici (in questo settore, come del resto in quello delle armi, fioccano le maxi-tangenti).
L'aumento dei prezzi registrato sotto la pandemia era per la diminuzione della domanda e strategia conseguente dell'offerta: un Bin Salman nell'OPEC sapeva che bisognava tagliare la produzione per fronteggiare i consumi inferiori della gente sottoposta ai vari lock-down.
La limitazione dell'offerta era, nel 2021, anche da parte della Russia, proprio mentre diversi Paesi in Asia, specialmente la Cina, ma anche l'India, stavano (e stanno) facendo incetta di gas senza badare a spese per sostenere la ripresa economica nella previsione della prossima fine della fase acuta della pandemia.
Ora c'è invece una speculazione che si innesta sulle previsioni di una riduzione dell'offerta, della scarsità del bene.
Mi pare che da una scarsità più che altro temuta ora si stia passando ad una carenza reale, anche questa causata dalla guerra.
Non bisogna, a questo proposito, sottovalutare l'impatto economico e soprattutto ambientale dei sabotaggi di Nord Stream 1 e 2.
Gli 80-100 milioni di metano finora emessi nell'atmosfera non sono una tantum, ma un grave contributo all'aggravamento dell'effetto serra, quindi un vulnus all'ecosistema globale di carattere permanente.
Un vulnus in cui tutti siamo ferocemente aggrediti dalla guerra, perché la nostra specie, parte dell'unico sistema vivente, non può sopravvivere pregiudicando la sua base naturale: il "Creato", per i quali i cristiani devono sentire una particolare responsabilità di custodia, affidata dal Creatore stesso.
Si comprende l'esigenza dei lettori che si lavori il più possibile con numeri e tabelle ufficiali.
Cosa che mi riprometto di fare, preparando quanto prima un dossier che deve accompagnare NON SIAMO IN GUERRA - NON PAGHIAMO.
Aggiorneremo la mostra sull'energia che già abbiamo esposto in piazza il 26 settembre, Petrov Day, a Milano, in piazzale  Stazione di Porta Genova.
Come anticipo per questo lavoro propongo per l'intanto una tabella di Confindustria da cui si evince che c'è una turbolenza dei prezzi anteguerra (settembre e gennaio 2021), ma sicuramente l'invasione di Putin segna un salto...

(tabella da inserire)

La crisi vista dal punto di vista della cittadinanza che subisce aumenti delle bollette comincia ad assumere toni drammatici e iniziano le manifestazioni di protesta. A Napoli e a Bologna dei comitati hanno inscenato dei falò simbolici.
C’è stata una manifestazione a Torino di 200 persone davanti alla sede Iren. Allo sportello sono stati riconsegnati i moduli di reclamo e di autosospensione dal pagamento delle bollette di teleriscaldamento. Da lunedì sono previste altre manifestazioni. L’’Usb ha annunciato sit-in tutto il paese in occasione della «giornata internazionale di lotta alla crisi e al carovita. ll sindacato depositerà alla procura di Roma una denuncia «contro tutte le condotte poste in essere
dalle società che commerciano gas, energia elettrica e prodotti petroliferi ai danni della collettività».
Ma la soluzione al problema specifico è a portata di mano e ce la dà la brutta, sporca e cattiva Ungheria: parliamo con Putin (lo può fare il nuovo governo Meloni) e semplicemente ribadiamo che si comprerà da GAZPROM la stessa quantità di gas allo stesso prezzo di prima...
Poi c'è l'eventuale aggiunta ecopacifista che faremmo se fossimo a capo di un governo rosso-verde formato da rappresentanti concreti (e non da pragmatici opportunisti come in Germania):
Siccome,  contro la cultura del nemico, consideriamo l’energia “terreno di cooperazione tra i popoli", ti proponiamo di continuare a venderci la medesima quantità di petrolio e gas allo stesso prezzo che facevi prima. Poiché siamo intenzionati a rispettare gli accordi di Parigi sul clima che tutto il mondo, compresa la tua Russia, ha firmato, è ovvio che, perseguendo l’obiettivo della decarbonizzazione, usciremo dai combustibili fossili e quindi ne consumeremo sempre di meno. I soldi che dovremmo risparmiare per questo minor consumo tendente allo zero li mettiamo in un fondo per aiutare voi ed insieme gli ucraini a decarbonizzare, come avete deciso nelle varie COP che discutono come attuare Parigi. Quello che ti proponiamo è, per l’intanto su questo aspetto, di lavorare insieme (insieme anche agli ucraini) per fare la pace con la Natura, il compito principale della intera Umanità oggi, per salvare l’ecosistema terrestre che sta bruciando. Il lavoro comune per la decarbonizzazione contribuirà allo sviluppo della pace tra gli uomini, di una comunità mondiale che pratichi la fratellanza/sorellanza: impariamo a percorrere il cammino della nonviolenza laddove le attività militari devono diventare tabù”.
(Dall'appello NON SIAMO IN GUERRA, NO SANZIONI)

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