LIMES 6-22 è dedicato alla guerra russo-americana.
L’editoriale di Lucio Caracciolo è intitolato “Oremus”.
Eccone i passi salienti (a giudizio del sottoscritto). Che non condivide nella maniera più assoluta la logica del suo ragionamento: collocarsi, come italiani, in piena consapevolezza nel blocco occidentale, facendo la nostra parte nella guerra globale che è in corso. (Come Italia peseremmo in particolare promuovendo EROQUAD)
La guerra in Ucraina è tra Russia e Stati Uniti. Posta in gioco l’Europa. Vittima sacrificale, il popolo ucraino. Comunque finisca, l’impero europeo dell’America non sarà quello di prima. Se sarà. Né lo sarà la Russia, Se sarà. Vale, di riflesso, per la Cina, preoccupata di non finire dentro tanto duello. Da questo conflitto nascerà un nuovo disordine mondiale. Non un ordine, perché chiunque vinca, o sopravviva, non sarà in grado di riprodurre la Pax Americana. Nemmeno l’America. (…) Il capoclassifica non potrà ostentarsi egemone globale, né forse lo vorrà. Ridurre ad unum questa Babele di otto miliardi di anime è affare di Dio, non di Cesare. (…) Oremus.
Non è terza guerra mondiale. Putin contesta, armi in pugno, il verdetto (della Guerra Fredda – ndr), ma se pure vincesse in Ucraina non potrebbe scalzare gli Stati Uniti dal trono. Ha però tutti i numeri – seimila bombe atomiche – per fare saltare il banco. Se invece prevalessero gli americani, presenterebbero il conto non tanto ai russi, impossibilitati a saldarlo, ma al resto del mondo. A cominciare dai neghittosi “alleati” euroccidentali. (…)
Nel faccia a faccia tra colossi che ridisegnerà il disordine del mondo i pesi medi o leggeri scadono automaticamente di categoria. (L’Europa e l’Italia) devono capire che stanno dentro un conflitto che cambia le nostre vite e stabilire il posto da prendere nella mischia. (…)
La partita sta sfuggendo di mano ai suoi protagonisti. (Ma sia a Washington che a Mosca c’è chi capisce che alla fine bisogna accordarsi).
Il partito della guerra da combattere fino all’ultimo ucraino onde dissanguare la Russia resta però attivo. Certamente tra baltici e polacchi, con robusto supporto britannico. Ma anche a Washington (…).
La guerra limitata fra Russia e America non può trascinarsi a lungo senza rischiare l’incidente o la provocazione capace di volgerla in apocalisse nucleare. Non siamo nei Balcani e nemmeno in Medio Oriente, dove i conflitti si autocontengono perché non decidono delle gerarchie della potenza globale. (Spostare i confini più a Est) significa sbilanciare il mondo. Forse decidere dell’esistenza o meno della Russia. (…)
Nell’ordine che distingue gli obiettivi vitali (rosso), fondamentali (blu) e molto rilevanti (giallo), ecco il catalogo per l’America.
Rosso: preservare e aggiornare il proprio impero europeo.
Per preservarlo è obbligatorio fiaccare, punire ma non distruggere la Russia. Mosca è nemico indispensabile.
Per aggiornarlo urge rivedere forma e senso della NATO. Il braccio militare del Patto Atlantico è mezzo, non fine. (…) Due suoi perni, Germania e Turchia, si svelano intermedi o almeno opportunisti nello scontro con la Russia. Berlino condivide con Parigi e a suo modo Roma il sogno della futuribile Helsinki 2, destinata a reintegrare Mosca nel concerto europeo (che non c’è). Deriva intollerabile. L’America sta perciò costruendo la sua SuperNATO dentro la NATO. O anche senza. Nuova Europa iperatlantica imperniata sulla Polonia, estesa dalla Scandinavia ai baltici, dalla Romania all’Adriatico (Trieste resta scalo strategico).(…)
Blu. Tagliare le connessioni fra Mosca e Berlino.
Obiettivo stampato a lettere di fuoco nella costituzione materiale della NATO originaria (Russians out, Germans down, conseguenza e scopo di Americans in). (..) Il riarmo unilaterale tedesco è considerato dallo Stato profondo a stelle e strisce più antiamericano che antirusso. Contromisura a portata di mano: interrompere l’interdipendenza energetica russo-tedesca.
Giallo. Impedire che la Cina rimetta piede in Ucraina.
(..) La Repubblica popolare è (era?) primo partner commerciale dell’Ucraina, da cui trae enormi carichi di cereali (…) La guerra deve servire all’America anche per stroncare questa relazione pericolosa.
Da tali priorità discende per Washington la rassegnazione alla partizione di fatto dell’Ucraina, tale però da consentirle di sopravvivere e fungere da avanguardia anrirussa (…). Lo statuto di neutralità da concordare con Mosca (e Kiev) sarebbe più formale che sostanziale. (…) La SuperNATO non farà mancare agli ucraini le garanzie militari che si presumono sufficienti a sconsigliare Putin dall’ingaggiare ulteriori operazioni speciali marchiate Z (…).
Segue catalogo russo. Quasi tutto rosso. Perché a differenza dell’America in questa guerra la Russia si gioca tutto.
Rosso. Chiudere la fase post sovietica, incarnata dal mostro geopolitico denominato Federazione Russa, figlio del cadavere dell’URSS. Scopo bellico è archiviare l’infausta parentesi “federale” per inaugurare la nuova fase dell’impero russo prima che questo fatiscente avanzo del disastro bolscevico collassi su se stesso.
(Putin recupera la continuità con l’impero zarista ma intende riadattarlo) alla rivoluzione geopolitica in corso, che si vuole destinata a sconvolgere il monopolio amaricano della potenza. Preludio al mondo policentrico, in cui pochi nuclei di potenza regionali s’alternano a terre di nessuno. (…)
All’insegna del Mondo Russo (RusskiJ Mir) il nuovo impero sarà dotato di tutti i crismi: (…) affiancato, non sottomesso alla Cina. (…)
Quanto all’Europa, vada al diavolo. Letteralmente. Insieme al suo padrone a stelle e strisce
(…) La guerra in corso potrebbe durare anni, forse decenni. A tappe. Impossibile programmarle in dettaglio (…). Alla fine della Grande guerra patriottica 2.0 il risorto Impero Russo tornerà a chiamarsi tale.
Blu. Senza vittoria in Ucraina salta tutto il progetto rosso. Supposto di sventare tale pericolo, cosa significa vincere in questa campagna? (..) L’obiettivo finale resta l’iniziale: Ucraina tota, o quasi. Da conquistare per gradi, scanditi da adeguate pause. (…) La Russia sovietica battezzò l’Ucraina. La Russia putiniana l’assorbirà (…). Mosca non ha fretta…
Giallo. Qui si tratta dell’eventuale espansione dello spazio moscovita oltre l’Ucraina. Primi candidati, i paesi baltici, dove risiedono più o meno corpose minoranze russe. (…) Mar Nero e Mar Baltico devono tornare nella sfera russa o in qualche regime di pacifico condominio (…). Conviene considerare la probabilità che il Fronte Nord si apra prima del previsto (…). L’Unione Sovietica perì in difesa. Senza combattere. Se dovesse seguirla nella tomba, la Federazione Russa lo farà all’attacco.
(…)
Forse non ce ne siamo accorti, ma nello scontro in atto noi (Italia) stiamo con Kiev, che armiamo e finanziamo in misura cospicua. Contro Mosca, che infatti ci bolla “paese ostile”. (…) Se ci sarà da colpire un bersaglio da parte russa (saremo preferiti) perché incapaci di rappresaglia.
A impedirci di rimuovere la guerra è soprattutto la retroazione delle sanzioni antirusse promosse in sede europea e occidentale, per ora più efficaci contro di noi che nei confronti di Mosca. Scontato un autunno-inverno di sofferenze economiche e conflitti sociali, con effetti imprevedibili sulla tenuta delle istituzioni. (…)
Decisiva la partita del gas. Destinata a inasprirsi se i prezzi energetici continueranno ad aggirarsi sui picchi attuali, che permettono alla Russia di finanziare la guerra pur abbattendo le forniture all’Europa. (..)
Su questo gli interessi nostri e quelli americani non coincidono. Per gli Stati Uniti la nostra crisi energetica è il conto da pagare per spezzare l’interdipendenza gasiera fra fornitore russo e marcato europeo. A Washington non lo ammetterebbero nemmeno sotto tortura, ma se per raggiungere questo traguardo toccasse passare per la sconfitta dell’Ucraina e per una pesantissima recessione in Italia, Germania e altri paesi europei, accetterebbero senza esitare. L’essenziale è che tra Russia e Europa atlantica cali impenetrabile il sipario. Roma, come Berlino, non è autorizzata a ondeggiare fra impero russo e americano (…).
Per noi (Italia) la priorità è tenere i piedi in Ucraina (…) dando un contributo alla salvezza dello Stato aggredito sul fronte militare, diplomatico ed economico. (…)
Il capitolo guerra non è per noi. Però smettere l’invio di armi e munizioni significa esclusione automatica dalle partite diplomatiche ed economiche. Quindi geopolitiche. Aiutare vuol dire contare. (…)
L’Italia è stata il primo paese a disegnare una road map per la pace, bozza in quattro punti discussa con americani, tedeschi e francesi. Inattuabile, rivedibile, comunque un punto. (…) L’Euroquad informale in allestimento con Francia, Germania e Spagna (…) è base da cui ripartire per affermare il peso dell’Italia, potenzialmente superiore a quanto noi stessi pensiamo(…).
C’è fretta. Non solo perché i russi avanzano. Lo Stato ucraino è tecnicamente fallito. La moneta locale è in caduta libera (…). L’inflazione avvicina il 20%. Le entrate fiscali tendono allo zero. Il tesoro di Kiev ha bisogno di 5 miliardi di euro al mese per evitare la bancarotta (…).
Imperativo bloccare l’emorragia e aprire la prospettiva della ricostruzione. Intrecciando diplomazia ed economia nella visione geopolitica fondata sulla persistenza di un soggetto ucraino neutrale ma ancorato all’Occidente, probabilmente amputato di almeno un quarto del suo territorio ma affacciato sul mare e connesso al cuore d’Europa. Non vera pace, tregua lunga.
E’ anche gioco di specchi. L’Italia si è battuta per conferire all’Ucraina lo status di candidato all’Unione Europea.(…) (Dobbiamo sfruttare le occasioni di business che si aprono). In filigrana si legge l’obiettivo geopolitico: incardinare l’Ucraina nello spazio europeo. Non è tempo di ponti. Se il tuo paese è tagliato dalla cortina di acciaio, puoi stare da una parte sola e sperare di convivere in freddissima tregua con l’altra. La prossima Helsinki non è per domani , ammesso sia possibile nel futuro lontano (…).
Forse non abbiamo colto che il 24 febbraio è lo spartiacque che bipartisce le nostre vite. Ci tocca l’esercizio che contavamo di poterci risparmiare: ragionare sulla guerra. Per non precipitarci dentro.