FERMIAMO LA GENERALIZZAZIONE DEL CONFLITTO IN UCRAINA. DIFENDIAMO, CON TRATTATIVE E ACCORDI DI PACE, LA SPERANZA DELL'EUROPA TRAINO DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA. COSTRUIAMO LE CONDIZIONI DI UNA CONVIVENZA LOCALE TRA UCRAINI FILOEUROPEI E UCRAINI FILORUSSI.
IL COMMENTO E LE PROPOSTE DI ALFONSO NAVARRA SEGRETARIO DELLA LEGA PER IL DISARMO UNILATERALE SULLA CRISI TRA USA RUSSIA NATO ED EUROPA CHE APRE IL 2022 (Fidenza 26 gennaio 2022 - ancora in fase di bozza da correggere)
Nella crisi ucraina uscire dalla logica di una Guerra fredda rediviva. E costruire le condizioni di una pace anche locale nella sicurezza dei diritti.
Una guerra civile in Ucraina già c'è dal 2014
- Vediamo i pacifisti italiani invocare «MAI PIU’ GUERRA IN EUROPA». Chissà come devono prendere queste parole i parenti dei circa 14.000 morti che hanno insanguinato Kiev e dintorni da quando, nel 2014, dopo la cacciata per rivolte di piazza dell’allora presidente filorusso Janukovic, Mosca si è ripresa invadendola la penisola di Crimea e sostenuto i movimenti separatisti nella regione del Donbass, in Ucraina orientale.
- E questa natura sanguinosa di un conflitto armato in atto da anni andrebbe ricordata a tutte le anime belle che chiedono di «fermare la guerra» magari appendendo di nuovo le bandiere ai balconi. In realtà, data la situazione effettiva, la richiesta più vera e sentita (nel cuore dei pacifisti «specializzati» operanti in Italia) sarebbe quella non, come dovrebbe essere logico e congruo, di fare tornare la pace tra i poveri cittadini dell’ex Repubblica sovietica, ma di non allargare e generalizzare il conflitto armato in corso tra ucraini filorussi e ucraini filoeuropei.
- La paura è su quella guerra generale che potrebbe coinvolgerci direttamente, perché quando gli altri muoiono per la guerra locale fuori dai riflettori mediatici si tende a non occuparsene…
- Tutte le responsabilità della temuta deriva bellica generalizzata sono attribuite agli USA e alla NATO. Questa ultima viene bollata come «una alleanza che porta guerra e distruzione» mentre lo Stato russo è visto come un attore innocuo che pensa solo a difendersi dall’accerchiamento.
Tra USA e Russia il terzo che sta in mezzo è schiacciato
- Ed il terzo, nella crisi Ucraina, a parte i poveri cittadini ucraini cui abbiamo accennato, è l’Europa, che nel nostro caso rappresenta il modello di «capitalismo sostenibile» spinto dalla Germania (non è cosa da poco l’uscita dal nucleare, basti solo pensare a quanto non sta facendo il Giappone che pure ha subito Fukushima)
- Per vedere questa situazione, e quindi poter proporre dei rimedi efficaci, occorrono delle lenti interpretative che non si rifacciano al «luogocomunismo», sia atlantico e neoliberista, sia della «sinistra sinistrata» messa sul banco degli imputati dall’ultimo numero (gennaio 2022) di Le Monde Diplomatique
- Delle lenti che non guardino la realtà geopolitica dal punto di vista della centralità americana (come «buoni» o come «cattivi» del mondo) e che non considerino la transizione ecologica dell’economia di mercato come un ossimoro: perché l’economia si svolge sempre entro una sovrastruttura giuridica
L’Europa sta soffrendo
- La tensione in corso sta creando una crisi energetica.
- La spirale inflattiva conseguente abbatte la ripresa. Le difficoltà economiche acuiscono i conflitti: il compromesso Francia-Germania su tassonomia, riforma del patto di stabilità, aumento dell’integrazione politica e democratica (ad esempio i poteri di iniziativa legislativa del Parlamento europeo), sta saltando.
- Sarebbe miopia essere contenti del marasma che va crescendo.
- Ed il ritorno della Guerra fredda in Europa non è nel vero interesse sia del popolo americano che di quello russo (per quanto possa illusoriamente esaltare una America «great again» e una Russia di nuovo riconosciuta come temibile potenza globale).
Il punto di partenza è l’occasione persa con lo scioglimento del Patto di Varsavia
- Il disarmo dell’epoca gorbacioviana è culminato con la scomparsa dell’URSS. Purtroppo questo fatto è stato interpretato e gestito sic e simpliciter come «vittoria dell’Occidente sotto egemonia USA».
- Secondo l’ambasciatore per antonomasia Sergio Romano (vedi Corsera del 23 gennaio 2022), «prevalse il desiderio di agire come se niente fosse accaduto… Gli Stati Uniti continuano a considerarsi investiti del diritto di esercitare un ruolo dirigente come negli anni della Guerra fredda e la Russia agisce come se gli Stati slavi dell’Est dovessero ancora restare tutti nella sua sfera di influenza. I Paesi che appartenevano all’area di influenza dell’Unione sovietica… sono diventati quasi tutti membri della NATO, una organizzazione … che avrebbe dovuto scomparire dopo la fine della Guerra fredda».
- Secondo Romano, si sarebbe invece dovuti uscire da quella logica per «creare nell’intera Europa un clima di felice convivenza».
Come uscire dalla logica di potenza e dei blocchi?
- Bisogna fare entrare in campo ciò che sia l’amministrazione USA sia Putin vogliono che sia cancellato: il ruolo dell’Europa come forza e modello di transizione ecologica.
- Quindi come «diritto alla sicurezza» fondato sulla «sicurezza dei diritti»: in primo luogo il diritto a liberarsi dalle minacce nucleari ed ecologiche che incombono sulla sopravvivenza umana.
- Occorre una de-escalation della crisi in corso sui confini ucraini e all’interno dello Stato multietnico con capitale Kiev, attraverso una mobilitazione diplomatica della UE in quanto tale. A Mr. PESC Josep Borrel va intimato di attivarsi! Gli americani e la NATO vanno invitati ai tavoli come «osservatori». Anche Guterres non va tenuto fuori da negoziati in cui la UE dovrebbe però aspirare a tenere le fila.
Quali le proposte immediate da mettere sul tavolo della trattativa?
- 1- l’Ucraina non entra nella NATO ma comincia ad associarsi alla UE. Senza fretta, con i tempi che già nel 2016 l’allora presidente della Commissione calcolava in 25 anni;
- 2- non ci sono sanzioni contro la Russia e Nord Stream 2 entra subito in funzione: ma i contratti vengono rivisti quantitativamente al ribasso in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione della UE;
- 3- quanto viene risparmiato sul gas entra in un fondo per aiutare sia Russia che Ucraina ad adattare le reti elettriche ad un modello rinnovabile al 100% (come previsto dagli accordi di Parigi);
- 4- si rinnova l’accordo che esclude il dispiegamento delle INF in Europa.
Il problema delle comunità russofone negli Stati dell’EST Europa
- Si segnala una proposta di Luigi Mosca cui i Disarmisti esigenti hanno aderito.
- “… a dialogue between the USA / NATO complex and Russia on the specific subject of Russian-speaking minorities: that is to say their status (in particular the way in which they are considered by the local population and by state representatives) in each of the 10 Eastern European countries, on the border with Russia”.
- It is essential to undertake initiatives to change the perception of Russia as an enemy and instead establish cooperation relations to face common challenges (climate, pandemics, poverty, etc.).
- Such an approach could then "dismantle" the reasons given by NATO for maintaining its nuclear component in Europe, and perhaps ... its very existence!
- In this way, the current tensions, essentially based on a “culture of the enemy”, could give way to a regime of mutual trust and cooperation to solve the serious problems common to all: global warming, socio-economic imbalances. economic, security and peace.
Linea pacifista per il medio periodo
- Si parte dalla realtà immediata per la quale non si può ignorare che 21 dei 27 Paesi UE appartengono alla NATO sotto comando USA.
- Ma noi coltiviamo la stessa prospettiva dell’ambasciatore Romano: la NATO va sciolta in quanto contrasta con gli obiettivi di disarmo dell’ONU.
- Quello che possiamo perseguire come percorso è uscire dalla organizzazione militare (alla vecchia maniera «gaullista») per mantenere un rapporto politico con il popolo americano: il Patto atlantico per riaffermare i valori di libertà, democrazia, Stato di diritto (che negli stessi USA possono essere travolti dal parafascismo di Trump)
- La denuclearizzazione – ad esempio l’adesione al TPAN - è il «grimaldello» principale per ottenere questo scopo.
- Ecco che nei fatti, attraverso questo percorso, si va a conquistare, come Europa, una posizione di neutralità attiva, si stemperano le tensioni cooperando alla soluzione dei problemi comuni dell’umanità, si inverte la corsa al riarmo affermando il disarmo, si eleva, nel rispetto dell’ambiente, la prosperità di tutte le popolazioni interessate.
La tendenza alla guerra si combatte tenendo conto delle ragioni che spingono a menare le mani
- L’esperienza storica dimostra che ad evitare le guerre non basta il prospettare i danni, anche irreversibili e catastrofici, che il ricorso alle armi può provocare.
- Bisogna andare oltre le prediche del «volemose bene» (tipiche degli appelli delle vecchie autorità religiose, pur non facendo rientrare Papa Francesco in questa categoria) e la negazione del contrasto degli interessi, che isola i pacifisti dalle masse popolari.
- Non si possono allora ignorare i conflitti reali e va tenuto che soffiano sul fuoco di essi, sulla «cultura del nemico», le strutture del potere militarista che è una macchina relativamente separata rispetto all’organizzazione sociale (Brecht: «Il nemico marcia alla tua testa»).
- La strategia è: non ricorriamo alle armi perché abbiamo una strada concreta per risolvere i problemi che intercorrono tra noi, gruppi umani in conflitto, che ci porta su un terreno di cooperazione superiore, in un gioco win-win.
- Dobbiamo agire come elementi efficaci ed organizzati delle comunità politiche cui apparteniamo e – anche grazie ai ponti costruiti con gli ecopacifisti dell’altro polo del conflitto – sapere costruire quella pressione dal basso che spinga ad una diplomazia che porti a lavorare concretamente su un terreno costruttivo.
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«Morire per Kiev». Russia e Occidente rischiano davvero la guerra in Ucraina?
La crisi ucraina pone l’Occidente di fronte alla sua questione morale, quando la diplomazia sta per esaurire le sue risorse
di Ugo Tramballi su "Il sole 24 ore" del 25 gennaio 2022
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La crisi ucraina e le ambizioni geopolitiche della nuova Germania
Ucraina-Russia, la crisi in 10 domande (e 10 risposte): Putin sta bluffando?
La Russia si sta davvero preparando a invadere l’Ucraina? Da cosa nasce il conflitto? Kiev può davvero entrare nella Nato? Perché Mosca non vuole un allargamento dell’Alleanza atlantica? E perché gli Stati Uniti si interessano all’Ucraina?
La Russia ha schierato da mesi circa 100 mila soldati lungo il confine orientale dell’Ucraina, dove si trova la regione filorussa del Donbass, su quello meridionale, nella Crimea annessa nel 2014, e nelle ultime settimane ha inviato altre truppe in Bielorussia, sul confine settentrionale del Paese, ufficialmente per un’esercitazione congiunta con l’esercito di Minsk. Questo dispiegamento militare — l’Ucraina è di fatto circondata su tre lati — fa temere un’imminente invasione, che tuttavia Mosca nega: l’Ucraina ha comunque schierato l’esercito, mentre il presidente americano Joe Biden ha allertato circa 8.500 soldati da inviare nel Baltico e nell’Est Europa. Gli Stati Uniti hanno minacciato sanzioni qualora Mosca dovesse invadere l’Ucraina, mentre Kiev ne chiede di preventive: c’è anche disaccordo sull’entità delle sanzioni con gli alleati europei della Nato, che subirebbero le ripercussioni maggiori nel caso venissero imposte.
Nei giorni scorsi il segretario di Stato americano Antony Blinken ha incontrato il ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov a Ginevra per allentare la tensione, ma il colloquio non ha risolto la situazione: Mosca ha posto delle condizioni — fra cui la garanzia che l’Ucraina non verrà ammessa nella Nato, e che l’Alleanza atlantica non si espanda a Est — ma Washington non le ha accettate. Il segretario di Stato americano Antony Blinken invierà comunque una risposta scritta a giorni. La trattativa resta comunque aperta e non è escluso un nuovo vertice fra Joe Biden e Vladimir Putin: intanto Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia hanno rimpatriato i diplomatici in Ucraina, e le loro famiglie, mentre il presidente Biden ha condotto lunedì sera una videochiamata di consultazione con i leader europei. Oggi, martedì 25 gennaio, il presidente francese Emmanuel Macron incontrerà a Berlino il cancelliere tedesco Olaf Scholz per stabilire una posizione comune sulle eventuali sanzioni, in vista dell’incontro con i rappresentanti russi e ucraini di domani a Parigi nel cosiddetto «formato Normandia» ( che prevede la partecipazione di Russia, Ucraina, Germania e Francia).
1. La Russia si sta preparando a invadere l’Ucraina, o è un bluff di Putin?
Non lo sappiamo. Mosca ha dispiegato abbastanza forze da condurre un’operazione in Ucraina: forse non abbastanza per invadere il Paese, ma sufficienti a conquistare la regione separatista e filorussa del Donbass. Nel determinare i rischi che la Russia invada davvero l’Ucraina, inoltre, c’è una grande divisione geopolitica, scrive Adam Taylor sul Washington Post. Gli Stati Uniti e il Regno Unito ritengono che le truppe al confine suggeriscano un conflitto sul suolo europeo, con il premier britannico Boris Johnson che ha parlato della possibilità di una «guerra lampo» condotta dai russi per conquistare la capitale Kiev. In molti, scrive Taylor, ritengono invece che Vladimir Putin stia bluffando per ottenere concessioni: la Germania, ad esempio, non vede un pericolo imminente, tanto che i jet anticarro inviati da Londra in Ucraina sono stati costretti a evitare lo spazio aereo tedesco. Lo stesso capo della diplomazia dell’Ue Josep Borrell non ritiene il rischio imminente. Il popolo russo infatti non vuole una guerra e una vittoria in Ucraina comporterebbe comunque un significativo numero di vittime fra i soldati. Anche Putin non intende davvero arrivare al conflitto, ma ha ottenuto l’attenzione dell’Occidente e ha una lunga lista di richieste che vanno ben oltre l’Ucraina e la Nato: per questo, sostiene l’inviato della Bbc Paul Adams, continua a tenere una pistola puntata alla testa dell’Ucraina. E, come insegnano i film, se c’è una pistola sul tavolo, qualcuno prima o poi la usa.
Le truppe russe lungo il confine ucraino
2. Da cosa nasce il conflitto fra Russia e Ucraina?
A febbraio 2014, il popolo ucraino ha cacciato il presidente filorusso Viktor Yanukovich, instaurando un governo ad interim filoeuropeo non riconosciuto da Mosca. Vladimir Putin ha risposto annettendo la Crimea e incoraggiando la rivolta dei separatisti filorussi nel Donbass, regione nel Sudest del Paese. Oggi le generazioni più giovani spingono l’Ucraina verso l’Europa, e anche l’attuale presidente Volodymyr Zelensky — eletto nel 2019 — è vicino all’Occidente. Il conflitto, però, ha radici più antiche e profonde. Il presidente russo ritiene che il suo Paese abbia un «diritto storico» sull’Ucraina, che faceva parte dell’Unione Sovietica fino al collasso del 1991: lo ha anche scritto apertamente in un lungo articolo pubblicato lo scorso anno, in cui definisce Russia e Ucraina «una nazione». In molti, scrive David Sanger sul New York Times, ritengono che Putin si ritenga ora «in missione per correggere questo errore». L’Ucraina, inoltre, condivide con la Russia un confine di 2.200 chilometri.
3. L’Ucraina può entrare nella Nato?
L’Ucraina già dal 2008, in seguito al summit di Bucarest, stava lavorando per entrare nella Nato, ma l’Alleanza atlantica non può accettare nuovi membri già coinvolti in conflitti. Inoltre, per essere ammessa, Kiev ha bisogno di combattere la corruzione che domina nel Paese e di intraprendere un percorso di riforme politiche e militari. In questo momento, dunque, un ingresso nella Nato è altamente improbabile, anche per il veto posto dalla Russia con le sue condizioni: per Putin sarebbe il punto di non ritorno. Per la Nato, tuttavia, la Russia non ha potere di veto. L’Ucraina, invece, chiede una timeline precisa per entrare nell’Alleanza atlantica. A questa domanda ha risposto, indirettamente, anche Joe Biden: «La possibilità che l’Ucraina si unisca alla Nato in tempi brevi è molto remota», ha detto il presidente americano. L’interferenza russa, intanto, ha rinnovato anche le ambizioni di Paesi come Finlandia e Svezia, che Mosca vorrebbe tenere fuori dal Trattato nordatlantico.
4. Perché la Russia teme l’allargamento della Nato?
Al momento solo il 6% dei confini russi toccano Paesi della Nato, secondo il dipartimento di Stato americano. Il Cremlino vuole soprattutto mantenere la sua sfera d’influenza nell’aerea, e vuole che la Nato rinunci alle sue attività nell’Est Europa, tornando alla situazione del 1997: da allora sono diventati membri dell’Alleanza atlantica Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia, Albania, Croazia, Montenegro e Macedonia del Nord. Questo significherebbe che la Nato dovrebbe ritirare le proprie truppe dalla Polonia e dalle tre repubbliche baltiche, oltre che i propri missili da Polonia e Romania. Mosca accusa infatti la Nato di riempire l’Ucraina di armi e gli Stati Uniti di fomentare le tensioni.
5. Putin dice che non invaderà l’Ucraina: perché allora gli Stati Uniti stanno mandato avvertimenti a Mosca?
Perché i fatti indicano una situazione diversa: in particolare lo schieramento di soldati lungo il confine, il sostegno ai separatisti del Donbass — ai quali è stato fornito mezzo milione di passaporti russi — e la minaccia di dure conseguenze se l’Ucraina dovesse fare qualcosa di provocatorio. Inoltre Putin ha già attaccato la Cecenia nel 1999, la Georgia nel 2008, la stessa Ucraina nel 2014 e la Siria nel 2015. Come nota Henry Foy sul Financial Times, però, si sta verificando anche un approccio piuttosto inusuale per la diplomazia moderna: la Casa Bianca, la Nato e l’Unione europea stanno diffondendo una grande quantità di briefing, informazioni di intelligence, minacce e accuse di vario genere — materiale in genere riservato ai negoziati — al fine di evitare una guerra. Tutto questo, spiega il corrispondente da Bruxelles del quotidiano britannico, ha esposto al pubblico globale le divisioni del fronte occidentale su come affrontare la Russia.
6. Come giustifica Putin lo schieramento dei soldati al confine?
La Russia ritiene di poter muovere le truppe a suo piacimento all’interno del proprio territorio, spiega il corrispondente da Mosca della Bbc Steve Rosenberg.
7. Perché Stati Uniti e Russia si interessano all’Ucraina?
La Russia vuole ricostruire quello che ha perso con la caduta del Muro di Berlino nel 1989: la sua sfera d’influenza. Il crollo dell’Unione Sovietica, inoltre, ha lasciato profonde cicatrici in parte del popolo russo: lo stesso Vladimir Putin lo aveva definito «la più grande catastrofe geopolitica» e l’Ucraina era stata la perdita più dolorosa. Gli Stati Uniti, invece, vogliono limitare l’influenza di Vladimir Putin — temono l’espansione russa nell’Europa dell’Est — e difendere il principio per cui ogni Paese ha il diritto di scegliersi il proprio destino e le proprie alleanze: non solo per l’Ucraina, ma per tutti i Paesi che facevano parte del Patto di Varsavia e che negli anni Novanta sono passati con la Nato. «C’è una ragione fondamentale per cui gli Stati Uniti e il resto del mondo democratico dovrebbero sostenere l’Ucraina nella sua battaglia contro la Russia di Putin», scrive Francis Fukuyama su American Purpose. «L’Ucraina è una vera democrazia liberale, anche se in difficoltà. La popolazione è libera, in un modo in cui i russi non lo sono. Possono protestare, criticare, mobilizzarsi e votare. Per questo Putin vuole invadere l’Ucraina: la vede come una parte integrante della Russia, ma sopratutto ne teme la democrazia che può proporre un modello ideologico alternativo per il popolo russo». Secondo Fukuyama, quindi, l’Ucraina oggi è lo Stato in prima linea nella battaglia geopolitica globale fra democrazia e autoritarismo. La crisi ucraina, inoltre, trascende i confini europei: anche la Cina sta osservando attentamente la risposta occidentale, scrive lo storico, mentre valuta i rischi di reincorporare Taiwan.
8. Cosa può succedere in Europa?
Innanzitutto c’è il problema del gas: Mosca vuole dimostrarsi un fornitore affidabile ma, se la Nato dovesse imporre sanzioni, potrebbe tagliare la distribuzione. Il 40% del gas europeo arriva proprio dalla Russia, quindi una riduzione delle forniture avrebbe un impatto diretto sull’Europa. Mosca, che in ballo ha anche l’approvazione del gasdotto Nord Stream 2, potrebbe subire un contraccolpo economico, ma ritiene di avere un mercato alternativo in Cina e si sta già muovendo in questo senso. Poi c’è la questione della sicurezza: il conflitto ucraino metterebbe a rischio anche l’Europa, al punto che il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha dichiarato che l’Allenza atlantica si sta preparando a un conflitto nel continente. Il conflitto può ancora essere evitato, ma se dovesse scoppiare una guerra anche gli altri Paesi della regione sarebbero a rischio, in particolare le repubbliche baltiche: Estonia, Lettonia e Lituania. Intanto le potenze europee stanno inviando rinforzi: la Danimarca e la Spagna hanno inviato navi da guerra nel Mar Nero, la Francia è pronta a inviare truppe in Romania. Tutti i principali Paesi del continente sono oltretutto nel pieno di profonde transizioni politiche, nota l’editorialista del Financial Times Gideon Rachman: in Gran Bretagna Boris Johnson è stato travolto da uno scandalo riguardante le feste a Downing Street in pieno lockdown, l’Italia è alle prese con l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, in Germania si è appena insediato il nuovo cancelliere Olaf Scholz, la Francia andrà alle urne fra tre mesi per scegliere se rieleggere il presidente Emmanuel Macron. Insomma, spiega Rachman, «in Europa sono tempi particolarmente distratti».
9. Quali sono le sanzioni che potrebbero colpire Mosca? E che impatto avrebbero sull’Europa
L’Ucraina vorrebbe sanzioni preventive, ma l’Occidente è disposto a imporre sanzioni soltanto se la Russia dovesse procedere con l’invasione. In questo caso, l’Unione europea ha promesso «sanzioni massicce» e il senato americano ha già messo a punto la legge per imporle ai funzionari del governo russo, ai leader militari e alle istituzioni bancarie di Mosca. La Russia potrebbe essere colpita però in parecchi modi. La Casa Bianca, ad esempio, sta pensando di limitare le esportazioni di microchip in Russia, e di bloccare totalmente l’accesso di Mosca alle componenti elettroniche e tecnologiche come avveniva durante la Guerra Fredda. Per quanto riguarda il settore finanziario e della difesa, sia gli Stati Uniti che l’Ue hanno già sanzioni in vigore: ora potrebbero colpire le principali banche del Paese e impedire a Mosca di convertire i rubli in dollari o altre valute, o addirittura tagliarla fuori dallo Swift, il sistema bancario internazionale utilizzato da oltre 11 mila istituti finanziari in oltre 200 Paesi. Potrebbero poi essere sanzionati singoli individui, fra cui lo stesso Vladimir Putin, a cui verrebbero congelati gli asset finanziari e/o impediti i viaggi fuori dai confini russi. Infine, ed è la questione che tocca più da vicino l’Europa, c’è il gasdotto Nord Stream 2 del colosso russo Gazprom, che attraverso il Baltico porterebbe il gas dalla Russia alla Germania: il cancelliere Olaf Scholz si è detto pronto a sospendere il progetto, che deve ancora essere approvato ma a cui gli Stati Uniti si oppongono, temendo che l’Europa diventi energeticamente troppo dipendente da Mosca.
10. Se la Russia dovesse invadere l’Ucraina, potrebbero esserci vittime civili?
La Russia potrebbe sferrare un attacco «ibrido» puntando su hackeraggi o disinformazione, sostiene Paul Adams della Bbc, oppure procedere con un’invasione vera e propria, che in Europa non si vede dai tempi della Seconda guerra mondiale. In entrambi i casi, i civili resteranno in mezzo: potrebbero restare al freddo e senza elettricità nelle loro case, oppure ritrovarsi dietro le linee nemiche se i carrarmati russi dovessero avanzare nel territorio ucraino. In questo conflitto, iniziato nel 2014, sono già morti 14 mila ucraini, ed è difficile credere che non se ne aggiungano altri nel caso in cui Mosca decida di annettere parte del territorio o instaurare un regime amico.
Truppe nel Baltico, ma anche guerra psicologica. Le mosse dell’Occidente
Messaggi incrociati da Washington, Londra, Mosca e Bruxelles. La partita con la Russia si combatte soprattutto sul piano psicologico, la destabilizzazione è uno degli asset del Cremlino e la Nato intende fronteggiarlo
È di sabato 22 gennaio la dichiarazione con cui il Foreign Office britannico ha rivelato un “piano del Cremlino per insediare un leader filorusso in Ucraina”. Il ministero degli Esteri di Londra sostiene di avere “informazioni” relative a contatti fra i servizi d’intelligence di Mosca e altre quattro personalità politiche di Kiev: l’ex primo ministro Mykola Azarov, gli ex vicepremier Serhiy Arbuzov e Andriy Kluyev, nonché l’ex vicecapo del Consiglio di sicurezza nazionale Vladimir Sivkovich, tutti in sella sotto la presidenza considerata filorussa di Viktor Yanukovich, deposto nel 2014. Per Washington le accuse sono “preoccupanti”, per Mosca si tratta di “assurdità”.
Secondo quanto ricostruito da Sky News, le conclusioni del Foreign Office sono basate su un’analisi dell’intelligence britannica, che ha attinto a varie fonti, anche da informazioni statunitensi. La partita ucraina rappresenta un test importante per le capacità e le speranza della ministra Liz Truss, da molti commentatori individuata tra i potenziali candidati alla leadership del Partito conservatore in caso di caduta del primo ministro Boris Johnson.
Mark Galeotti, direttore di Mayak Intelligence e senior associate fellow del Royal United Services Institute, si è detto dubbioso sulle dichiarazione della diplomazia britannica per l’assenza di informazioni specifiche, ma anche per un problema di analisi (“i russi, come tutti gli altri, pianificano molteplici contingenze”, “operano su più assi”). L’esperto è “certo” che Mosca abbia avanzato offerte agli ucraini scontenti per averli dalla sua parte; “ma questo non è di per sé la prova di un piano del Cremlino e di un intento specifico”.
Ecco perché i governi occidentali devono “trovare un modo per conciliare sicurezza delle informazioni e la messa a disposizione di prove migliori a sostegno della loro narrativa”, sostiene Galeotti. E aggiunge: “Una delle diverse ragioni per la disunione occidentale in generale sull’Ucraina è la mancanza di un chiaro senso di ciò che sta accadendo e la narrativa mista e talvolta poco plausibile da parte dei governi occidentali”.
Che possa esserci un tentativo russo di destabilizzare dall’interno l’Ucraina è plausibile, al di là delle informazioni di intelligence britanniche. D’altronde in un’intervista di tre settimane uno dei player centrali del complotto, un ex deputato accusato di cospirare — per conto di Mosca — contro il governo ucraino, Yevhen Murayev, aveva parlato abbastanza chiaramente: “Per qualche motivo penso che avremo un riavvio e il governo sarà nuovo […] Sono assolutamente certo che cambierà il formato dei negoziati sul conflitto nell’Ucraina orientale”. E ancora: “Se succedesse qualche grosso problema, allora saremo costretti a farlo, perché il governo ucraino non vuole la pace”.
Si tratta anche di pressioni psicologiche, parte del playbook russo, su cui c’è un adattamento occidentale. Per esempio: l’evacuazione del personale sanitario non fondamentale dalle ambasciate americane e britanniche di Kiev serve a dare sostegno agli annunci su una potenziale invasione russa — che potrebbe arrivare dal Donbas o dai confini bielorussi; tant’è che la smobilitazione è stata smentita dall’ambasciatore russo a Washington come mossa per scoprire il bluff . Ancora: il tweet della portavoce della Nato su nuovi dispiegamenti di assetti aerei danesi e olandesi, che però sono meno di dieci, in Lituania e Bulgaria e sull’arrivo di una fregata spagnola nel Mar Nero e truppe francesi in Romania.
Il messaggio che si vuole trasmettere ruota non tanto attorno alla mobilitazione militare alleata (dal punto di vista quantitativo) ma sulla disponibilità ad accettare essa. Ossia: la Nato fa sapere a Mosca che se vuole è in grado di coinvolgere rapidamente le forze armate di diversi Paesi per rafforzarsi dove e come serve — si parla della possibilità che sia messa in azione anche la Nato Response Force da 40mila unità. È una reazione necessaria perché la Russia così come la Cina potrebbero vedere l’opposto come una forma di debolezza.
Lo stesso linguaggio parlato dagli americani che hanno fatto uscire sui media il contenuto di una riunione che il presidente Joe Biden ha avuto a Camp David sabato 22 gennaio, nella quale sono stati presentati al commander-in-chief dei piani per rafforzare con uomini e mezzi terrestri, aerei e navali la presenza americana lungo il fianco nord e ai confini russi.
Una decisione sul da farsi sarà presa in settimana. Secondo il New York Times, che ha parlato per primo della notizia, il numero di forze che potenzialmente potrebbero essere schierate anche in questo caso non è spaventoso — si parla dai mille ai cinquemila uomini, e comunque meno di diecimila: per confronto, la Russia ne avrebbe spostato in prontezza operativa 130mila ai confini ucraini — ma anche qui il senso è la presenza. Tra i mezzi navali mossi potrebbe esserci la portaerei “USS Harry Truman”, in questi giorni impegnata insieme all’italiana “Nave Cavour” e alla francese “Charles De Gaulle” in manovre nel Mediterraneo.
La Truman si muoverà poi verso l’Artico, per la più grande esercitazione Nato dagli anni Ottanta a oggi, incrociando la rotta con quella di alcune navi russe che stanno manovrando al largo dell’Irlanda e che si dirigeranno nel Mediterraneo allargato e nell’Oceano Indiano. Mosca ha annunciato una mobilitazione di tutte le flotte, in quella che è un’altra operazione psicologia per dimostrare capacità militari da restauratio imperi — come faceva notare su queste colonne Giorgio Cella (UniCatt) — che non collimano con la situazione economica generale del Paese.
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Francia e Germania provano a rilanciare gli accordi di Minsk | il manifesto
Francia e Germania provano a rilanciare gli accordi di Minsk
Crisi ucraina. Macron ha incontrato Scholz e sentirà Putin. Oggi vertice con la Russia sul Formato Normandia nato dopo la guerra nel Donbass. Gli europei - che non ritirano le famiglie dei diplomatici - sorpresi dalle nuove prese di posizione Usa contro Mosca: allerta militare, blocco export di tecnologie, stop uso del dollaro. Penalizzano l’Ue
di Anna Maria Merlo - il Manifesto 26 gennaio 2022
Ieri, incontro Emmanuel Macron-Olaf Scholz a Berlino. Oggi, riunione del «Formato Normandia» all’Eliseo, un tentativo di ridare vita al dialogo tra Russia, Ucraina, Francia e Germania, un «modello» nato dopo la guerra del Donbass nel giugno 2014, che nel febbraio 2015 ha portato agli accordi di Minsk e all’accordo di cessate il fuoco.
Venerdì Macron avrà un colloquio telefonico con Putin. L’Europa cerca di ritrovare uno spazio, per pesare sulla situazione che rischia ogni giorno di degenerare, dopo il periodo di messa ai margini, quando Washington e Mosca hanno brutalmente riesumato il clima di guerra fredda e di rapporti tra «superpotenze».
LA UE HA DIFFICOLTÀ a trovare una linea comune tra chi propone una de-escalation e i paesi più esposti, Baltici e Polonia (appoggiati dalla Gran Bretagna, in questi giorni molto bellicista).
Gli europei si muovono con difficoltà, per tenere in piedi una linea che concili tentativo di dialogo con la Russia da un lato e dimostrazione di forza dall’altro, come si è visto dalla lista dei rinforzi militari di alcuni Stati europei, presentata due giorni fa dal segretario della Nato, Jens Stoltenberg, che assicura che Svezia e Finlandia stanno bussando alla porta dell’Alleanza, resuscitata da Putin.
Ieri, gli europei sono stati sorpresi dalle nuove prese di posizione statunitensi, lo stato di allerta militare e le minacce Usa, che si sono detti pronti a bloccare l’esportazione di tecnologie di ogni tipo verso la Russia, fino a proibire l’uso del dollaro (e non seguono il ritiro delle famiglie di diplomatici Usa).
Per il momento, in attesa di conoscere il contenuto della lettera che Washington si prepara a spedire a Putin, la Commissione studia possibili nuove sanzioni, in caso di invasione dell’Ucraina.
C’È L’OPZIONE DI DIMINUIRE la dipendenza della Ue dal gas e dal petrolio russo (rispettivamente 46,8% e 20%). Per la Germania, resta in sospeso c’è l’apertura della pipeline North Stream 2. La Cdu, all’opposizione, adesso si oppone al North Stream 2, che Scholz continua a definire «progetto privato», mentre il ministro dell’Economia e del Clima, Robert Habeck, parla di «errore sul piano geopolitico».
Gli Usa hanno sempre ostacolato il North Stream 2 e adesso puntano il dito contro quella che definiscono l’ambiguità tedesca (titolo di qualche giorno fa del Wall Street Journal: «La Germania è un alleato affidabile degli Usa? Nein». La Ue è ben consapevole che le sanzioni alla Russia avranno conseguenze nei Paesi europei più che negli Usa.
I 27, A FINE RIUNIONE dei ministri degli Esteri a Bruxelles lunedì, in presenza video del segretario di stato Usa, Antony Blincken, hanno annunciato un piano «importante» e «preparato», in caso di invasione.
Alla conclusione della multi-telefonata tra Biden e i leader di Francia, Germania, Gran Bretagna, Polonia, Commissione e Consiglio europeo (alla fine ha partecipato anche Mario Draghi, in forse fino all’ultimo), è stato sottolineata l’importanza di trovare una soluzione diplomatica, ma anche evocati i «preparativi» per imporre «conseguenze importanti e costi economici severi alla Russia».
Macron, che ieri a Berlino ha sottolineato la «solidarietà all’Ucraina», insiste sulla «necessità di adoperarsi collettivamente a favore di una de-escalation rapida» con la Russia. La Francia propone un «dialogo rafforzato», ma al tempo stesso partecipa (con l’annuncio di un possibile invio di truppe in Romania sotto comando Nato) alle manovre militar-diplomatiche per mettere in guardia in modo credibile la Russia.
Alla riunione del Formato Normandia all’Eliseo, oggi, in questione le richieste russe (nessun nuovo allargamento della Nato e ritiro delle forze dell’Alleanza Atlantica dai Paesi entrati dopo il 1997). Ma è anche in questione la legge «di transizione» ucraina, che riguarda Donbass e Crimea, in vista della loro «reintegrazione» sotto l’autorità di Kiev e che definisce la Russia «Stato aggressore e occupante», non conforme agli accordi di Minsk.
Nei prossimi giorni, i ministri degli Esteri di Francia e Germania andranno in Ucraina. Oggi, il commissario Ue all’allargamento, Oliver Varhelyi, è a Kiev, in sostegno alla «sovranità» e all’«integrità territoriale» dell’Ucraina, a cui la Ue ha destinato 1,2 miliardi per la difesa (e 6 miliardi di investimenti, che si aggiungono ai 17 miliardi di finanziamenti versati dal 2014).