DOPO IL FALLIMENTO DEL TNP
LA RIBELLIONE ANTINUCLEARE DEGLI STATI DEVE ORA DIVENTARE DECISA E RADICALE
CONTINUANDO AD ALLARGARE LE ADESIONI AL TPNW, BISOGNA IMPORRE IL NO FIRST USE RICORRENDO A STRUMENTI DI PRESSIONE FORTI
Un primo commento dei Disarmisti esigenti
Il testo è anche la base per una bozza per articoli che si stanno preparando allo scopo di diffonderli mediante la stampa sensibile
Altra informazione importante: sul bilancio della Decima RevCon si terrà un incontro online introdotto da Alfonso Navarra. Martedì 30 agosto dalle ore 18:00 alle 20:00. Ecco il link per partecipare:
meet.google.com/rry-ykxv-bgt
Milano 27 agosto 2022
VERSIONE SINTETICA DEL COMMENTO
La decima conferenza di Revisione del TNP (Trattato di Non Proliferazione) si è conclusa, il 26 agosto 2022, a New York dopo 4 settimane di lavoro alle 23.30 ora locale, 5.30 in Italia (del 27 agosto), senza trovare l'accordo su un documento condiviso (come accadde nella nona conferenza del 2015). Parliamo a ragion veduta di fallimento a fronte della corsa agli armamenti nucleari che sta ripartendo e delle minacce di uso dei missili che si stanno di nuovo aggravando anche grazie alla "Guerra Grande" che è scoppiata tra Russia e NATO sul territorio ucraino. La "modernizzazione" degli ordigni nucleari in corso da due decenni ha sempre più affidato il controllo di queste armi a sistemi automatici con la erronea convinzione che la tecnologia possa evitare gli errori umani. Il rischio di guerra nucleare per errore va quindi ben al di là degli eventuali impegni formali a non usarle e per questo motivo occorre creare condizioni materiali concrete onde scongiurarlo. L'impegno al No First Use - NFU dovrebbe, a questo scopo, tradursi nella "deallertizzazione delle testate" separandole dai vettori sotto controllo AIEA. Da 52 anni dieci Conferenze di Revisione sono fallite per il rifiuto delle potenze nucleari di ottemperare agli obblighi dell'articolo VI del TNP a indire "trattative in buona fede" per il disarmo completo: l'unica prospettiva che può risolvere il problema della sicurezza umana e del Pianeta. Un passo minimo in questo senso potrebbe essere proprio il No First Use, ma le potenze nucleari, con la sola eccezione della Cina, da questo orecchio sembrano non volerci proprio sentire. Ecco da dove nasce la ribellione del "percorso umanitario", il Trattato che proibisce anche il solo possesso delle armi nucleari, che - adottato nel 2017 e valido per i 66 attuali Stati ratificanti - a Vienna in giugno ha tenuto a battesimo il suo primo Riesame, e che a New York si è fatto sentire con forza: 145 Stati hanno firmato e presentato una Dichiarazione promossa dal Costarica volendo sottolineare che TNP e TPNW sono "complementari".
In questa decima conferenza ha rubato la scena la denuncia dei rischi che siano le centrali nucleari per usi civili ad essere bombardate: ovviamente il riferimento è alla centrale di Zaporizja occupata dai russi. Comunque sia, la guerra in Ucraina è entrata a gamba tesa nei lavori della conferenza ‒ ai quali nell'ultima settimana erano esclusi i rappresentanti della società civile, introducendo un tema prettamente geopolitico: così la Russia si è espressa contro il consenso al documento finale "irricevibile" rifiutando la riconsegna dell'impianto elettronucleare "alla competente autorità ucraina".
In questa Conferenza si è persa l'occasione per affermare alcuni punti importanti: la bozza del documento finale avrebbe infatti espresso profonda preoccupazione "per il fatto che la minaccia dell'uso di armi nucleari oggi è più alta che mai dal culmine della Guerra Fredda e per il deteriorato ambiente della sicurezza internazionale", e avrebbe anche impegnato gli stati aderenti al trattato "a compiere ogni sforzo per garantire che le armi nucleari non vengano mai più utilizzate": il no-first-use era in qualche modo ventilato, anche se non esplicitamente contemplato come nel primo draft proposto alla conferenza da due commissioni di lavoro.
La Cina andrebbe seguita con particolare attenzione perché - a differenza di USA, Regno Unito, Francia e Russia - ha ribadito il suo impegno a non utilizzare le sue armi nucleari per prima, appunto il «No First Use» .
Altro elemento di rottura del blocco nuclearista su cui sarebbe possibile lavorare è la Germania, uno dei dei maggiori membri della NATO: per voce del suo Ministro degli Affari Esteri, Annalena Baerbock, ha lanciato un appello agli Stati dotati di armi nucleari perché adottino misure di disarmo "credibili".
Noi, tra i membri italiani di ICAN, riteniamo che in ICAN internazionale sia necessaria una maturazione strategica della quale, nonostante tutto, degli elementi sono stati comunque anticipati a New York. Si impongono all’organizzazione delle domande di fronte ai bivi che si sono aperti per l’iniziativa politica.
Aumentare gli Stati ratificanti il TPNW va bene, ma la proibizione giuridica, valida per alcuni (i firmatari del TPNW), onde possa diventare eliminazione degli ordigni per tutti, ha bisogno, da parte di ICAN, di una strategia più complessiva e complessa, che rompa il fronte nuclearista non su questioni di potenza, ad esempio facendo leva sulla diversità cinese cui si accennava, e faccia emergere un minimo comune denominatore che porti a risultati concreti nel senso di indebolire e possibilmente togliere i presupposti tecnico-fattuali di una guerra nucleare per incidente o per errore. L’articolo VI va implementato - ci sembra importante ribadirlo - attraverso il passo indispensabile e necessario del No First Use - NFU.
E da parte degli Stati non nucleari, visto che si è manifestata questa volontà di ribellione ad un ordine giuridico ormai non più condiviso, va finalmente preso in considerazione, nella cassetta degli attrezzi diplomatici cui fare ricorso, l’analogo dello sciopero quando si aprono le vertenze sindacali: la sospensione dell’adesione al TNP.
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VERSIONE COMPLETA DEL TESTO
Un fallimento quasi annunciato. È appena terminata – alle ore 23:30 del fuso orario di New York del 26 agosto, 5:30 di quello di Roma (del 27 agosto) - senza nessun documento finale, come nel 2010 e nel 2015, la Conferenza di revisione (RevCon) del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, che si tiene ogni cinque anni (NPT sigla in inglese, TNP in italiano). Stavolta l’esito negativo dell’incontro è caratterizzato non dalla questione mediorientale, al centro delle RevCon del 2015 e della Conferenza preparatoria del 2019, ma da due fattori nuovi.
Il primo è quello all’origine del blocco ufficiale da parte della Russia del progetto di 35 pagine preparato dalla presidenza argentina, cioè la guerra in Ucraina e la tendenza degli Stati occidentali a mettere Putin sul banco degli imputati per l’aggressione a uno Stato sovrano.
Il secondo, su cui ci soffermeremo maggiormente, è lo scontro tra potenze nucleari (NWS) e Stati non nucleari (NNWS), questi ultimi per lo più aggregati nel “percorso umanitario”, sorretto dalla società civile internazionale organizzata nella rete ICAN (Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari).
Ventisei giorni di incontri, discussioni, negoziati dal 1° agosto, non sono stati sufficienti a portare all’approvazione della bozza predisposta dal presidente della conferenza, l’ambasciatore argentino Gustavo Zlauvinen, perché il no russo intorno al “nodo Zaporizia” (i combattimenti attorno alla più grande centrale nucleare in Europa) è stato irrevocabile.
La bozza bocciata esprimeva preoccupazione per le attività militari nei pressi dell’impianto e sottolineava l’importanza di “garantire il controllo da parte delle autorità competenti ucraine”.
Il rappresentante di Mosca, Vasilij Nebenzya, ha giudicato questa istanza “irricevibile”, un pretesto dietro il quale si sarebbero nascoste “ragioni spudoratamente politiche”.
Durante la seduta conclusive di venerdì, la Francia ha rilasciato una dichiarazione congiunta a nome di 55 Stati (questa volta l'Italia si è accodata) e dell'Unione europea che ha condannato la guerra della Russia contro l'Ucraina e deplorato le sue minacce nucleari e il suo sequestro delle centrali nucleari ucraine. Non si può negare che l'invasione russa dell'Ucraina, le sue minacce di usare armi nucleari, la sua decisione di aumentare lo status di allerta delle sue forze nucleari e la sua occupazione delle centrali nucleari ucraine sono in contrasto con i suoi obblighi del TNP e hanno gravemente influito sulla credibilità del Trattato e sul lavoro di questa Conferenza di revisione. Ma, a nostro parere, la Russia non è stata la sola a far deragliare questa Conferenza.
Il mondo avrebbe necessità di adottare meccanismi condivisi per scongiurare la catastrofe atomica, intrecciata con la crisi climatica invece prevale, sequestrando i lavori, la diatriba tra Russia e NATO sui confini tra imperi declinanti e imperi sognati e va a fare incagliare tutto!
Questa debacle è una notizia molto inquietante per le speranze di sopravvivenza dell’Umanità, perché il rischio nucleare ignorato e non arginato ha raggiunto livelli altissimi, tanto che, ad esempio, il Doomsday Clock, curato dal Bullettin of the Atomic Scientists, sta segnando 100 secondi dall’Apocalisse (come neanche nel 1983 con il caso del colonnello sovietico Petrov che salvò il mondo da uno scambio nucleare provocato da un falso allarme dei computer)!
Appuntamento con scadenza quinquennale dal 1970 (rinviato al 2022 causa Covid), questo Riesame del TNP (o NPT in inglese), giunto alla decima edizione, svoltosi a New York al Palazzo di Vetro dall’1 al 26 agosto, è stato il primo dopo l’entrata in vigore, nel gennaio 2021, del Trattato di proibizione delle armi nucleari –TPNW (sigla in inglese), espressione della citata “Iniziativa umanitaria”, appoggiata da ICAN. L’incontro è arrivato in un momento drammatico nel contesto della sicurezza globale (il pensiero corre ancora alla guerra in Ucraina), aggravato dal rilancio della corsa agli armamenti nucleari.
La Russia ha ripetutamente brandito l’impiego del nucleare tattico legato alla guerra in Ucraina, la Cina ha iniziato un'espansione senza precedenti del suo arsenale nucleare, gli Stati Uniti hanno proseguito gli imponenti piani per modernizzare e digitalizzare le loro forze nucleari. La Corea del Nord continua a fare provocazioni nucleari e la rottura del Piano d'azione congiunto globale (JCPOA) ha portato l'Iran ad arricchire quasi tutto l'uranio di cui avrà bisogno per una Bomba.
Gli armamentari nucleari, ridotti quantitativamente (siamo, secondo le stime del SIPRI di Stoccolma, sulle 12.000 testate circa, il 90 per cento possedute dalla Russia e dagli Stati Uniti, di cui 2.000 in stato di allerta permanente) ma molto più sofisticati rispetto ai tempi della Guerra fredda tra USA e URSS. Questi sistemi d’arma, affidandosi sempre più all’intelligenza artificiale, sono diventati sempre più letali, insicuri e pericolosi. Ed oggi sappiamo che una guerra nucleare su scala relativamente piccola, ad esempio uno scambio di 50 testate per parte tra India e Pakistan, provocherebbe una catastrofe perlomeno continentale nella forma di un inverno nucleare, che farebbe un paio di miliardi di morti nell’arco di una ventina di anni. Uno scambio di missili più consistente, ma sempre relativamente contenuto, causerebbe un calo medio delle temperature di circa 10°C in tutto il mondo, e potrebbe uccidere la maggior parte dell'umanità in 10 anni.
Proiettato a parole verso un mondo libero dalle armi nucleari, il trattato di non proliferazione con l’articolo VI richiede agli Stati dotati di armi nucleari P5– Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti, coincidenti con i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU– di perseguire il disarmo "in buona fede"; e proibisce loro di trasferire armi nucleari o tecnologia associata a Stati non dotati di armi nucleari (NNWS). Il trattato proibisce inoltre agli NNWS di perseguire con qualsiasi mezzo armi nucleari codificando il diritto di tutti gli Stati parti di perseguire usi pacifici dell'energia nucleare sotto un sistema di salvaguardie e controlli amministrato dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica (IAEA).
Allo stato attuale, ci sono solo quattro stati al di fuori dei vincoli del TNP che hanno armi nucleari: India, Pakistan, Corea del Nord e, secondo quanto fa trasparire lo stesso Stato ebraico (ed il caso Vanunu ha dimostrato), Israele.
Molti degli accordi sul controllo degli armamenti che integrano il TNP sono crollati dall'ultima RevCon nel 2015. Questa tendenza costituisce una seria minaccia per il regime del TNP, inteso come presunto ordine nucleare globale. Nel 2019, gli Stati Uniti sotto la presidenza Trump si sono ritirati dal trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio (INF) accampando le violazioni russe del trattato e la necessità di coinvolgere la Cina negli accordi. In un’altra mazzata agli sforzi di controllo degli armamenti, gli Stati Uniti e la Russia si sono ritirati dal Trattato di rafforzamento della fiducia sui cieli aperti che aveva permesso alle parti (Stati Uniti, Russia, 31 paesi europei e Canada) di effettuare voli di sorveglianza aerea disarmati sul territorio dell'altro. È fallito anche il Trattato sulle forze convenzionali in Europa, che cercava di ridurre la possibilità di grandi operazioni offensive nel continente limitando ugualmente i principali armamenti per i membri della NATO e del Patto di Varsavia (sciolto dal 1991).
Le esplicite minacce nucleari russe hanno più recentemente innescato la preoccupazione che la Russia possa schierare una piccola arma nucleare tattica per ottenere successi nella guerra in Ucraina e scoraggiare l'interferenza occidentale. Queste minacce stanno già minando il tabù culturale contro l'uso nucleare che ha prevalso dalla Seconda guerra mondiale – ma la decisione di usare una bomba atomica tattica sarebbe catastrofica: nulla esclude l’escalation verso un conflitto più ampio, fino allo scontro nucleare totale. Il nuovo Trattato START- l’ultimo vincolo rimasto sulle testate nucleari strategiche statunitensi e russe e sui vettori di consegna – scadrà nel 2026. Il dialogo USA-Russia su un possibile accordo successore è stato sospeso sulla scia dell'invasione russa dell'Ucraina, con poche indicazioni che le discussioni riprenderanno nel prossimo futuro.
Nel frattempo, la Corea del Nord e l'Iran continuano a presentare grandi minacce al regime di non proliferazione.
Destano preoccupazione anche le crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina. La Cina sta espandendo il suo arsenale nucleare a un ritmo vertiginoso e, secondo le previsioni del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, triplicherà circa le sue scorte di testate nucleari entro il 2030. In risposta alla minaccia percepita dalla Cina, gli Stati Uniti hanno cercato di consolidare la loro presenza nell'Asia-Pacifico, anche attraverso il patto di sicurezza AUKUS del 2021 in base al quale gli Stati Uniti e il Regno Unito forniranno all'Australia sottomarini a propulsione nucleare.
Tensioni tra Stati nuclearmente armati - NWS e Stati non nuclearmente armati -NNWS
Il rilancio in atto della corsa agli armamenti nucleari, ed il suo carattere estremamente pericoloso, spiega perché, dopo 50 anni di promesse non mantenute da parte delle potenze nucleari rispetto all’articolo VI del TNP (quello del disarmo da perseguire), lasciato senza attuazione, è esplosa a New York l’insofferenza degli Stati non nucleari NNWS: questo ha contribuito significativamente al non risultato finale (mentre nei riesami precedenti il fallimento era imputabile alla questione israeliana e al rifiuto di Tel Aviv di aderire alla decisione di creare una zona denuclearizzata del Medio Oriente).
La ribellione degli Stati non nucleari, che covava da anni, ha trovato, come si è detto più volte, uno sbocco nel “percorso umanitario” – la presa d’atto della incompatibilità della deterrenza con i principi del diritto umanitario – ed è confluita nel Trattato di proibizione delle armi nucleari - TPNW, che, adottato in una Conferenza ONU del 2017, entrato in vigore nel gennaio 2021, proibisce in modo completo tutte le attività di armi nucleari per tutti gli Stati parti (si badi bene: solo per gli Stati parti), includendo i divieti di test, stoccaggio, minaccia di uso o dispiegamento di armi nucleari sul territorio nazionale.
Da Vienna il TNPW, riunitosi per il suo primo Riesame nel giugno 2022, per il tramite del presidente austriaco Alexander Kmentt, aveva fatto pervenire con nuova forza a New York la richiesta di complementarità tra il nuovo trattato “proibizionista” e il TNP: il nuovo ordine legale nascente cerca il compromesso con il vecchio regime.
Con 86 Stati firmatari e 66 Stati parti ratificanti, il TPNW ha tutto sommato un notevole supporto numerico ma sconta la ovvia non adesione delle potenze nucleari, nonché di tutti gli alleati della NATO e degli alleati degli Stati Uniti in Asia. Alla conferenza di Vienna si è avviato un interessante dialogo tra gli Stati non nucleari e gli Stati della condivisione nucleare NATO (Germania, Olanda, Belgio, non l’Italia), presenti in qualità di “osservatori”.
Possiamo però affermare, alla luce del non risultato di New York, che non c’è stata risposta da parte di tutte le potenze nucleari alle preoccupazioni, ribadite dall’incontro di Vienna di riesame del TPNW, per le conseguenze umanitarie dell'uso di armi nucleari e la mancanza di progressi sul disarmo nucleare.
Ma lo scontro tra Stati nucleari e Stati non nucleari stavolta è stato più duro del solito. Si è arrivati su questo punto, durante i lavori al Palazzo di Vetro, a un atto politico di importanza non trascurabile: la dichiarazione di 145 Stati (Italia come sempre assente), promossa dal Costarica, che partendo dall’impatto umanitario della deterrenza, considerato appunto inaccettabile, è arrivata a sollevare la questione del Non Primo Uso – NFU: "È nell'interesse della sopravvivenza stessa dell'umanità che le armi nucleari non vengano mai più utilizzate, in nessuna circostanza". (Il documento è reperibile al link: https://reachingcriticalwill.org/images/documents/Disarmament-fora/npt/revcon2022/statements/22Aug_HINW.pdf).
Anche gli Stati parti e i firmatari del TPNW hanno rilasciato una dichiarazione congiunta durante il dibattito finale venerdì 26 agosto. Hanno ribadito il loro sostegno al TNP e alla sua piena attuazione, ma hanno anche espresso sgomento per il fatto che i rischi dell'uso di armi nucleari sono stati usati in questa Conferenza come motivo per lavorare "contro i progressi urgentemente necessari sul disarmo nucleare e per sostenere un approccio alla sicurezza basato sulla fallacia della deterrenza nucleare".
(Si vada al link: https://reachingcriticalwill.org/images/documents/Disarmament-fora/npt/revcon2022/statements/26Aug_TPNW.pdf)
Le potenze nucleari hanno tutte, seppure con declinazioni e accenti diversi, in particolare da parte della Cina, più aperturista e mediatoria, criticato il TPNW per aver ignorato le realtà dell'ambiente di sicurezza internazionale ed evitato, dal loro punto di vista, le sfide pratiche associate al disarmo troppo rapido, comprendenti le annose questioni di verifica sullo smantellamento delle testate. Il dibattito su se e come fare riferimento all'entrata in vigore del TPNW in un documento finale al RevCon ha risentito dell’ostruzionismo manifestato dalle potenze nucleari e – dobbiamo anche dirlo – forse dell’incapacità dei NNWS di lavorare con intelligenza sulle loro divisioni.
La Cina va seguita con particolare attenzione perché - a differenza di USA, Regno Unito, Francia e Russia - ha ribadito il suo impegno a non utilizzare le sue armi nucleari per prima, il «No First Use» .
Altro elemento di rottura del blocco nuclearista su cui poter lavorare è la Germania, uno dei dei maggiori membri della NATO: per voce del suo Ministro degli Affari Esteri, Annalena Baerbock, ha lanciato un appello agli Stati dotati di armi nucleari perché adottino misure di disarmo "credibili".
ICAN, la rete globale della società civile di circa 600 organizzazioni, insignita nel 2017 del premio Nobel per la pace, che annovera come membri in Italia, tra gli altri, i Disarmisti esigenti, la WILPF, Mondo senza guerre e senza violenza, non ha affatto incoraggiato e spronato gli Stati nucleari in questa direzione. Nella visione del gruppo dirigente attuale, sembra si coltivi una sorta di autosufficienza del percorso umanitario, cui basterebbe un incremento lineare per ottenere il suo scopo disarmista finale. Attualmente siamo a 66 Stati ratificanti, non resterebbe che lavorare perché diventino 67, poi 68, poi 69, e così via, fino a raggiungere, in questa visione, la totalità degli attori statali, i 193 membri dell’ONU.
Nei comunicati della dirigenza di ICAN appare evidente come il percorso umanitario venga adesso presentato come parallelo e alternativo rispetto a quello del TNP:
“Il documento finale del TNP è stato negoziato a porte chiuse senza il contributo della società civile e senza la partecipazione della maggior parte delle parti del trattato. Gli stati dotati di armi nucleari e i loro stati alleati dipendenti dalle armi nucleari (per lo più europei) erano sovrarappresentati e le regioni africane, latinoamericane e di altro tipo sono state messe da parte.
Al contrario, il piano d'azione di Vienna, adottato nel giugno 2022, (al riesame del TPNW - ndr), comprende 50 azioni fondamentali per promuovere il disarmo e portare avanti impegni rivoluzionari per aiutare le vittime dell'uso e dei test di armi nucleari e ripulire l'ambiente. È stato l'incontro più inclusivo di sempre sulle armi nucleari e ha concordato un'azione progressiva su genere e disarmo".
Vi è stato però un momento nella conferenza in cui Beatrice Fihn, la direttrice esecutiva di ICAN, ha lanciato una sollecitazione ai membri ICAN perché premessero sui rispettivi governi: si trattava di sostenere le affermazioni di due commissioni preparatorie a favore del No First Use.
In Italia abbiamo subito colto la palla al balzo e abbiamo infatti scritto una lettera, firmata da Navarra, Sani e Zanotelli, a Maurizio Massari, l'ambasciatore capo della delegazione italiana presso l'ONU, e per conoscenza al Ministro degli Esteri Luigi di Maio, già firmatario dell'ICAN Pledge, che è stata pubblicata su il Manifesto, rinvenibile al seguente link:
https://ilmanifesto.it/lettere/al-tnp-un-passo-per-escludere-il-primo-uso-nucleare-dalla-deterrenza
Cosa fare adesso adesso di fronte al fallimento sostanziale della Conferenza? Noi, tra i membri italiani di ICAN, riteniamo che in ICAN internazionale sia necessaria una maturazione strategica della quale, nonostante tutto, degli elementi sono stati comunque anticipati a New York. Si impongono all’organizzazione delle domande di fronte ai bivi che si sono aperti per l’iniziativa politica.
Dobbiamo imboccare questa strada del percorso umanitario come autosufficiente e parallelo in nome di una ribellione oltretutto portata avanti solo a metà nella misura in cui in partenza si rinuncia agli strumenti di pressione più efficaci?
Oppure, nello spirito di non demordere e continuare a lavorare dal basso contro il rischio nucleare (che va presentato e contrastato nel suo intreccio con il rischio climatico ed ecologico), il proibizionismo antinucleare va coniugato con una “riduzione del danno” che guadagni del tempo prezioso per evitare letteralmente la “fine del mondo”?
Aumentare gli Stati ratificanti il TPNW va bene, ma la proibizione giuridica valida per alcuni onde possa diventare eliminazione degli ordigni per tutti ha bisogno, da parte di ICAN, di una strategia più complessiva e complessa, che rompa il fronte nuclearista non su questioni di potenza, ad esempio facendo leva sulla diversità cinese, e faccia emergere un minimo comune denominatore che porti a risultati concreti nel senso di indebolire e possibilmente togliere i presupposti tecnico-fattuali di una guerra nucleare per incidente o per errore. L’articolo VI va implementato attraverso il passo del No First Use - NFU che deve condurre ad accordi sulla “deallertizzazione dei missili" con la separazione fisica delle testate dai vettori.
E da parte degli Stati non nucleari, visto che si è manifestata questa volontà di ribellione ad un ordine giuridico ormai non più condiviso, va finalmente preso in considerazione, nella cassetta degli attrezzi diplomatici cui fare ricorso, l’analogo dello sciopero quando si aprono le vertenze sindacali: la sospensione dell’adesione al TNP.
Ecco l’idea che circola tra gli Stati non nucleari più combattivi e la questione che, come antinucleari italiani, poniamo sul tappeto della riflessione collettiva del movimento. In virtù dei solenni impegni presi a New York possiamo chiederci e chiedere cosa aspettano i 145 Stati che hanno sottoscritto la dichiarazione del Costarica (o almeno i 66 della Dichiarazione di Vienna) a fare un discorso chiaro alle potenze nucleari?
“Cari P5, mettetevi d’accordo subito sul No first use. E questo deve significare la deallertizzazione immediata delle testate. Creare in questo e in qualche modo le condizioni tecniche per evitare almeno la guerra nucleare per errore significa anche che tutti i vostri piani di ammodernamento vanno bloccati. Non si deve spendere un solo centesimo per nuove armi nucleari e per l’inserimento della deterrenza in ambienti di intelligenza artificiale. O adottate subito queste decisioni e siete ad esse conseguenti oppure prendiamo atto che il monopolio legale delle armi nucleari che vi siete garantiti con il TNP è solo un grosso imbroglio. E noi non continueremo a tenere il sacco a questa violazione del diritto internazionale. O cominciate a porre rimedio o facciamo saltare il banco che si disvela gestito da bari. Per l’intanto vi annunciamo che sospendiamo la nostra adesione al TNP, nell’attesa che vi diate una smossa. Nel vostro stesso interesse, perché le prime vittime di una guerra nucleare sareste proprio voi”.
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NPT News in Review, Vol. 17, No. 10
Editoriale: Il mostruoso gioco dell'annientamento nucleare
27 agosto 2022
Ray Acheson - Reaching Critical Will
(Estratto dall'editoriale del Bollettino informativo di Reaching Critical Will)
(...)
Mostro mash
Il risultato non adottato di questa decima conferenza di revisione del TNP è forse meglio descritto come la creatura di Frankenstein, realizzata dalle parti del corpo dei cadaveri e rianimata attraverso un processo sconosciuto che trasforma la materia inanimata in (un po') tessuto vivente. Il rifiuto degli stati dotati di armi nucleari di attuare le disposizioni sul disarmo del TNP sta probabilmente trasformando il trattato stesso in uno zombie, una cosa non morta che continua a muoversi, deteriorandosi sempre di più man mano che gli stati dotati di armi nucleari non riescono ad attuarlo, mettendo tutti in costante pericolo. Si potrebbe anche sostenere che è più simile al prezioso anello di Gollum, che ha prolungato la sua vita ben oltre i limiti naturali e ha distorto il suo corpo e la sua mente fino a quando "ha amato e odiato [l'Anello], come amava e odiava se stesso"?
Qualunque metafora mostruosa si preferisca, e indipendentemente dal fatto che non sia stata adottata, la bozza di risultato di questa Conferenza di revisione è una pericolosa delusione.
Non era un accordo che avrebbe salvato l'umanità. Non era un riflesso del mondo in cui viviamo. Non conteneva alcuna ambizione di affrontare le "gravi preoccupazioni" espresse ripetutamente nel documento: circa gli impatti catastrofici delle armi nucleari, la mancanza di progressi tangibili sul disarmo nucleare, la corsa agli armamenti in corso e la minaccia nucleare.
La bozza finale conteneva 59 riaffermazioni. A che scopo? Per quanto tempo continueremo a riaffermare cose che gli stati dotati di armi nucleari e i loro alleati favorevoli al nucleare sembrano intenzionati a violare anno dopo anno? È questo il punto di un ciclo di revisione quinquennale: riaffermare gli impegni di cinque, dieci, venti anni fa? Se ogni Conferenza di revisione è semplicemente una riaffermazione dell'ultima, qual è il senso dell'esercizio? Riaffermiamo ogni volta le riaffermazioni, trascinandoci in una spirale senza senso?
E quali sono le azioni, gli impegni, che vengono presi in questo documento in relazione al disarmo nucleare? Ci si riferisce solo ad accordi di incontri per parlare di ulteriori colloqui. Questo non conta come "ogni sforzo", come stabilito nell'articolo VI. Questo non conta come azione.
Cosa richiede il mantenimento del multilateralismo
Il Sudafrica ha avvertito che il fallimento di questa Conferenza di revisione, dopo il fallimento del 2015, è un duro promemoria sui tempi lunghi che gli stati dotati di armi nucleari sono disposti ad attraversare per continuare a possedere armi nucleari. Ha accusato questi stati e i loro alleati sostenitori del nucleare di mettere i propri interessi egoistici al di sopra del benessere collettivo del mondo. "Affidarsi alla deterrenza nucleare alla fine della giornata significa la disponibilità a infliggere conseguenze catastrofiche globali anche a stati e popolazioni che hanno poco a che fare e non sono responsabili delle tensioni geopolitiche", ha detto l'Austria. "Questo è inaccettabile".
Anche se questo documento fosse stato adottato per consenso, ma cosa significa consenso in questo contesto? Significa che la stragrande maggioranza dei governi del mondo è stata costretta alla sottomissione dagli stati dotati di armi nucleari e dai loro alleati ancora una volta. La maggior parte dei paesi ha messo gli interessi multilaterali al di sopra dei propri ed era chiaramente disposta a farlo di nuovo qui. Ma a che punto andare avanti per segnalare "la cooperazione collettiva così tanto necessaria in questo momento di incertezza e insicurezza globale", come ha detto la Nuova Zelanda, diventa più sostenibile? A che punto gli Stati parti devono cambiare il modo in cui viene condotto il processo di revisione del TNP o come viene affrontato il mancato rispetto delle sue disposizioni sul disarmo? Come RCW ha scritto in relazione a questo e a molti altri forum sul disarmo, interpretare il consenso come unanimità è pericoloso per l'integrità e l'efficacia di un trattato o di un processo.
Cinquantadue anni dopo l'adozione del TNP le armi nucleari esistono ancora, e gli stati dotati di armi nucleari le stanno chiaramente aggiornando e modernizzando con l'intenzione di un possesso indefinito. Questa situazione non può persistere; altrimenti, stiamo davvero proteggendo lo spirito multilaterale, la sicurezza collettiva o il diritto internazionale – o stiamo solo proteggendo gli stati dotati di armi nucleari, i doppi standard e le disuguaglianze globali?
Trovare la luce e lavorare per il cambiamento
Il fallimento della Conferenza di revisione del TNP del 2015 ha contribuito a dare slancio ai negoziati del TPNW nel 2017. I 122 stati che hanno votato per la sua adozione, e il numero crescente di suoi stati parti e firmatari ora, hanno segnalato la loro intenzione di prendere in mano la situazione. Invece di essere supplicanti davanti agli stati dotati di armi nucleari, quelli che hanno già respinto i miti e i pericoli della deterrenza nucleare hanno creato una nuova legge per promuovere un mondo libero dal nucleare.
Solo pochi mesi fa, hanno adottato una dichiarazione forte e un piano d'azione ambizioso, che la Francia e altri non avrebbero nemmeno permesso di menzionare nel documento finale della Conferenza di revisione del TNP. È qui che si trova chiaramente il lavoro nei prossimi anni. È qui che è possibile costruire un mondo libero dalle armi nucleari e affrontare i danni nucleari passati e in corso.
In un certo senso, ha detto l'Austria, queste ultime quattro settimane sono state una convalida e una promozione per il TPNW. L'Austria ha osservato che le sue delegazioni e quelle di altri sostenitori del TPNW hanno cercato duramente in questa Conferenza di revisione di ottenere progressi nel TNP, "ma vediamo ancora una volta quanto poco è possibile. Lo status quo semplicemente non è un'opzione. Non possiamo prepararci alla catastrofe nucleare. Ciò per cui non possiamo prepararci dobbiamo impedirlo. Non possiamo permetterci di aspettare". In questo contesto, l'Austria ha invitato "tutti gli Stati che vogliono ottenere progressi effettivi sull'articolo VI del TNP ad aderire al TPNW".
Una delle lezioni apprese dal processo per vietare le armi nucleari è che non possiamo guardare alla leadership degli stati dotati di armi nucleari per rendere il mondo più sicuro. Faranno infatti tutto il possibile per impedirlo. Le loro feroci e implacabili obiezioni alla proibizione di un'arma di distruzione di massa mostrano esattamente quale orientamento questi stati hanno verso la pace, la sicurezza e la cura; fare appello alla loro "natura migliore" non sta portando ad alcun progresso reale. La leadership e il coraggio verranno da altrove, come già ha fatto.
Anche gli Stati parti e i firmatari del TPNW hanno rilasciato una dichiarazione congiunta venerdì sera. Hanno ribadito il loro sostegno al TNP e alla sua piena attuazione, ma hanno anche espresso sgomento per il fatto che i rischi dell'uso di armi nucleari sono stati usati in questa Conferenza come motivo per lavorare "contro i progressi urgentemente necessari sul disarmo nucleare e per sostenere un approccio alla sicurezza basato sulla fallacia della deterrenza nucleare". Gli stati TPNW hanno spiegato che mentre non hanno illusioni sulle sfide e gli ostacoli, cercano di andare avanti con ottimismo e determinazione:
Di fronte ai rischi catastrofici posti dalle armi nucleari e nell'interesse della sopravvivenza stessa dell'umanità, non possiamo fare altrimenti. Prenderemo ogni strada che ci è aperta e lavoreremo con insistenza per aprire quelle che sono ancora chiuse. Non ci fermeremo fino a quando l'ultimo stato non si sarà unito al TPNW, l'ultima testata sarà stata irreversibilmente smantellata e distrutta e le armi nucleari non saranno state totalmente eliminate dalla Terra.
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Un prequel dell'ambasciatore Carlo Trezza - su l'Avvenire del 26 luglio 2022
Tutto il possibile per disinnescare il ritornante incubo nucleare (avvenire.it)
Armi nucleari. Tutto il possibile per disinnescare il ritornante incubo nucleare
di Carlo Trezza
Caro direttore, dopo molti rinvii e con due anni di ritardo a causa Covid, si apre lunedì primo di agosto in un clima di incertezza e preoccupazione la grande Conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). I Delegati dei 190 Stati parte affluiranno nella sede delle Nazioni Unite a New York e vi resteranno per quattro intense settimane di lavoro. In vigore da oltre cinquant’anni, il Tnp rimane il principale accordo che disciplina l’intero settore nucleare sia esso civile (centrali nucleari) che militare (armi nucleari). Esso sancisce il «diritto inalienabile » all’energia nucleare, ma proibisce al tempo stesso la diffusione delle armi nucleari.
Questa proibizione non è però totale poiché a cinque Stati (Cina, Francia, Regno Unito, Russia, Stati Uniti) viene concesso di detenere l’arma nucleare. La principale forza di questo Trattato consiste nel fatto che vi ha aderito la stragrande maggioranza degli Stati inclusi 5 Paesi nucleari. Tra i pochissimi che non vi aderiscono figurano, però, alcuni Paesi dotati dell’arma nucleare: India, Israele, Pakistan e Corea del Nord. Il Tnp è riuscito a sopravvivere per oltre 50 anni durante i quali è stato il principale baluardo contro la diffusione delle armi nucleari nel mondo. Negli ultimi anni, il Tnp si è andato progressivamente erodendo a causa dell’applicazione, ritenuta insoddisfacente, del suo articolo 6 che prevede l’impegno degli Stati a negoziare in un tempo ravvicinato «una cessazione della corsa agli armamenti nucleare (…) e il disarmo nucleare». Nella realtà, lungi dall’effettuare passi in avanti, si sono fatti di recente soprattutto passi indietro.
Durante la presidenza Trump, l’America ha mandato all’aria vari importanti Trattati di controllo e riduzione degli armamenti inclusi quelli nucleari permettendo anche alla Russia di sottrarsi alla loro applicazione. Oggi la guerra in Ucraina pone ulteriormente a rischio il Trattato. La Russia, una potenza nucleare, sta letteralmente 'divorando' un Paese non nucleare, membro del Tnp che ne rispetta pienamente le disposizioni. Nel 1994 l’Ucraina aveva rinunciato all’arma atomica proprio in cambio della garanzia scritta e firmata da parte di Mosca di «rinunciare alla minaccia o all’uso della forza contro l’integrità territoriale e l’indipendenza politica dell’Ucraina». Un vulnus che terrorizza ora molti altri Stati e che rischia di indurli a rivedere la loro decisione di rinunciare all’arma nucleare. Non è un mistero che forze politiche in Paesi come la Corea del Sud e il Giappone si vanno avvicinando a tale opzione. Sarebbe la fine del Tnp ed il ritorno alla legge della giungla. La frustrazione provocata dai mancati progressi sul fronte del disarmo ha indotto vari Paesi a lanciare, nel 2017, un’iniziativa più audace: quella di un Trattato sulla proibizione totale dell’arma nucleare (Tpnw) che è entrato in vigore nel gennaio 2021. Quest’ultimo è solo in parte compatibile con il Tnp poiché prevede una proibizione dell’arma nucleare senza eccezioni. Il possesso non ne è consentito neppure ai cinque Stati nucleari previsti dal Tnp ed è esplicitamente proibito lo stazionamento di armi nucleari al di fuori del territorio nazionale.
Queste disposizioni sono problematiche per i Paesi Nato perché incompatibili con la dottrina strategica dell’Alleanza che non esclude, in circostanze eccezionali, anche l’impiego dell’arma nucleare. Per la prima volta la Conferenza Tnp si dovrà quindi confrontare con la realtà di un nuovo Trattato 'concorrente'. Il principale punto debole del Tpnw è che nessuno degli attuali nove Paesi possessori dell’arma atomica vi ha aderito.
Il rapporto tra i due Trattati potrà divenire un punto di possibile frizione durante la prossima conferenza. Il ruolo dell’ambasciatore argentino Gustavo Zlauvinen che presiederà la conferenza è arduo. Sul piano procedurale non sarà facile costruire il consenso di 190 Stati su un documento finale che stabilisca un programma di azione per il prossimo quinquennio. Ma sul piano della sostanza la Conferenza non potrà ignorare gli accresciuti rischi di un conflitto nucleare derivanti dalla guerra in Ucraina. I dirigenti russi continuano a minacciare ormai apertamente un possibile impiego dell’arma nucleare non solo contro i paesi Nato, ma anche nei confronti dell’Ucraina che, non essendo membro di un’alleanza nucleare, appartiene alla categoria di Paesi contro cui la Russia si era impegnata, proprio nel contesto del Tnp, a non impiegare tale arma. La Conferenza, cui sarebbe auspicabile una partecipazione italiana a livello politico nonostante l’attuale crisi, non potrà che impostare i suoi lavori sui tre tradizionali pilastri su cui poggia il Trattato (usi pacifici dell’energia nucleare, non proliferazione, disarmo). Ma l’immediatezza impone di allontanare anzitutto il rischio di una guerra nucleare che può scatenarsi per volontà umana, per errore o per incidente. A New York si dovrà pertanto affrontare in via prioritaria e far recepire nel documento finale la questione della proibizione dell’uso e della minaccia dell’uso dell’arma nucleare o quanto meno l’interdizione del suo primo uso, un concetto quest’ultimo, che già trova un significativo livello di accettazione anche presso alcuni Stati nucleari.
Ambasciatore, già presidente della Conferenza sul Disarmo a Ginevra